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Giurisprudenza

IVA: la natura finanziaria delle prestazioni di cauzioni esclude l’imposta

26 Luglio 2021

Aldo Innamorato, Tax Consultant, KPMG Tax&Legal

Cassazione Civile, Sez. V, 14 gennaio 2021, n. 527 – Pres. Cirillo, Rel. D’Orazio

“L’Iva fatta gravare sulla prestazione di cauzioni, rappresentata in conti d’ordine in quanto non costituente ricavo, costo, passività od attività, non è detraibile, in quanto trattasi di una operazione finanziaria esclusa dall’applicazione del tributo”

Questo il principio di diritto espresso dai giudici della Suprema Corte nella sentenza in commento.

La controversia de quo traeva origine dal parziale rigetto, da parte della CTP, del ricorso prospettato da una società contribuente avverso un avviso di accertamento emesso dalla Agenzia delle entrate nei suoi confronti, per l’anno 2004, per omessa dichiarazione di redditi, Iva non fatturata e indebitamente detratta, nonché per maggiore Irap non versata.

Il giudice di seconde cure rigettava l’appello della contribuente, rilevando, per quanto di interesse, che l’Iva detratta era relativa ad una fattura passiva avente ad oggetto una cauzione a favore dell’emittente, rappresentata in un “conto d’ordine”; trattandosi di una operazione finanziaria, doveva ritenersi esclusa l’applicazione del tributo, con conseguente indetraibilità dell’imposta.

Avverso tale sentenza la contribuente proponeva ricorso per cassazione, deducendo, in merito al recupero a tassazione dell’Iva, ex art. 360 c.p.c., n. 3), la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, nonché la violazione dell’ art. 350 n. 5), per omessa-insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, sostenendo che il giudice di appello, respingendo il gravame della società, si era limitato ad osservare, quanto alla indetraibilità dell’Iva, che trattandosi di conto d’ordine, doveva essere richiamata la natura finanziaria dell’operazione e, pertanto, questa doveva essere esclusa dal campo di applicazione del tributo.

Più nel dettaglio, nell’appello si era precisato che l’importo non detraibile traeva origine da una fattura passiva risalente al 2004 registrata dalla ricorrente, riportante la causale “fattura a titolo di cauzione ricevuta”.

L’anno successivo era stata emessa nota di credito ad annullamento dell’operazione per quanto atteneva alla parte imponibile, mentre l’imposta non era stata neutralizzata.

A dire della contribuente, avendo la medesima regolarmente registrato la fattura ricevuta dalla società emittente e avendo portato in detrazione l’Iva a credito relativa, nulla le poteva essere addebitato se la società emittente la fattura, in sede di redazione della successiva nota di credito, non aveva correttamente eseguito la rettifica della fattura mediante riaccredito dell’Iva pagata.

Pertanto, l’operazione così configuratasi, non avrebbe prodotto alcun danno all’Erario.

Diversa interpretazione è stata fornita dagli Ermellini, i quali, condividendo la tesi sostenuta dai giudici di prime e seconde cure, nonché dell’Amministrazione finanziaria, hanno statuito che l’Iva fatta gravare sulla prestazione di cauzioni, rappresentata in conti d’ordine, costituisce una operazione di matrice finanziaria per la quale non trova applicazione il tributo e, pertanto, la contribuente aveva indebitamente esercitato il diritto alla detrazione, riducendo l’IVA corrisposta all’Erario.

I giudici di legittimità hanno chiarito che la cauzione consiste nel versamento di un determinato importo a garanzia dell’adempimento contrattuale, sicché, in caso di inadempimento, la medesima funge da risarcimento del danno e pertanto non ha alcuna rilevanza ai fini reddituali fintanto che l’inadempienza non dispiega i suoi effetti.

Pertanto, l’operazione in questione non può essere assolutamente sussunta in una cessione di beni o in una prestazione di servizi assoggettabile ad Iva a tenore dell’art. 2 del D.P.R. n. 633 del 1972,né conseguentemente può trovare applicazione l’istituto della nota di credito di cui all’ art. 26 del medesimo testo unico.

Alla luce di quanto detto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale competente in diversa composizione.

 


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