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Giurisprudenza

Impugnazione di delibere assembleari: l’onere probatorio grava su chi intende far valere il vizio

4 Giugno 2018

Manfredi Sclopis – Trainee presso Linklaters LLP

Cassazione Civile, Sez. I, 19 febbraio 2018, n. 3946 – Pres. Ambrosio, Rel. Di Marzio

Di cosa si parla in questo articolo

La Suprema Corte ribadisce un principio ben noto alla giurisprudenza, attinente all’onere probatorio in materia di delibera assembleari, secondo cui “incombe su chi impugna la delibera l’onere di dimostrare i fatti che integrano il vizio denunciato”.

Il principio sopraenunciato rappresenta, invero, un’applicazione pratica della regola generale sancita dal disposto di cui all’art. 2697, primo comma, cod. civ., che impone a chi vuol fare un diritto provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, espressione del noto e antico brocardo “onus probandi incumbit ei qui dicit”.

Nel caso di specie, veniva impugnata una sentenza della Corte d’appello di Roma, che, ribaltando la decisione resa dal Tribunale di prime cure, aveva annullato la delibera assembleare di una società con la quale veniva disposto l’azzeramento del capitale sociale, il contestuale aumento dello stesso, nonché la sottoscrizione da parte di due soci della quota di rispettiva competenza mediante compensazione dei crediti vantati dai predetti soci per la spesa sostenuta in riferimento ai lavori di ristrutturazione dell’immobile destinato all’attività sociale.

L’appellante sosteneva che, sebbene vi fosse certezza della sussistenza dei crediti vantati dai soci, la situazione patrimoniale della società non fosse stata rappresentata in maniera veritiera, con la conseguenza che non vi sarebbe stata certezza circa l’entità dei crediti suddetti.

Sulla scorta del principio enunciato in premessa, la Corte di Cassazione ha “cassato” la sentenza di appello, accogliendo il ricorso promosso dalla società ricorrente, stante la mancata allegazione da parte dell’appellante delle prove richieste ai sensi dell’art. 2697, cod. civ.

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