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Note di confronto tra la nuova “escussione extragiudiziale delle garanzie” di cui alla proposta di direttiva del 13 marzo 2018 ed il nuovo art. 48 bis T.U.B.

21 Maggio 2018

Corrado Angelelli, partner, Banking & Finance, Freshfields Bruckhaus Deringer

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione[1]

Il 13 marzo 2018 la Commissione ha pubblicato una proposta di direttiva (“Proposal for a directive of the European Parliament and of the Council on credit servicers, credit purchasers and the recovery of collateral”), la quale contiene un ambizioso pacchetto di misure volte a ridurre più rapidamente i crediti deteriorati (NPLs) nel settore bancario.
Il pacchetto integra i lavori sull’Unione dei mercati dei capitali ed è volto al completamento dell’Unione bancaria. Questa proposta di direttiva è parte quindi di un disegno più ampio volto a rafforzare l’Unione economica e monetaria dell’Europa (Europe’s Economic and Monetary Union, EMU).

Come sottolineato nel Comunicato stampa del 14 marzo, l’obiettivo ultimo è “consolidare ulteriormente, a vantaggio delle generazioni future, la base su cui poggia il settore bancario dell’UE, dotando le banche della solidità che permetterà loro di svolgere il ruolo indispensabile di finanziatrici dell’economia e sostenitrici della crescita”.
La proposta di direttiva combina interventi complementari su tre aspetti fondamentali.
In primo luogo, le banche dovrebbero accantonare fondi per coprire i rischi insiti nei prestiti futuri che potrebbero deteriorarsi, al fine di colmare subito le perdite ed evitare l’accumulo di NPLs. Verrebbero quindi introdotti dei livelli comuni di copertura minima, il cui mancato rispetto comporterebbe deduzioni dai fondi propri della banca non diligente.
In secondo luogo, la proposta vuole introdurre un meccanismo di esecuzione stragiudiziale accelerata dei prestiti coperti da garanzia reale (Accelerated Extrajudicial Collateral Enforcement, AECE). Si vuole dare la possibilità alla banca, in caso di inadempienza da parte del debitore, di realizzare rapidamente la garanzia senza adire le vie legali. Tale meccanismo non sarà però applicabile al credito al consumo: l’escussione della garanzia in sede stragiudiziale è limitata esclusivamente ai prestiti erogati alle imprese.
Il terzo intervento si propone di sviluppare il mercato secondario tracciando una disciplina per i soggetti preposti al recupero dei crediti ed eliminando la necessità di licenze o altre autorizzazioni per potere acquistare crediti deteriorati. Si mira quindi all’armonizzazione dei requisiti per l’accesso e all’instaurazione di un mercato unico della gestione del credito e della cessione a terzi di prestiti bancari nell’Unione europea.

In questo contributo ci si concentrerà sul meccanismo di esecuzione stragiudiziale accelerata (AECE), fornendone una descrizione dettagliata, per poi raffrontarlo con simili misure già introdotte nell’ordinamento italiano.

2. Accelerated Extrajudicial Collateral Enforcement

Il Titolo V (“Accelerated Extrajudicial Collateral Enforcement”, artt. 23-33) della proposta di direttiva introduce l’obbligo per gli Stati Membri di predisporre almeno una procedura stragiudiziale di escussione delle garanzie dei crediti.

L’obiettivo, che sembra voler costituire una risposta del legislatore alle obiezioni circa l’incompatibilità dei tempi della giustizia con i tempi di svalutazione dei crediti deteriorati ipotecari, è evidentemente quello di prevenirne il rischio di accumulazione nei bilanci delle banche, tramite una più rapida procedura di escussione stragiudiziale. In aggiunta, rafforzando la capacità delle banche di recuperare tempestivamente ed efficacemente valore, le stesse potrebbero concedere più prestiti alle imprese. Questo è quanto ha dichiarato lo stesso Valdis Dombrovskis, Vicepresidente responsabile per la Stabilità finanziaria, i servizi finanziari e l’Unione dei mercati dei capitali.

Il testo della proposta traccia le linee guida del meccanismo, di natura rigorosamente volontaria. Non si può ricorrere al meccanismo stragiudiziale in assenza di un accordo scritto tra finanziatore e impresa. L’accordo deve peraltro specificare l’evento determinante l’escussione (“enforcement event”), nonché indicare espressamente il termine entro il quale l’impresa debitrice possa eseguire il pagamento per evitare l’esecuzione stragiudiziale. Prima della conclusione del contratto l’impresa debitrice deve essere chiaramente informata sull’applicazione del meccanismo e sulle relative conseguenze. Una volta verificatosi l’enforcement event, il finanziatore dovrà notificare all’impresa debitrice la propria intenzione di avvalersi del meccanismo, precisando se intenda ricorrere ad asta pubblica o a vendita tra privati e chiedendo di provvedere all’integrale pagamento di quanto dovuto.

E’ consentito agli stati membri di estendere a sei mesi il termine entro il quale sia concesso all’impresa di evitare, mediante il pagamento, l’esecuzione dell’escussione extragiudiziale accelerata ove il debito residuo sia inferiore al 15% del finanziamento originario. A partire dalla ricezione della sovra-citata notificazione sarebbe precluso all’impresa debitrice di disporre delle attività (assets) date in garanzia e la stessa è soggetta ad un generale obbligo di cooperazione (per esempio dovrà fornire tutte le informazioni rilevanti qualora il meccanismo venga messo in moto).

Il legislatore comunitario, raccomandandosi di compiere ogni ragionevole sforzo per evitare l’utilizzo del meccanismo, suggerisce agli stati membri di introdurre disposizioni volte a consentire all’impresa debitrice un termine ragionevole per eseguire il pagamento.

Come già precedentemente accennato, al fine di realizzare il valore del bene che costituisce garanzia, è possibile ricorrere ad un’asta pubblica (disciplinata all’art. 25) o ad una vendita privata (art. 26). Gli stati membri possono però in aggiunta prevedere tra le misure di realizzo anche l’appropriazione (appropriation), ossia il diritto del creditore di trattenere l’attività.

Quest’ultima deve essere oggetto di valutazione da parte di un perito indipendente scelto dalle parti, ovvero, in mancanza di accordo, nominato dal tribunale competente. Nulla sembra impedire che la scelta del perito venga effettuata dalle parti in sede di stipulazione del contratto di finanziamento evitando così che, in sede di utilizzo del meccanismo, il debitore, a scopo dilatorio, imponga di fatto una scelta da parte del tribunale. La stima, da effettuarsi successivamente al verificarsi dell’enforcement event, può essere contestata in via giudiziale da parte dell’impresa debitrice ove non considerata “fair and realistic”. In caso di asta pubblica, il finanziatore dovrà informare impresa debitrice e qualsiasi terzo per tempo e dovrà prodigarsi per attrarre il maggior numero di potenziali acquirenti. La base d’asta non può essere inferiore al valore di perizia e, in linea generale, l’attività non può essere venduta per un prezzo inferiore a più del 20% rispetto alla base d’asta. Gli stati membri possono comunque prevedere che in caso di mancata vendita, si possa ricorrere a vendita privata. Anche in caso di opzione per vendita privata, il finanziatore dovrà pubblicizzarla in modo da attrarre il maggior numero di potenziali acquirenti. Analogamente all’asta pubblica, il debitore ed eventuali terzi datori dovranno ricevere adeguata informativa ed il bene non potrà essere collocato sul mercato ad un prezzo inferiore rispetto al valore di perizia. Una vendita ad un prezzo non inferiore al 80% del valore di perizia potrà avvenire solo ove nel termine di 30 giorni nessun compratore abbia offerto una cifra pari o superiore al prezzo base e vi sia minaccia di un deterioramento imminente del bene. Qualora l’attività non sia stata venduta tramite vendita privata entro 30 giorni dall’offerta di vendita, il finanziatore dovrà proseguire nella pubblicizzazione per un periodo di almeno 30 giorni prima di concludere qualsiasi vendita. Nel caso in cui l’asset non venga venduto, si può ricorrere nuovamente a vendita privata ma il bene potrà essere venduto ad un prezzo ridotto.

È importante poi ricordare la previsione contenuta nell’art. 27: in tale articolo, infatti, si prevede che gli stati membri debbano garantire che la priorità accordata a diritti di garanzia concorrenti nell’ambito della stessa garanzia reale non sia pregiudicata dalla esecuzione di uno di tali diritti in virtù delle disposizioni nazionali di recepimento della Direttiva. Inoltre, ex art. 28, essi dovranno anche garantire il diritto di contestare l’utilizzo del meccanismo di esecuzione stragiudiziale accelerata davanti ad un organo giurisdizionale nazionale qualora la vendita degli assets non sia stata condotta nel rispetto delle previsioni nazionali che hanno trasposto la direttiva o qualora la perizia non sia stata condotta nel rispetto delle predette disposizioni.

Al momento della vendita dell’asset, possono presentarsi i seguenti scenari: l’ammontare dei proventi della vendita può eccedere il debito residuo oppure può essere inferiore. Nel primo caso il finanziatore è tenuto a versare l’eccedenza al debitore; nel secondo, gli stati membri possono invece prevedere che vi sia comunque estinzione del debito.

L’art. 31 affronta poi la questione del trasferimento a terzi dei contratti di credito garantiti: qualora un contratto di credito, all’interno del quale è prevista la possibilità di avvalersi del meccanismo di esecuzione extragiudiziale accelerata, sia trasferito ad un terzo, deve essere garantito a quest’ultimo il diritto di azionare il meccanismo alle medesime condizioni dell’ente creditizio. Infine, al fine di consentire alla Commissione un monitoraggio circa l’efficienza del meccanismo di escussione della garanzia è previsto che gli stati membri, su base annuale, raccolgano dai finanziatori informazioni circa il numero di contratti per i quali sia stato azionato il meccanismo di esecuzione stragiudiziale; la cornice temporale entro cui questo è stato azionato; il numero dei procedimenti iniziati, pendenti, conclusi; la relativa durata e i costi.

Insieme alla proposta di direttiva è stata presentata una relazione di accompagnamento, la quale analizza l’impatto che la nuova normativa può avere sulle imprese, sulle amministrazioni, sui consumatori. Non si può non notare come la relazione sia particolarmente ottimista e confidi in una efficace e fruttuosa applicazione della futura direttiva.

Anzitutto ci si interroga sull’impatto sulle imprese ed in particolare sulle piccole-medie imprese (SMEs,small and medium-sized enterprises). Queste ultime, infatti, per lo svolgimento della loro attività, dipendono in larga misura dal finanziamento bancario. Considerato che le banche con un efficiente strumento di escussione stragiudiziale delle garanzie possono attendersi una minore probabilità di default (dal momento che il moral hazard del debitore viene ridotto) e una minor perdita di valore del bene oggetto di garanzia (dal momento che il valore del bene non potrà diminuire significativamente, vista la velocità della procedura), si ritiene (si spera) che esse saranno portate a rivedere al ribasso i loro tassi di interesse. Per tutte queste ragioni, si stima che l’offerta di finanziamenti crescerà per tutte quelle piccole-medie imprese che hanno dato degli assets in garanzia.

Il meccanismo di escussione stragiudiziale dovrebbe far diminuire anche i costi amministrativi: il costo legato all’intervento di una pubblica autorità (notaio o ufficiale giudiziario) nel corso del processo di escussione sarà esclusivamente a carico delle parti.

Inoltre, si ritiene che l’aumento del ricorso a meccanismi stragiudiziali possa ridurre i casi nei quali è richiesto un intervento delle corti, alleggerendone la mole di lavoro.

Nella relazione di accompagnamento, si sottolinea ulteriormente che, al fine di proteggere i consumatori, si è scelto di limitare l’ambito di applicazione soggettivo alle imprese.

3. Contesto italiano

L’esigenza di un processo esecutivo più spedito e modalità alternative per addivenire ad un rapido realizzo della garanzia reale era già emersa nel nostro Paese ed è già stata affrontata dal nostro legislatore. Una possibilità avrebbe potuto essere quella di intervenire incisivamente sul processo esecutivo, cercando di accorciare termini, ridurre azioni puramente dilatorie da parte degli esecutati e delegare il più possibile a professionisti funzioni di natura esecutiva. Tuttavia, una riforma della giustizia avrebbe richiesto tempo e, come si legge nel preambolo del d. l. 59/2016, l’uso stesso della decretazione d’urgenza deriva proprio dalla “necessità e urgenza di prevedere misure a sostegno delle imprese e di accelerazione dei tempi di recupero dei crediti nelle procedure esecutive e concorsuali”.

Sono state quindi introdotte mediante tale decreto alcune significative novità in materia di procedure esecutive, con il preciso intento di migliorare l’efficienza del sistema di recupero crediti. Le novità principali (contenute nell’art. 4) riguardano: gli elementi contenuti nell’atto di pignoramento, la vendita dei beni pignorati, le ipotesi di inefficacia del pignoramento, l’assegnazione in favore del terzo del bene, l’opposizione all’esecuzione. Il legislatore italiano ha optato infine per l’introduzione di un meccanismo di vendita condizionata. Si tratta di una procedura stragiudiziale che riguarda sia il finanziamento alle imprese che il credito al consumo.

È importante sottolineare come il meccanismo delineato in sede europea sia diverso rispetto a quello elaborato dal nostro legislatore: l’AECE prevede la possibilità per creditore e debitore di concordare per iscritto che, al verificarsi di un certo enforcement event, le attività costituite a garanzia possano essere realizzate mediante asta pubblica, vendita privata o appropriazione, evitando di passare attraverso una procedura giudiziale.

La soluzione italiana consiste invece nel cd. Patto Marciano, istituto che rappresenta la possibilità di garantire i finanziamenti tramite il trasferimento sospensivamente condizionato di un bene immobile e che costituisce una species del più ampio genus dei trasferimenti a scopo di garanzia. Il d.l. n. 59 del 2016 (“Decreto Banche”, convertito con modificazioni dalla legge n. 119 del 2016) ha introdotto l’art. 48 bis T.U.B., il quale si occupa dei crediti erogati nell’ambito di attività imprenditoriali; mentre il d. l. n. 72 del 2016 (attuativo della direttiva 2014/17/UE, cd. “Direttiva Mutui”) ha provveduto ad inserire l’art. 120 quinquiesdecies nel T.U.B, articolo dedicato all’ipotesi di contratti di credito ai consumatori. Nessun riferimento normativo esiste relativamente al Patto Marciano, ma la sua liceità è stata sostenuta anche dalla Suprema Corte di Cassazione pochi mesi prima dell’introduzione delle predette disposizioni (Cassazione Civile, sez. I, 28 gennaio 2016, n. 1625). La Corte ha affermato che “il Patto Marciano che preveda, al momento dell’inadempimento, un procedimento tale da assicurare la stima imparziale del bene entro tempi certi, esclude la violazione del divieto di patto commissorio e, conseguentemente, la nullità per illiceità della causa del contratto al quale sia apposto”. Ciò che differenzia il Patto Marciano dal patto commissorio (esplicitamente vietato dagli artt. 1963 e 2744 c.c.) è proprio il fatto che, nel caso del Patto Marciano, il trasferimento della proprietà del bene dato in garanzia si realizza ad un prezzo equo, il quale deve essere quantificato sulla base di una stima imparziale posteriore all’inadempimento, con eventuale possibilità di versare al debitore la differenza tra l’ammontare del credito e l’eventuale maggiore valore della cosa data in garanzia. Il pagamento dell’eventuale differenza è da considerarsi, infatti, elemento imprescindibile del patto: esso integra la condizione del trasferimento e pare inderogabile dalle parti.

Lo schema contenuto nelle nuove norme è dunque, come vedremo a breve, sicuramente compatibile con quanto disposto dalla Corte di Cassazione. Il riconoscimento da parte del legislatore della validità del patto marciano (attraverso l’introduzione dell’art. 48 bis T.U.B. e dell’art. 120 quinquiesdecies T.U.B.) è sicuramente legato all’esigenza di porre un rimedio alla crisi delle procedure esecutive pubbliche, le quali si rivelano sempre più inadeguate ed inefficienti a causa sia dei tempi eccessivi del loro svolgimento, sia per i discutibili risultati in termini di realizzazione del valore dei beni sottoposti ad esecuzione coattiva.

4. Art. 48 bis T.U.B. e AECE a confronto

A questo punto, occorre chiedersi cosa accadrà qualora la Direttiva venga adottata. Infatti, l’Italia dovrà recepirla internamente con una legge volta a raggiungere gli obiettivi delineati a livello europeo. Tuttavia, conserverà un margine di manovra circa le modalità attuative al fine di tenere conto delle specifiche del proprio ordinamento. In considerazione dell’analisi svolta sulla Proposta di Direttiva, la soluzione proposta con l’art. 48 bis T.U.B. sembra affine per finalità e (in minima parte) modalità a quanto previsto a livello europeo. Tuttavia, alcuni adattamenti e modifiche saranno necessari perché, come già evidenziato, i due meccanismi risultano differenti. Si cercherà ora, quindi, attraverso l’analisi dell’art. 48 bis, di evidenziare ciò che differenzia il Patto Marciano dal meccanismo di escussione extragiudiziale accelerata delle garanzie ed evidenziare i punti critici sui quali ci si attende che il legislatore italiano si concentrerà.

L’art. 48 bis T.U.B. disciplina una specifica ipotesi di contratto (denominato “finanziamento alle imprese garantito da trasferimento di bene immobile sospensivamente condizionato”), la cui particolarità consiste nella previsione secondo cui “il contratto di finanziamento può essere garantito dal trasferimento, in favore del creditore o di una società dallo stesso controllata o al medesimo collegata […], della proprietà di un immobile o di altro diritto immobiliare dell’imprenditore o di un terzo, sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore”.

Non si può parlare di garanzia in senso tecnico dal momento che il trasferimento del bene al creditore si perfeziona nel momento in cui il contratto di finanziamento è sottoscritto, nonostante sia sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore. Tale trasferimento non può, però, come analogamente previsto anche a livello europeo, avere ad oggetto immobili adibiti ad abitazione principale del proprietario, del coniuge o di suoi parenti e affini entro il terzo grado; è soggetto a trascrizione, la quale assicura la prevalenza sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite successivamente. Inoltre, come si evince dal testo dell’articolo, tale disciplina è applicabile esclusivamente a finanziamenti concessi da banche a imprenditori, così come anche il meccanismo delineato dalla Commissione. Il patto ex art. 48 T.U.B. che prevede il trasferimento del bene immobile sospensivamente condizionato all’inadempimento può essere stipulato sia al momento della conclusione del contratto di finanziamento, sia, per quanto riguarda i contratti in corso alla data di entrata in vigore della suddetta disposizione, per atto notarile, in sede di successiva modificazione delle condizioni contrattuali. Ciò a differenza di quanto viene previsto in caso di finanziamento ai consumatori dall’art. 120 quinquiesdecies T.U.B., ove si prevede che la “clausola marciana” debba essere contenuta sin dall’origine nel contratto di credito.

Occorre poi soffermarsi sul concetto di inadempimento. In caso di inadempimento, il quale si ha con il mancato pagamento, il creditore ha diritto di avvalersi degli effetti del patto.
Il Titolo V della Proposta di Direttiva, invece, parla di “enforcement event”, non limitando l’inadempimento al solo caso di mancato pagamento (anche un event of default, ad esempio, potrà essere un evento determinante l’escussione). In tale modo, maggiore autonomia sembrerebbe essere lasciata alle parti nello stabilire, di volta in volta, cosa deve intendersi per enforcement event.

È interessante notare come già nei modelli di contratti di finanziamento con le imprese sviluppati dalla Loan Market Association (LMA) ed importati nel nostro ordinamento, oltre al mancato pagamento, l’enforcement event possa essere anche il mancato rispetto di parametri finanziari di varia natura o il mancato rispetto di obblighi di fare o di non fare.

Il nostro legislatore sembra dare importanza prevalentemente al mancato pagamento, come emerge anche dalle disposizioni sul credito fondiario, ove il mancato pagamento anche di una sola parte del credito scaduto determina la risoluzione del contratto con l’obbligo del mutuatario di restituire immediatamente l’intera somma ricevuta. L’art. 48 bis al comma 5 si premura, poi, di individuare la soglia che l’inadempimento deve raggiungere per rendere efficace la pattuizione marciana.

Si ha inadempimento quando il mancato pagamento si protrae, alternativamente:

  • per oltre nove mesi dalla scadenza di almeno tre rate, anche non consecutive, nel caso di obbligo di rimborso di rate mensili;
  • per oltre nove mesi dalla scadenza anche di una sola data, quando il debitore è tenuto al rimborso rateale secondo termini di scadenza superiori al periodo mensile;
  • per oltre nove mesi, quando non è prevista la restituzione mediante pagamenti da effettuarsi in via rateale, dalla scadenza del rimborso previsto nel contratto di finanziamento.

Come si può notare, il numero di rate inadempiute può corrispondere ad importi del tutto differenti e ad altrettante diverse percentuali sul totale del debito. Vi può essere quindi il rischio che la banca si avvalga degli effetti del patto anche quando l’inadempimento non è divenuto ancora così grave da giustificare l’escussione della garanzia. Ad attenuare quanto stabilito in apertura, il comma 5 stabilisce che, qualora alla data di scadenza della prima delle rate non pagate il debitore abbia già rimborsato il finanziamento ricevuto in misura almeno pari all’85% della quota capitale, il periodo di inadempimento possa essere elevato da nove a dodici mesi (analoga previsione è rinvenibile anche nella Proposta di Direttiva).

Nei commi successivi (comma 6 e 7), poi, il legislatore ha cercato di disciplinare l’iter procedimentale che consente di addivenire al trasferimento del bene immobile (o di altro diritto reale immobiliare) dal debitore al creditore. Anzitutto, spetterà al creditore notificare, al verificarsi dell’inadempimento, al debitore una dichiarazione di volersi avvalere degli effetti del patto, precisando l’ammontare del credito per cui si procede. Soltanto decorsi sessanta giorni dalla notificazione, il creditore potrà chiedere al presidente del tribunale del luogo nel quale si trova l’immobile la nomina di un perito. A seguito dell’inadempimento, l’attivazione della clausola marciana richiede, quindi, in ogni caso, l’intervento del tribunale. É previsto il diritto del creditore di contestare la stima del perito. Ciò, tuttavia, non impedisce al creditore di avvalersi degli effetti del patto: l’eventuale fondatezza della contestazione incide esclusivamente sulla differenza da versare al titolare del diritto reale immobiliare.

Giova ricordare quanto sia rischioso per la banca vedersi trasferito il bene di valore superiore al proprio credito e dover versare al debitore la differenza: la banca infatti non ha vantaggio ad acquisire immediatamente un bene, pagando subito la differenza senza la certezza di rivendere il bene. Inoltre, il passaggio di proprietà dell’immobile porta con sé ulteriori costi (notaio, imposizioni fiscali, eventuali costi per regolarizzazioni catastali). Alla luce di quanto detto, è evidente come il trasferimento al finanziatore del bene in garanzia non costituisca sempre un incentivo. Di maggiore interesse potrebbe essere il mandato a vendere l’immobile, il quale consentirebbe di spostare al momento del perfezionamento della vendita i calcoli sul valore, riducendo i rischi sovra-evidenziati.

Tra le modalità previste dalla Proposta di Direttiva per realizzare il valore del bene vi è la vendita privata (ossia la vendita dell’immobile del debitore sul libero mercato), modalità non contemplata dall’art. 48 bis, il quale prevede esclusivamente il trasferimento sospensivamente condizionato all’inadempimento del debitore. Si ricordi che anche a livello europeo viene previsto che la procedura di escussione extragiudiziale possa avvenire tramite appropriazione, intendendosi con tale termine il diritto del creditore a trattenere l’attività per assolvere in tutto o in parte le obbligazioni dell’impresa creditrice. Se all’art. 48 bis si prevede che il creditore possa unicamente chiedere al presidente del tribunale la nomina del perito per la stima, la Commissione ha invece previsto che il perito per la valutazione dell’immobile possa essere scelto dalle parti o dal tribunale (in caso di mancato accordo delle parti). Una modificazione legislativa al 48 bis T.U.B. che introduca la possibilità per le parti di accordarsi circa la scelta del perito sembrerebbe quindi necessaria per adeguare la normativa interna a quella europea.

Inoltre, mentre la Commissione ha previsto che gli stati membri possano prevedere l’effetto di esdebitazione anche qualora i proventi della vendita dell’immobile siano inferiori al debito residuo, tale effetto non è contemplato dalla normativa italiana, la quale prevede invece che il debitore resti obbligato per la differenza.

Interessante da evidenziare è la scelta del Legislatore italiano, il quale prevede invece questo effetto esdebitativo in caso di inserimento della clausola marciana nei contratti di finanziamento al consumatore. La previsione dell’esdebitazione ha il vantaggio di responsabilizzare ulteriormente il finanziatore, il quale, nel momento in cui deve valutare il merito creditizio e il valore prospettico del bene dato in garanzia, presterà maggiore attenzione, nella consapevolezza che, in caso di errate valutazioni, potrebbe non realizzare il proprio credito per l’intero. Inoltre, la norma, al comma 10, prevede che il trasferimento a favore del creditore possa avvenire anche quando il diritto reale immobiliare già oggetto del patto sia sottoposto ad esecuzione forzata per espropriazione. In tal caso, l’accertamento dell’inadempimento del debitore è compiuto, su istanza del creditore, dal giudice dell’esecuzione e il valore di stima è determinato dall’esperto nominato dallo stesso giudice. Analoga disciplina viene prevista (comma 12), poi, nel caso in cui sopravvenga il fallimento del titolare del diritto reale immobiliare, dopo l’avvenuta trascrizione del patto.

Con riferimento alle ultime due ipotesi citate, è impossibile non notare come l’estensione della validità dell’istituto anche ai procedimenti esecutivi o fallimentari sembri ledere i diritti degli altri creditori (diversi dalla banca finanziatrice).

Occorre ora tornare al quesito che ci si era posti inizialmente: come dovrebbe intervenire il legislatore italiano sul quadro normativo vigente in caso di entrata in vigore della Direttiva?

Le osservazioni che seguono vogliono essere spunti per riflettere sugli scenari che potrebbero prospettarsi e pertanto non hanno alcuna pretesa di esaustività. In primo luogo, bisognerebbe chiarire cosa si intende per enforcement event. Analizzando la normativa italiana pare che l’enforcement event sia limitato al solo caso di mancato pagamento. Ci si potrebbe chiedere, tuttavia, se, in virtù di un’interpretazione estensiva, non si possa addivenire al mancato pagamento come conseguenza della decadenza dal beneficio del termine per mancato rispetto di parametri finanziari. Sembra però di aggirare il dettato normativo, il quale individua precisamente a che condizioni il mancato pagamento è rilevante. In secondo luogo, per adeguarsi alla nuova normativa europea, sarebbe necessario introdurre, a fianco dell’appropriazione, le altre due modalità per realizzare la garanzia, ossia l’asta pubblica e la vendita privata. Sicuramente con quest’ultima le tempistiche di realizzo sarebbero più strette rispetto ad una vendita giudiziale. Tuttavia, le tutele date al debitore dalla normativa UE rischiano di far tornare in tribunale quanto si è cercato di mantenere fuori. Inoltre, si potrebbe pensare di introdurre, a determinate condizioni l’effetto esdebitativo anche qualora il valore dell’asset sia inferiore al debito residuo (così come già fatto per i contratti di finanziamento ai consumatori). Sarebbe infine necessario introdurre disposizioni che rendano obbligatoria la raccolta di alcune tipologie di dati (espressamente indicate dall’art. 33 paragrafo 2 della proposta di Direttiva) per consentire alla Commissione il monitoraggio circa l’efficienza del meccanismo di escussione della garanzia.



[1] Si ringrazia Giulia Romanò, internship, Università Commerciale Luigi Bocconi

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