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Giurisprudenza

Nullità della commissione di massimo scoperto per indeterminatezza

26 Febbraio 2024

Veronica Zerba, dottoranda presso l’Università di Trento

Cassazione civile, Sez. I, 15 gennaio 2024, n. 1373 – Pres. Cristiano, Rel. Vella

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Cassazione con ordinanza del 15 gennaio 2024 (pres. Cristiano, rel. Vella) ha stabilito che la commissione di massimo scoperto (c.m.s.) non è nulla per indeterminatezza qualora, nonostante le parti non abbiano esplicitamente individuato la periodicità di applicazione, quest’ultima sia desumibile dai canoni ermeneutici

Il casus belli è l’ammissione solo parziale del credito di un istituto bancario al fallimento della propria correntista, in virtù della ritenuta nullità della commissione di massimo scoperto.

Il Tribunale in sede di opposizione allo stato passivo ha confermato che, poiché la c.m.s. è un importo percentuale calcolato sul massimo importo tenuto a disposizione dalla banca per un determinato periodo di tempo, la mancanza di espressa pattuizione del periodo rilevante ne rendeva indeterminabile la prestazione

La Corte, inquadrata la questione da risolvere nella violazione dei canoni ermeneutici (quindi nel sindacato di legittimità della Corte, Cass. 10745/2022), richiama Cass. 19825/2022 per cui la c.m.s. può ritenersi nulla solo nel caso di indeterminatezza «effettiva e radicale», non riscontrabile ove i canoni ermeneutici consentano all’interprete di individuare il periodo di riferimento.

Nel caso in decisione la Corte stabilisce che concordemente questi portano a concludere che le parti avevano inteso applicare la c.m.s. trimestralmente: lo ricava dal principio di interpretazione complessiva (art. 1363 c.c.) poiché nel contratto si stabiliva di regolare di tutti i rapporti in dare e avere con identica periodicità, e, contestualmente, la chiusura del conto trimestrale; rileva, inoltre, che la concreta applicazione trimestrale della clausola in sede esecutiva avrebbe ottenuto risalto dall’interpretazione secondo comune volontà delle parti, (art 1362 c.c.).

Richiama poi il principio di interpretazione secondo buona fede (art 1366 c.c.), e quello per cui deve essere dato alla clausola il senso in cui può avere un effetto (art. 1367).

Infine, non può mancare il riferimento alla pratica generalmente in uso (art. 1368) che era, in effetti, di applicazione trimestrale della commissione.

La Corte cassa quindi con rinvio. 

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