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Attualità

La permanente ed integrale validità della fideiussione bancaria “non – omnibus”

21 Gennaio 2022

Sido Bonfatti, Professore Ordinario di Diritto Commerciale, Università di Modena e Reggio Emilia

Di cosa si parla in questo articolo

1. Con sentenza n. 64 del 13 gennaio 2022, il Tribunale di Bologna affronta il problema interpretativo della validità (integrale) della fideiussione bancaria “specifica”, cioè “prestata a garanzia di una determinata operazione bancaria”, e lo risolve positivamente, escludendo che ad essa possa essere applicato l’orientamento giurisprudenziale maggioritario (ed oggi, come si dirà, avallato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione), secondo il quale la fideiussione bancaria “omnibus” (conforme nel testo allo “Schema ABI” dell’anno 2002 dichiarato parzialmente invalido dalla Banca d’Italia) è invalida relativamente alle clausole che costituiscono pedissequa applicazione degli articoli dello “Schema ABI”, dichiarate nulle dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005 (clausole nn. 2, 6 e 8).

La sentenza del Tribunale di Bologna, pur essendo stata pubblicata in data 13 gennaio 2022, è stata decisa in Camera di Consiglio in data 3 dicembre 2021: dunque prima della pubblicazione della decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 41994, che è stata pubblicata in data 30 dicembre 2021, che ha affermato il principio secondo il quale «i contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti».

La circostanza, tuttavia, risulta priva di rilievo, in quanto la sentenza del Tribunale di Bologna non contraddice l’orientamento giurisprudenziale maggioritario (poi avallato dalle Sezioni Unite della Cassazione), favorevole alla dichiaratoria di nullità (parziale) della fideiussione “omnibus” (conforme allo “Schema ABI”): bensì esclude che la fideiussione bancaria “specifica” rientri nell’ambito di applicazione della sanzione invalidante così comminata dalla giurisprudenza alla fideiussione “omnibus”, con argomenti tali da doversi ritenere estendibili ad ogni altro tipo di fideiussione bancaria che potesse qualificarsi “non-omnibus”.

Ed infatti:

  • il Tribunale dà atto dell’orientamento maggioritario formatosi in giurisprudenza (e poi avallato dalle Sezioni Unite della Cassazione), ed afferma che esso “si ispira ai principi, ritenuti condivisibili, enunciati dalle Sezioni Unite” (riferendosi a Cass., n. 2207/2005);
  • tuttavia, osserva che, nel caso di specie, “il contratto sottoscritto in data 10.06.2014 costituisce non una fideiussione omnibus, bensì una fideiussione specifica, prestata a garanzia di una determinata operazione bancaria”;
  • ciò precisato, enuncia cheil contratto del 10.06.2014 firmato dagli attori, costituente un’ipotesi di fideiussione specifica, non rientra nell’ambito di applicazione del provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005, che ha dichiarato la contrarietà alla L. n. 287/1990 degli artt. 2, 6, 8 dello schema ABI del 2002, riferito esclusivamente alle fideiussioni omnibus perfezionate sulla scorta di tale modello contrattuale. Il provvedimento della Banca d’Italia valuta ruolo, funzioni e condizioni contrattuali riferibili alla fideiussione omnibus, definita come l’operazione con cui “il fideiussore garantisce il debitore di una banca per tutte le obbligazioni da questo assunte, comprensive non solo dei debiti esistenti nel momento in cui la garanzia fideiussoria viene prestata, ma anche di quelli che deriveranno in futuro da operazioni di qualunque natura intercorrenti tra la banca e il debitore principale”. Esso evidenzia che la fideiussione omnibus presenta una funzione specifica e diversa da quella della fideiussione civile, volta a garantire una particolare tutela alle specificità del credito bancario, in considerazione della rilevanza dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica agli operatori economici. È con riguardo a tale fattispecie contrattuale che la Banca d’Italia ha valutato come le clausole dello schema ABI (riguardante la fideiussione omnibus), di per sé lecite se inserite in fideiussioni specifiche, possano determinare effetti anticoncorrenziali, in senso ingiustificatamente sfavorevole alla clientela”.

Il senso e la univocità della sentenza del Tribunale di Bologna non soffrono, pertanto, degli effetti della sopravvenuta decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione in merito alla fideiussione bancaria “omnibus”(conforme allo “Schema ABI”): tanto più che il giudice bolognese precisa, ad abundantiam, che “inoltre, si ritiene di non condividere l’orientamento della giurisprudenza (comunque minoritario), richiamato da parte attrice, secondo cui la nullità può colpire anche le fideiussioni specifiche riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus, ai sensi dell’art. 2 L. n. 287/1990, e ciò a prescindere dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005”.

A conferma poi della rilevanza della decisione adottata, il Tribunale di Bologna precisa ulteriormente – dichiaratamente: “per completezza” -, che le clausole contrattuali contestate (quelle che sempre sono poste alla attenzione dell’Autorità giudiziaria dal fideiussore che non intende adempiere l’obbligazione di garanzia originariamente assunta) “sono di per sé legittime e non appaiono lesive della libertà contrattuale dei fideiussori. Risulta pienamente valida la clausola n. 6 del contratto di fideiussione, che derogando espressamente all’art. 1957 c.c., prevede la facoltà per la banca di agire nei confronti dei garanti anche al di fuori dei termini contemplati dalla norma e senza preventiva escussione del debitore principale. E’ infatti ammessa la rinuncia, espressa o tacita, del fideiussore alla decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria contemplata dalla norma, non sottratta alla disponibilità delle parti, così come ha affermato la Suprema Corte: “La decadenza del creditore dal diritto di pretendere l’adempimento dell’obbligazione fideiussoria, sancita dall’art. 1957 c.c. per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale, può essere preventivamente rinunciata dal fideiussore, trattandosi di pattuizione rimessa alla disponibilità delle parti che non urta contro alcun principio di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, per il garante, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore.” (Cass. civ. n. 28943 del 4.12.2017; nello stesso senso, Cass. civ. n. 21867 del 24.09.2013; Cass. civ. n. 9245 del 18.04.2007). Al pari debbono ritenersi legittime le c.d. clausole di sopravvivenza di cui all’art. 2 e di reviviscenza di cui all’art. 8 del contratto di fideiussione in oggetto, che si giustificano rispettivamente in forza del principio di accessorietà della relativa obbligazione, rispetto a quella assunta dal debitore principale, ipotizzabile anche nell’ipotesi in cui il debito, già estinto, ritorni in vita per effetto di fatti sopravvenuti (annullamento, inefficacia, revoca del pagamento), e in virtù della funzione indennitaria della fideiussione, che giustifica l’estensione dell’efficacia della garanzia anche nell’ipotesi in cui l’obbligazione principale venga dichiarata invalida. Si è infatti ritenuto che le disposizioni di cui agli artt. 1939 e 1945 c.c. non tutelino un interesse di ordine pubblico, ma di natura privata, cosicché le parti possono validamente pattuire, nell’esercizio dell’autonomia negoziale, una clausola in base alla quale il fideiussore rinuncia ad eccepire l’invalidità dell’obbligazione principale (Cass. civ. n. 3525 del 13.02.2009; Cass. civ. n. 25361 del 17.10.2008; Cass. civ. n. 3011 dell’8.02.2008; Cass. civ. n. 10400 del 17.07.2002)”.

2. Ciò detto per quanto concerne la fideiussione bancaria “specifica”, ci si può domandare se – dopo la pronuncia n. 41994/2021 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione – qualcosa ancora vi sia da dire – invece – sulla fideiussione bancaria “omnibus” (conforme allo “Schema ABI”). Per esse le banche dovranno valutare se insistere nel sostenerne la validità (integrale) nonostante la citata presa di posizione della Banca d’Italia nei confronti dello “Schema ABI”; oppure se adeguarsi all’orientamento giurisprudenziale ora avallato dalla decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, anche per evitare le spese legali di cause destinate forse – al momento – alla soccombenza.

Se mai, tenuto conto della circostanza che l’effetto pregiudizievoli di maggiore portata pare insito nella dichiarata nullità – inter alia – della deroga all’atto 1957 cod. civ.; e tenuto conto della circostanza che molto spesso le banche hanno effettivamente omesso di “proporre le loro istanze” contro il debitore principale entro i 6 mesi idonei ad impedire la liberazione del fideiussore; dovranno essere presi in considerazione temi attualmente inediti, quali gli effetti da riconoscersi negli eventuali riconoscimenti delle garanzie prestate da parte dei sottoscrittori di fideiussioni bancarie “omnibus”.

Si deve infatti considerare che la escussione delle fideiussioni segue, molto spesso, all’esito negativo delle trattative – di durata pressoché sempre eccedente i 6 mesi – con il debitore principale, alle quali potrebbero avere partecipato anche i fideiussori (tanto più se soci della società finanziata, o comunque “vicini” al debitore principale), confermando, nell’occasione – come è usuale che accada – le garanzie originariamente prestate, anche nell’occasione di dare atto della sospensione temporanea delle azioni giudiziali da parte delle banche.

Questa “conferma” della vincolatività delle garanzie fideiussorie (anche “omnibus”, quindi) a suo tempo prestate può assumere, nei singoli casi di specie, le forme più varie: ed in particolare essere espressa in termini circostanziali ovvero in termini sommari.

Si dovrà valutare se tale manifestazione di volontà sia di per sé sufficiente ad originare una responsabilità fideiussoria – non tanto in termini di “convalida” di un contratto nullo, quanto piuttosto in termini di garanzia prestata ex novo -, tenuto conto: da un lato, della circostanza che la fideiussione (anche prestata in favore di banche) non è qualificabile “contratto bancario”, e come tale non richiede la forma scritta, né altri requisiti formali (fermo restando che nel corso delle trattative menzionate gli accordi interlocutori tra banca, impresa e fideiussori assumono di norma forma scritta); dall’altro, che l’eventuale obbligazione fideiussoria desumibile da tali “titoli” non potrebbe ritenersi disciplinata dalla clausole del modello fideiussorio bancario – stante la nullità del contratto –, bensì, semplicemente, dalle norme di legge: tra le quali – inter alia – l’art. 1937 cod. civ., che prevede che la volontà di prestare fideiussioni sia “espressa”.

È da ritenere che nel momento in cui si “consolidasse” – come forse, ora, è destinato a consolidarsi – l’orientamento giudiziale propenso a ritenere nulla (parzialmente) la fideiussione bancaria “omnibus” (conforme allo “Schema ABI”), l’attenzione si volgerebbe a considerare anche il tema qui rappresentato.

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