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Approfondimenti

La proposta della Commissione Europea di un Regolamento in materia di crowdfunding

12 Marzo 2018

Eugenia Macchiavello, Professore a contratto di diritto bancario, Università di Genova; Avvocato del foro di Genova, studio Vigotti

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione. Capital Markets Union, FinTech e crowdfunding

L’8 marzo 2018 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento in materia di crowdfunding (sia lending-based che equity-based)[1]. Tale proposta si colloca nel più ampio piano di azione sul FinTech, già annunciato nel suo “Mid-term review” del Piano di azione per la Capital Markets Union del giugno 2017[2] e presentato contestualmente alla proposta qui in commento[3]. La Commissione vede infatti il FinTech come potenzialmente in grado di favorire l’ingresso di nuovi operatori nel mercato finanziario, concorrenza, soluzioni più efficienti e contenimento dei costi per imprese e investitori, in linea con gli obiettivi della Capital Markets Union (CMU) e del progetto sul Digital Single Market[4].

In particolare, il crowdfunding sembra rispondere all’obiettivo della CMU di promuovere il finanziamento dell’innovazione, delle start-up e società non quotate (rappresentando un’importante alternativa al credito bancario).

A seguito della Consultazione in materia di FinTech (aperta dal marzo al giugno 2017)[5] e probabilmente spinta dalla Brexit a tentare di spostare in Europa il centro del FinTech, la Commissione lo scorso autunno aveva pubblicato un “Inception impact assessment” relativo alla “Legislative proposal for an EU framework on crowd and peer to peer finance”, quindi con riferimento sia al segmento relativo a prestiti che di investimenti online[6]. La Commissione aveva ivi identificato quattro opzioni alternative di regolazione a livello europeo in materia. La prima consisteva nel mantenere lo status quo, continuando a limitare il proprio intervento a studi e circolazione di best practices. La seconda vedeva invece la Commissione incaricata di individuare requisiti minimi per le piattaforme di crowdfunding sulla base dello studio dei regimi nazionali esistenti e delle best practice, cui gli operatori avrebbero scelto di adeguarsi volontariamente, spinti dall’obiettivo di rassicurare gli utenti.

Una terza via consisteva invece nel ricondurre il crowdfunding all’interno delle discipline europee esistenti, inserendo specifiche disposizioni con riferimento allo stesso nei singoli testi normativi e così creando, nell’idea della Commissione, un’autorizzazione specifica per i gestori di piattaforme di crowdfunding volta a consentire l’operatività cross-border pur all’interno di normative già esistenti e calibrando requisiti di governance e trasparenza «in a proportionate way ensuring investor protection and sector integrity […]». Le discipline menzionate come possibili normative “modello” a tal fine sono quella degli istituti di pagamento e quella dei mercati regolamentati. A questa strada era assimilata ed equiparata l’opzione di introdurre una normativa europea ad hoc che armonizzasse compiutamente la regolazione del crowdfunding in Europa pur riprendendo elementi già esistenti nelle discipline esistenti.

Infine, la quarta strada era identificata nel creare un regime europeo, basato sulla normativa europea esistente ma proporzionato al settore, al quale le piattaforme avrebbero potuto decidere di aderire (opt-in) per condurre la loro attività di crowdfunding in regime di mutuo riconoscimento negli altri Stati membri, lasciando invece le piattaforme operative solo a livello nazionale soggette ai regimi previsti dai singoli paesi membri.

Attraverso la proposta dello scorso 8 marzo, la Commissione dimostra di aver prescelto proprio tale ultima via. Si tratterà infatti di un regime opzionale, a cui le piattaforme di prestiti o di investimenti in valori mobiliari potranno scegliere di sottostare qualora vogliano operare cross-border. Una volta autorizzate sulla base di tale regime, le piattaforme potranno adeguarvisi, ad ogni modo, anche per le operazioni esclusivamente nazionali (e le autorità nazionali non potranno pretendere, perché sia applicabile il regime europeo, una presenza fisica in un altro Stato membro oltre a quello in cui è stata stabilita la sede: art. 10(9)). La Commissione aveva infatti constatato la varietà di soluzione regolatorie date al crowdfunding dei diversi Stati membri (talvolta lasciando il settore non regolato; talaltra, scegliendo di ricondursi il crowdfunding alle normative esistenti in materia di, a seconda dei casi, Istituti di pagamento, imprese di investimento, fondi di investimento; talaltra ancora adottando una normativa ad hoc) e la conseguente difficoltà per le piattaforme di operare cross-border e raggiungere dimensioni atte a permettere economie di scala (oltre che disparità di trattamento di investitori e piattaforme all’interno del mercato unico)[7].

2. Ambito di applicazione

La disciplina europea ha limiti precisi (art. 2):

  1. si applica solo agli operatori di piattaforme di financial-return crowdfunding, cioè alle piattaforme che promettono all’investitore un ritorno economico (escluse quindi quelle di donation, reward e forse anche quelle di prestiti a titolo gratuito) per l’impiego di denaro con riferimento a prestiti e valori mobiliari (transferable securities);
  2. si applica agli operatori di crowdfunding che forniscano i servizi indicati nell’art. 3 del regolamento cioè l’attività di incrocio degli interessi a finanziare e ad essere finanziati di investitori e portatori di progetti attraverso l’uso di piattaforme di crowdfunding e consistenti nella facilitazione della concessione di prestiti e/o nel collocamento senza garanzia (ex punto 7 della sezione A dell’allegato I alla Direttiva MiFID II n. 2014/65/EU) di valori mobiliari emessi da portatori di progetti e la ricezione e trasmissione di ordini (ex punto 1 della sezione A dell’allegato I alla MiFID II) riguardanti valori mobiliari (e tali operatori saranno espressamente esenti dall’applicazione della disciplina MiFID); qualora invece gli stessi volessero offrire servizi più complessi (riconducibili ai servizi di consulenza o gestione di portafogli o a fondi alternativi, ad esempio), dovrebbero, a seconda dei casi, richiedere un’autorizzazione “piena” in base alla disciplina MiFID o seguire quanto previsto dalla normativa nazionale (peraltro le autorità nazionali dovranno pubblicare su internet un elenco delle discipline applicabili al settore);
  3. il corrispettivo totale massimo per le offerte riguardanti singoli progetti effettuate attraverso i portali nell’arco di 12 mesi deve essere mantenuto entro €1 milione (limite di esenzione obbligatoria dall’obbligo di prospetto in base al nuovo Regolamento UE n. 2017/1129 che trova applicazione solo in presenza di strumenti finanziari; tuttavia, il limite si applicherà anche ai prestiti, pure quando non considerabili strumenti finanziari; per corrispettivi superiori non il regime in esame non troverà applicazione);
  4. sono esclusi i servizi forniti (facilitazione di prestiti) a portatori di progetti qualificabili come consumatori ai sensi dell’art. 3(1)a della Consumer Credit Directive – CCD – n. 2008/48, cioè alle persone fisiche che richiedano un finanziamento per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta (anche qualora, perciò, non sia in ipotesi applicabile la Direttiva in questione per la mancanza di un prestatore qualificabile come “finanziatore” ai sensi dell’art. 3(1)b CCD, cioè un soggetto, persona fisica o giuridica, che fornisca o prometta di fornire credito nell’ambito della sua attività, commercio o professione, a favore di un “consumatore”);
  5. la disciplina non è cumulabile con l’autorizzazione ad operare servizi di crowdfunding rilasciata sulla base di una disciplina nazionale (per cui, qualora si ottenesse l’autorizzazione europea, quella nazionale deve essere revocata) o con quella da impresa di investimento (che, se vorrà offrire servizi di crowdfunding, dovrà farlo sottostando al regime MiFID).

3. Procedimento di autorizzazione e vigilanza

I gestori di piattaforme devono essere persone giuridiche autorizzate, nell’ambito di un procedimento veloce e leggero, dall’ESMA a seguito della presentazione del programma di attività con descrizione dei servizi, governance e controllo interno, delle misure per la continuità operativa e la prova dei requisiti di onorabilità (con particolare riguardo all’assenza di precedenti in materia di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, reati di diritto societario, fallimentare o dei servizi finanziari), esperienza e conoscenza degli amministratori (artt. 10-11). L’autorità avrà poteri di vigilanza continua consistenti in controlli, indagini e ispezioni, sanzioni pecuniarie e revoca dell’autorizzazione in caso di violazioni gravi (artt. 12-13; 21-35).

4. Obblighi degli operatori di crowdfunding e protezione degli investitori

Per quanto riguarda gli obblighi delle piattaforme (artt. 4 – 9):

  1. Gli operatori di crowdfunding devono agire con onestà, correttezza e professionalità e nel rispetto del miglior interesse del cliente.
  2. Essi dovranno anche evitare e prevenire i conflitti di interesse (escludendosi la partecipazione finanziaria degli stessi nelle offerte presenti sul proprio portale o l’ammissione come clienti di titolari di partecipazioni qualificate, amministratori, impiegati e soggetti collegati) e non potranno ricevere commissioni, sconti, benefici non monetari finalizzati ad indurre i clienti a scegliere certi progetti.
  3. Essi dovranno adottare adeguate politiche e procedure per assicurare l’effettiva e prudente gestione (inclusa la separazione dei ruoli, continuità e prevenzione di conflitti di interesse), reclami e outsourcing.
  4. Gli operatori di crowdfunding (oltre che rispettare il divieto contenuto nel CRR/CRD IV di accettare nel corso dello svolgimento della loro attività economica depositi o altri fondi rimborsabili presso il pubblico) non dovranno detenere i fondi dei clienti a meno che non rispettino le normative nazionali di recepimento della PSD 2 e garantiscano la separatezza patrimoniale; i trasferimenti di denaro e pagamenti dovranno avvenire attraverso un istituto di pagamento (IP) autorizzato sulla base della PSD 2, che sia il gestore stesso o un IP terzo.
  5. Con particolare riferimento agli obblighi informativi, gli operatori devono comunicare ai potenziali clienti, anche in fase precontrattuale e nel materiale pubblicitario, in maniera chiara, comprensibile, completa e corretta, informazioni su costi, condizioni, natura e rischi dei servizi di crowdfunding (art. 14).
  6. Essi, prima di dare accesso agli investitori alle informazioni complete sui progetti, devono sottoporre gli stessi ad un test di appropriatezza (da ripetere ogni due anni), potendo procedere benché l’investimento sia risultato inappropriato ma fornendo un chiaro avvertimento al cliente; dovranno anche fornire agli investitori la possibilità di ricorrere ad un sistema per simulare la capacità degli stessi di sopportare le perdite sulla base di determinate informazioni inserite dagli stessi (calcolata nel 10% del loro patrimonio netto) (art. 15).
  7. Gli operatori di crowdfunding dovranno fornire ai clienti un documento informativo (Key Investor Information Sheet – KIIS), di massimo sei pagine, redatto secondo il modello indicato dal regolamento e contenente, in primo luogo, una serie di avvertimenti (sull’assenza di controllo del documento da parte dell’autorità e di sistemi di garanzia di depositi o di investimento; sul rischio di perdita totale delle somme investite, di illiquidità e di assenza di ritorno economico; sull’opportunità di non investire più del 10% del proprio patrimonio netto) e, inoltre, informazioni, da comunicare in maniera chiara e trasparente, con riferimento alla piattaforma (ad esempio, le principali caratteristiche del procedimento, le condizioni per prestare denaro o raccogliere fondi, sistema di reclami e risoluzione delle controversie) e ad ogni specifica offerta (incluse sul richiedente, sui valori mobiliari, sui diritti dell’investitore, costi) in modo da permettere agli investitori di valutare i rischi prima di investire. Essi hanno la responsabilità di apprestare misure per verificare che le informazioni trasmesse dai richiedenti siano complete e chiare (art. 16).
  8. Altri obblighi concernono la conservazione dei documenti e il marketing, anche in rapporto alle normative nazionali e alla competenza delle autorità nazionali (artt. 17-20).

La Commissione ha il compito di emanare norme attuative di alcuni aspetti (ad esempio, sul test di appropriatezza e i sistemi di auto-valutazione).

5. Brevi notazioni finali

Da una prima lettura della proposta di regolamento emergono i seguenti rilevanti aspetti:

  • la stessa assimila totalmente prestiti ed investimenti (come avviene nella normativa sul crowdfunding di Spagna e Portogallo, mentre nel Regno Unito vengono apprestate misure più protettive e limiti in presenza di investimenti; la conseguenza (voluta) è quindi quella di superare la mancanza di armonizzazione a livello europeo in materia di erogazione di finanziamenti e le rilevanti differenze di tradizioni e riserve di attività esistenti attualmente a livello europeo;
  • il financial-return crowdfunding viene ricondotto, almeno ai fini dell’applicazione della normativa speciale europea, al solo modello base di mera intermediazione, per cui i gestori delle piattaforme, nel caso volessero adottare un business model diverso ed offrire servizi più complessi, sarebbero tenuti a richiedere un’autorizzazione in base alla MiFID o all’eventuale normativa nazionale in esenzione della stessa ove disponibile; ciò potrebbe portare ad una maggiore varietà dei modelli con riferimento alle piattaforme piccole e di portata esclusivamente nazionale, mentre ad un appiattimento verso il modello di intermediazione per quelle medie e ad un ritorno alla varietà e complessità dei modelli per le piattaforme che abbiano raggiunto dimensioni considerevoli;
  • considerato che il regolamento non indica espressamente come requisito o presupposto per l’applicazione della relativa disciplina, la programmata o effettiva prestazione di servizi o stabilimento di succursali in più Stati membri (anzi, vieta ai Paesi membri di imporre la presenza fisica delle piattaforme autorizzate in base al regolamento in altri paesi europei – art. 10(9)), nel caso di normativa nazionale meno permissiva di quella europea (come in Italia con riferimento al settore equity, non necessariamente per quello di lending), è prevedibile una “fuga” delle piattaforme che operino anche solo sul territorio nazionale verso la disciplina europea e a scapito di quella nazionale (con evidenti effetti di regulatory arbitrage che potrebbero portare ad una modifica delle normative nazionali verso requisiti meno restrittivi o, al contrario, a contestazioni delle autorità nazionali in merito alla qualificazione dell’attività dei gestori di piattaforme a seconda dei servizi specifici e aggiuntivi offerti dagli stessi per giustificare la non applicabilità del regime speciale europeo); la Commissione, nell’ambito della normativa delegata, potrebbe (forse) rimediare in parte a tale mancanza (richiedendo almeno, ad esempio, che la piattaforma sia accessibile da altri paesi e le informazioni, per lingua e forma, rivolte anche a residenti in altri paesi);
  • si è scelto di non richiedere un capitale minimo o assicurazione professionale in fase autorizzativa né di imporre requisiti prudenziali, puntando su obblighi informativi (sul modello KIID), avvertimenti e misure di organizzazione (per l’adeguata gestione e la verifica delle informazioni fornite dai portatori di progetti) e prevenzione dei conflitti di interesse, oltre all’affidarsi alla vigilanza dell’ESMA e alla separatezza patrimoniale e altre precauzioni rinvenibili nella disciplina dei servizi di pagamento (benché con differenze nazionali);
  • l’impossibilità per le imprese di investimento di accedere a questo regime speciale potrebbe porre le stesse in una situazione più svantaggiosa rispetto agli operatori specializzati nel crowdfunding, specialmente con riferimento al segmento lending dove non esiste armonizzazione e passaporto europei;

nell’individuazione dell’ESMA come autorità di vigilanza con specifici poteri diretti sui gestori e soggetti collegati (anche persone fisiche) è possibile scorgere una conferma del progressivo superamento della dottrina Meroni.



[1] La proposta di regolamento, bozza di modifica della Direttiva MiFID II e studio di impatto sono reperibili al seguente indirizzo: https://ec.europa.eu/info/publications/180308-proposal-crowdfunding_en.

[2] La relativa comunicazione e l’esplicativo Commission Staff Working Paper sono reperibili al seguente link: https://ec.europa.eu/info/publications/mid-term-review-capital-markets-union-action-plan_en.

[3] Per l’Action Plan sul FinTech ed il testo della proposta di Comunicazione della Commissione Europea, cfr. https://ec.europa.eu/info/publications/180308-action-plan-fintech_en.

[4] Sul quale si veda https://ec.europa.eu/growth/single-market/digital_it.

[5] Per il testo della Consultazione e le risposte: https://ec.europa.eu/info/finance-consultations-2017-fintech_en.

[6] https://ec.europa.eu/info/law/better-regulation/initiatives/ares-2017-5288649_en. Si rinvia in merito al commento della stessa autrice pubblicato sulla Rivista di diritto bancario: E. Macchiavello, La travagliata evoluzione normativa dell’equity crowdfunding in Italia, il nuovo regolamento Consob e la prospettiva di regolazione del crowdfunding a livello europeo: una disciplina destinata a breve vita?, in Riv. dir. banc., dirittobancario.it, 16, 2018, 1-31.

[7] Oltre a permettermi di rinviare ai miei lavori in materia per un’analisi comparativa dei regimi applicabili alle piattaforme di crowdfunding europee e per cenni agli ostacoli normativi conseguenti alle notevoli differenze esistenti tra gli stessi, oltre a proposte di riforma (Macchiavello, Peer-to-peer lending and the “democratization” of credit markets: another financial innovation puzzling regulators, in Columbia Journal of European Law, 2015, 21(3), 521; Id., Peer-to-peer lending ed informazione: la tutela dell’utente online tra innovazione finanziaria, disintermediazione e limiti cognitivi, in Diritto della banca e del mercato finanziario, 2015, 2, 221; Id., La modifica al regolamento Consob in materia di equity crowdfunding alla luce dell’evoluzione del diritto finanziario europeo e delle tendenze di regolazione dell’investment-based crowdfunding in Europa, in Banca impresa soc., 2016, 2, 283; Id., Financial-return crowdfunding and regulatory approaches in the shadow banking, FinTech and collaborative finance era, in European Company and Financial Law Review, 2017, 14, 4, 662; Ferrarini e Macchiavello, Investment-based Crowdfunding: Is MiFID II enough?, in Busch e Ferrarini, a cura di, Regulation of EU Financial Markets: MiFID II, Oxford University Press, 2017, pp. 659 ss.; Id., FinTech and Alternative Finance in the CMU: The Regulation of Marketplace Investing, in Avgouleas, Busch e Ferrarini, a cura di, Capital Markets Union in Europe, Oxford University Press, pp. 208 ss.; Macchiavello, LBC: le principali problematiche giuridiche e l’analisi comparativa dei regimi giuridici UE e USA, in corso di pubblicazione in Sciarrone Alibrandi, a cura di, Marketplace lending: verso nuove forme di intermediazione finanziaria?, Consob, 2018), si segnalano i seguenti recenti studi: Commissione Europea, Final report: Identifying market and regulatory obstacles to crossborder development of crowdfunding in the EU, (Dicembre 2017), https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/171216-crowdfunding-report_en.pdf; Commissione Europea, Crowdfunding in the EU Capital Markets Union, Commission Staff Working Document SWD(2016) 154 final, http://ec.europa.eu/finance/general-policy/docs/crowdfunding/160428-crowdfunding-study_en.pdf; Gajda et al. (a cura di), Review of Crowdfunding Regulation. Interpretations of Existing Crowdfunding Regulations in Europe, North America and Israel, European Crowdfunding Network, (2017), http://eurocrowd.org/wp-content/blogs.dir/sites/85/2017/10/ECN_Review_of_Crowdfunding_Regulation_2017.pdf.

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