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I nuovi fondi di investimento europei a lungo termine (ELTIF)

9 Giugno 2015

Avv. Silvio Cavallo, Paul Hastings (Europe), LLP

Di cosa si parla in questo articolo

Introduzione

Il fondo di investimento europeo a lungo termine (“ELTIF”) è un nuovo tipo di organismo di investimento collettivo del risparmio introdotto con regolamento UE n. 2015/760 (il “Regolamento”)[1] per facilitare gli investimenti da parte di investitori istituzionali e retail in progetti che richiedono l’impiego a lungo termine di capitale.

In particolare, potranno essere autorizzati alla commercializzazione come ELTIF ai sensi del Regolamento i fondi di investimento alternativi ai sensi della direttiva AIFM[2], gestiti da un gestore europeo di fondi alternativi autorizzato secondo la direttiva medesima.

L’introduzione degli ELTIF si inserisce nel contesto degli sforzi volti ad incoraggiare il ricorso a forme alternative di credito – specialmente in relazione alle asset class che, a causa della natura illiquida o dell’orizzonte di investimento, sono più vulnerabili a contrazioni del credito bancario – e, più in generale, realizzare un mercato unico dei capitali in Europa[3].

Obiettivo del Regolamento è “stimolare gli investimenti a lungo termine nell’economia reale”[4], attraverso un veicolo dedicato alla raccolta e all’impiego di capitali per finanziare piccole e medie imprese e attività materiali ed immateriali, quali progetti infrastrutturali o di ingegneria industriale che promuovano l’innovazione e la competitività.

Una disciplina armonizzata del mercato dei fondi di investimento in imprese non quotate ed attività reali si rende necessaria, secondo il legislatore europeo, a causa della frammentazione della regolamentazione nazionale, che ostacola la commercializzazione transfrontaliera dei prodotti e determina livelli divergenti di tutela degli investitori, limitandone l’assunzione di esposizioni verso asset a lungo termine[5]. L’obiettivo di un profilo di prodotto coerente, stabile ed uniforme spiega, inoltre, la scelta, con finalità anti-goldplating, dello strumento utilizzato: il regolamento.

La platea di investitori ai quali l’ELTIF si rivolge è molto ampia: accanto agli investitori istituzionali con maggiore propensione al rischio di illiquidità e alla ricerca di rendimenti stabili o di prospettive di significativo apprezzamento del capitale nel lungo periodo, il fundraising è aperto anche al mercato retail.

Il Regolamento è stato pubblicato in data 19 maggio 2015 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea e si applicherà a partire dal 9 dicembre 2015.

Il presente documento contiene un riassunto delle principali caratteristiche degli ELTIF ed una breve ricognizione delle potenzialità di sviluppo del prodotto alla luce dei primi giudizi espressi dall’industria del risparmio gestito.

Autorizzazione

Gli ELTIF sono soggetti a un duplice livello di regolamentazione: all’autorizzazione all’istituzione e alla gestione del fondo ai sensi del Regolamento si accompagna, infatti, la disciplina della direttiva AIFM in relazione al gestore.

La domanda di autorizzazione come ELTIF può essere presentata esclusivamente da un fondo di investimento alternativo europeo[6]; non è prescritta una forma giuridica specifica: il fondo, tuttavia, dovrà essere costituito in forma chiusa.

Quanto al gestore, l’autorizzazione alla gestione di un ELTIF potrà essere richiesta soltanto da un gestore europeo di fondi alternativi autorizzato ai sensi della direttiva AIFM[7]. Lo strumento, dunque, non sarà disponibile per i gestori sotto le soglie di rilevanza, esenti dalla disciplina AIFMD[8].

Competente al rilascio di entrambe le autorizzazione (i.e., ai fini dell’istituzione e della gestione del fondo) è l’autorità nazionale competente in materia di vigilanza sui fondi di investimento alternativi[9]. Quanto ai tempi per l’autorizzazione, il Regolamento prevede che il processo sia completato entro due mesi dalla data della domanda.

Un ELTIF può essere istituito nella forma di un fondo multi-comparto (umbrella fund): in tal caso, ciascun comparto del fondo è considerato alla stregua di un ELTIF separato.

Politiche di Investimento

Il capitale di un ELTIF può essere investito esclusivamente in due categorie di attività: (a) investimenti ammissibili, e (b) le asset class rientranti tra gli eligible investment ai sensi della direttiva UCITS[10].

Nella classe degli investimenti ammissibili, in cui deve essere investito almeno il 70% del patrimonio dell’ELTIF rientrano:

(a) strumenti rappresentativi di equity (i.e., strumenti di partecipazione al capitale) o quasi-equity (i.e., strumenti il cui rendimento è legato alle performance economiche della portfolio company e il cui rimborso, in caso di default, non è pienamente garantito) emessi da un’impresa di portafoglio ammissibile;

(b) strumenti di debito emessi da un’impresa di portafoglio ammissibile;

(c) prestiti erogati dall’ELTIF ad un’impresa di portafoglio ammissibile, con una scadenza non superiore al ciclo di vita dell’ELTIF;

(d) azioni o quote di altri ELTIF ovvero di fondi europei per il venture capital (“EuVECA”) o fondi europei per l’imprenditoria sociale[11] (“EuSEF”) che non abbiano investito più del 10% del proprio capitale in ELTIF; e

(e) partecipazioni dirette o indirette in singole attività reali per un valore di almeno Euro 10 milioni.

La nozione di impresa di portafoglio ammissibile ai fini del regolamento indica una portfolio company, diversa da un organismo di investimento collettivo che soddisfi i seguenti requisiti:

(a) non sia un’impresa finanziaria[12];

(b) non sia ammessa alla negoziazione su un mercato regolamentato o sistema multilaterale di negoziazione ovvero, ove ammessa, abbia una capitalizzazione di mercato inferiore ad Euro 500 milioni; e

(c) sia stabilita in un paese membro dell’Unione Europea ovvero in un paese terzo non classificato come paese ad alto rischio e non collaborativo e che abbia firmato accordi di cooperazione a fini fiscali con lo stato di origine del gestore e tutti gli altri stati in cui si intende commercializzare l’ELTIF.

La definizione di attività reali include le attività che hanno un valore, data la loro natura e caratteristiche, e sono suscettibili di generare flussi di cassa nonché altre attività che danno luogo ad un beneficio economico e sociale[13]. Anche nel caso delle attività reali, non sembra vi siano limitazioni geografiche alla localizzazione degli investimenti[14].

Per prevenire potenziali conflitti di interesse, l’ELTIF non può investire in investimenti ammissibili nei quali il gestore ha un interesse diretto o indiretto, con modalità diverse dalla detenzione di azione o quote degli ELTIF, EuVECA o EuSEF gestiti.

Disciplina Prudenziale

La disciplina prudenziale dettata dal Regolamento prevede divieti di intraprendere talune attività, requisiti di diversificazione del portafoglio e limiti all’impiego della leva finanziaria.

Quanto alle attività vietate, all’ELTIF sono precluse le attività di

(a) short selling;

(b) assunzione di esposizioni dirette o indirette verso merci (commodity);

(c) concessione o assunzione di titoli in prestito, repurchase agreement e altre operazioni con effetto economico equivalente e rischi simili con incidenza superiore al 10% sulle attività dell’ELTIF; e

(d) utilizzo di strumenti derivati se non a meri fini di hedging[15] dei rischi degli investimenti.

In materia di diversificazione del portafoglio, il Regolamento prescrive che il patrimonio dell’ELTIF non sia investito in percentuale maggiore del (a) 10% in strumenti (di equity, quasi-equity e di debito) emessi da una singola impresa di portafoglio ammissibile ovvero in finanziamenti erogati alla medesima, (b) 10% in singole attività reali, (c) 10% in quote o azioni di un singolo ELTIF, EuVECA o EuSEF, e (c) 5% in eligible asset ai fini della direttiva UCITS emessi da un unico organismo[16]. In aggiunta a quanto precede, la capacità dell’ELTIF di operare quale fondo di fondi, investendo in quote o azioni di ELTIF, EuVECA o EuSEF, è limitata ad una percentuale non superiore al 20% del valore del capitale del fondo.

Il ricorso alla leva finanziaria, che deve essere espressamente indicato nel prospetto del fondo, è condizionato al rispetto di taluni requisiti prudenziali – anche con finalità di prevenzione dell’utilizzo del fondo come strumento di shadow banking[17]. In particolare, un ELTIF potrà ricorrere al leverage soltanto ove il prestito contratto:

(a) non superi il 30% del valore del capitale del fondo;

(b) sia finalizzato a finanziare l’investimento in attività di investimento ammissibili, ad eccezione di un prestito ad un’impresa di portafoglio ammissibile e soltanto a condizione che le attività di cassa o altra liquidità disponibile non siano sufficienti a finanziare l’investimento;

(c) sia contratto nella stessa valuta delle attività da acquisire;

(d) abbia una data di rimborso non superiore al ciclo di vita del fondo; e

(e) abbia quale collateral attività che rappresentino non più del 30% del valore del capitale del fondo.

Rimborsi; Negoziazione sul Mercato Secondario; Distribuzioni

La durata dell’ELTIF è fissa e deve indicarsi chiaramente nel regolamento o nei documenti costitutivi del fondo; può tuttavia prevedersi che il gestore abbia la facoltà di prorogare il termine di durata del fondo.

Il ciclo di vita dell’ELTIF deve essere individuato in coerenza con la natura a lungo termine del fondo e l’obiettivo di investimento ed essere tale da coprire il ciclo di vita delle attività del fondo[18].

In linea generale, in ragione della natura chiusa dell’ELTIF, gli investitori non possono ottenere il rimborso delle proprie quote o azioni prima della fine del ciclo di vita del fondo. Il Regolamento, tuttavia – con il chiaro intento di evitare che la prospettiva di un lungo lock-in del capitale investito scoraggi talune categorie di investitori, anzitutto quelli retail[19] – permette di procedere ad early redemption delle azioni o quote dell’ELTIF, a condizione che vengano soddisfatti taluni requisiti volti ad assicurare la gestione efficiente della liquidità, la parità di trattamento tra investitori e piena disclosure della politica di rimborso anticipato.

In linea generale, i rimborsi agli investitori devono farsi in danaro; è tuttavia fatta salva la possibilità, soggetta ad espressa richiesta dell’investitore ed al rispetto di talune condizioni, di un rimborso in natura, attraverso le attività del fondo.

Sempre nell’ottica di accrescere il profilo di liquidità del prodotto, offrendo canali alternativi di exit dall’investimento,le azioni o quote dell’ELTIF possono essere ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione e scambiate liberamente sul mercato secondario[20].

Il regolamento dell’ELTIF può prevedere l’emissione di nuove azioni o quote, a condizione che il prezzo di sottoscrizione non sia inferiore al net asset value del fondo ove agli investitori attuali non sia stato concesso un diritto di prelazione.

Obblighi di trasparenza

Ai sensi del Regolamento, la commercializzazione dell’ELTIF deve essere preceduta dalla pubblicazione di un prospetto che indichi “tutte le informazioni necessarie per consentire agli investitori di effettuare una valutazione informata sull’investimento loro proposto e, in particolare, sui relativi rischi”[21].

In particolare, il prospetto, al quale dovrà essere allegato il regolamento o gli atti costitutivi dell’ELTIF, dovrà contenere, tra le altre cose, (a) tutte le informazioni che devono essere comunicate dagli organismi di investimento collettivo di tipo chiuso secondo la Prospectus directive e Prospectus regulation[22], nonché le informazioni sui fondi alternativi da comunicarsi secondo la direttiva AIFM, (b) un’indicazione chiara delle asset class e delle giurisdizioni nelle quali l’ELTIF può investire, (c) un chiaro avvertimento circa la natura illiquida del fondo, e (d) l’indicazione dei risk factor associati all’investimento nel fondo.

Il prospetto, inoltre, dovrà includere una chiara e visibile cost disclosure, con indicazione del rapporto generale tra costi e capitale dell’ELTIF.

Nel caso in cui l’ELTIF sia destinato alla commercializzazione ad investitori retail, al prospetto dovrà accompagnarsi un documento contenente le informazioni chiave (key information document) secondo quanto previsto per i packaged retail and insurance-based investment product[23].

Investitori retail

Le azioni o quote di un ELTIF possono essere commercializzate ad investitori retail in regime di passaporto paneuropeo. Ai sensi del Regolamento, sono investitori retail (“investitori al dettaglio”) gli investitori diversi dai clienti professionali e dai clienti professionali surichiesta secondo la direttiva MiFID[24].

La commercializzazione dell’ELTIF al mercato retail, tuttavia, è soggetta a taluni presidi e garanzie con funzione di tutela degli investitori al dettaglio e per evitare che questi risultino “svantaggiati rispetto agli investitori professionali”[25].

Il Regolamento prevede, anzitutto, un meccanismo di valutazione preventiva riguardo l’idoneità dell’ELTIF alla commercializzazione al mercato retail, a cura del gestore del fondo.

Ai fini della distribuzione ad investitori al dettaglio delle azioni o quote dell’ELTIF, è inoltre necessario che il gestore predisponga (a) in ciascun paese rilevante[26], strumenti per le sottoscrizioni, i pagamenti, il riacquisto o il rimborso delle azioni o quote del fondo e per la disclosure di informazioni, e (b) procedure e meccanismi appropriati per la gestione dei reclami degli investitori.

Disposizioni specifiche si applicano anche con riferimento al depositario di un ELTIF commercializzato presso investitori al dettaglio. Il depositario, infatti, tra le altre cose, (a) deve essere un “istituto soggetto a regolamentazione prudenziale e vigilanza continua” secondo la direttiva UCITS[27], (b) non è autorizzato all’esonero di responsabilità nel caso di perdita di strumenti finanziari tenuti in custodia da terzi, e (c) non può riutilizzare, salvo ove ricorrano condizioni specifiche e per conto e a vantaggio dell’ELTIF, gli attivi tenuti in custodia.

In tutti i casi, le azioni o quote dell’ELTIF possono essere commercializzate a condizione che gli investitori al dettaglio ricevano una consulenza adeguata in materia di investimenti dal gestore del fondo ovvero dal distributore.

L’offerta o il collocamento diretto del prodotto presso gli investitori retail da parte del gestore è subordinata alla duplice condizione che il gestore (a) sia autorizzato a svolgere le attività di gestione di portafogli di investimento e consulenza in materia di investimenti ai sensi della direttiva AIFM, e (b) abbia svolto uno specifico test di idoneità, disciplinato dal Regolamento,che consiste nel determinare, in base alle informazioni raccolte circa le conoscenze, l’esperienza, la situazione finanziaria e gli obiettivi di investimento dell’investitore, che l’ELTIF è adatto a tale specifico investitore.

Con riferimento agli investitori retail il cui portafoglio non superi Euro 500,000, si prevede, in aggiunta a quanto precede, un entry ticket pari ad almeno Euro diecimila e che, in ogni caso, l’ammontare investito nell’ELTIF non superi il 10% del portafoglio di strumenti finanziari dell’investitore.

Reazioni dell’Industria del Risparmio Gestito

Il giudizio preliminare dell’industria europea del risparmio gestito sull’ELTIF, in attesa della disciplina di secondo livello e delle determinazioni su base nazionale riguardo il trattamento fiscale del prodotto, è generalmente positivo[28], specialmente in ragione delle potenzialità dell’ELTIF quale strumento per ampliare la disponibilità di attività illiquide ad una platea più ampia dei grandi investitori istituzionali[29].

In particolare, hanno espresso apprezzamento le associazioni rappresentative dell’industria dei fondi pensione e delle società di assicurazione[30] che rappresentano, perlomeno nelle intenzione della Commissione europea, il target market degli ELTIF.

Non sono mancati, tuttavia, accenni critici a talune previsioni del Regolamento, percepite come eccessivamente onerose e potenzialmente disincentivanti l’utilizzo dello strumento; in particolare (a) l’introduzione di una sostanziale barriera all’ingresso nel mercato, rappresentata dall’esigenza di una full-scope authorisation ai sensi della direttiva AIFM, (b) le restrizioni in materia di politiche di investimento e, in particolare, riguardo gli eligible asset, e (c) la mancata previsione di una categoria di investitori “semi-professionali” a metà strada tra i clienti professionali ed il mercato retail, sulla scorta di quanto previsto per EuVECA ed EuSEF[31].

In proposito, l’associazione europea del private equity e del venture capital (EVCA)ha evidenziato – citando l’esperienza del loan-originating qualifying investor alternative investment fund di diritto irlandese – che i modelli regolamentari che prevedono requisiti più onerosi di quelli previsti dalla direttiva AIFM raramente suscitano l’interesse di gestori ed investitori[32].

Con particolare riguardo ad uno dei tratti più significativi della disciplina ELTIF – l’espressa previsione che il fondo agisca in modalità di loan-origination – numerosi stakeholder, tra i quali taluni regulator, lamentano la mancanza di un level-playing field a livello europeo, che rischia di compromettere l’utilizzo dell’ELTIF come veicolo di investimento cross-border[33].


[1] Regolamento (UE) 2015/760 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015 relativo ai fondi europei a lungo termine.

[2] Direttiva 2011/61/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011 sui gestori di fondi di investimento alternativi, che modifica le direttive 2003/41/CE e 2009/65/CE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 1095/2010.

[3] La centralità di adeguati processi di finanziamento a lungo termine “per sostenere le riforme economiche strutturali e tornare a una duratura tendenza alla crescita economica” è sottolineata nel libro verde Il finanziamento a lungo termine dell’economia europea del 25 marzo 2013. In continuità con quanto precede si colloca il progetto – illustrato nel libro verde Costruire un’Unione dei mercati dei capitali (disponibile all’indirizzo: http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:52015DC0063) – di capital market union, finalizzato, tra l’altro, a “permettere all’Unione europea di avanzare verso una situazione in cui, ad esempio, le PMI possono ottenere finanziamenti con la stessa facilità delle grandi imprese; i costi di investimento e di accesso ai prodotti di investimento convergono in tutta l’UE; diventa sempre più facile ottenere finanziamenti attraverso i mercati dei capitali ed è possibile chiedere finanziamenti in un altro Stato membro senza scontrarsi con inutili barriere giuridiche o di vigilanza”.

[4] Considerando n. 4 del Regolamento.

[5] La Commissione Europea, nella relazione di accompagnamento alla proposta di regolamento relativo agli ELTIF, del 26 giugno 2013, ricorda, infatti, che “[g]li impegni di capitale su vasta scala e a lungo termine necessari per gestire efficacemente masse di investimenti in attività a lungo termine sono stati finora ostacolati dalla frammentazione della regolamentazione tra gli Stati membri”.

[6] Cioè, secondo la definizione contenuta all’articolo 4, paragrafo 1, lettera k) della direttiva AIFM, un fondo alternativo “autorizzato o registrato in uno Stato membro secondo la normativa nazionale applicabile” ovvero “che non sia autorizzato o registrato in uno Stato membro, ma abbia la sede legale e/o la sede amministrativa principale in uno Stato membro”.

[7] Si tratta, secondo la definizione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera l) della direttiva AIFM, di un gestore di fondi alternativi “che abbia la sede legale in uno Stato membro”.

[8] Si tratta, in particolare, di gestori con asset under management non superiori alle soglie indicate all’articolo 3, paragrafo 2 della direttiva AIFM e che non siano avvalsi della facoltà di assoggettarsi volontariamente al regime previsto per i gestori che superano le soglie in questione (opt-in).

[9] Il Regolamento prevede meccanismi di consultazione e scambio di informazioni tra autorità nel caso in cui il paese in cui è istituito l’ELTIF sia diverso dal paese in cui il gestore ha la propria sede legale.

[10] Si fa riferimento, in particolare, ai beni indicati all’articolo 50 della direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM).

[11] Tali fondi sono disciplinati, rispettivamente, dal regolamento UE n. 345/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2013 relativo ai fondi europei per il venture capital e dal regolamento UE n. 346/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2013 relativo ai fondi europei per l’imprenditoria sociale.

[12] Secondo il Regolamento sono imprese finanziarie gli enti creditizi, le imprese di investimento, le imprese di assicurazione, le società di partecipazione finanziaria, le società di partecipazione mista, le società di gestione di OICVM e i gestori di fondi di investimento alternativi. Una deroga espressa è prevista per le imprese finanziarie che finanziano unicamente imprese di portafoglio ammissibili oppure attività reali.

[13] In particolare, ai sensi dell’articolo 2, numero 6) del Regolamento, sono attività reali le “attività che hanno un valore, date la loro natura e le loro caratteristiche, e che possono offrire rendimenti, comprese le infrastrutture e altre attività che danno luogo a un beneficio economico o sociale, come l’istruzione, la consulenza, la ricerca e lo sviluppo, e compresi gli immobili commerciali o residenziali, solo se sono elementi integranti o accessori di un progetto d’investimento a lungo termine che contribuisce al raggiungimento dell’obiettivo perseguito dall’Unione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”.

[14] Il considerando n. 4, infatti, recita: “gli investimenti a lungo termine in progetti […]e infrastrutture di paesi terzi […] non dovrebbero […] essere vietati”.

[15] Sarà compito della European Securities and Markets Authority (ESMA), previa consultazione pubblica, dettare la normativa tecnica di secondo livello per stabilire quando l’uso di derivati possa considerarsi a meri fini di hedging.

[16] Il Regolamento consente consentita una deroga a taluni dei requisiti di diversificazione sopra descritti.

[17] Circa le preoccupazioni riguardo la prevenzione di rischi shadow di natura sistemica, in un intervento dal titolo Lo shadow banking e la regolamentazione italiana, tenuto all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano lo scorso 5 marzo 2015, Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia ha di recente evidenziato che “si è insistito a livello comunitario affinché gli ELTIF siano esclusivamente fondi chiusi, per evitare rischi di liquidità e di trasformazione delle scadenze; sono stati posti stringenti limiti alla leva”.

[18] In particolare, sulla base di una valutazione da compiersi secondo le norme tecniche di regolamentazione che verranno elaborata dall’ESMA.

[19] In proposito, il considerando n. 36 evidenzia “[p]er incoraggiare gli investitori, in particolare gli investitori al dettaglio, che potrebbero non essere intenzionati a impegnare il loro capitale per un lungo periodo di tempo, un ELTIF dovrebbe poter offrire ai prorpri investitori, a talune condizioni, diritti di rimborso anticipato”.

[20] Considerazione valorizzata dal Regolamento, il cui considerando n. 34 recita “nulla dovrebbe ostare a che un ELTIF chieda l’ammissione delle sue quote o azioni a un mercato regolamentato o a un sistema multilaterale di negoziazione, offrendo così agli investitori un’opportunità di vendere le proprie quote o azioni prima della fine del ciclo di vita dell’ELTIF”. Sempre al considerando n. 34, inoltre, è espressamente sottolineato che “[l]’obiettivo è quello di promuovere i mercati secondari come importante piattaforma di negoziazione per gli investitori al dettaglio per l’acquisto e la vendita di quote e azioni dell’ELTIF”.

[21] Articolo 23, comma 2, del Regolamento.

[22] Rispettivamente, direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 4 novembre 2003 relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE e regolamento (CE) n. 809/20014 della Commissione del 29 aprile 2004 recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda le informazioni contenute nei prospetti, il modello dei prospetti, l’inclusione delle informazioni mediante riferimento, la pubblicazione dei prospetti e la diffusione di messaggi pubblicitari.

[23] In particolare, ai sensi del regolamento (UE) n. 1286/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 novembre 2014 relativo ai documenti contenenti le informazioni chiave per i prodotti d’investimento al dettaglio e assicurativi preassemblati.

[24] Direttiva 2014/65/UE del parlamento europeo e del Consiglio del 15 maggio 2014 relativa ai mercati degli strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2002/92/CE e la direttiva 2011/61/UE.

[25] Considerando n. 43 del Regolamento.

[26] I.e., in ciascuno Stato membro in cui si intende commercializzare le azioni o quote dell’ELTIF.

[27] Articolo 23, comma 2, della direttiva UCITS.

[28] In particolare, la European Fund and Asset Management Association (EFAMA), nel documento in risposta alla consultazione pubblica della Commissione Europea riguardo la capital markets union (disponibile all’indirizzo: http://www.efama.org/Publications/Public/EFAMA%20response%20to%20CMU%20Green%20Paper.pdf) nota: “European asset managers supported and welcomed this regulatory initiative. The ELTIFs Regulation is a concrete step forward and has the potential to unlock important capital and to encourage a shift towards investments in long-term projects”. 
Apprezzamento per l’ELTIF è stato espresso anche dalla International Capital Markets Association (ICMA), che, sempre in risposta al libro verde della Commissione europea (documento disponibile qui: http://www.icmagroup.org/resources/capital-markets-union/), commenta: “ELTIFs can play an important role in capital market funding in the EU”.

[29] In proposito, Patrik Karlsson, director of market practice and regulatory policy dell’ICMA descrive l’ELTIF come “a very interesting way of broadening the availability of illiquid assets beyond the core of large institutional investors”; il commento è riportato in un articolo pubblicato il 14 dicembre 2014 sul Financial Times, a firma di Steve Johnson e dal titolo Eltifs: grand goals for a humble fund structure.

[30] In particolare, nel documento di risposta alla consultazione sulla unione dei mercati di capitali (http://www.pensionseurope.eu/system/files/2015-05-13%20-%20PensionsEurope%20position%20on%20Capital%20Markets%20Union.pdf), PensionsEurope scrive “[p]ooled investment vehicles such as ELTIF could be attractive for [pension funds], especially for smaller and medium-sized ones, [which] may particularly benefit from economies of scale and access to asset-specific knowledge and expertise. Pooled investment vehicles are important for smaller [pension funds]so that they can invest in long-term projects without jeopardizing the diversification of their asset allocation”; Insurance Europe commenta nel proprio contributo alla consultazione (http://www.insuranceeurope.eu/uploads/Modules/Publications/insuranceeuroperesponse_europeancommissiongreenpaper_capitalmarketsunion.pdf) “ELTIFs can prove to be interesting when it comes to providing access to a diversified pool of assets, including real estate and infrastructure”.

[31] In propositosi veda il documento di risposta dell’EVCA alla consultazione sulla capital markets union, disponibile all’indirizzo: http://www.evca.eu/media/388552/EVCA-PAE-Response-to-Capital-Markets-Union-Green-Paper.pdf. In proposito, la Federazione Italiana Banche, Assicurazioni e Finanza (FeBAF), nel proprio contributo alla consultazione pubblica, disponibile all’indirizzo: http://www.febaf.it/wp-content/uploads/2011/09/FeBAF-Risposta-alla-Consultazione-CMU1.pdf sottolinea che “le barriere all’ingresso per i gestori di fondi che intendono accedere al regime ELTIF, ovvero l’autorizzazione ai sensi della direttiva AIFM e la definizione stringente di “investimenti ammissibili”, risultano essere limitanti”.

[32] Si fa riferimento al documento indicato alla precedente nota n. 30.

[33] In proposito, la FeBAF, nel documento indicato alla precedente nota n. 30 si domanda “se siano conformi o meno agli ordinamenti nazionali gli strumenti di loans origination attribuiti ai fondi in questione (essendo tale attività di norma riservata agli enti creditizi)”. In un documento dal titolo The European Capital Markets Union: an investor perspective, disponibile all’indirizzo http://www.blackrock.com/corporate/en-gb/literature/whitepaper/viewpoint-cmu-investor-perspective-february-2015.pdf, Blackrock, la principale società di asset management del mondo, auspica una “[r]emoval of national barriers which discriminate against capital markets investors in favour of bank based investors, such as withholding tax on loans or preference given to banks during insolvency proceedings through a 29th regime ‘asset passport’”, considerata “key to the success of the ELTIF as an effective cross-border investment vehicle” . Tra quanti auspicano la definizione di regole armonizzate in material di loan origination vi è la Bank of England che, nel proprio contributo alla consultazione sulla capital markets union (disponibile all’indirizzo: http://www.bankofengland.co.uk/financialstability/Documents/cmu/greenpaperesponse.pdf) sottolinea: “ELTIFs may be prevented from realising pan-European investment opportunities by national requirements, concerning national banking predominance, insolvency laws or tax regimes. For example, an ELTIF engaging in loan activity in one EU Member State may not be able to originate loans or act as the lender of record in another EU Member State where such activities are restricted to institutions with banking licences. Some national insolvency proceedings may also involve preferential treatment for bank creditors. In addition, funds may be at an informational disadvantage to banks due to restrictions on access to the comprehensive data needed to make informed risk-based decisions on loan investments”.

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