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La nuova funzione unica di controllo prevista dalla Circolare 288/2015 della Banca d’Italia per gli intermediari ‘minori’ tra possibilità organizzativa e incompatibilità di cumulo di alcune funzioni

5 Dicembre 2016

Avv. Damiano Di Maio; Dott. Alberto Retucci, Project Leader SCS Consulting S.p.A.

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa. – 2. Le ragioni dell’intervento di cui alla Circolare 288/2015 sugli intermediari minori. – 2.1 La prima consultazione. – 2.2. La seconda consultazione. – 3. Il sistema di controlli interni dell’“intermediario minore”: impatti organizzativi ed elementi di criticità. – 4. Riflessioni conclusive.

 

1. Premessa

La disciplina relativa, latu sensu, all’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è stata oggetto di recenti molteplici interventi da parte del legislatore e dell’Autorità di vigilanza[1], finalizzati ad uniformare il sistema di controllo degli intermediari finanziari rispetto al sistema di vigilanza verso gli enti creditizi, nonché a concretizzare le esigenze primarie di sana e prudente gestione di detti operatori finanziari all’interno del mercato.

A completare il quadro dei citati interventi normativi avviati con le modifiche del Titolo V del D. Lgs. 385/1993 del Testo Unico Bancario (di seguito, per brevità, “TUB”) ad opera del D.lgs. 141/2010 e succ. mod., è intervenuta la Circolare Banca d’Italia n. 288 del 3 aprile 2015 recante le rinnovate Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari (di seguito, per brevità, anche le “Disposizioni”).

Il presente contributo intende fornire un’illustrazione delle ragioni dell’intervento della Circolare 288/2015 sulle funzioni di controllo degli intermediari finanziari con riguardo, in particolare, alla disciplina del sistema dei controlli interni degli intermediari finanziari minori ed alla possibilità, entro determinati limiti, di aggregare dette funzioni entro un’unica funzione di controllo.

2. Le ragioni dell’intervento di cui alla Circolare 288/2015 sugli intermediari minori

2.1 La prima consultazione

Nel mese di gennaio 2012 la Banca d’Italia poneva in consultazione la prima bozza dello Schema di Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari iscritti nell’albo unico ex art. 106 TUB; nella premessa al documento, emergevano le caratteristiche principali dell’intervento del Supervisor, orientato secondo due linee direttrici:

  • osservare il principio di proporzionalità, tenendo conto della complessità operativa, dimensionale e organizzativa degli intermediari, nonché della natura dell’attività svolta, in linea con quanto previsto dall’art. 108, comma 6, TUB. Bilanciare conseguentemente le esigenze di affidabilità dei soggetti competenti a prestare l’attività di concessione di finanziamenti con quelle di predisposizione di intervento normativo sufficientemente flessibile, tale da non porre ingiustificate barriere all’ingresso nel mercato o allo sviluppo di modelli operativi compatibili con la sana e prudente gestione dell’intermediario;
  • delineare un quadro organico e razionale della materia, da un lato, facendo confluire in un unico testo gli orientamenti di vigilanza maturati negli ultimi anni e, dall’altro, coordinando, dove opportuno, la normativa degli intermediari finanziari con la disciplina della banche.

La disciplina dell’Organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni, contenuta nel Titolo III della prima bozza di Circolare, era stata oggetto di commenti focalizzati, tra gli altri:

  1. su una richiesta di un maggior grado di flessibilità nella disciplina organizzativa delle funzioni di controllo ed in particolare sulla rimozione dell’obbligo di costituire la funzione di internal audit per gli intermediari minori, ripartendone i compiti tra risk manager e organo con funzione di supervisione strategica; a tale riguardo, in sede di resoconto alla citata prima Consultazione, la Banca d’Italia accoglieva la richiesta di flessibilità invocata per gli intermediari minori a complessità operativa ridotta consentendo ad essi “compatibilmente con il principio di proporzionalità (…) la possibilità di costituire una sola funzione di controllo[2].
  2. su una richiesta limitazione degli effetti dell’applicazione della c.d. “vigilanza equivalente” a quella bancaria. In particolare l’applicazione di detto principio, secondo quanto emerso in sede di consultazione, oltre a non essere contenuto nella normativa primaria, avrebbe impattato negativamente sugli intermediari minori, in quanto, laddove utilizzato come principio guida delle Disposizioni, non ne avrebbe tenuto conto delle differenti dimensioni. Sul punto tuttavia l’Autorità di Vigilanza chiariva come detto principio non potesse essere espunto dalla ratio complessiva del provvedimento in quanto “l’adozione di un regime di vigilanza equivalente a quello delle banche contribuisce a rafforzare la sana e prudente gestione degli intermediari e la stabilità del settore finanziario nel suo complesso; consente di applicare, alle esposizioni verso intermediari finanziari, il trattamento prudenziale previsto dalla normativa comunitaria per le esposizioni verso le banche e le imprese di investimento; favorisce la disponibilità di un quadro normativo in materia di vigilanza prudenziale uniforme e costantemente aggiornato, in linea con le migliori prassi in materia[3]”. Detto principio di vigilanza “equivalente” anzi, applicato nel rispetto del principio di proporzionalità, avrebbe consentito la valorizzazione delle caratteristiche degli intermediari finanziari mediante una struttura delle Disposizioni basate su specifiche regole prudenziali ed organizzative.

2.2 La seconda consultazione

A distanza di due anni dalla prima consultazione la Banca d’Italia produceva una seconda consultazione nel luglio 2014.

La nuova consultazione si rendeva necessaria, come precisato in sede di Relazione illustrativa[4], alla luce di due interventi normativi: il primo di stampo nazionale, relativo alle modifiche apportate al quadro normativo primario dal d.lgs. 19 settembre 2012, n. 169 (cd. “II correttivo” al D.Lgs. n. 141/2010); il secondo, di matrice europea, relativo all’applicazione alle banche e alle imprese di investimento, a partire dal 1° gennaio 2014, della nuova disciplina prudenziale contenuta nel pacchetto normativo CRR/CRDIV.

In sintesi, il nuovo schema di Disposizioni, secondo quanto rilevato dall’Autorità di Vigilanza nella richiamata Relazione Illustrativa, “conferma le principali scelte operate a suo tempo (…) e, in particolare, l’estensione della disciplina prudenziale delle banche agli intermediari finanziari[5]; oggetto principale delle modifiche è risultato, principalmente, “l’ampliamento dei margini di flessibilità riconosciuti agli intermediari, allo scopo di rispondere più efficacemente alle richieste di alcune fasce e/o tipologie di operatori, ove ritenute compatibili con le esigenze della sana e prudente gestione[6].

Nello specifico, il Titolo III, Cap. 1, Sez. I, delle Disposizioni in seconda consultazione dava atto del principio di proporzionalità quale principio guida di una disciplina che, in quanto applicabile a un numero elevato di intermediari con caratteristiche dimensionali e operative tra loro molto diverse, necessitava di un approccio graduato:

  • “sulla complessità operativa, dimensionale e organizzativa degli intermediari[7]
  • sulla “natura dell’attività svolta [da detti intermediari][8]”.

L’applicazione diretta del citato principio veniva dunque traslata sulla strutturazione del sistema di controlli interni dell’intermediario; in particolare così predisponendo il documento:

“Se coerente con il principio di proporzionalità e a condizione che i controlli sulle diverse tipologie di rischio continuino a essere efficaci, gli intermediari finanziari possono:

  • affidare lo svolgimento della funzione di conformità alle norme e della funzione di controllo dei rischi alla medesima struttura;
  • affidare lo svolgimento delle funzioni aziendali di controllo all’esterno, secondo quanto previsto dalle disposizioni in materia di esternalizzazione previste nella Sezione V e, per quanto riguarda l’esternalizzazione all’interno dei gruppi finanziari, nella Sezione VI.

Le funzioni di conformità alle norme e di controllo sui rischi non possono essere affidate alla funzione di revisione interna, salvo quanto di seguito specificato.

Gli intermediari finanziari minori, così come definiti dal Titolo IV, Capitolo 14, Sez. III, par. 2, possono costituire un’unica funzione aziendale di controllo. In tale caso non è consentita l’esternalizzazione della funzione aziendale di controllo [ad eccezione dell’ipotesi in cui le funzioni aziendali di controllo siano esternalizzate nell’ambito del gruppo finanziario]. La Banca d’Italia può revocare tale facoltà qualora riscontri che non sono assicurate l’efficacia e la qualità dei controlli[9].

In sintesi, la Circolare così posta in consultazione prevedeva quattro nuovi principi basati sulla libertà dell’intermediario di effettuare scelte fondate sulle proprie caratteristiche intrinseche/di business (intermediario minore) ed estrinseche (proporzionalità):

  1. principio dell’univocità del controllo di secondo livello:possibilità di unificare la funzione compliance e risk management;
  2. principio dell’univocità delle funzioni aziendali di controllo: possibilità, per gli intermediari finanziari minori, di costituire un’unica funzione di controllo che ricomprenda controlli di secondo e terzo livello;
  3. principio di delimitazione dell’autonomia proporzionale dell’univocità delle funzioni aziendali di controllo:l’esternalizzazione di una funzione di controllo unica non è consentita;
  4. principio di riequilibrio dell’autonomia proporzionale: poteri di revoca della struttura organizzativa così individuata, nell’autonoma e scelta dell’intermediario minore, in capo all’Autorità di vigilanza.

In sede di resoconto alla seconda consultazione, il punto maggiormente controverso in relazione ai suddetti quattro principi era connesso alla previsione di un’unica funzione di controllo – riservata agli intermediari minori (principio dell’univocità delle funzioni aziendali di controllo) – che inglobasse sia le funzioni di secondo livello che la funzione di terzo livello; l’Autorità di vigilanza parrebbe peraltro aver mantenuto salda la propria impostazione, rimarcando l’importanza del principio di proporzionalità, e tuttavia chiarendo che: La possibilità di affidare a una funzione di controllo tutti i controlli diversi da quelli di linea dà concreta attuazione al principio di proporzionalità: essa è, infatti, limitata a un sottoinsieme di intermediari (“intermediari minori”) che presentano limitata complessità operativa, con l’obiettivo di incentivare tali soggetti ad investire le proprie risorse in strutture di controllo semplici, ma efficaci, nonché a rafforzare i controlli di primo livello. Le disposizioni sono state modificate per precisare che la possibilità di usufruire di tale semplificazione è subordinata alla condizione che i controlli sulle diverse tipologie di rischio continuino ad essere efficaci[10].

Detta impostazione del resto parrebbe andare incontro alle esigenze di riduzione dei costi sollevati dagli intermediari nei riscontri al questionario della prima consultazione, dove era emersa una netta prevalenza di costi di compliance elevati (soprattutto per gli intermediari finanziari ex 106 TUB), come di seguito si riporta nell’estratto della Tavola riassuntiva contenuta nella Relazione sull’Analisi di Impatto[11]:

L’opzione per una maggiore flessibilità nella struttura dei controlli interni dell’intermediario parrebbe dunque favorire l’intermediario medesimo; in particolare la possibilità di accorpare le funzioni di controllo in un’unica funzione è stata ampliata nella seconda stesura delle Disposizioni, in quanto in precedenza “tale possibilità era ammessa solo per gli intermediari minori che esercitassero esclusivamente attività di finanziamento[12].

Le impostazioni descritte in sede di seconda consultazione sono state dunque rese definitive con la pubblicazione definitiva della Circolare 288 in data 3 aprile 2015.

3. Il sistema di controlli interni dell’“intermediario minore”: impatti organizzativi ed elementi di criticità

Prima di procedere con l’analisi delle nuove disposizioni, risulta opportuno definire cosa si intenda per intermediari di minore dimensione (cc.dd. “intermediari minori”).

Per tale qualifica le Disposizioni rimandano alla definizione contenuta nel Titolo IV, Capitolo 14, Sez. III, par. 2 della Circolare 288/2015, relativo alla disciplina della Valutazione aziendale dell’adeguatezza patrimoniale (ICAAP), che identifica come “minori” gli intermediari che hanno un attivo uguale o inferiore a 250 milioni di euro, al netto di determinate eccezioni[13]. Tuttavia, Banca d’Italia, qualora lo ritenga necessario, “può in ogni caso richiedere di uniformarsi per intero alle disposizioni previste dal presente capitolo per gli intermediari di classe 3, in relazione all’evoluzione della situazione aziendale, dei rischi assunti o di elementi di problematicità riscontrati[14]”.

Come richiamato in precedenza, l’Autorità di vigilanza, con l’intento di garantire la disponibilità di un quadro normativo uniforme e costantemente aggiornato in materia di vigilanza prudenziale, dispone anche per questa tipologia di intermediari specializzati l’applicazione del principio c.d. di vigilanza prudenziale “equivalente”, avente come finalità il perseguimento degli obiettivi della sana e prudente gestione così come della stabilità del sistema finanziario nel suo complesso.

In quest’ottica gioca un ruolo fondamentale il principio di proporzionalità spesso utilizzato dai regolatori in fase di emanazione della normativa che disciplina il settore finanziario; detto principio struttura l’impianto normativo di vigilanza sulla base delle peculiarità di ciascun intermediario in termini di dimensioni, caratteristiche individuali e complessità operativa.

L’attività di adeguamento a detto impianto normativo opera pertanto secondo una graduale applicazione di principi differenziati nei riguardi dei diversi intermediari che operano sul mercato.

Il principio di proporzionalità rappresenta dunque un criterio interpretativo e applicativo cui fare riferimento per trasporre le indicazioni di Vigilanza nella specifica realtà aziendale; esso parrebbe finalizzato a minimizzare, tra gli altri, gli oneri a carico dei soggetti destinatari della normativa.

Nell’intento di analizzare quanto previsto dalla Circolare n. 288/2015, occorre fare una disamina di come l’Autorità di vigilanza abbia regolamentato nel tempo le funzioni aziendali di controllo, al fine di individuare con chiarezza le finalità e la centralità nell’organizzazione aziendale, nonché il rilievo strategico del sistema dei controlli interni. A tal proposito, a titolo esemplificativo si richiama – alla luce del summenzionato principio di vigilanza prudenziale equivalente – quanto previsto dalla Circolare n. 285/2013 “Disposizioni di Vigilanza per le banche”, riprendendo la classificazione che dette disposizioni effettuano sulla struttura dei controlli.

Di seguito lo schema di articolazione dei controlli:

– controlli di primo livello, conosciuti anche come “controlli di linea”, che possono essere svolti dalle stesse strutture operative (prime responsabili del processo di gestione dei rischi) ovvero effettuati nell’ambito delle attività di back office, con l’obiettivo di assicurare il rispetto delle norme nello svolgimento delle operazioni;

– controlli di secondo livellodistinti tra:

  • controlli sulla conformità (compliance), finalizzati al presidio del rischio di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative, perdite finanziarie rilevanti o danni reputazionali;
  • controlli di antiriciclaggio, finalizzati al presidio del rischio di riciclaggio di finanziamento del terrorismo;
  • controlli sui rischi (risk management), per il presidio e il monitoraggio dei rischi complessivi;

– controlli di terzo livelloo di revisione interna, la cui articolata attività, svolta nella più rigorosa indipendenza (ragione per cui è espressamente previsto che il responsabile internal audit sia collocato sempre alle dirette dipendenze dell’organo con funzione di supervisione strategica, collocazione ottimale ma non obbligatoria invece per i responsabili dei controlli di secondo livello), è finalizzata a verificare sia la regolarità dell’operatività che la funzionalità dei presidi adottati dalla banca per la gestione di tuti i rischi connessi all’operatività, nonché la funzionalità del complessivo sistema dei controlli interni.

Risulta altresì ricorrente nelle varie disposizioni dell’Autorità l’obbligo di istituire funzioni aziendali di controllo permanenti e indipendenti (Compliance, Risk Management e Internal Audit), secondo un’impostazione che prevede una netta distinzione tra quelle idonee ad espletare controlli di secondo livello e quelle idonee ad espletare controlli di terzo livello mediante la necessità di nominare un responsabile collocato in una posizione gerarchica adeguata (i responsabili di Risk Management e Compliance alle dirette dipendenze dell’organo con funzione di gestione o dell’organo con funzione di supervisione strategica; il responsabile Internal Audit collocato sempre alle dirette dipendenze dell’organo con funzione di supervisione strategica).

Tuttavia, anche nell’ambito della Circolare 285/2013, l’Autorità di vigilanza ha agito mediante l’applicazione del principio di proporzionalità, proponendo una riduzione degli oneri normativi per le banche di minori dimensioni o complessità operativa.

In parziale analogia ai contenuti della Circolare 285/2013, la Circolare n. 288/2015, in ottemperanza al (fondamentale) al principio di proporzionalità, prevede che gli intermediari finanziari possano:

  1. affidare lo svolgimento delle funzioni di secondo livello (Compliance e Risk Management) alla medesima unità organizzativa;
  2. esternalizzare; id est: affidare lo svolgimento delle funzioni aziendali di controllo ad un soggetto esterno alla compagine societaria, secondo quanto previsto dalle disposizioni in materia di esternalizzazione previste nel Titolo III, capitolo 1, Sezione V della Circolare 288/2015 e, per quanto riguarda l’esternalizzazione all’interno dei gruppi finanziari, nel Titolo III, Sezione VI della medesima Circolare.

La possibilità di operare una delle due richiamate opzioni permane a condizione che operi il principio di proporzionalità e che i controlli sulle diverse tipologie di rischio continuino ad essere efficaci in considerazione delle specificità del settore finanziario.

Inoltre, le Disposizioni, nel rimarcare l’impossibilità che le funzioni di secondo livello non possano essere affidate alla funzione di terzo livello, concede, in deroga, solo agli intermediari finanziari definiti “minori” la facoltà di costituire un’unica funzione aziendale di controllo, facendo divieto della possibilità di esternalizzare tale funzione “unica” se non nell’ambito del gruppo finanziario[15].

Detta previsione appare di significativa portata innovativa, in quanto l’Autorità di vigilanza parrebbe aver ampliato l’ambito di operatività del principio di proporzionalità: la possibilità di accorpare livelli differenti di controllo è infatti caratteristica peculiare degli intermediari finanziari minori; detta previsione non risulta infatti prevista nella Circolare 285/2013[16] in cui il principio di proporzionalità soggiace al principio di separatezza delle funzioni di controllo di secondo e terzo livello, nell’ottica di garanzia di un sistema dei controlli interni efficace (“Tenuto conto che le funzioni di conformità alle norme e di controllo dei rischi devono essere sottoposte a verifica periodica da parte della funzione di revisione interna (controllo di terzo livello), per assicurare l’imparzialità delle verifiche, le funzioni di conformità alle norme e di gestione dei rischi non possono essere affidate alla funzione di revisione interna[17]).

La giustificazione di questo nuovo orientamento per gli intermediari finanziari, in risposta ad alcuni operatori del mercato negli esiti della seconda consultazione, parrebbe essere riconducibile al fatto che il principio di proporzionalità opera limitatamente ad un sottoinsieme di intermediari, classificati come minori, “che presentano limitata complessità operativa, con l’obiettivo di incentivare tali soggetti ad investire le proprie risorse in strutture di controllo semplici, ma efficaci, nonché a rafforzare i controlli di primo livello[18]” e che “tale semplificazione è subordinata alla condizione che i controlli sulle diverse tipologie di rischio continuino ad essere efficaci.[19]”

Se da un lato l’applicazione di tale principio sembrerebbe venire incontro alle esigenze degli intermediari in termini di minore impatto sui costi e tempi di adeguamento alla Circolare 288/2015 rispetto alla loro struttura organizzativa, dall’altro, appare un passaggio di fondamentale importanza nell’approccio del Supervisor, in virtù del fatto che incide su un principio, quello di segregazione tra le funzioni di controllo di secondo e terzo livello, finalizzato, come già descritto, a garantire la piena indipendenza delle stesse.

La ripartizione tra le funzioni di controllo di secondo livello (Compliance e Risk Management) e di terzo livello (Audit), sino all’intervento della Circolare 288/2015 (sebbene limitato dal punto di vista dell’applicazione soggettiva ed oggettiva) appariva elemento essenziale per un’efficiente strutturazione del sistema dei controlli interni per gli enti creditizi.

Posto quanto precede, gli intermediari finanziari minori si trovano dunque ad operare una scelta che, nonostante le semplificazioni fornite dall’Autorità, appare foriera di possibili complicazioni a livello di soluzione organizzativa che si dimostri compliant alla norma e che non generi ulteriori costi, tenuto conto anche del fatto che la nuova funzione unica non può essere esternalizzata.

A tale riguardo, in sede di resoconto alla seconda consultazione era stata paventata la possibilità di estendere il principio dell’unica funzione di controllo anche per le ipotesi di esternalizzazione del servizio, al fine di contenere possibili rischi di “di avere una funzione interna non sufficientemente qualificata e scarsamente indipendente[20]rispetto ad un’unica funzione“esterna con maggiore esperienza, un costo inferiore e meno influenzabile[21]”.

Tuttavia l’Autorità di vigilanza ha respinto le richieste avanzate, precisando che la Funzione Unica interna alla struttura organizzativa dell’intermediario “rappresenta una considerevole semplificazione, che ha l’obiettivo di favorire il contenimento dei costi e incentivare un utilizzo efficiente delle risorse, in modo da consentire all’intermediario di dotarsi di una propria struttura di controllo snella e rispondente alle esigenze di un intermediario di ridotte dimensioni e complessità[22]”.

4. Riflessioni conclusive

In conclusione, a livello organizzativo, le Disposizioni, sebbene innovino rispetto alle precedenti impostazioni regolamentari mediante la previsione della funzione di controllo unica, non parrebbero individuare un modello univoco di riferimento, ma dettare principi e regole finalizzate al buon funzionamento dei controlli.

Gli intermediari sono chiamati a definire una struttura dei controlli efficace e coerente con le proprie specificità. Tale esercizio potrebbe comportare uno impegno organizzativo significativo, in quanto per alcuni intermediari minori, proprio in virtù della loro strutturazione, potrebbe prospettarsi l’assenza di risorse e competenze necessarie per lo svolgimento dei loro compiti.

Resta peraltro percorribile la via dell’esternalizzazione di parte delle funzioni di controllo a soggetti terzi, ampliando in tal modo un mercato la cui competitività sia improntata alla garanzia di livelli di servizio adatti all’importanza che dette funzioni rivestono nella complessiva organizzazione dell’intermediario.



[1] Per un’esaustiva disamina dell’iter legislativo che ha condotto all’attuale formulazione dell’art. 106 TUB e della relativa disciplina secondaria cfr.: Bramato R., “Il nuovo Art. 106 Tub: l’Intermediario Finanziario Vigilato”, in dirittobancario.it sez. Approfondimenti, febbraio 2013 e Conso A., Di Giorgio A., “La nuova disciplina degli intermediari finanziari non bancari. La riforma del Titolo V TUB”, in dirittobancario.it sez. Approfondimenti, giugno 2015.

[2] Banca d’Italia, Resoconto prima consultazione, pag. 17

[3] Banca d’Italia, Resoconto prima consultazione, pag. 22

[4] Cfr. Banca d’Italia, Documento per la consultazione, Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari Relazione Illustrativa, luglio 2014

[5] Banca d’Italia, Documento per la consultazione, Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari Relazione Illustrativa, luglio 2014, pag.3

[6] Banca d’Italia, Documento per la consultazione, Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari Relazione Illustrativa, luglio 2014, pag.3

[7] Banca d’Italia, Documento per la consultazione, Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari, Titolo III, Cap. 1, Sez. I, Premessa

[8] Banca d’Italia, Documento per la consultazione, Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari, Titolo III, Cap. 1, Sez. I, Premessa

[9] Banca d’Italia, d’Italia, Documento per la consultazione, Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari, Titolo III, Cap. 1, Sez. III, par. 2 Funzioni aziendali di controllo

[10] Banca d’Italia, Resoconto della seconda consultazione, pagg. 15,16

[11] Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari: Relazione sull’Analisi di impatto

[12] Banca d’Italia, Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari: Relazione sull’Analisi di impatto, p. 24

[13] Il Titolo IV, Capitolo 14, Sez. III, par. 2 della Circolare 288/2015 prevede una “Sottoclasse Intermediari minori.

I gruppi finanziari e gli intermediari finanziari appartenenti alla classe 3 con attivo uguale o inferiore a 250 milioni di euro, ad eccezione di quelli che:

  • sono capogruppo di un gruppo finanziario;
  • hanno effettuato operazioni di raccolta tramite strumenti finanziari diffusi tra il pubblico;
  • hanno originato operazioni di cartolarizzazione;
  • svolgono attività di concessione di finanziamenti, in via prevalente o rilevante, nella forma del rilascio di garanzie;
  • sono autorizzati anche alla prestazione di servizi di pagamento, all’emissione di moneta elettronica o alla prestazione di servizi di investimento;
  • utilizzano strumenti finanziari derivati per assumere posizioni speculative;
  • assumono il ruolo di servicer in operazioni di cartolarizzazione;
  • svolgono l’attività di erogazione di finanziamenti agevolati e/o di gestione di fondi pubblici.”

[14] Banca d’Italia, Circolare 288/20215, Titolo IV, Capitolo 14, Sez.III, par. 2.

[15] Banca d’Italia, Circolare 288/2015, Titolo III, Capitolo 1, Sez. III, par. 2.

[16] Banca d’Italia, Circolare 285/2013, Parte I, Titolo IV, Capitolo 3, Sezione 3: par. 1: “Se coerente con il principio di proporzionalità, le banche possono, a condizione che i controlli sulle diverse tipologie di rischio continuino ad essere efficaci:

  • affidare a un’unica struttura lo svolgimento della funzione di conformità alle norme e della funzione di controllo dei rischi;
  • affidare lo svolgimento delle funzioni aziendali di controllo all’esterno, secondo quanto previsto dalle disposizioni in materia di esternalizzazione previste nella Sezione IV e, per quanto riguarda l’esternalizzazione all’interno dei gruppi bancari, nella Sezione V.

Tenuto conto che le funzioni di conformità alle norme e di controllo dei rischi devono essere sottoposte a verifica periodica da parte della funzione di revisione interna (controllo di terzo livello), per assicurare l’imparzialità delle verifiche, le funzioni di conformità alle norme e di gestione dei rischi non possono essere affidate alla funzione di revisione interna”.

[17] Banca d’Italia, Circolare 285/2013, ,Parte I, Titolo IV, Capitolo 3, Sezione 3, par. 1

[18] Banca d’Italia, Resoconto della seconda consultazione, pag. 16

[19] Banca d’Italia, Resoconto della seconda consultazione, pag. 16

[20] Banca d’Italia, Resoconto della seconda consultazione, pag. 28

[21] Banca d’Italia, Resoconto della seconda consultazione, pag. 28

[22] Banca d’Italia, Resoconto della seconda consultazione, pag. 27

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