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Il nuovo procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento (dei “non fallibili”)

26 Febbraio 2012

Avv. Francesco Autelitano e Avv. Carlo Uccella, Trifirò & Partners Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

Negli ultimi anni il Legislatore è intervenuto a più riprese sul testo della Legge fallimentare, introducendo e modificando degli istituti volti a consentire la ristrutturazione dei debiti e la gestione (più o meno) negoziale della crisi: il concordato preventivo, l’accordo di ristrutturazione del debito ed il c.d. piano attestato di risanamento.

Secondo l’interpretazione preferibile, ai predetti istituti possono accedere unicamente i soggetti “fallibili”, ovvero, gli imprenditori che esercitano attività commerciali e che superano almeno uno dei parametri dimensionali indicati nell’art. 1 L.F.

Al fine di offrire uno strumento per la ristrutturazione dei debiti e la gestione negoziale della crisi anche ai soggetti “non fallibili” (ivi compresi i non imprenditori), il Legislatore è intervenuto, in rapida successione, dapprima con il D.L. 22 dicembre 2011, n. 212 e, in un secondo momento, con la Legge 27 gennaio 2012, n. 3. Poiché i predetti provvedimenti contenevano una disciplina in gran parte sovrapponibile, in sede di conversione del D.L. 212/2011 sono stati stralciati tutti gli articoli relativi all’argomento in esame. Di conseguenza, allo stato, la normativa di riferimento per la gestione del sovraindebitamento dei soggetti “non fallibili” è contenuta unicamente nella legge n. 3/2012, che entrerà in vigore il prossimo 29 febbraio 2012.

Più nel dettaglio, l’art. 6 della Legge 3/2012 espressamente prevede che, al fine di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, il debitore può concludere un accordo con i suoi creditori, avvalendosi della procedura di composizione della crisi disciplinata dalla legge stessa.

Sempre l’art. 6 precisa, altresì, che per “sovraindebitamento” si intende una situazione di perdurante squilibrio tra i debiti ed il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché, la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni.

E’ dunque possibile accedere alla procedura in esame sia in caso di perdurante (ancorché non definitiva) illiquidità, che comunque si rifletta nell’incapacità di pagare i propri debiti, sia nel caso in cui la situazione di illiquidità sia insanabile, con conseguente “cronicità” della situazione di insolvenza.

La Legge 3/2012 precisa poi che il debitore “non fallibile”, in stato di “sovraindebitamento” (come sopra precisato) e che non abbia già fatto ricorso alla procedura in esame nei tre anni precedenti, può – con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi (di cui dirà oltre) – proporre ai propri creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti che deve:

  • assicurare il regolare pagamento dei creditori che non aderiscono all’accordo stesso (salva l’eventuale moratoria, di cui infra);
  • consentire l'integrale pagamento dei creditori privilegiati (che non abbiano rinunciato neppure parzialmente);
  • prevedere le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori, le eventuali garanzie rilasciate, le modalità per l'eventuale liquidazione dei beni;
  • nei casi in cui i beni o i redditi del debitore non siano sufficienti a garantire la fattibilità del piano, la proposta deve essere sottoscritta da uno o più terzi che conferiscano, anche in garanzia, redditi o beni sufficienti per l'attuabilità dell'accordo.

Il piano può anche prevedere:

  • l'affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori;
  • la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione di redditi futuri;
  • al ricorrere di determinate condizioni, una moratoria fino ad un anno per il pagamento dei creditori che non aderiscono all’accordo.

La proposta di accordo deve essere depositata presso il tribunale del luogo di residenza o sede del debitore con l'elenco di tutti i creditori e l'indicazione delle somme ad essi dovute, l’attestazione della fattibilità del piano rilasciata dell’organismo di composizione della crisi e con l’ulteriore documentazione richiesta dall’art. 9 Legge 3/2012.

Verificata la sussistenza dei predetti requisiti, il giudice fissa immediatamente un’udienza.

L’organismo di composizione della crisi deve quindi dare avviso ai creditori della proposta del debitore e del provvedimento del giudice (tali atti devono anche essere pubblicizzati a cura dell’organismo medesimo).

Se non rileva iniziative o atti in frode ai creditori, all’udienza il giudice dispone, per un massimo di 120 giorni, il blocco delle azioni cautelari ed esecutive nonché il divieto di acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore. Tale provvedimento, contro cui i creditori possono proporre reclamo, non opera comunque nei confronti dei titolari di crediti impignorabili (come, ad es., i crediti alimentari).

Dopo l’udienza, i creditori che vogliono aderire all’accordo devono far pervenire all'organismo di composizione della crisi una dichiarazione sottoscritta con cui manifestano il proprio consenso alla proposta.

L’accordo potrà essere omologato solo se viene così prestato il consenso dei creditori rappresentanti almeno il 70% dei crediti.

Se tale percentuale viene raggiunta, l'organismo di composizione della crisi informa tutti i creditori con l’invio di una relazione cui è allegato anche il testo dell'accordo.

Nei dieci giorni successivi al ricevimento di tale relazione, i creditori possono sollevare eventuali contestazioni. Decorso tale ultimo termine, l'organismo di composizione della crisi trasmette al giudice la relazione, allegando le contestazioni ricevute, nonché una sua attestazione definitiva sulla fattibilità del piano.

Previa verifica del raggiungimento della percentuale sopra indicata e verificata altresì l'idoneità del piano stesso ad assicurare il pagamento dei creditori che non hanno aderito, il giudice omologa l'accordo e ne dispone l'immediata pubblicazione.

Contro il provvedimento di omologa o contro l’eventuale suo diniego, può essere proposto reclamo al tribunale.

Dalla data dell’omologazione dell’accordo e per un periodo non superiore ad un anno, scatterà un nuovo blocco delle azioni cautelari ed esecutive nonché il divieto di acquisire diritti di prelazione sul patrimonio del debitore. Anche in questo caso, peraltro, il provvedimento non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili.

All’organismo di composizione della crisi è demandato il compito di risolvere le difficoltà che dovessero insorgere nell'esecuzione dell'accordo e di vigilare sull'esatto adempimento dello stesso, comunicando ai creditori ogni irregolarità. Sulle eventuali contestazioni che hanno ad oggetto la violazione di diritti soggettivi decide il giudice investito della procedura.

Se il piano prevede l’utilizzo di beni pignorati, il giudice deve nominare un liquidatore, che dispone di tali beni e delle somme incassate dalla loro vendita (il cui svincolo dovrà comunque essere autorizzato dal giudice che dovrà altresì ordinare la cancellazione del pignoramento e di ogni altro vincolo pregiudizievole).

In caso di mancato corretto adempimento di quanto previsto nel piano, ovvero in di sopravvenuta impossibilità di eseguirlo, o ancora se dovessero emergere condotte fraudolente del debitore, su iniziativa di ciascun creditore l’accordo può essere annullato o risolto dal tribunale.L'accordo, inoltre, è revocato di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro novanta giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, nonché, ovviamente, se il debitore viene dichiarato fallito (ad es. in qualità di socio illimitatamente responsabile di una società di persone fallibile).

I comportamenti fraudolenti del debitore comportano anche sanzioni penali.

Così delineati i tratti essenziali del procedimento per la composizione delle crisi da sovraindebitamento (dei “non fallibili”), deve infine segnalarsi il ruolo particolarmente rilevante svolto, in tale ambito, dall’organismo di composizione della crisi, su cui vale pertanto la pena spendere qualche parola, anche in ragione della novità dell’istituto.

L’organismo – che deve avere sede nel circondario del tribunale competente ad esaminare la proposta di accordo- è scelto dal debitore ed ha il compito di curare, oltre alle importanti incombenze sopra delineate, la predisposizione del piano di ristrutturazione, il raggiungimento dell'accordo e la buona riuscita dello stesso, finalizzata al superamento della crisi da sovraindebitamento; a tal fine l’organismo collabora con il debitore e con i creditori anche attraverso la modifica del piano oggetto della proposta di accordo.

La Legge 3/2012 prevede che gli enti pubblici possono costituire organismi con adeguate garanzie di indipendenza e professionalità deputati alla composizione delle crisi da sovraindebitamento. Detti organismi dovranno avere un apposito regolamento e dovranno essere iscritti in un registro ad hoc che dovrà essere tenuto presso il Ministero della giustizia. I criteri e le modalità di iscrizione, cancellazione, ecc., dal registro, nonché la stessa formazione dell’elenco, dovranno peraltro essere determinati dal Ministro della giustizia entro 90 giorni dall’entrata in vigore della L. 3/2012.

Gli organismi di conciliazione costituiti presso le camere di commercio, gli ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti ed esperti contabili e dei notai sono iscritti di diritto, a semplice domanda, nel predetto registro.

I compiti e le funzioni attribuiti agli organismi di composizione della crisi possono inoltre essere anche svolti anche da un professionista che potrebbe svolgere l’incarico di curatore fallimentare, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato.

Per quanto concerne i costi del procedimento, infine, è previsto che, con decreto del Ministro della giustizia saranno stabilite, in considerazione del valore della procedura e delle finalità sociali della medesima, le tariffe applicabili all'attività svolta dai professionisti, da porre a carico dei soggetti che ricorrono alla procedura.

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