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La “nuova” disciplina delle obbligazioni degli esponenti bancari: alcune considerazioni sistematiche

28 Aprile 2013

Raimondo Maggiore e Danilo Quattrocchi, Studio Legale Bird & Bird

Di cosa si parla in questo articolo

Lo scorso 18 dicembre è stata pubblicata, nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 208, la L. 17 dicembre 2012, che ha apportato – in sede di conversione del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (il “Decreto”) – significative modifiche alle disposizioni in tema di obbligazioni degli esponenti aziendali contenute nell’art. 136 del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (il “TUB”).

Come noto, la disposizione da ultimo richiamata vieta a quanti svolgano funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso una banca di contrarre, direttamente o indirettamente, obbligazioni di qualsiasi natura o compiere atti di compravendita con la banca presso la quale tali funzioni sono svolte, se non previa deliberazione unanime dell’organo amministrativo e con il voto favorevole di tutti i componenti dell’organo di controllo.

Il testo dell’art. 136 del TUB era già stato oggetto, negli ultimi anni, di talune modifiche e integrazioni1, tra le quali il controverso intervento volto ad estenderne – attraverso l’introduzione del comma 2-bis – l’ambito applicativo anche alle obbligazioni intercorrenti con società controllate dagli esponenti aziendali, presso le quali gli stessi svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonché con le relative controllanti e controllate.

Prima delle modifiche da ultimo introdotte dal Decreto, pertanto, l’art. 136 del TUB2 mirava a regolare, attraverso un meccanismo di c.d. “permesso condizionato” – la cui inosservanza è penalmente sanzionata – le seguenti fattispecie:

  1. l’assunzione diretta o indiretta, da parte di chi svolga funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso una banca, di obbligazioni di qualsiasi natura o l’esecuzione (anch’essa diretta o indiretta) di atti di compravendita nei confronti della banca che il medesimo soggetto amministra, dirige o controlla (art. 136, comma 1, del TUB);
  2. l’assunzione diretta o indiretta di obbligazioni di qualsiasi natura o l’esecuzione diretta o indiretta di atti di compravendita posti in essere dai soggetti che svolgano le funzioni di cui sopra nei confronti della banca o di altra società del gruppo bancario amministrata, diretta o controllata, nonché l’esecuzione di operazioni di finanziamento poste in essere dagli stessi soggetti con altra società o con altra banca del gruppo (art. 136, comma 2, del TUB);
  3. la concessione di finanziamenti o l’assunzione di obbligazioni contrattuali, da parte della banca o di altra società facente parte del gruppo bancario, in favore di società controllate da tali soggetti, di società presso le quali gli stessi svolgano le medesime funzioni o di società da queste controllate o che le controllano (art. 136, comma 2-bis, del TUB).

Orbene, l’art. 24-ter del Decreto ha disposto l’abrogazione dei commi 2 e 2-bis del menzionato art. 136 del TUB, introducendo altresì un ultimo periodo nel comma 1 della stessa norma, in virtù del quale «è facoltà del consiglio di amministrazione delegare l’approvazione delle operazioni di cui ai periodi precedenti nel rispetto delle modalità ivi previste»3.

In tale contesto e alla luce delle modifiche apportate dal Decreto, pare opportuno interrogarsi sulla possibilità di escludere dall’ambito di applicazione del “nuovo” art. 136 del TUB talune tipologie di operazioni – tradizionalmente soggette alla disposizione in esame – quali, ad esempio, le obbligazioni contratte, o gli atti di compravendita conclusi, da una banca con:

  1. familiari o affini degli esponenti aziendali, ove si accerti che i medesimi siano sostanzialmente destinati a produrre i propri effetti nei confronti di questi ultimi;
  2. società controllate dagli esponenti aziendali, o dai loro familiari e affini, secondo quanto originariamente previsto dall’abrogato comma 2-bis;
  3. società semplici o in nome collettivo, società in accomandita semplice o per azioni e società di capitali nelle quali l’esponente aziendale rivesta, rispettivamente, la qualifica di socio, socio accomandatario o socio unico, come precisato dal Titolo II, Capitolo 3, Sezione II, par. 3, della Circolare Banca d’Italia 21 aprile 1999, n. 229, recante le “Istruzioni di Vigilanza per le Banche” (le “Istruzioni di Vigilanza”).

Con specifico riguardo al primo dei menzionati profili, si rammenta anzitutto che il comma 1 dell’art. 136 del TUB assoggetta al peculiare iter deliberativo ivi previsto ogni obbligazione o compravendita contratta o posta in essere «direttamente o indirettamente» dagli esponenti aziendali nei confronti della banca presso cui i medesimi svolgono le proprie funzioni.

La dottrina ha lungamente dibattuto circa il significato dell’avverbio «indirettamente»4, giungendo a ritenere, con un orientamento sostanzialmente pacifico5, che l’espressione si riferisca ad ogni caso di interposizione di persona e conseguentemente attribuisca rilievo tanto alle ipotesi in cui gli effetti del negozio vietato siano destinati a ricadere immediatamente nella sfera giuridica del contraente “dissimulato” (i.e. l’esponente aziendale), quanto alle ipotesi in cui, vertendosi in fattispecie di atti stipulati per conto altrui (mandato senza rappresentanza) o con vincolo fiduciario, si renda necessario procedere ad un successivo negozio di trasferimento6.

In altre parole, facendo leva sull’interesse sostanziale sotteso all’operazione, la dottrina tradizionale riconduce il significato del predetto avverbio al fenomeno dell’interposizione reale o fittizia di persona, considerando indirettamente conclusa dall’esponente bancario ogni operazione della quale sia formalmente parte un’altra persona (fisica o giuridica), ma i cui effetti ricadono nella sfera giuridica dell’esponente.

In linea con tale orientamento, e con specifico riferimento alle persone fisiche, dovrà dunque attribuirsi rilevanza alle operazioni compiute da soggetti affettivamente “contigui” all’esponente aziendale, quali genitori, coniugi, conviventi more uxorio, figli, fratelli, sorelle, nonni, nipoti (ex filio) e affini fino al II grado7.

Anche a seguito della già citata introduzione del comma 2-bis dell’art. 136 del TUB, in letteratura è stata peraltro prospettata la necessità di un’interpretazione «assai rigorosa»8 delle c.d. obbligazioni indirette, imperniata, da un alto, sulla natura penale della norma in commento e, dall’altro, sul presupposto per cui, quando la legge ha ritenuto di regolare i casi di interposizione, si è invero limitata alla sola interposizione di persone giuridiche.

Conseguentemente, tale dottrina evidenzia che ove l’obbligazione fosse formalmente riferibile a persona fisica diversa dall’esponente, occorrerebbe «essere certi dell’interesse di quest’ultimo per applicare i meccanismi operativi del comma 1 dell’art. 136 e darne prova per applicare, in caso di inosservanza di questi ultimi, le sanzioni del comma 3»9.

In tale contesto, quindi, la circostanza che l’obbligazione sia contratta con un congiunto più o meno stretto dell’esponente dovrà sì rilevare in un’ottica prudenziale, ma sempre all’interno di un complessivo quadro probatorio che ne corrobori o ne confermi il rilievo.

È opinione di chi scrive, peraltro, che i richiamati orientamenti conservino la propria attualità anche nel vigente impianto normativo, quale risultante dalle modifiche da ultimo apportate all’art. 136 del TUB dal Decreto, senza porsi in contrasto con gli intenti di semplificazione palesati dal legislatore. Se da un lato, infatti, l’abrogazione dei commi 2 e 2-bis pare perseguire l’obiettivo di una drastica riduzione della rilevanza dei fenomeni di gruppo e, più in generale, di connessione societaria, dall’altro lato, l’invariato richiamo – operato dal comma 1 – alle obbligazioni “indirette” induce a confermare la perdurante applicabilità della norma a tutti i casi in cui il centro di imputazione sostanziale dell’operazione sia comunque, ed indipendentemente dall’evidenza formale, un esponente aziendale della banca.

Le considerazioni fin qui formulate offrono un importante spunto per chiarire anche la questione dell’attuale rilevanza delle obbligazioni contratte dalla banca con società controllate dai propri esponenti, già soggette – in forza del richiamo operato dal comma 2-bis – ai presidi procedurali di cui al comma 1 dell’art. 136 del TUB.

In proposito, occorre anzitutto prendere le mosse dal rilievo che le modifiche apportate dal Decreto denotano il chiaro intento del legislatore di semplificare l’iter deliberativo delle operazioni che coinvolgono gli esponenti aziendali, in un’ottica deflattiva dei lavori consiliari10. Nonostante i ripetuti interventi legislativi, volti ad estenderne progressivamente la portata applicativa, non va, infatti, dimenticato che l’art. 136 del TUB – frutto di una fedele traslazione dalla legge bancaria del 1936, che ne rappresenta la fonte originaria11 – era interpretato come norma speciale di favore12, volta a consentire alle banche, proprio in ragione della peculiare attività svolta, ciò che in generale era vietato alle altre società, vale a dire concedere prestiti ai propri esponenti aziendali13.

In tale contesto, quindi, sembra che il legislatore abbia inteso restituire alla disciplina in commento la propria veste originaria, presumibilmente nell’assunto che un più efficace presidio in materia può derivare dall’attività di vigilanza regolamentare e ispettiva condotta dalla Banca d’Italia14.

Poste tali premesse, si ritiene che un eventuale tentativo di (ri)affermare – attraverso un’interpretazione estensiva dell’avverbio «indirettamente» di cui al primo comma – la rilevanza di tutte le ipotesi di controllo societario già incluse nel perimetro dell’abrogato comma 2-bis, sarebbe quanto meno incongruo, vanificando in concreto la stessa ratio dell’intervento operato dal legislatore.

Ne consegue che, per effetto delle modifiche apportate dal Decreto, la concessione di finanziamenti o l’assunzione di obbligazioni contrattuali in favore di società controllate dagli esponenti aziendali della banca (o di altra società del gruppo bancario), di società presso le quali gli stessi svolgano analoghe funzioni o in favore di società da queste controllate o che le controllano non assumeranno più rilievo ai fini di cui all’art. 136 del TUB.

Tale conclusione, tuttavia, si ritiene non possa essere estesa fino al limite di negare ogni rilevanza alle ipotesi di obbligazioni o atti di compravendita fittiziamente conclusi per il tramite di persone giuridiche comunque riconducibili all’esponente aziendale. In presenza del fondato sospetto che l’operazione compiuta da una persona giuridica controllata dall’esponente – o dai relativi familiari e affini – sia invero volta ad asservire, secondo il richiamato schema dell’interposizione reale o fittizia di persona (questa volta) giuridica, un interesse dissimulato dell’esponente stesso, sarà dunque necessario – o quantomeno opportuno, in un’ottica cautelativa – attrarre la medesima all’ambito di applicazione dell’art. 136, comma 1, del TUB.

Ciò, evidentemente, al fine di preservare l’integrità dei processi decisionali della banca in sede di erogazione del credito e evitare possibili elusioni del divieto in commento.

A conclusioni non dissimili, infine, deve giungersi anche con riferimento all’ultimo interrogativo, concernente la perdurante cogenza delle previsioni contenute nelle Istruzioni di Vigilanza, con particolare riferimento alle ipotesi di rilevanza ivi previste.

Come noto, infatti, muovendo dal presupposto che il divieto previsto dall’art. 136, comma 1, del TUB si giustificherebbe per il riverberarsi degli effetti dell’obbligazione nella sfera giuridica dell’esponente bancario, la Banca d’Italia ha affermato che «il divieto e la procedura per la sua rimozione vale anche in tutti i casi in cui obbligato o contraente sia un soggetto legato ad uno o più esponenti aziendali da un rapporto tale che delle sue obbligazioni detto o detti esponenti siano tenuti a rispondere personalmente ed illimitatamente».

In proposito, le Istruzioni di Vigilanza – invariate sul punto nonostante i ripetuti interventi legislativi che hanno interessato la materia – individuano come rilevanti i casi in cui obbligato o contraente della banca sia: i) una società semplice o in nome collettivo, della quale l’esponente sia socio; ii) una società in accomandita semplice o in accomandita per azioni, della quale esso sia socio accomandatario; iii) una società di capitali di cui l’esponente sia unico azionista.

Il principio espresso dall’Autorità sembra trarre origine dall’invero risalente orientamento giurisprudenziale in virtù del quale non potrebbe escludersi sic et simpliciter dall’applicazione della norma in commento ogni fattispecie in cui l’assunzione dell’obbligazione avvenga per il tramite di una società alla quale l’esponente bancario sia “interessato”, oscillando poi, nelle applicazioni concrete, tra soluzioni più o meno rigorose, che talora non condizionano la sussistenza di un tale interesse alla verifica di un effettivo rapporto di controllo15.

Sulla scorta di tale interpretazione, la dottrina aveva dunque variamente enfatizzato il rischio di “confusione” fra il patrimonio del socio (l’esponente bancario) e quello delle società parte dell’operazione16, i casi in cui l’esponente avesse il “dominio” o la “padronanza” della società contraente con la banca17, nonché – soluzione fatta propria dall’Autorità – le ipotesi in cui l’esponente fosse in ultima analisi chiamato a rispondere delle obbligazioni della società.

Prima delle modifiche introdotte dal Decreto – vale a dire quando l’ampia portata dell’art. 136 del TUB copriva la quasi totalità delle casistiche che, nella prassi, interessavano i consigli di amministrazione – in dottrina si riteneva che il legislatore avesse definitivamente “tipizzato” «mercè di una sorta di interpretazione autentica … dell’avverbio “indirettamente”, le fattispecie nelle quali l’interposizione di una società rilevi ai fini dell’applicazione dell’art. 136»18.

Erano le fattispecie, invero molto estese, descritte dagli abrogati commi 2 e 2-bis e nelle quali l’interesse (indiretto) dell’esponente bancario doveva ritenersi presunto iuriset de iure o, se si preferisce, risultava irrilevante verificarne l’esistenza in concreto.

Pertanto, al di fuori delle ipotesi tassativamente elencate dalle richiamate previsioni, l’eventuale coinvolgimento di una società – in qualunque altro modo l’esponente vi partecipasse o ne fosse interessato – doveva ritenersi irrilevante, in quanto estraneo al già amplissimo spettro preso in considerazione dalla legge.

In tale contesto, quindi, già nel vigore dell’abrogato comma 2-bis, taluni autori evidenziavano la sopravvenuta irrilevanza delle casistiche tipizzate dall’Autorità – ritenute frutto di un poco convincente intento di uniformità19 – che potevano al più assumere un ruolo di mero “orientamento” per operatori e interpreti.

La rilevanza “assoluta”, ai sensi delle Istruzioni di Vigilanza, di ogni operazione in cui obbligato o contraente sia «una società [per azioni] di cui l’esponente sia unico azionista», risulterebbe peraltro incoerente con un ulteriore dato di natura sistematica.

Come noto, infatti, in relazione a tale tipo sociale (ed analogamente a quanto già in precedenza previsto per le società a responsabilità limitata) il fenomeno della responsabilità illimitata del socio unico ha oggi – per effetto della riforma delle società per azioni recata dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 – carattere eccezionale, risultando confinato alle sole ipotesi di mancata esecuzione dei conferimenti e di mancata iscrizione, presso il registro delle imprese, delle dichiarazioni di cui all’art. 2362 del cod.civ..

Quanto precede non esclude, tuttavia, l’opportunità di considerare – in linea con l’autorevole dottrina sopra richiamata – la responsabilità illimitata del socio/esponente quale indicatore della possibile esistenza di un interesse indiretto del medesimo al compimento dell’operazione, per tale via assegnando alle ipotesi richiamate dalle Istruzioni di Vigilanza mero carattere “segnaletico” di una possibile interposizione della società che risulti formalmente contraente.

 

1

Per una panoramica degli interventi di modifica precedenti al Decreto: G. Losappio, sub art. 136, in Aa.Vv., Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia. Commento al d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385, a cura di F. Belli, G. Contento, A. Patroni Griffi, M. Porzio, V. Santoro, Bologna, 2003, II, 2272 ss.; G. Sciumbata, Società, banche ed intermediazione finanziaria: norme di coordinamento (D.lgs. 6 febbraio 2004, n. 37), ne La riforma del diritto societario, a cura di G. Lo Cascio, 11, Milano, 2004, 153 ss.; M. Lembo, L’art. 136 del t.u.b. nella versione integrata dalla cosiddetta legge sul risparmio. Prime e brevi riflessioni, in Dir. banc. mer. fin., 2006, I, 455 ss.; P. Ferro-Luzzi, Le “obbligazioni degli esponenti aziendali”; l’art. 136, comma 2-bis T.U.B.; il doppio esercizio delle “funzioni rilevanti”, in Banca, borsa, tit. cred., 2006, I, 471 ss.; L. A. Bianchi, M. Lucenti, Una «chirurgia» legislativa invasiva: la riforma dell’articolo 136 del Testo Unico Bancario, in Analisi giuridica dell’economia, 2006, I, 77 ss.; S. Roveri, Disciplina delle obbligazioni degli esponenti bancari alla luce della riforma sul risparmio, in Impr. comm. ind., 2007, 445 ss..

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2

Per comodità di lettura, si riporta il testo dell’art. 136 del TUB nella versione precedente le modifiche apportate dal Decreto:

«1. Chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso una banca non può contrarre obbligazioni di qualsiasi natura o compiere atti di compravendita, direttamente od indirettamente, con la banca che amministra, dirige o controlla, se non previa deliberazione dell’organo di amministrazione presa all’unanimità e col voto favorevole di tutti i componenti dell’organo di controllo, fermi restando gli obblighi previsti dal codice civile in materia di interessi degli amministratori e di operazioni con parti correlate.

2. Le medesime disposizioni si applicano anche a chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo, presso una banca o società facenti parte di un gruppo bancario, per le obbligazioni e per gli atti indicati nel comma 1 posti in essere con la società medesima o per le operazioni di finanziamento poste in essere con altra società o con altra banca del gruppo. In tali casi l’obbligazione o l’atto sono deliberati, con le modalità previste dal comma 1, dagli organi della società o banca contraente e con l’assenso della capogruppo.

2-bis. Per l’applicazione dei commi 1 e 2 rilevano anche le obbligazioni intercorrenti con società controllate dai soggetti di cui ai medesimi commi o presso le quali gli stessi soggetti svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonché con le società da queste controllate o che le controllano. Il presente comma non si applica alle obbligazioni contratte tra società appartenenti al medesimo gruppo bancario ovvero tra banche per le operazioni sul mercato interbancario.

3. L’inosservanza delle disposizioni dei commi 1, 2 e 2-bis è punita con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 206 a 2.066 euro».

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3

Per completezza si osserva che, in maniera del tutto singolare, l’art. 24-ter del Decreto non ha modificato il comma 3 dell’art. 136, che tuttora richiama anche i commi 2 e 2-bis, per come detto abrogati.

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4

Sul controverso concetto di assunzione “indiretta” delle obbligazioni da parte degli esponenti aziendali, cfr. tra tutti, per il passato, G. Rossi, Sul significato dell’avverbio «indirettamente» nell’art. 38 della legge bancaria, in Riv. soc., 1979, 169 ss.; F. Bonelli, Amministratori di banche e conflitto di interessi, in Giur. comm., 1989, I, 911 ss.; più di recente P. Ferro-Luzzi, Le “obbligazioni degli esponenti aziendali”; l’art. 136, comma 2-bis T.U.B.; il doppio esercizio delle “funzioni rilevanti”, cit., 469 ss.; L.A. Bianchi, M. Lucenti, Una «chirurgia» legislativa invasiva: la riforma dell’articolo 136 del Testo Unico Bancario, cit., 77 ss.; V. Troiano, La nuova disciplina dei conflitti di interesse. Assunzione di attività di rischio nei confronti di soggetti collegati e di obbligazioni nei confronti di esponenti aziendali, in AA.VV., La nuova legge sul risparmio. Profili societari, assetti istituzionali e tutela degli investitori, a cura di F. Capriglione, Padova, 2006, 103 ss.; A. Nigro, Commento sub art. 8, in AA. VV., La tutela del risparmio. Commentario della legge 28 dicembre 2005, n. 262 e del d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 303, a cura di A. Nigro e V. Santoro, Torino, 2007, 100 e ss.; R. Costi, L’ordinamento bancario, Bologna, 2007, 643 ss.

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5

A. Pisani Massamormile, Commento sub art. 136, in AA.VV., Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, a cura di F. Capriglione, II, Padova, 2012, 1055.

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6

Tra gli altri, A. Bartulli A., G.M. Flick, Commento sub art. 93, in AA.VV., Codice commentato della banca, Milano, 1990, I, 1126; A. Crespi, L’assunzione indiretta di obbligazioni prevista dall’art. 38 della legge bancaria in un recente responso giudiziario, in Riv. soc., 1976, 678. In tal senso si esprime anche la dottrina successiva all’emanazione del TUB: U. Morera, Il fido bancario. Profili giuridici, Milano, 1998, 68; A. Cassella, Il conflitto di interessi nell’attività bancaria, in Banca, borsa, tit. cred., 1996, I, 805.

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7

Tale orientamento appare, peraltro, confermato dalle Istruzioni di Vigilanza, che richiamano espressamente il «coniuge o altro familiare dell’esponente», tra le persone fisiche che potrebbero dare vita ad un’obbligazione indiretta dell’esponente bancario. Più critica, sul punto, la Circolare Assonime 12 aprile 2006, n. 12, secondo cui «sebbene una condotta improntata a criteri di prudenza possa in effetti suggerire, al ricorrere di particolari circostanze, di sottoporre alle autorizzazioni richieste dall’art. 136 l’assunzione di obbligazioni o la conclusione di atti di compravendita da parte di familiari degli esponenti aziendali … non pare corretto estendere indiscriminatamente l’ambito di applicazione della norma. Non si ritiene, pertanto, che l’avverbio “indirettamente” consenta di includere situazioni in cui l’esponente aziendale benefici solo in via di fatto dell’obbligazione o della compravendita: l’espressione pare piuttosto idonea a coprire fattispecie di negozio indiretto od operazioni per interposta persona, ferma comunque la necessità che i benefici derivanti dalle operazioni siano giuridicamente imputabili alle persone fisiche o giuridiche rilevanti (si pensi al caso della comunione dei beni)».

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8

A. Nigro, Commento sub art. 8, cit., 103.

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9

A. Pisani Massamormile, Commento sub art. 136, cit., 2297.

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10

Circostanza resa ancor più evidente dalla facoltà, per il consiglio di amministrazione, di «delegare l’approvazione delle operazioni» con esponenti aziendali, oggi prevista dall’ultimo periodo del comma 1 dell’art. 136 del TUB.

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11

In realtà il diretto precedente della norma in commento è l’art. 36 del D.Lgs. 14 dicembre 1992, n. 481, che riproduceva il combinato disposto di cui agli artt. 38, 65, 82, 86 e 93 della Legge Bancaria del 1936 e 10 e 44 del Testo Unico delle casse rurali e artigiane, di cui al R.D. 26 agosto 1937, n. 1706.

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12

Sull’art. 136, anteriormente alle recenti innovazioni, tra la «numerosa, ma prevalentemente descrittiva, dottrina» (così P. Ferro-Luzzi, Le “obbligazioni degli esponenti aziendali”; l’art. 136, comma 2-bis T.U.B.; il doppio esercizio delle “funzioni rilevanti”, cit., 471) si vedano: L. Enriques, Il conflitto di interessi nella gestione delle banche, in Aa.Vv.,Il governo delle banche in Italia, a cura di F. Riolo e D. Masciandaro, Roma, 1999, 335 ss.; G. Bottiglioni, Problemi attuali in tema di obbligazioni degli esponenti bancari, in Banca impresa soc., 1997, 98 ss.; A. Crespi, I nuovi orizzonti «postumi» dell’art. 38 dell’abrogata legge bancaria. Variationssérieuses sulle obbligazioni «indirette», in Riv. soc., 1996, 77 ss.; A. Colavolpe, Brevi note in tema di obbligazioni degli esponenti di banche e di società appartenenti a gruppi bancari: l’art. 136 del T.U. delle leggi in materia bancaria e creditizia, in Temi romana, 1996, I, 35 ss.; U. Morera, L’esercizio del credito nei confronti degli «esponenti bancari», cit., II, 125 ss.; ID., Il fido bancario. Profili giuridici, cit., 65 ss; A. Pisani Massamormile, sub art. 136, cit., II, 1050 ss.

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13

Già la Relazione ministeriale (in Riv. dir. comm. 1931, I, p. 753 ss.) all’art. 6 della Legge 4 luglio 1931, che convertiva la corrispondente disposizione dell’art. 6 del R.D.L. n. 1459 del 1930, poi trasfusa nell’art. 2624 cod.civ., giustificava la disciplina speciale per le banche affermando di dover tener conto «delle particolari esigenze delle aziende di credito, rispetto alle quali non era possibile imporre che i più forti gruppi di industrie che fanno capo all’azienda e dei quali i rappresentanti sogliono far parte del consiglio di amministrazione, si rivolgessero per i propri bisogni piuttosto che all’azienda di credito cui sono legati, ad altre aziende diverse e forse concorrenti. Il divieto non poteva essere mantenuto un modo così rigido e generale». Sul punto, cfr. U. Morera, Il fido bancario. Profili giuridici, cit., 65 ss.

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14

Il riferimento è, evidentemente, alle disposizioni in materia di attività di rischio e conflitti di interesse nei confronti di soggetti collegati di cui al Titolo V, Capitolo 5, della Circolare Banca d’Italia 27 dicembre 2006, n. 263.

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15

Ex multis, Cass. 20 maggio 1980, in Mass. Pen., 1981, 1163; Trib. Milano 18 settembre 1989, in Rep. Foro it., 1990, 91; Trib. Milano, 17 luglio 1978, in Giur. comm. 1979, II, 640.

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16

G. Rossi, Sul significato dell’avverbio «indirettamente» nell’art. 38 della legge bancaria, cit., 169 ss.; A. Bartulli A., G.M. Flick, Commento sub art. 93, cit., 1126.

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17

A. Crespi, L’assunzione indiretta di obbligazioni prevista dall’art. 38 della legge bancaria in un recente responso giudiziario, cit., 678.

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18

Così, A. Pisani Massamormile, Commento sub art. 136, cit., 2296, ma sul punto cfr. anche A. Nigro, Commento sub art. 8, cit., 117.

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19

L’assenza di aggiornamenti, la criticabilità delle soluzioni assunte e la mancanza di forza vincolante delle Istruzioni di Vigilanza sono aspetti evidenziati da A. Pisani Massamormile, Commento sub art. 136, cit., 2265, il quale in argomento richiama: P. Ferro-Luzzi, Le “obbligazioni degli esponenti aziendali”; l’art. 136, comma 2-bis T.U.B.; il doppio esercizio delle “funzioni rilevanti”, cit., 474 ss.; C. Brescia Morra, L’impresa bancaria, in Trattato di diritto civile del Consiglio Nazionale del Notariato, Napoli, 2006, 250; A. De Pra, Le obbligazioni degli esponenti bancari, in Giur. Comm., 2008, I, 1141 ss.; A. Nigro, Commento sub art. 8, ne La tutela del risparmio, a cura di A. Nigro – V. Santoro, Torino, 2007, 116.

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