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Editoriali

Pandemia e risoluzione delle future controversie. Un’idea “grezza”.

23 Aprile 2020

Maddalena Rabitti

Professore Ordinario di Diritto dell’Economia, Università degli Studi Roma Tre

Di cosa si parla in questo articolo

L’emergenza attuale induce a interrogarsi sull’opportunità di creare un sistema ad hoc di ADR (Alternative dispute Resolution) per gestire gli squilibri negoziali sopravvenuti in sede esecutiva che derivano e deriveranno da COVID-19. Ma perché creare organismi di soluzione delle controversie?

Se è facile dire che in presenza di Covid 19 le obbligazioni contrattuali assunte potranno in un ampio numero di casi dirsi «sospese», se non anche già estinte, il vero problema nascerà nel percorso di uscita dalla fase emergenziale, che potrà durare molti mesi. Qui la probabilità di insorgenza di contenziosi è altissima e va individuato uno strumento che, scongiurando un’inflazione del contenzioso nei rapporti d’impresa (anche) in ragione di un ricorso opportunistico all’«eccezione Covid», consenta da un lato di non disperdere gli investimenti in negoziazione già effettuati, e dall’altro una distribuzione del costo sociale della crisi lungo l’interezza di ciascuna filiera produttiva (ivi compreso il rapporto sul mercato finale), con l’effetto di aumentare la resilienza del mercato rispetto allo shock.

Com’è evidente, il punto di caduta delle tensioni contrattuali generate o aggravate dalla crisi consisterà nel fatto che una parte riterrà non più operante la causa di sospensione mentre l’altra non si riterrà ancora in grado di adempiere, ovvero prenderà corpo nella diversa valutazione sul fatto che prestazioni che dovevano essere fornite mesi prima siano ancora utili, oppure diano diritto ad una parte di ritenersi sciolta dal vincolo. Ci saranno poi problemi connessi alla reperibilità di merce o materiali o alle difficoltà di realizzazione e molti altri.

La rinegoziazione dell’accordo appare evidentemente essere la strada maestra per salvaguardare il rapporto, ma non può essere imposta; oppure può essere imposta con modifica del codice civile introducendo un “obbligo di rinegoziare secondo buona fede”. Questa norma tuttavia non escluderebbe l’insorgenza di contenziosi e il rischio di sovraccaricare i tribunali. Più in radice, l’idea di rimettere meramente e semplicemente all’autorità giudiziaria il ruolo di accompagnare la gestione dei conflitti mediante l’impiego – in ciascuna fattispecie contenziosa – delle categorie e delle clausole generali del diritto delle obbligazioni e dei contratti, destinerebbe alla frustrazione ogni istanza di coordinamento del mercato secondo i criteri sopra descritti, scontando enormi costi di transazione, che invece potrebbero essere minimizzati o comunque ridotti.

È perciò preferibile costituire organismi di composizione delle liti – previsti ex lege – che possano decidere le controversie e anche dare una “spinta gentile” alle rinegoziazioni, potendo ricorrere a meccanismi incentivanti. Questi organismi potrebbero essere modellati prendendo il meglio delle esperienze dell’Arbitro Bancario Finanziario e dell’Arbitro Consob, oltre che di organismi speciali come il Fondo Indennizzo Risparmiatori (FIR) o gli organismi di composizione della crisi (OCRI).

Al momento di iniziare la controversia le parti dovrebbero dichiarare se chiedono: a) una risoluzione finale della controversia (sempre non vincolante); b) oppure una decisione che indichi anche il percorso di eventuale rinegoziazione. Nel primo caso la domanda sarebbe di arbitrato puro, nel secondo di arbitrato + ADR. L’Organismo, in via preliminare, avrebbe una funzione di scrematura, eliminando tutte quelle situazioni in cui c’è abuso negoziale e mala fede di una parte oppure eliminando situazioni estranee a COVID-19. La decisione non avrebbe valore vincolante e potrebbe chiudere la controversia solo se adempiuta da entrambe le parti, altrimenti avrebbe funzione di giudizio prognostico (modello ABF e ACF). L’Organismo potrebbe anche valutare la presentazione di un piano di rinegoziazione che, se equo, potrebbe essere approvato. Questa via sarebbe utile, ad esempio, per PMI, credito al consumo ecc. (Modello OCRI).

Si può anche valutare l’opportunità che il procedimento possa essere in parte o in tutto online, basato su format predisposti in anticipo dal Collegio, in modo da guidare le parti verso sbocchi il più possibile standardizzati (es. risoluzione; risoluzione + danni; decisione interlocutoria + percorso negoziale).

Nella prospettiva di favorire un coordinamento tra gli attori delle varie filiere produttive, funzionale alla conservazione della loro capacità di creazione di valore nel breve e nel medio periodo, l’attività sopra descritta dovrebbe poi potersi giovare di meccanismi di Governance diretti a coordinare l’attività dell’organismo avendo riguardo a fattispecie oggettivamente correlate tra loro (ad esempio per appartenenza a un medesimo distretto o in ragione del ciclo produttivo). In questa prospettiva si potrebbe considerare, ad esempio, l’opportunità di prevedere tecniche di gestione delle singole procedure di arbitrato/ADR ispirate a tali esigenze di coordinamento e/o delineare criteri e procedimenti di nomina dei membri degli organi tali da realizzare l’adeguato coinvolgimento dei portatori di interessi rilevanti.

Con riferimento agli incentivi, se le parti rinegoziano con successo il contratto, coadiuvate dall’organismo, si potrebbe assicurare l’intervento di un Fondo pubblico per indennizzare in parte il costo dell’operazione (ad esempio, in termini di percentuale di mancato guadagno e/o copertura delle spese di procedimento). Questo incentivo renderebbe possibile trovare un nuovo equilibrio per le parti con intervento diretto dello Stato nell’economia, che a certe condizioni non è configurabile come aiuto di stato (modello FIR). Ulteriore premialità potrebbe essere quella di attribuire un punteggio alle imprese che rinegoziano utilmente l’accordo, secondo il meccanismo del RATING di legalità, che intende premiare comportamenti virtuosi dell’impresa.

Infine, al sistema di risoluzione così delineato, potrebbe affiancarsi un ulteriore meccanismo di promozione e controllo di eventuali accordi tra associazioni di categoria (nel caso anche composto dallo stesso organismo) che potrebbe avere una funzione di “certificazione” dell’equità dell’accordo raggiunto.

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