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Attualità

Le nuove frontiere del pegno rotativo

12 Gennaio 2023

Luciana Cipolla, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Matteo Stroppa, La Scala Società tra Avvocati

 

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza le caratteristiche del pegno rotativo, ovvero quel particolare pegno che prevede la possibilità di sostituire il bene oggetto della garanzia con altri beni di pari valore, anche alla luce novità introdotte dal decreto “Cura Italia” e delle nuove fattispecie elaborate nella prassi.


1. Introduzione

Negli ultimi due anni è tornato di grande attualità l’istituto del pegno rotativo la cui validità, inizialmente contestata da dottrina e giurisprudenza, è da anni ormai incontestata (Cass. 28 maggio 1998, n. 5264; in seguito, cfr. Cass. n. 4520 del 2004; n. 16914 del 2003; n. 10685 del 1999; n. 5264 del 1998).

In sede di conversione del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”) è stato infatti introdotto, come misura a sostegno del settore agricolo, il pegno rotativo sui prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta (DOP) o a indicazione geografica protetta (IGP).

Più di recente, la stampa ha dato ampio risalto all’operazione compiuta da alcune banche con un primario produttore caseario nell’ambito della quale la concessione di un finanziamento garantito da pegno su forme di Grana Padano è stata realizzata ricorrendo alla tecnologia della blockchain.

L’obiettivo del presente scritto è quindi quella di offrire qualche spunto di riflessione su queste nuove forme di pegno e ripercorrere le caratteristiche principali del pegno rotativo.

2. Caratteristiche del pegno rotativo

Il pegno, come noto, è un diritto reale di garanzia che attribuisce al creditore una causa legittima di prelazione sulla cosa concessa in garanzia e gli consente di soddisfarsi sul ricavato della vendita forzata con preferenza sugli altri creditori.

Si tratta di un contratto reale che presuppone la consegna della cosa al creditore che ne acquisisce l’esclusiva disponibilità. Il possesso del bene in capo al creditore soddisfa una duplice esigenza di tutela essendo posta a tutela sia del creditore, il quale è posto al riparo da eventuali atti con cui il debitore potrebbe disporre della res gravata da pegno, sia dei terzi, potenziali acquirenti o altri creditori.

Contenuto essenziale del diritto di pegno è la prelazione specifica, la quale trasforma la garanzia generica ordinaria sull’intero patrimonio del debitore, prevista dall’art. 2740 c.c., in garanzia reale specifica sulla cosa costituita in pegno dal debitore o dal terzo. La specialità del bene offerto in garanzia costituisce quindi uno dei tratti tipici del pegno, così come regolato dal codice civile.

Si tratta di una peculiarità che manca nell’istituto del pegno rotativo che si caratterizza per la possibilità di sostituire l’originario bene oggetto della garanzia reale con altri beni di pari valore: in altri termini viene prevista contrattualmente la possibilità di sostituire la cosa oggetto di pegno (c.d. clausola di rotatività o di sostituzione) assoggettando a pegno un bene diverso da quello precedentemente vincolato e tale da determinare la perpetuazione del vincolo pignoratizio, senza necessità di concludere un nuovo contratto e senza che si verifichi alcuna ipotesi di modificazione del rapporto obbligatorio che determini la novazione di questo.

Si tratta di un meccanismo che è stato espressamente recepito a livello normativo e specificamente disciplinato dall’art. 5 del Decreto legislativo del 21/05/2004 n. 170 con il quale è stata data attuazione alla direttiva 2002/47/CE, in materia di contratti di garanzia finanziaria.

Tale norma, infatti, prevede che il creditore pignoratizio possa disporre, anche mediante alienazione, delle attività finanziarie oggetto del pegno, se previsto nel contratto di garanzia finanziaria e conformemente alle pattuizioni in esso contenute. Il creditore pignoratizio che si sia avvalso di tale facoltà ha l’obbligo di ricostituire la garanzia equivalente in sostituzione della garanzia originaria entro la data di scadenza dell’obbligazione finanziaria garantita senza che tale ricostituzione comporti costituzione di una nuova garanzia.

La giurisprudenza subordina la validità del pegno rotativo – e dunque la sua opponibilità ai terzi – ad una serie di requisiti che devono sussistere congiuntamente, volti a tutelare la posizione degli altri creditori, potenzialmente danneggiati dal pegno con la clausola di rotatività.

All’evidente fine di evitare che il creditore pignoratizio possa sostituire la cosa originariamente data in pegno con altra di maggior valore (a discapito degli altri creditori) la sostituzione del bene può avvenire solo con beni di pari valore rispetto a quelli originariamente vincolati.

In questo senso: “secondo quanto riscontrato in più occasioni dalla giurisprudenza di questa Corte, al riguardo la normativa vigente delinea un sistema ex ante di protezione e svolgimento della regola della par condicio creditorum: la necessaria presenza di una scrittura (di data certa anteriore all’esecuzione), che contenga una «sufficiente indicazione» della cosa gravata dal pegno, essendo appunto diretta, secondo quanto tradizionalmente si predica, a evitare ab initio il rischio che — lungo il corso di esecuzione del rapporto garantito — la stessa possa essere surrettiziamente sostituita con altra di diverso e maggiore valore (cfr., per tutte, la pronuncia di Cass., 28 ottobre 2005, n. 21084). L’accoglienza, che dal finire del secolo scorso la giurisprudenza di questa Corte ha accordato alla figura del pegno rotativo, come gemmata dalla prassi, non ha né smentito, né alterato nella sostanza, il principio che appena sopra si è ricordato” (Cass. civ., Sez. VI, del 13 maggio 2021, n. 12733).

Appare quindi evidente che l’oggetto del pegno assume rilievo non tanto per la sua individualità quanto per il suo valore:

Il c.d. patto di rotatività, che prevede fin dall’origine la sostituzione dei beni oggetto della garanzia, con altri di equivalente valore economico è idoneo a far risalire gli effetti della sostituzione alla consegna dei beni originariamente costituiti in garanzia: la garanzia va infatti riferita a un valore economico piuttosto che al bene di volta in volta utilizzato per concretizzarlo” (Cass. civ., 27 settembre 1999 n. 10685 – poi Cass. civ. 11 novembre 2003, n. 16914 e Cass. civ., 5 marzo 2004, n. 4520).

Nello stesso senso:

Le parti convengono, ab origine la variabilità dei beni costituiti in pegno, considerati non nella loro individualità ma per il loro valore economico – si connota come fattispecie a formazione progressiva, nascente da quell’accordo e caratterizzata dalla sostituzione, totale o parziale, dell’oggetto della garanzia, senza necessità di ulteriori stipulazioni, pur nella continuità del rapporto originario, i cui effetti risalgono alla consegna dei beni inizialmente dati in pegno. Pertanto, il trasferimento del vincolo pignoratizio così attuato, non richiede una nuova e distinta manifestazione di volontà delle parti o che l’indicazione dei diversi beni risulti da un atto scritto avente data certa, rivelandosi, invece, sufficiente che la descritta sostituzione sia accompagnata dalla specifica indicazione di quelli sostituiti e dal riferimento all’accordo suddetto, così consentendosi il collegamento con l’originaria pattuizione” (Cass. civ., sez. I, 22 dicembre 2015, n. 25796).

Quanto precede con la precisazione che “la mancata previsione del limite di valore per la sostituzione del bene gravato dalla garanzia non importa, in sé e per sé, la nullità del patto. Implica, piuttosto, l’inidoneità di questo a produrre gli effetti della continuità e unitarietà del rapporto di pegno: le sostituzioni della cosa, che vengano ad accadere, portano dunque, nella sostanza, alla formazione di pegni distinti, per così dire «nuovi»” (Cassazione civile, sez. VI, 13/05/2021, n. 12733. Nello stesso senso: Cassazione civile sez. III, 26/01/2010, n. 1526).

In altri termini, nel caso in cui le parti non abbiano sufficientemente indicato il valore economico della cosa, non si configura un’ipotesi di nullità del patto atteso che tale mancanza incide solo sugli effetti scaturenti dal contratto nel senso che non si produrrà l’effetto tipico del meccanismo rotativo, ossia la sostituzione del bene originario con altro bene senza alcuna interruzione del rapporto di pegno: il bene originario sarà sì sostituito con un nuovo bene, ma detto pegno sarà “nuovo” con ogni conseguenza con riguardo agli effetti estintivi e novativi del precedente rapporto di garanzia.

L’istituto del pegno rotativo è stato oggetto di attenzione soprattutto in ambito concorsuale nella misura in cui, proprio perché le successive modifiche del bene dato in garanzia non incidono sulla data in cui questa è stata originariamente concessa, nei giudizi di revocatoria fallimentare assume primario rilievo non già la data in cui viene effettuata la sostituzione del bene ma, per l’appunto, quella di stipulazione del contratto originario. In altri termini la continuità dei rinnovi fissa la genesi del diritto reale di garanzia al momento della stipulazione e non a quello successivo della sostituzione.

In questo senso: “il patto di rotatività del pegno costituisce fattispecie a formazione progressiva che trae origine dall’accordo scritto e di data certa delle parti, cui segue la sostituzione dell’oggetto del pegno, senza necessità di ulteriori stipulazioni e con effetti ancora risalenti alla consegna dei beni originariamente dati in pegno, a condizione che nella convenzione costitutiva tale possibilità di sostituzione sia prevista espressamente, e purché il bene offerto in sostituzione non abbia un valore superiore a quello sostituito; ne consegue, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria fallimentare, che la continuità dei rinnovi fissa la genesi del diritto reale di garanzia al momento della stipulazione originaria e non a quello successivo della sostituzione” (Cassazione civile, sez. I, 01/07/2015, n. 13508. Nello stesso senso: Cass., sez. I, 1° febbraio 2008, n. 2456; Cassazione civile, sez. I, 11/11/2003, n. 16914).

Naturalmente, affinché ciò si verifichi, è necessario che il contratto abbia una data certa opponibile al fallimento. Come ha rilevato la Suprema Corte, la data certa, riferibile al momento della sostituzione del bene pignorato originario con quello pignorato sostitutivo, è richiesta non già ai fini della validità del contratto di pegno rotativo ma ai soli fini della prelazione derivante dal diritto reale di garanzia (Cassazione Civile, sez. III, sent. n. 1526 del 26 gennaio 2010). È pertanto necessario che ogni atto di sostituzione dei titoli oggetto di pegno sia documentato in scritture aventi esse stesse data certa; in assenza delle quali la prelazione non sarà opponibile a terzi (oltre al curatore fallimentare eventuali creditori chirografari o creditori esproprianti).

3. Il Pegno rotativo sui Prodotti DOP e IGP

Come si accennava sopra, al fine di sostenere il settore agricolo, in sede di conversione, ad opera della legge n. 27 del 24 aprile 2020, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18 (c.d. decreto “Cura Italia”), è stata introdotta nel nostro ordinamento una nuova figura di pegno: il Pegno sui Prodotti Agro-Alimentari e, più precisamente, il pegno sui prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande alcoliche.

L’art. 2, comma duodecies, della citata legge prevede che:

“I prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose, possono essere sottoposti a pegno rotativo, attraverso l’individuazione, anche per mezzo di documenti, dei beni oggetti di pegno e di quelli sui quali il pegno si trasferisce nonché mediante l’annotazione in appositi registri”.

La costituzione del pegno avviene quindi attraverso l’individuazione, anche per mezzo di documenti, dei beni oggetto di pegno, nonché mediante l’annotazione in appositi registri.

Caratteristica saliente di questa tipologia di pegno è la “rotatività” di talché è data al debitore la possibilità di utilizzare il bene nel normale processo produttivo sostituendolo, in caso di vendita e/o trasformazione, con altri beni.

Più nel dettaglio il D.M. 23 luglio 2020 precisa che:

“1. I prodotti agricoli e alimentari a denominazione d’origine protetta o a indicazione geografica protetta, inclusi i prodotti vitivinicoli e le bevande spiritose, di seguito denominati prodotti DOP e IGP, possono essere sottoposti a pegno, a decorrere dal giorno in cui le unità di prodotto sono collocate nei locali di produzione e/o stagionatura e/o immagazzinamento, a condizione che le stesse unità siano identificate con le modalità previste dal presente decreto in tema di registri.

2. I prodotti DOP e IGP costituiti in pegno ai sensi del presente decreto possono essere oggetto di patto di rotatività.

3. Il pegno rotativo si realizza con la sostituzione delle unità di prodotto sottoposte a pegno, senza necessità di ulteriori stipulazioni, fermo restando il rispetto dei requisiti e le modalità previsti dal presente decreto.”

L’individuazione del momento a partire dal quale i beni possono essere sottoposti a pegno permette di affermare che oggetto della garanzia non deve essere necessariamente il prodotto finito (si pensi alle bottiglie di vino in fase di invecchiamento o già pronte per la vendita) ma anche il prodotto in lavorazione (ad esempio il vino o l’olio contenuti in botti o silos). L’unico limite è dato dal fatto che il prodotto sia già venuto ad esistenza.

Con riguardo ai registri disciplinati dal D.M. essi riguardano solo i prodotti per i quali non vige già l’obbligo di annotazione nei registri telematici del SIAN, che sono principalmente l’olio ed il vino. La registrazione nel SIAN, infatti, viene considerata modalità equivalente alla registrazione disciplinata dal D.M..

Il Pegno sui Prodotti Agro-Alimentari non rappresenta un intervento isolato ma una disposizione che si aggiunge ad altre forme di garanzie reali non possessorie già previste nell’ordinamento, quali ad esempio il pegno sui prosciutti a denominazione di origine controllata (L. n. 401/1985), la cui disciplina è stata estesa anche ai prodotti lattiero-caseari a denominazione di origine a lunga stagionatura (art. 7 L. n. 122/2001).

Si tratta senza dubbio di una opportunità sia per l’imprenditore che, per accedere al finanziamento, non deve immobilizzare i propri beni sottoposti a processi produttivi anche lunghi, sia per le banche che, consentendo la sostituzione dei beni originariamente dati in pegno, non perdono la possibilità di opporre il patto di rotatività e di far valere il proprio privilegio, anche nei confronti di procedure esecutive individuali e di procedure concorsuali, a far data dall’originaria data di costituzione del pegno.

4. Pegno rotativo e blockchain

Negli ultimi mesi si è molto parlato di un’operazione di finanziamento effettuata da un pool di banche a fronte della concessione di un pegno rotativo su forme di Grana Padano da parte di un primario produttore caseario. La novità dell’operazione è data dall’utilizzo di un sistema di database digitali condivisi tra il produttore e la banca (blockchain) che consente di monitorare costantemente la merce posta a garanzia del finanziamento. In altri termini il sistema della blockchain ha permesso al produttore e alle banche di avere un database condiviso, ovvero una banca dati che al suo interno contiene informazioni relative al monitoraggio costante della merce, garantendo l’immutabilità e la trasparenza di tutti i processi oggetto di tale controllo. In questo modo il cliente, la banca e il notaio possono gestire da remoto tutte quelle operazioni che solitamente devono essere fatte di persona. L’utente, a seconda del ruolo a lui assegnato, ha accesso a una serie di informazioni grazie alle quali seguire, passo dopo passo, i processi a cui sarà soggetto il bene. La possibilità di fare telematicamente tutto ciò che oggi viene ancora fatto in loco permette di tagliare notevolmente i costi sostenuti sia dal creditore che dal debitore.

Le tecnologie e gli strumenti informatici oggi a disposizione di tutti aprono nuovi scenari di indagine sia per l’interprete sia per il giudice ogniqualvolta un negozio giuridico sia “documentato” secondo lo schema del blockchain essendo inevitabile l’esame dello schema di blockchain prefigurato dai contraenti e quindi la lettura della scansione temporale degli eventi giuridicamente rilevanti.

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