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Attualità

Le criticità della nuova disciplina sulla trasformazione delle DTA

1 Aprile 2020

Giulio Andreani, Dottore Commercialista, Tax Partner, Dentons Europe Studio Legale Tributario; Angelo Tubelli, Dottore Commercialista

Di cosa si parla in questo articolo
DTA

La trasformazione delle DTA prevista dall’art. 55 del D.L. 18/2020 presenta varie criticità.

La prima deriva dal fatto che essa è condizionata alla cessione a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, dei crediti pecuniari deteriorati, la quale costituisce il presupposto per accedere all’agevolazione e, al contempo, definisce l’importo massimo delle DTA convertibili, stabilita nella misura del 20% del valore nominale dei crediti: si tratta di una percentuale troppo bassa, che rende poco utile il beneficio. È quindi auspicabile l’eliminazione o quanto meno un consistente incremento di tale percentuale.

La seconda criticità consiste nello stabilire se nel computo delle perdite fiscali e delle eccedenze ACE, cui si devono riferire le DTA trasformabili in crediti d’imposta, possano rientrare anche quelle formatesi nel corso dell’anno 2020. A tale domanda pare doversi rispondere in senso negativo, stante il riferimento normativo alle posizioni soggettive già determinatesi al momento della cessione dei crediti, la quale a propria volta deve necessariamente intervenire entro il 31 dicembre 2020 e, quindi, quando la perdita e l’eccedenza ACE dell’anno non possono essersi ancora formate. In considerazione della ratio della norma di cui trattasi l’esclusione dall’agevolazione per la perdita 2020 non appare tuttavia giustificata, in quanto è proprio durante detta annualità che la crisi economica potrebbe generare le maggiori perdite cui il credito d’imposta è destinato a fornire parziale ristoro. Si rende perciò opportuna una estensione in tal senso dell’agevolazione, affinché questa possa assolvere la funzione per cui è stata introdotta.

La terza criticità concerne le perdite fiscali maturate nell’ambito del regime del consolidato fiscale. In questo caso, infatti, le perdite subite dalle singole società consolidate sono automaticamente trasferite alla fiscal unit e possono essere utilizzate solo dalla consolidante (ovverosia normalmente dalla holding capogruppo), per la compensazione del reddito imponibile complessivo del gruppo. Pertanto la società consolidata che ha generato le perdite non ne ha più la disponibilità e, dunque, sulla base della lettera della norma, non potrebbe trasformare le relative imposte anticipate in credito d’imposta. Questa possibilità potrebbe presentarsi solo con riguardo alle perdite maturate nel corso dell’anno 2020, qualora la trasformazione potesse avere a oggetto anch’esse. Al momento, invece, non essendo previste regole speciali per le perdite maturate nell’ambito del consolidato, la lettera della norma finisce per escludere immotivatamente dall’agevolazione le società operative che le hanno prodotte e che generalmente sono titolari dei crediti deteriorati di cui si intende incentivare lo smobilizzo. Per rispettare la sua ratio, la norma dovrebbe disporre che, in caso di consolidato, le perdite trasferite alla consolidante da una determinata consolidata possono essere trasformate in crediti d’imposta anche in virtù della cessione di crediti deteriorati da parte, non della stessa consolidante che dispone delle perdite, ma della consolidata che ha realizzato le perdite trasferite alla consolidante. Infatti, o le perdite sono legate – ai fini della loro trasformazione in crediti d’imposta – alla cessione dei crediti da un nesso causale (vale a dire che le perdite cui si riferiscono le DTA devono essere generate dalle perdite su crediti), il che è smentito dalla norma, oppure si deve prendere atto del fatto che le perdite suscettibili di tale trasformazione possono essere state prodotte anche in esercizi anteriori a quello in cui ha luogo la cessione dei crediti. Ne dovrebbe discendere, con riguardo alle imprese che hanno aderito al regime di consolidato fiscale, che la trasformazione delle perdite trasferite alla consolidante è consentita anche per effetto della cessione eseguita dalla consolidata da cui tali perdite sono state prodotte; altrimenti il beneficio risulta, se non negato, decisamente limitato dall’ambito dei gruppi, cioè proprio nei confronti di quei soggetti cui il provvedimento dovrebbe essere principalmente destinato. Una modifica della norma che intervenga per disporlo espressamente sarebbe certamente utile.

Una quarta criticità riguarda il momento di fruizione del credito d’imposta. Infatti, da un lato, il penultimo periodo del comma 1 dell’art. 44-bis del D.L. 30 aprile 2019 n. 34, come modificato dal D.L. 18/2020, stabilisce che “la trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti”, mentre, dall’altro, il comma 3 del medesimo articolo prevede che “l’opzione ha efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione” (infatti la trasformazione delle DTA in credito d’imposta è condizionata all’esercizio dell’opzione di cui all’art. 11, comma 1, del D.L. 59/2016, da cui discende l’obbligo del versamento di un canone annuo pari all’1,5% della differenza tra l’ammontare delle imposte anticipate da convertire e le imposte versate con riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008 e a quelli successivi, fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014). In base alla disposizione recata dal citato comma 3 dell’art. 44-bis, se l’opzione viene esercitata nel 2020, il credito d’imposta sembrerebbe competerebbe quindi dall’esercizio 2021. Ciò comporta un contrasto con la lettera del comma 1 del medesimo articolo, posto che, per espressa previsione normativa, la trasformazione delle DTA avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti deteriorati, che deve essere effettuata nel 2020, e tale data definisce altresì il momento da cui vengono meno le perdite fiscali e le eccedenze ACE (per l’importo computato ai fini della conversione in credito d’imposta).

La previsione contenuta nel citato comma 3 era già presente nel comma 3 del previgente art. 44-bis, disponendo del pari che l’opzione spettava “a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione”. In tale contesto la suddetta disposizione non era perciò destinata a disciplinare il momento di fruizione del credito d’imposta, che era invece espressamente regolato dal comma 4, a norma del quale l’utilizzo del credito d’imposta sarebbe dovuto avvenire (per il 25%) nell’esercizio di approvazione del primo bilancio della società risultante dall’aggregazione che dava diritto al credito stesso (per il restante 75%, invece, si disponeva che la trasformazione delle DTA in credito d’imposta “avviene in quote uguali nei tre esercizi successivi”). Ne discende che la previsione contenuta nel comma 3 del previgente art. 44-bis risultava coordinata sotto il profilo temporale con il momento del primo utilizzo del credito, decorrendo entrambi dall’esercizio successivo a quello di attuazione dell’aggregazione agevolata.

Non può invece dirsi altrettanto con riferimento alla normativa vigente, in quanto la riproposizione tout court della medesima previsione non è temporalmente coordinata con il momento in cui “avviene” la trasformazione delle imposte anticipate in credito d’imposta, ovverosia la data di cessione dei crediti. Forse tale norma è stata trasfusa nel nuovo testo senza il necessario coordinamento con il nuovo presupposto dell’agevolazione e con la sua natura emergenziale.

Il contrasto tra le due disposizioni potrebbe essere risolto privilegiando la ratio della norma esplicata nella relazione illustrativa al D.L. 18/2020, che è quella “di ridurre il fabbisogno di liquidità connesso con il versamento di imposte e contributi, aumentando così la disponibilità di cassa in un periodo di crisi economica e finanziaria connessa con l’emergenza sanitaria”. Già sulla base della formulazione vigente, dunque, si potrebbe evincere che il momento di fruizione del credito d’imposta non è legato a quello dell’opzione e che il credito d’imposta è utilizzabile sin dalla data di efficacia della cessione dei crediti, come previsto dal comma 1 del citato art. 44-bis, e quindi già dall’anno 2020. È tuttavia auspicabile che con la legge di conversione del D.L. 18/2020 anche la formulazione di tale norma venga modificata e resa conforme alla sua ratio.

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