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Giurisprudenza

Nei contratti tra professionista e consumatore si presume vessatoria la clausola che prevede una competenza esclusiva diversa dal foro del consumatore

28 Novembre 2016

Avv. Federica Grasselli, Studio Legale Associato Grasselli – Boggiani, Dottoranda di Ricerca in “Diritto ed Impresa”, Università LUISS Guido Carli

Cassazione Civile, Sez. VI, 28 settembre 2016, n. 19061 – Pres. Armano Uliana, Rel. Frasca Raffaele

Di cosa si parla in questo articolo

Qualora in un contratto fra professionista e consumatore venga pattuita una clausola di individuazione di una competenza convenzionale esclusiva sulle controversie originanti dal contratto in luogo diverso da quello del foro del consumatore e, quindi, da presumersi vessatoria ai sensi della lettera u) dell’art. 33, comma 2, del d.lgs. n. 206 del 2005 e, conseguentemente, nulla ai sensi dell’art. 36 dello stesso d.lgs., in mancanza di esito positivo dell’accertamento della non vessatorietà ai sensi dell’art. 34 del medesimo d.lgs., ove il professionista convenga in giudizio il consumatore davanti al foro a lui riferibile, nel convincimento (espresso o implicito) della vessatorietà della clausola, compete al consumatore che eccepisca l’esistenza della clausola convenzionale dare la dimostrazione che essa non era vessatoria e, quindi, provare la ricorrenza di alcuno degli elementi contrari ala vessatorietà indicati dal citato art. 34, come quello indicato dal suo comma 4. In mancanza la causa deve ritenersi correttamente radicata dal professionista presso il foro del consumatore convenuto.

 

L’ordinanza in esame si è pronunciata sul regolamento di competenza presentato nel giudizio per opposizione a decreto ingiuntivo tra banca e consumatore.

Nel caso in cui nel contratto tra professionista e consumatore venga pattuita una competenza convenzionale esclusiva in merito controversie derivanti dal contratto stesso diversa dal foro del consumatore, la clausola si presume essere vessatoria, e di conseguenza invalida, ai sensi dell’art. 33, co. 2, del d.lgs. n. 206 del 2005. Pertanto, il professionista legittimamente deve proporre domanda monitoria dinanzi al giudice del foro del consumatore, esponendosi, in caso contrario, sia alla potenziale eccezione della controparte, sia al rilievo ex officio dell’organo giudicante.

Secondo l’orientamento della Suprema Corte (cfr. da ultimo Cass. Civ. n.13944/2014) il consumatore può rinunciare ad avvalersi del foro inderogabile previsto in suo favore dall’art. 33 d.lgs. n. 206/2005, solo nel caso in cui agisca nella qualità di attore, assumendo l’iniziativa giudiziale di adire un giudice diverso.

Nel caso specifico, trattandosi di giudizio in opposizione a decreto ingiuntivo, il consumatore aveva assunto il ruolo di attore in senso meramente formale, risultando in realtà convenuto in senso sostanziale. Pertanto, il consumatore intenzionato a far valere la legittimità del diverso foro convenzionale pattuito nel contratto, avrebbe dovuto fornire adeguata dimostrazione che detta clausola non fosse in realtà vessatoria, provando la sussistenza di uno degli elementi di cui all’art. 34 d.lgs. n. 206 del 2005, come l’avvenuta trattativa individuale sul punto.

La Suprema Corte ha ritenuto correttamente radicata la competenza presso il foro del consumatore, in quanto il medesimo non aveva assolto al predetto onere probatorio.

L’ordinanza ha inoltre affermato che in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, il provvedimento con cui il giudice dichiara l’incompetenza territoriale, contiene necessariamente al suo interno anche la declaratoria di invalidità e revoca del decreto stesso. Di conseguenza, il giudice ad quem non sarà chiamato a pronunciarsi in merito ad una causa di opposizione a decreto ingiuntivo, ormai non più esistente, bensì in un giudizio di cognizione ordinario concernente l’accertamento del credito dedotto nel ricorso monitoro (cfr. Cass. Civ. n. 1372/2016).

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