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Giurisprudenza

Ne bis in idem in ambito tributario: la CEDU apre al concetto di frazionamento procedimentale legittimando la pluralità di sanzioni

18 Novembre 2016

Federico Urbani, Attorney Trainee presso Orrick

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Grande Camera, 15 novembre 2016, Causa di A e B c. Norvegia

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è recentemente pronunciata in materia di doppio binario sanzionatorio amministrativo-penale, con particolare riferimento ad alcune condotte illecite di evasione fiscale realizzate in violazione di quanto disposto dalla legge applicabile norvegese.

La pronuncia assume in ogni caso una particolare rilevanza derivante dalla portata generale dei principi enunciati dalla Corte.

In particolare, la Corte è stata chiamata a valutare la rispondenza di un siffatto sistema sanzionatorio – caratterizzato dalla compresenza di una disciplina sanzionatoria “amministrativa” e una “penale” – rispetto a quanto previsto dall’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), ove si prevede che: “Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale Stato”. Infatti, ove sia riscontrato il concorso di più discipline sanzionatorie sostanzialmente penali, il sistema del doppio binario si pone in contrasto con il divieto di bis in idem di cui al citato articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione.

Anzitutto, dopo aver ripercorso i numerosi filoni interpretativi riguardanti la materia oggetto di pronuncia, la Corte ha statuito che gli Stati Contraenti sono in linea teorica liberi di determinare le modalità più opportune di organizzazione dei propri sistemi di giustizia, ben potendo disporre che i procedimenti sanzionatori (anche penali) siano suddivisi in diverse fasi o procedure, caratterizzate dall’irrogazione di misure afflittive cumulative o, comunque, formalmente distinte e autonome. Infatti, a giudizio della Corte, l’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione non osta a una normativa nazionale “integrata” che preveda un frazionamento sanzionatorio (o una progressione afflittiva) in relazione a un medesimo illecito, con competenze poste in capo a differenti autorità, con fini diversi, specialmente ove risulti sussistente una “connessione sufficientemente stretta…, da un punto di vista sostanziale e cronologico” (“a sufficiently close connection…, in substance and in time”) fra dette fasi o procedure, a rimarcare l’unitarietà sostanziale della disciplina sanzionatoria al di là della sua suddivisione formale.

In tal caso, infatti, non si avrebbero due procedimenti fondati sulla medesima condotta (bis in idem), bensì un unico procedimento sostanziale, caratterizzato da fasi, procedure e irrogazioni di misure afflittive solo formalmente distinte. In questo senso, in una simile evenienza, non si avrebbe alcuna (illecita) duplicazione di persecuzione o condanna ai sensi dell’articolo 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione (la Corte non a caso parla di “combinazione” e non “duplicazione” punitiva). Appare dunque evidente l’importanza del test di “connessione sufficientemente stretta…, da un punto di vista sostanziale e cronologico” fra le diverse fasi del medesimo procedimento, onde dimostrarne la sostanziale unitarietà operativa ed, eventualmente, sanzionatoria.

La pronuncia in esame, vista l’importanza delle questioni affrontate e dei principi enunciati, è certamente destinata a dare impulso a numerosi commenti (e critiche) da parte degli interpreti, infatti parrebbe aprire le porte a possibili argomentazioni permissive nei confronti di taluni sistemi sanzionatori caratterizzati dal doppio binario amministrativo-penale, possibilmente ritenuti, in base ad altra giurisprudenza della Corte, conflittuali con il principio del divieto di bis in idem.

Si segnala, a tale proposito, l’estesa e dettagliata dissenting opinion del giudice Pinto de Albuquerque, il quale ha manifestato forte preoccupazione per la soluzione adottata dalla Corte, che segnerebbe l’abbandono del “principio fondamentale nella cultura giuridica europea in base a cui nessuno può essere perseguito più di una volta per la medesima condotta (principio di unitarietà dell’azione repressiva o Einmaligkeit der Strafverfolgung). Il ne bis in idem perde il proprio carattere incentrato sul soggetto, soppiantato dalla posizione incentrata sull’autorità adottata dalla Corte”.

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