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Giurisprudenza

Obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza degli intermediari finanziari e valutazione in concreto della propensione al rischio dell’investitore

24 Aprile 2019

Alessandra Tonetti

Cassazione Civile, Sez. I, 6 giugno 2018, n. 14682- Pres. Magda, Rel. Iofrida

Di cosa si parla in questo articolo

Con riferimento alle operazioni di investimento complesse denominate di “private equity”, tra i soggetti investitori in società terze e l’intermediario finanziario che presta il servizio di assistenza e consulenza finalizzato alla conclusione dell’operazione intercorre un vero e proprio rapporto di intermediazione finanziaria, fonte di responsabilità contrattuale, con conseguente applicazione della disciplina in materia di diligenza, correttezza, trasparenza degli intermediari finanziari, di cui all’art. 21 d.lgs. 58/1998 ed agli artt. 26, 28, 29, 39, 48 e 50 Reg. Consob 11522/1998; in particolare, devono ritenersi compiutamente assolti da parte dell’intermediario gli obblighi informativi stabiliti dalla predetta disciplina, ancorchè i documenti sull’informativa dell’operazione di investimento siano “non indirizzati” agli investitori, rilevando, invece, a tal fine, il dato della consegna dello stesso, in considerazione della peculiare natura dell’investimento proposto nell’ambito dell’operazione di “private equity”.

Con la sentenza in commento la Suprema Corte conferma la statuizione del giudice d’appello, individuando quali parti del rapporto contrattuale d’intermediazione finanziaria nelle operazioni complesse di private equity da un lato gli investitori, dall’altro l’intermediario che svolge attività di assistenza e consulenza nella realizzazione dell’anzidetta operazione.

Tale conclusione è avallata dalla considerazione fatta dai giudici di legittimità, in linea con il gudice del merito, circa la peculiare natura e struttura dell’operazione d’investimento di private equity, la quale si rivolge prettamente ad investitori istituzionali, con l’obiettivo di ottenere un consistente guadagno in conto capitale dalla vendita della partecipazione acquisita o dalla quotazione in borsa, nella quale fondamentale è l’apporto professionale dello stesso investitore nell’attività della società.

Da ciò deriva che, ai fini richiesti dalla disciplina sugli investimenti tramite intermediari finanziari, in relazione al segmento conclusivo dell’operazione di private equity– ovvero il successivo investimento nelle società c.d. target italiane- non si rende necessaria una specifica profilatura degli investitori, già detentori originari dei fondi investiti e pertanto già in possesso dell’esperienza necessaria in materia di investimenti e di propensione al rischio.

Quanto all’assolvimento degli obblighi informativi, allo stesso modo la Corte di Cassazione valida il ragionamento sviluppato dalla Corte territoriale, ritenendo che gli stessi siano stati correttamente assolti alla luce dell’avvenuto investimento, circostanza che di per sé implica una preventiva valutazione dei rischi insiti nell’operazione, in ragione della peculiare natura della stessa, trattandosi, invero, di “un intervento di sostegno e di rilancio finanziario (pertanto implicante una diversa valutazione delle predette società, di tipo dinamico e non strategico), di natura temporanea”.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto inammissibili le censure sollevate dagli investitori, parti ricorrenti, senza tralasciare, tuttavia, di offrire un valido supporto logico-argomentativo alla soluzione delle questioni di merito fornita dai giudici di secondo grado.

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