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Imposta sulle transazioni finanziarie: i dubbi della Consob sulle iniziative europee e nazionali

26 Ottobre 2012
Di cosa si parla in questo articolo

Il Presidente della Consob, Giuseppe Vegas, è stato ascoltato ieri, 25 ottobre 2012, avanti la VI Commissione Finanze e Tesoro del Senato sul tema de "Il mercato finanziario e l’attività della Consob".

Nel corso dell’intervento il Presidente della Consob ha analizzato diversi temi, fra cui: il quadro congiunturale, i rischi finanziari e la vigilanza europea; gli obiettivi della vigilanza in Italia; la distribuzione di prodotti finanziari; l’informazione societaria, gli assetti proprietari e la governance; i mercati; le iniziative per il rilancio della Borsa; l’imposta sulle transazioni finanziarie.

Di particolare interesse quanto riferito proprio in relazione a tale ultimo aspetto, ovvero relativamente all’introduzione, in ambito europeo, di un sistema comune di tassazione delle transazioni finanziarie (Financial Transaction Tax o FTT), formalmente proposto dalla Commissione europea il 28 settembre 2011 e che ha visto la sua ultima tappa il 23 ottobre scorso, quando la stessa Commissione ha presentato una proposta formale di autorizzazione all’avvio della cooperazione rafforzata per gli stati membri richiedenti.

Secondo la Consob, la proposta della Commissione europea presenta taluni profili di criticità.

Quanto agli obiettivi, l’applicazione dell’imposta alle operazioni in derivati, oltre a disincentivare l’assunzione di rischi troppo elevati, renderebbe più costoso anche il controllo del rischio, che nei mercati finanziari si realizza principalmente attraverso l’utilizzo dei derivati di copertura.

Quanto agli effetti, la misura potrebbe ridurre l’efficienza informativa e la liquidità dei mercati, a causa di una possibile riduzione degli scambi, aumentare il costo del capitale per le imprese e determinare una riduzione dei prezzi. La FTT può inoltre incentivare la delocalizzazione dell’attività di intermediazione mobiliare in aree geografiche in cui l’imposta non è presente, con una conseguente riduzione del gettito potenziale.

Vegas ha inoltre ricordato come, anticipando la realizzazione del quadro normativo europeo, alcuni Stati membri hanno introdotto nella propria legislazione forme di tassazione delle transazioni finanziarie.

In tal senso in Italia è stata inserita, nel d.d.l. della legge di stabilità approvato il 9 ottobre scorso dal Consiglio dei Ministri, un’imposta di bollo sulle compravendite di azioni di emittenti italiani e sulle operazioni in strumenti finanziari derivati con un aliquota unica pari allo 0,05 per cento da applicarsi, rispettivamente, sul controvalore dell’operazione e sul valore nozionale di riferimento.

Come ricorda Vegas, l’imposta italiana si discosta dal disegno della Commissione europea del settembre 2011 sostanzialmente per la mancata differenziazione delle aliquote in funzione della tipologia di strumento finanziario negoziato determinando, secondo la Consob, una forte penalizzazione per l’operatività in strumenti derivati.

Rispetto alla suddetta proposta, inoltre, vi è un esplicito riferimento alla nazionalità dell’emittente, mentre manca il riferimento al principio di residenza in Italia dell’intermediario quale ulteriore elemento di definizione dell’ambito di applicazione dell’imposta.

Secondo Vegas, rimanendo ferma la possibilità per i non residenti di effettuare all’estero transazioni su azioni italiane senza essere tenuti al pagamento dell’imposta, permangono rischi di elusione, attraverso la delocalizzazione di importanti comparti dell’industria finanziaria nazionale.

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