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Giurisprudenza

Opposizione dei creditori in caso di fusione transfrontaliera

31 Marzo 2017

Chiara Luperto, Cultore della materia di Diritto Commerciale dell’Università del Salento

Tribunale di Milano, 26 ottobre 2016, n. 11747

Di cosa si parla in questo articolo

La sentenza prende le mosse da una controversia riguardante una complessa operazione societaria di “fusione transfrontaliera”, che ha visto il realizzarsi di un’operazione di fusione (deliberata ed iscritta) di una società italiana in una neocostituita società di diritto inglese, nell’ambito di una programmata (ma non ancora deliberata) incorporazione in un’ulteriore società soggetta alle leggi dello stato del Delaware. In tale contesto, le doglianze proposte da parte attrice sono espressamente rivolte non solo nei confronti dell’operazione di fusione già avvenuta, ma nei confronti dell’intera operazione, che secondo parte attrice dovrebbe avere epilogo nella incorporazione della società soggetta alle leggi del Delaware.

Tanto premesso, parte attrice esperisce azione di opposizione dei creditori, ex art. 2503 c.c., espressamente rivolta all’accertamento della lamentata “illegittimità delle operazioni che dovrebbero avere epilogo nella incorporazione nella società soggetta alle leggi del Delaware”. E in subordine propone azione di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 2504 quater, co. 2, c.c.

Orbene il Tribunale di Milano ritiene manifestamente prive di qualunque fondamento entrambe le domande formulate.

Quanto all’azione di opposizione dei creditori, il Giudice distingue specificamente tra l’“oggetto” del giudizio di opposizione e i “motivi” che possono eventualmente sorreggere la relativa azione.  In  tal  senso, il Tribunale sottolinea “la  “tipicità”  della  azione  prevista dall’ordinamento ai sensi dell’invocato art 2503 cc, quale propriamente (ed esclusivamente) rivolta ad invalidare (sia  pure  per  i  motivi  più  diversi  e  in  alcun  modo  tipizzati,  purché  correlati  ad  un  serio timore di concreto pregiudizio a proprie ragioni creditorie) lo specifico processo di fusione oggetto di formale delibera di approvazione ex art 2502 cc all’esito del complesso procedimento di cui agli artt. 2501-ter e ss cc.”.

In merito alla domanda risarcitoria, avanzata ai sensi dell’art. 2504 quater c.c., il Tribunale evidenzia anzitutto come la parte attrice,identificando “il pregiudizio che può derivare al creditore in quello derivante dalla normativa applicabile alla fusione”, dimostra di porre a fondamento della domanda risarcitoria (art. 2504 quater c.c.) le medesime doglianze prospettate in relazione alla domanda principale di opposizione. Al riguardo, viene affermata espressamente la “strutturale diversità delle due azioni, in relazione proprio al diverso rilievo che assume il tema del “danno”, meramente temuto o effettivamente conseguito”. In particolare, il Tribunale statuisce che“La proposizione di una domanda d  condanna al risarcimento di danni pacificamente presuppone d’altro canto, quale imprescindibile condizione dell’azione volta ad integrare un “interesse concreto e attuale” alla pronuncia richiesta, la compiuta prospettazione di un “danno” già concretamente maturato nella sfera patrimoniale dell’attore (“perché la domanda risarcitoria possa proporsi occorre che si tratti di un danno attuale e non potenziale” – Cass 26020/11) e tale pertanto da imporre una reintegrazione del patrimonio leso “in modo da ricostruire la consistenza che avrebbe avuto se il fatto lesivo non si fosse verificato” (Cass. 11967/10), quale oggetto di specifica deduzione da parte di chi la domanda abbia proposto – e conseguentemente un pieno accertamento in fatto della effettiva fondatezza della relativa prospettazione, con i conseguenti oneri di prova ovviamente gravanti sull’attore per quanto attiene ai fatti costitutivi della pretesa azionata”.

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