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Attualità

La residenza ai fini convenzionali trova spazio anche nel regime dei neo-residenti

16 Giugno 2017

Elio Andrea Palmitessa, Dottore Commercialista in Milano

Con la recente Circolare n. 17/E del 23 maggio scorso, l’amministrazione finanziaria ha fornito i primi chiarimenti sulla questione riguardante la residenza in Italia delle persone fisiche che intendono aderire al nuovo regime opzionale per l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero (articolo 24-bis del TUIR), affrontandone il tema della compatibilità con le norme convenzionali in materia di trattati contro le doppie imposizioni.

Ricordiamo, preliminarmente, che ai sensi dell’articolo 2, comma 2 del TUIR si considerano fiscalmente residenti sul territorio dello Stato le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo di imposta, risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente, ovvero (in mancanza di tale registrazione) mantengano in Italia il proprio domicilio (inteso come il centro principale dei propri affari ed interessi economici) o la residenza (intesa come la dimora abituale).

La lettura della citata disposizione ha certamente una portata dirimente sull’intera procedura (introdotta con la Legge di bilancio 2017), dal momento in cui la norma prevede, quale requisito di ingresso per beneficiare del nuovo regime di imposta sostitutiva, che la persona fisica non sia stata residente nel territorio dello Stato per almeno 9 degli ultimi 10 periodi d’imposta. Allo stesso modo, una volta trasferita la residenza in Italia ed esercitata l’opzione di cui all’articolo 24-bis del TUIR, la persona fisica sarà tenuta a mantenere la residenza sul territorio dello Stato per la durata di vigenza dell’opzione (fino ad un massimo di 15 anni, dal momento del primo esercizio).

Con il comma 1 dell’articolo 24-bis del TUIR, il legislatore ha pertanto disposto che “le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2, comma 2, possono optare per l’assoggettamento all’imposta sostitutiva (…)”.

I temi che emergono dalla lettura del primo periodo del comma 1 della norma sono dunque riconducibili ad un trasferimento della residenza (il che presuppone – a parere dello scrivente, e affinché si possa parlare di “trasferimento” – l’individuazione di uno Stato di uscita della residenza della persona fisica), e ad una effettiva residenza sul territorio dello Stato.

In quanto a quest’ultimo aspetto, che al momento presenta elementi di maggiore certezza rispetto al primo (se non altro in quanto oggetto di orientamento di prassi amministrativa), nel corso degli ultimi mesi si è ampiamente dibattuto, tra i cultori della materia e addetti ai lavori, sulla portata (leggasi anche “compatibilità”) della nuova disciplina con le norme convenzionali (specifico riferimento alla nozione di “residente di uno Stato contraente” di cui all’articolo 4 del Modello Ocse). Queste ultime, infatti, fanno derivare la residenza di una persona in uno Stato, oltre che da una serie di criteri di collegamento con il territorio definiti con rinvio alla normativa interna di ciascuno Stato contraente (“under the laws of that State”), anche in funzione dellasoggettività passiva (“liable to tax”) della persona fisica in detto Stato.

Le Preliminary remarks all’articolo 4 del Commentario Ocse propongono, sul punto, un’interessante disamina in relazione alla nozione di full tax liability, quale derivazione della potestà impositiva esercitata da uno Stato su un soggetto considerato ivi residente.

Tale nozione non dovrebbe essere infatti individuata con riguardo all’effettivo assoggettamento ad imposta in detto Stato quanto piuttosto, secondo l’interpretazione fornita in ambito Ocse, in relazione alla globale soggettività passiva imposta dallo Stato (comprehensive liability to tax) ai soggetti che ivi risultano residenti in ragione di motivi di collegamento con il territorio (da paragrafo 1.8: “(…) the definition [nda: “resident of a Contracting State”]aims at covering the various forms of personal attachments to a State which, in the domestic taxation laws, form the basis of a comprehensive taxation), e purché tale soggettività non si limiti ai soli redditi realizzati in quello Stato o ai soli capitali ivi localizzati (ultimo paragrafo del comma 1 dell’articolo 4: “this term [nda: “resident”] does not include any person who is liable to tax in that State in respect only of income from sources in that State, or capital situated therein”).

A parere di chi scrive, si ritiene pertanto condivisibile la posizione assunta dall’amministrazione finanziaria nella Circolare n. 17/E quando afferma che “i soggetti che esercitano l’opzione di cui all’articolo 24-bis del TUIR sono da considerare residenti anche ai fini convenzionali, in quanto la totalità dei loro redditi sconta imposte in Italia (…)”, pur rimarcando l’opportunità di una valutazione delle singole casistiche al fine di escludere situazioni in cui il testo di una Convenzione bilaterale si discosti dalla letteralità suggerita in ambito Ocse, ovvero situazioni in cui specifiche clausole di salvaguardia della facoltà impositiva dell’altro Stato contraente creino i presupposti per una effettiva limitazione dei benefici in capo ai soggetti aderenti (con esclusivo riguardo ai redditi derivanti da fonti localizzate in tali Stati contraenti). Il classico esempio, oramai diffusamente citato, è quello della Convenzione bilaterale tra Italia e Svizzera, dove il comma 5, paragrafo b), dell’articolo 4 potrebbe prevedere una potenziale limitazione della norma sui redditi di fonte svizzera, qualora la Confederazione Elvetica non riconosca la residenza in Italia, ai sensi della Convenzione, dei soggetti percipienti.

L’altro tema che emerge, dalla lettura del primo periodo del comma 1 della norma, è invece quello relativo al trasferimento della residenza della persona fisica in Italia.

Da questo punto di vista, non si segnala un intervento dell’amministrazione finanziaria, ma alcune riflessioni possono comunque essere annotate.

Ricordiamo, innanzitutto, che l’ambito soggettivo del nuovo regime comprende: i) persone fisiche non residenti sul territorio dello Stato, ii) persone fisiche con cittadinanza italiana, già iscritte AIRE e di rientro da una giurisdizione a fiscalità privilegiata (vedi DM 4 maggio 1999 e articolo 2 comma 2­-bis del TUIR) e iii) persone fisiche con cittadinanza italiana, già iscritte AIRE e di rientro da uno Stato collaborativo (territori non ricompresi nel DM citato). Pertanto la norma, destinata a queste categorie di soggetti, richiederebbe l’identificazione dell’ultimo Stato nel quale la persona fisica risulta aver tenuto la propria residenza fiscale (la considerazione tende, viceversa, a decadere se si tratta di opzione esercitata nel periodo d’imposta successivo a quello del trasferimento in Italia, in quanto in tal caso si concretizzerebbe già un primo periodo di residenza sul territorio dello Stato, dopo il quale si deve procedere con l’esercizio dell’opzione).

Non sembrano però essere state affrontate adeguatamente due casistiche che potrebbero trovare spazio. La prima, il caso di doppia residenza nell’ultimo periodo precedente il trasferimento in Italia. La seconda, il caso in cui, nell’anno antecedente al trasferimento, la persona fisica non abbia avuto residenza in alcuno Stato estero.

Pur ricordando che il contribuente ha sempre l’opportunità di attivare l’istituto dell’interpello probatorio, onde valutare, tra gli altri, anche la sussistenza di eventuali cause ostative all’esercizio dell’opzione, a parere di chi scrive si potrebbe comunque porre un tema riguardante l’effettivo trasferimento della residenza sul territorio dello Stato, in mancanza di uno Stato di uscita della residenza della persona (tenuto conto che un trasferimento, in senso proprio, presupporrebbe l’individuazione di uno Stato di uscita e di uno Stato di destinazione).

Ovviamente, alla luce della finalità della disciplina qui in commento, volta ad agevolare l’ingresso di capitali sul territorio dello Stato e di persone ad alta capacità contributiva, non si ritiene che la fattispecie possa concretamente rappresentare causa ostativa per l’esercizio dell’opzione. Annotiamo infatti che sia il Modello di opzione per l’imposta sostitutiva per i nuovi residenti che le relative Istruzioni, al punto 6 della sezione 2, derogano (di fatto) al dettato normativo di cui al comma 1 dell’articolo 24-bis, prevedono comunque la possibilità di indicare “il codice della giurisdizione o delle diverse giurisdizioni” in cui la persona fisica ha avuto residenza fiscale, nell’anno immediatamente antecedente il trasferimento in Italia.

Si può pertanto interpretare questa scelta come un’apertura nei confronti di quei soggetti interessati a trasferire la propria residenza fiscale, e che ben si inserisce nella più ampia strategia di attrazione in Italia di capitale umano dotato di alta capacità contributiva ed intellettuale, come dimostrato anche dalle recenti norme sul rientro di docenti e ricercatori espatriati o dal regime fiscale agevolativo per i lavoratori “impatriati” con elevata qualificazione e specializzazione.


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