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Approfondimenti

Gli effetti della trasformazione dei Confidi in intermediari vigilati: prime evidenze empiriche

23 Novembre 2015

Stefano Dell’Atti e Stefania Sylos Labini

Di cosa si parla in questo articolo

1. Introduzione*

In anni recenti si è assistito a numerose trasformazioni che hanno generato radicali modifiche nell’attività svolta dai confidi. A partire dalla Legge Quadro del 2003 (D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326), si è prefigurata per i Confidi una classificazione in due tipologie principali. La Legge Quadro prevedeva infatti la distinzione tra Confidi iscritti nell’elenco generale di cui all’art. 106 del Testo Unico Bancario (“Confidi 106”) e Confidi iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 del T.U.B. (“Confidi 107”). La Legge Quadro contemplava poi un terzo modello organizzativo, quello della banca di garanzia, che però non ha trovato riscontro nella realtà. Con il D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 sono state introdotte alcune novità che tuttavia mantengono la doppia configurazione. I confidi possono infatti assumere la veste di Confidi ‘maggiori’ o ‘vigilati’ (che grossomodo corrispondono nella vecchia denominazione ai “Confidi 107”) o invece di Confidi ‘minori’ o ‘non vigilati’ (che grossomodo corrispondono con i “Confidi 106”)[1]. Il D. Lgs. 141 prevede l’istituzione di un Albo unico (nuovo art. 106 del T.U.B.) cui sono tenuti ad iscriversi i soggetti che vogliano esercitare nei confronti del pubblico l’attività di concessione dei finanziamenti; a detto Albo sono tenuti ad iscriversi i Confidi maggiori, previa verifica della sussistenza dei requisiti definiti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Banca d’Italia. L’iscrizione a detto Albo è subordinata ad autorizzazione da parte della Banca d’Italia. I Confidi che non rispettano tali requisiti, identificati come confidi ‘minori’, sono invece tenuti ad iscriversi ad un apposito elenco (ex art. 112 del T.U.B.) e assoggettati alla vigilanza di un Organismo dotato di autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria, diverso dalla Banca d’Italia, ma che esercita poteri ispettivi, sanzionatori e di intervento, compreso anche quello di cancellazione dall’elenco.

Con il Decreto n. 53 del 2 aprile 2015 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’8 maggio 2015 ed entrato in vigore il 23 maggio 2015) si è data attuazione a varie norme contenute nel DL 141/2010. In particolare, all’art. 4 è previsto che la soglia minima per l’iscrizione dei Confidi al nuovo albo degli intermediari finanziari sottoposti a vigilanza piena della Banca d’Italia, sia pari o superiore a centocinquanta milioni di euro.

Per il completamento dell’iter attuativo si è in attesa del decreto riguardante l’Organismo gestore dell’elenco Confidi minori[2].

D’ora in avanti, nel presente lavoro, si farà riferimento a “Confidi vigilati” e “Confidi non vigilati”.

Le prime iscrizioni dei Confidi nell’elenco speciale risalgono al 2009. Sono quindi passati alcuni anni dall’avvenuta trasformazione e ciò rende possibile valutarne gli effetti.

Scopo della presente indagine consiste, quindi, nell’esaminare un campione di Confidi che ha effettuato la trasformazione da ‘non vigilato’ a ‘vigilato’, per poterne apprezzare benefici e svantaggi. A tal fine, nel paragrafo successivo, vengono richiamate le principali caratteristiche dei confidi vigilati e i relativi riferimenti normativi. Il paragrafo 3, attraverso l’esame della letteratura di riferimento, descrive quali potrebbero essere gli effetti derivanti dalla trasformazione. Vengono poi descritti il campione e la metodologia adottata (paragrafo 4) e i risultati dell’analisi (paragrafo 5). Nel paragrafo 6 vengono elaborate alcune considerazioni conclusive e delineate future prospettive d’indagine.

2. Caratteristiche dei Confidi vigilati

I Confidi vigilati presentano talune peculiarità che li caratterizzano rispetto ai Confidi non vigilati e che discendono dalle fonti normative. Il primo elemento caratterizzante è rappresentato dal volume di attività finanziaria che deve essere almeno pari a 150 milioni di euro. A tal proposito occorre precisare che, attualmente, si è in una fase di transizione in quanto tale previsione è contenuta nel decreto attuativo n. 53 del 2 aprile 2015, entrato in vigore a partire dal 23 maggio 2015. La soglia minima prevista in precedenza era inferiore, più precisamente pari a 75 milioni di euro. Lo stesso decreto n. 53, pertanto, consente ai confidi che alla data di entrata in vigore risultino iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 del Tub, e che abbiano un volume di attività finanziaria pari o superiore a 75 milioni di euro, di presentare istanza di autorizzazione per l’iscrizione nell’albo (nuovo albo unico ex art. 106 Tub) anche ove non raggiungano la soglia dei 150 milioni di euro. Ciò a condizione che pervengano alla soglia dei 150 milioni nel termine di cinque anni dall’iscrizione all’albo, dimostrabile attraverso la presentazione di un piano industriale quinquennale che punti a raggiungere la soglia indicata. In tale contesto, pertanto, i Confidi che si trovano con un volume di attività compreso tra i 75 e i 150 milioni di euro, si auspica che possano attuare processi di crescita attraverso aggregazioni con altre realtà. Un processo inverso di rallentamento volto ad evitare l’assoggettamento ad un regime di vigilanza prudenziale renderebbe il sistema più fragile e non contribuirebbe ad un efficiente processo allocativo e ad una funzione sociale[3].

La seconda caratteristica dei confidi vigilati concerne le tipologie di attività che possono svolgere. In base all’art. 112 del Tub i confidi iscritti nell’albo esercitano in via prevalente l’attività di garanzia collettiva dei fidi ma possono svolgere, prevalentemente nei confronti delle imprese consorziate o socie, anche le seguenti attività:

a) prestazione di garanzie a favore dell’amministrazione finanziaria dello Stato, al fine dell’esecuzione dei rimborsi di imposte alle imprese consorziate o socie;

b) gestione di fondi pubblici di agevolazione;

c) stipula di contratti con le banche assegnatarie di fondi pubblici di garanzia per disciplinare i rapporti con le imprese consorziate o socie, al fine di facilitarne la fruizione.

In via residuale, essi possono anche concedere altre forme di finanziamento, nei limiti massimi stabiliti dalla Banca d’Italia. Sempre l’art. 112 del Tub prevede che i Confidi iscritti all’albo possano svolgere servizi connessi o strumentali all’attività di garanzia collettiva dei fidi. Tali servizi vengono definiti dalle disposizioni del Ministro dell’economia e delle finanze. In particolare, l’art. 5 del decreto attuativo n. 53, stabilisce che i servizi connessi siano svolti in via accessoria e li riconduce a due tipologie: i) servizi di consulenza in materia di finanza d’impresa nei confronti esclusivamente dei propri soci, a condizione che sia strettamente finalizzata al rilascio della garanzia mutualistica propria o di terzi; ii) stipula di convenzioni con banche, intermediari finanziari ed altri soggetti operanti nel settore finanziario, finalizzate a favorire l’accesso al credito delle imprese associate.

I servizi strumentali, invece, sono servizi ausiliari all’attività svolta, anch’essi riconducibili a due fattispecie: i) l’acquisto di immobili, esclusivamente funzionali all’esercizio dell’attività principale; ii) l’assunzione di partecipazioni, esclusivamente in altri confidi o banche di garanzia collettiva fidi ovvero in altri intermediari finanziari che, in base a specifici accordi, rilascino garanzie ai propri soci nonché in società costituite per la prestazione di servizi strumentali.

Ne consegue che un tratto distintivo dei Confidi vigilati rispetto a quelli non vigilati è il più ampio raggio d’azione determinato dalla maggiore operatività consentita dalla legge.

Un terzo connotato dei Confidi vigilati, attiene al capitale iniziale versato che è stato determinato dalle Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia[4] nella misura di 2 milioni di euro[5]. Un ultimo elemento che caratterizza i Confidi vigilati riguarda proprio il regime di vigilanza cui sono assoggettati. A tal proposito, come richiamato in precedenza, una delle principali novità introdotte dal D.Lgs 141/2010 è stato proprio quello di differenziare confidi minori e maggiori sotto il profilo della vigilanza, assoggettando i primi al controllo di un Organismo istituito ad hoc e i secondi a quello più stringente di Banca d’Italia. In dettaglio, ciò comporta che i Confidi vigilati, alla stregua degli altri intermediari iscritti all’albo unico ex art. 106 del Tub, debbano rispettare tutta una serie di disposizioni aventi ad oggetto il governo societario, l’adeguatezza patrimoniale, il contenimento del rischio, l’organizzazione amministrativa e contabile, i controlli interni e i sistemi di remunerazione e incentivazione nonché l’informativa da rendere al pubblico.

3. Gli effetti della trasformazione

Dopo aver illustrato i principali elementi caratterizzanti i Confidi vigilati, nel presente paragrafo, vengono illustrati gli effetti che il processo di trasformazione ha generato nel passaggio da “Confidi non vigilati” a “Confidi vigilati”.

Occorre innanzitutto fare una premessa. La trasformazione in Confidi vigilati, evidentemente, produce effetti non soltanto di tipo economico ma anche organizzativo e di altra natura. Nell’indagine empirica che segue, vengono rilevati esclusivamente gli effetti economici; tuttavia, per una più esaustiva e completa trattazione, nel presente paragrafo non ci si può esimere dal descrivere a 360 gradi tutti i possibili effetti derivanti dalla trasformazione.

Uno degli effetti maggiormente rilevanti è l’assoggettamento alla disciplina prudenziale prevista da Basilea 2 (e successivamente Basilea 3). Una prima conseguenza è riconducibile all’obbligo di rispettare determinati coefficienti prudenziali al fine di accantonare patrimonio di vigilanza in misura correlata ai rischi assunti. Ciò vuol dire detenere patrimonio di vigilanza sufficiente non solo a coprire i rischi contemplati nel primo pilastro di Basilea 2 (di credito, di mercato e operativi) ma anche quelli eventualmente rilevati nel processo di auto-valutazione (secondo pilastro, processo ICAAP). In altre parole, i Confidi vigilati dovrebbero orientarsi verso un approccio imprenditoriale alla gestione del rischio, adottando criteri oggettivi nelle decisioni di affidamento e dotandosi di procedure di rating, pricing e monitoraggio del rischio più evolute[6], con benefici in termini di miglioramento della qualità del portafoglio e, quindi, riduzione del livello delle sofferenze. Dall’altro lato, però, ci sono argomenti a sostegno di una tesi opposta. In particolare, nei Confidi vigilati, potrebbe riscontrarsi un aumento delle sofferenze riconducibile ad una minore capacità di screening sulle imprese richiedenti la garanzia. Potrebbe infatti verificarsi un trade-off tra dimensione del Confidi e conoscenza delle imprese[7]. All’aumentare del numero di imprese associate, infatti, potrebbero allentarsi le relazioni dirette con esse e potrebbe rendersi necessario fare ricorso a procedure più standardizzate. In tal modo risulterebbe affievolito anche il vantaggio informativo che ha da sempre rappresentato un punto di forza dei Confidi. Tuttavia alcuni autori suggeriscono che l’incremento delle sofferenze nei Confidi vigilati potrebbe in realtà riflettere l’aumento di trasparenza dei loro bilanci indotto dal processo di trasformazione[8]. Ciò vuol dire che i più stringenti obblighi informativi cui sono soggetti i confidi vigilati potrebbero ‘costringerli’ a diffondere dettagli sulla qualità creditizia del proprio portafoglio che in passato, nella veste di confidi minori, non avevano mai diffuso.

I maggiori obblighi informativi a carico dei Confidi vigilati comportano un aggravio di costi e oneri da sostenere non trascurabili. Gli stessi, dal momento dell’iscrizione nell’elenco speciale, sono infatti tenuti a redigere bilanci IAS compliant.

Ai fini della presente analisi ciò introduce un elemento di complessità nel momento in cui si vanno a confrontare bilanci ante trasformazione, non soggetti alla redazione del bilancio IAS e post trasformazione, redatti secondo gli IAS. Ne deriva la necessità di adottare opportuni accorgimenti e riclassificare i bilanci per poter confrontare voci tra loro omogenee. Oltre agli adempimenti in materia di bilancio, non va poi trascurato l’aggravio di costi legato all’adeguamento organizzativo e tecnologico derivante dai numerosi flussi informativi da inoltrare alle Autorità di vigilanza. Ci si riferisce alle comunicazioni periodiche e alla trasmissione di documenti da effettuare nei confronti della Banca d’Italia, quali ad esempio i verbali assembleari, le variazioni della struttura organizzativa, la composizione degli organi sociali (e le eventuali variazioni), le segnalazioni prudenziali, alle quali si aggiungono le segnalazioni alla Centrale dei Rischi. Una seconda conseguenza derivante dall’assoggettamento alla disciplina prudenziale attiene alle misure organizzative che il Confidi è chiamato a porre in essere e finalizzate ad assicurare la funzionalità degli organi aziendali, l’affidabilità dei processi e delle procedure, l’efficacia dei sistemi di controllo interno. Il sistema dei controlli interni deve contemplare tre tipi di controllo: i controlli di linea, diretti ad assicurare il corretto svolgimento delle operazioni; i controlli di risk management, orientati a misurare l’esposizione alle diverse tipologie di rischio e verificare che non si superino le soglie di tolleranza prestabilite; i controlli di internal audit, finalizzati a valutare periodicamente la completezza e la funzionalità dei sistemi di controllo interno. Un impianto dei controlli così strutturato richiede un cambiamento ben più radicale di tipo culturale. I Confidi vigilati devono, infatti, passare da uno stile di conduzione di tipo familiare ad uno stile di tipo manageriale. Ciò significa slegare la struttura dall’unica figura di riferimento – spesso identificabile nel Presidente o nel Direttore Generale – acquisendo professionalità adeguate e manager capaci che siano in grado di gestire il Confidi in maniera rigorosa e realmente improntata a canoni di efficienza e prudente gestione. Ancorando le sorti del Confidi ad un’unica figura di riferimento si rischia infatti di incorrere in distorsioni nell’azione di guida e direzione dell’azienda[9]. Tali adeguamenti, se da un lato comportano un impegno rilevante[10], con conseguenti investimenti significativi in risorse umane e tecnologiche, dall’altro potrebbero consentire ai Confidi di rafforzare le proprie strutture aziendali, migliorare l’efficienza dei processi produttivi e incentivare forme di aggregazione[11]. Un ulteriore cambiamento indotto dalla trasformazione deriva dall’ampliamento dell’operatività e della gamma di servizi offerti alle imprese associate. Ciò potrebbe determinare sia un incremento della redditività, legato all’effetto diversificazione, che favorire l’adesione di nuovi soci. L’ampliamento dell’operatività d’altro canto potrebbe determinare un incremento della rischiosità e conseguentemente richiedere l’accantonamento di maggiore patrimonio di vigilanza.

Passando invece a valutare gli effetti indotti dall’introduzione di Basilea 2, con riferimento alle tecniche di mitigazione del rischio, lo status di Confidi vigilato rispetto a quello di confidi non vigilato dovrebbe consentire il conseguimento di alcuni vantaggi. In particolare, rileva il riconoscimento delle garanzie fornite nella forma di garanzie personali da parte di Confidi vigilati che consente alle banche di ottenere una riduzione del patrimonio di vigilanza da accantonare. La principale conseguenza riguarda l’offerta prevalente di garanzie di tipo personale (generalmente, sotto forma di fideiussione) ed escutibili «a prima richiesta», ovvero immediatamente dopo il verificarsi dell’evento di default in capo al debitore[12]. Tale circostanza potrebbe tradursi in un minor peso dell’attivo vincolato (disponibilità monetarie o titoli presso le banche beneficiarie) rispetto a quello non vincolato o libero, per la circostanza che il rilascio di garanzie personali non richiede il vincolo sugli attivi del confidi [13]. Il passaggio da un’operatività prevalentemente basata su fondi monetari ad una basata sulle garanzie personali richiede la revisione delle convenzioni con le banche finalizzata principalmente ad estinguere i vincoli esistenti su somme, titoli e altri valori depositati presso le banche[14]. Occorre tuttavia precisare che, a seguito del declassamento del rating attribuito allo Stato italiano attuato dall’agenzia Moody’s nel luglio 2012, è venuto meno il vantaggio in termini di abbattimento del requisito patrimoniale per le banche che adottano la metodologia standard per la misurazione del rischio di credito. Il vantaggio permane, invece, per le banche che adottano il metodo IRB, ossia basato sul rating interno[15]. Ciò ha spinto numerose banche a dotarsi di modelli di rating interni dei Confidi attraverso i quali condurre valutazioni circa la rischiosità dei garanti basate su informazioni quantitative e qualitative (tipologia di garanzie rilasciate, profilo di rischio del portafoglio complessivo del Confidi, adeguatezza patrimoniale, profilo reddituale, governance e organizzazione)[16]. A margine delle considerazioni sinora condotte sulla base dell’analisi della letteratura (attraverso la verifica degli impatti economici tangibili ricavabili dall’analisi dei bilanci dei Confidi), è possibile formulare alcune ipotesi da verificare nell’ambito dell’analisi empirica.

A seguito della trasformazione, il Confidi dovrebbe presentare rispetto alla situazione pregressa:

H0: una maggiore dimensione

H1: una migliore redditività

H2: una maggiore solidità

H3: una maggiore onerosità della gestione

H4: una maggiore efficienza

H5: una maggiore operatività

H6: una migliore qualità del credito.

In base all’ipotesi H0,il Confidi post trasformazione dovrebbe accrescere le sue dimensioni in quanto innanzitutto lo richiede la legge imponendo una soglia minima in termini di volume di attività finanziaria ed, in secondo luogo, perché è autorizzato a svolgere una più ampia gamma di attività. La più ampia operatività dovrebbe a sua volta determinare un ampliamento del numero degli associati (ipotesi H5) e una maggiore redditività (ipotesi H1). I requisiti di capitale iniziale e la normativa prudenziale cui sono assoggettati i Confidi vigilati dovrebbero renderli più solidi rispetto allo status ante trasformazione (ipotesi H2). Le ipotesi H3 e H4 potrebbero sembrare confliggenti tra loro, ma in realtà non lo sono. L’aggravio di costi legati ai maggiori adempimenti in materia di trasparenza, oltre che contabili e di governance dovrebbe incidere sull’onerosità della gestione (ipotesi H3). Tuttavia, la maggiore onerosità gestionale di un Confidi vigilato dovrebbe essere compensata da una più ampia operatività e quindi da maggiori ricavi. A ciò si aggiunga che il potenziamento di processi e procedure dovrebbero incidere positivamente sul grado di efficienza del confidi, con un impatto positivo in termini di minor cost-to-income dei Confidi vigilati (ipotesi H4). Dall’adozione di criteri oggettivi nelle decisioni di affidamento e di procedure di rating, pricing e monitoraggio del rischio più evolute, discenderebbero maggiori benefici in termini di miglioramento della qualità del portafoglio e, quindi, di riduzione del livello delle sofferenze (ipotesi H6). Tale effetto, nel lungo termine, dovrebbe essere predominante rispetto alla minore capacità di screening derivante dall’allentamento delle relazioni con la clientela conseguente alle maggiori dimensioni raggiunte. Tuttavia vi sono almeno due fattori che potrebbero attenuare l’ipotesi prospettata, generando un effetto contrario sul livello delle sofferenze, determinandone l’aumento. Il primo è l’effetto derivante dalla maggiore trasparenza dei bilanci indotto dal processo di trasformazione. Il secondo è l’effetto prodotto dalle ispezioni di Banca d’Italia effettuate presso i Confidi. Tale ultimo aspetto verrà approfondito nel prosieguo.

Nel paragrafo seguente, dopo aver descritto il campione di confidi esaminato, vengono indicate le variabili utilizzate per testare le precedenti ipotesi.

4. Selezione del campione e metodologia d’indagine

Al 30/6/2015 risultavano iscritti nell’elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia 62 Confidi (tab. n. 1). Al fine di selezionare il campione di confidi oggetto d’indagine, si è deciso di considerare soltanto quelli la cui trasformazione è avvenuta nel 2010. Per tali confidi, infatti, è possibile disporre di un numero adeguato di bilanci ante (2008, 2009 e 2010) e post trasformazione (2011, 2012, 2013 e 2014) da confrontare. Si è poi scelto di escludere dall’analisi i confidi frutto di aggregazioni, in quanto non sarebbe stato possibile confrontare la situazione pregressa rispetto alla trasformazione in 107. I bilanci ante trasformazione e quelli post trasformazione non sono infatti riconducibili alla stessa entità economica e giuridica.

Pertanto, a partire dalla popolazione dei confidi vigilati italiani, si è proceduto escludendo:

– i confidi la cui trasformazione è avvenuta dal 2011 in poi (21);

– i confidi la cui trasformazione è anteriore al 2010 (8);

– i confidi originati da processi di aggregazione (8)[17];

– i confidi per i quali non era disponibile nemmeno un bilancio relativo al periodo ante trasformazione (2)[18].

Ne risulta un campione costituito da 23 confidi vigilati. Guardando alla distribuzione geografica[19], 9 confidi appartengono al nord Italia, 7 al centro Italia e 7 al sud Italia[20], dei quali la maggior parte sono siciliani (5 confidi). Quanto alla forma giuridica, 9 confidi adottano la forma di società cooperativa a responsabilità limitata; soltanto un confidi è una società consortile a responsabilità limitata (Eurofidi). Tutti gli altri adottano la forma di società cooperativa per azioni.

Si precisa che due confidi del campione hanno cambiato la propria denominazione nel periodo esaminato. Si tratta in particolare di Confidi Fideo Confcommercio Sud soc. coop. nel 2012 (vecchia denominazione ‘Confidi Fideo Confcommercio Palermo soc.coop.’) e di Cooperativa Provinciale Garanzia Fidi Società Cooperativa nel 2014 (vecchia denominazione ‘Cooperfidi Trento’). Trattandosi di semplice cambio di denominazione che non comporta modifiche strutturali sostanziali, i confidi in oggetto sono stati inclusi nel campione.

La tabella seguente (tab. n. 2) riporta la denominazione, l’anno di trasformazione e la regione di appartenenza dei confidi inclusi nel campione.

Tabella n. 1 – Elenco confidi vigilati al 30/6/2015 (v. articolo in allegato)

Tabella n. 2 – Campione esaminato (v. articolo in allegato)

 

Al fine di testare le ipotesi formulate nel precedente paragrafo, sono stati esaminati i bilanci dei confidi del campione nel periodo 2008-2014. Come si evince dalla tabella precedente, la trasformazione è avvenuta in mesi diversi per i confidi del campione. Si è assunto pertanto, per questione di uniformità, di considerare, indipendentemente dal mese in cui è avvenuta la trasformazione (nei primi mesi dell’anno piuttosto che negli ultimi) il bilancio 2010 come ‘ante trasformazione’, in quanto gli effetti della trasformazione potrebbero non essere ancora evidenti. La tabella seguente indica le variabili analizzate con riferimento a ciascuna ipotesi e il risultato atteso (tab. n. 3).

Tabella n. 3 – Definizione delle variabili (v. articolo in allegato)

Come variabile rappresentativa della dimensione aziendale si è scelto di assumere le garanzie erogate ancora in essere alla data di valutazione (stock) in analogia allo schema tipico degli intermediari finanziari[22]. Pertanto, sia nel calcolo del moltiplicatore che dell’indice di onerosità della gestione (costi operativi/ garanzie rilasciate), si è utilizzata la grandezza stock e non il flusso (garanzie concesse nell’anno).

Per apprezzare la redditività dei confidi si è invece osservato l’andamento dei principali margini: il margine commissionale e il margine di interesse. Il primo, espressione dell’area operativa tipica dei confidi ossia dell’attività di rilascio delle garanzie e di contro-garanzia; il secondo, invece, rappresentativo dei risultati relativi alla gestione finanziaria.

Al fine di esaminare la solidità dei confidi si sono assunti come variabili la variazione del patrimonio netto, la variazione del capitale sociale e il rapporto tra patrimonio netto e stock di garanzie. Per la sua idoneità ad assorbire le perdite derivanti dall’attività tipica, il patrimonio netto svolge una funzione di «cuscinetto»[23]. Le sottoscrizioni dei soci costituiscono la principale fonte di autofinanziamento dei Confidi vigilati, alimentando il capitale sociale che, a sua volta, insieme ai contributi pubblici e privati, accresce il patrimonio netto. La consistenza di tale aggregato fornisce un’importante indicazione della solidità dei Confidi ed esprime il potenziale sviluppo del volume delle garanzie[24]. Considerando la centralità del patrimonio netto nel determinare la capacità di espansione delle garanzie erogabili, al fine di analizzare l’adeguatezza patrimoniale dei Confidi, è utile osservare il rapporto tra il patrimonio netto e lo stock di garanzie in essere.

Altro aspetto esaminato ha riguardato l’onerosità della gestione, misurata attraverso il rapporto tra costi operativi e garanzie in essere stock. Sembra scontato, come già precedentemente detto, che i numerosi adempimenti e la maggiore complessità operativa dei confidi maggiori determinino un aumento dell’onerosità e quindi un incremento di tale indice nel periodo post trasformazione. L’incidenza dei costi operativi sul margine d’intermediazione fornisce invece una misura dell’efficienza dei confidi (cost-to-income ratio). Al miglioramento del grado di efficienza di tale indicatore, dovrebbe corrispondere una sua riduzione nel tempo. Tale indicatore dovrà essere interpretato con le dovute cautele, in quanto presenta il difetto di “dipendere fortemente dal denominatore” ossia da variazioni del margine d’intermediazione che potrebbero essere legate a fattori anche molto diversi e distanti dall’efficienza del confidi (ad esempio oscillazioni delle variabili di mercato)[25]. Con riferimento all’area di indagine relativa all’operatività dei confidi, non è agevole misurare l’effetto economico dell’estensione della gamma di attività esercitabili dai confidi vigilati. Si è scelto comunque di verificare l’andamento del numero di associati nel tempo, anche se l’incremento è soltanto un effetto indiretto che potrebbe, in realtà, essere riconducibile anche ad altri fattori.

Per misurare la rischiosità della gestione e la qualità del portafoglio garanzie dei confidi si osserva infine il tasso di sofferenza che dovrebbe essere più contenuto a seguito della trasformazione in Confidi vigilato. L’incremento delle sofferenze, come si è detto in precedenza, potrebbe derivare oltre che da una minore capacità di screening sulle imprese richiedenti la garanzia e dall’aumento di trasparenza dei bilanci indotto dal processo di trasformazione, anche dall’assoggettamento ad un maggior controllo da parte dell’Autorità di Vigilanza. In particolare, la Banca d’Italia, con una comunicazione del 08/05/2013, relativa ai crediti deteriorati, afferma che nelle ispezioni condotte su alcuni Confidi sono emerse talune discordanze tra l’effettiva rischiosità aziendale e quanto rappresentato nelle segnalazioni di vigilanza[26]. Emergono, a tal proposito, due dati rilevanti, ossia che il tasso di anomalia delle garanzie rilevato in sede ispettiva è considerevolmente maggiore di quello segnalato e un aumento considerevole delle rettifiche a seguito di accertamenti ispettivi[27]. Tutto ciò induce a ritenere che, a seguito di ispezioni della Banca d’Italia, i Confidi possano rivedere, presumibilmente in aumento, le proprie valutazioni delle posizioni di rischio. Su tale aspetto, relativamente al periodo 2012-2014, è stata condotta una verifica ulteriore per valutare l’esistenza di una possibile relazione tra l’ammontare delle sofferenze e la circostanza che il Confidi sia stato o meno sottoposto ad ispezione della Banca d’Italia. In realtà, i confidi del campione oggetto di ispezione nel periodo 2012-2014 sono soltanto 7, di cui 3 sono stati sottoposti a verifica nel corso del 2012 e 4 nel corso del 2013. Vi sono poi 1 confidi ispezionato nel corso del 2014 e 3 confidi sottoposti a verifica nel 2015, per i quali l’ispezione è ancora in corso. In entrambi i casi, l’effetto in termini di aumento del tasso di sofferenza si dovrebbe verificare in esercizi al di fuori del periodo esaminato (rispettivamente 2015 e 2016). La tabella seguente (tab. n. 4) indica quali tra i confidi del campione sono stati sottoposti ad accertamento ispettivo della Banca d’Italia nel periodo 2010-2014, nonché la data di inizio e di fine dell’ispezione. I dati sono tratti da aleablog e sono aggiornati al 19/05/2015[28]. L’analisi di correlazione condotta tra variabile relativa all’ispezione e tasso di sofferenza fa emergere l’esistenza di una correlazione diretta, seppure modesta. Il limitato numero di osservazioni, tuttavia, non consente di trarre delle conclusioni definitive.

Tabella n. 4 – Confidi vigilati sottoposti a ispezione di Banca d’Italia nel periodo 2010-2014 (v. articolo in allegato)

Le principali problematiche riscontrate nell’analisi empirica hanno riguardato la comparazione tra bilanci IAS (post trasformazione) e non IAS (ante trasformazione). L’adeguamento ai principi contabili internazionali, infatti, comporta un netto cambiamento della rappresentazione contabile dell’operatività dei Confidi. L’accorpamento di molte voci specifiche e rappresentative dell’attività caratteristica dei Confidi presenti nei bilanci redatti secondo il D.lgs. 87/92 all’interno delle voci standard previste dagli IAS, rende difficoltoso, e a volte non intelligibile, il confronto con i bilanci redatti secondo le istruzioni della Banca d’Italia. Ciò, da un lato, ha richiesto l’adozione di talune assunzioni riferibili alle grandezze utilizzate nell’analisi, illustrate nella tabella seguente (tab. n.5)[29]; dall’altro, ha comportato talune limitazioni.

Tabella n. 5 – Tabella di raccordo tra bilancio civilistico e bilancio IAS/IFRS (v. articolo in allegato)

In merito alle limitazioni di cui si è dovuto tener conto nella scelta delle variabili da esaminare, le principali hanno riguardato:

– le variabili di solidità patrimoniale;

– l’operatività.

Con riferimento al primo dei due aspetti, si sono necessariamente dovuti utilizzare indicatori tradizionali di solidità (variazione patrimonio netto, variazione capitale sociale e rapporto tra patrimonio netto e stock di garanzie) mentre non è stato possibile ricorrere ai più puntuali ratios patrimoniali (Tier 1 ratio e Total capital ratio), in quanto nei bilanci non IAS non viene diffuso il dato concernente gli attivi ponderati per il rischio – che rappresentano il denominatore dei suddetti indicatori – in mancanza dei quali non sarebbe stato possibile costruire gli stessi indicatori. Ciò deriva dal fatto che nel periodo ante trasformazione i confidi non sono assoggettati alla disciplina prevista da Basilea e quindi alla determinazione e all’accantonamento dei requisiti minimi di capitale.

Il secondo limite, invece, ha riguardato l’analisi dell’operatività dei confidi. Come si è detto nel paragrafo precedente, un dato che potrebbe rispecchiare la crescente operatività dei confidi vigilati nell’offerta di garanzie personali a valere sul patrimonio (che non richiedono il vincolo di disponibilità monetarie o in titoli presso le banche beneficiarie), potrebbe essere l’aumento del peso dell’attivo non vincolato rispetto all’attivo vincolato. Tuttavia, nella presente indagine non è stato possibile apprezzare il peso dell’attivo vincolato e non vincolato sul totale attivo in quanto, nei bilanci IAS, scompare la classificazione dei crediti in disponibili e indisponibili; stessa cosa vale per le attività finanziarie. Di conseguenza non è possibile adottare una riclassificazione funzionale dell’attivo patrimoniale che consenta di isolare le attività vincolate dalle altre[30].

Occorre precisare, tuttavia, che i Confidi esaminati hanno ottenuto l’autorizzazione di Banca d’Italia all’iscrizione nell’elenco speciale degli intermediari finanziari nel corso del 2010. Ne consegue che tali Confidi hanno redatto il primo bilancio in base ai principi IAS/IFRS al 31/12/2010. Da tale bilancio sono altresì disponibili le informazioni comparative dell’esercizio precedente, ovvero quello relativo all’anno 2009. La data di transizione agli IAS/IFRS, ossia la data di apertura del primo esercizio nel quale il Confidi presenta una completa informativa comparativa redatta in base agli IAS/IFRS (First time adoption – FTA), è quindi il 1/1/2009. Di conseguenza, le maggiori problematiche di comparabilità dei bilanci si sono manifestate con riferimento all’esercizio 2008.

5. Risultati dell’analisi

La tabella seguente (tab. n.6) sintetizza i principali risultati emersi dall’indagine. Per le variabili esaminate (variazioni delle voci di bilancio o indicatori) sono state calcolate le medie per ciascun confidi riferite al periodo ante trasformazione e post trasformazione. È stata poi calcolata la media per l’intero campione riferita a ciascuna variabile ed effettuato il confronto tra situazione ante e post trasformazione al fine di testare le ipotesi precedentemente descritte e verificare se i risultati sono in linea con le attese. La tabella n. 7 riporta invece i principali indicatori statistici descrittivi riferiti a ciascuna variabile.

Tabella n. 6 – Risultati dell’analisi (v. articolo in allegato)

Tabella n. 7 – Statistiche descrittive (v. articolo in allegato)

Gli aspetti esaminati sono 7. Il primo aspetto riguarda la dimensione, misurata attraverso il moltiplicatore. In linea con quanto ci si aspettava, la dimensione dei confidi vigilati tende a crescere rispetto a quella dei confidi non vigilati. Lo scostamento, tuttavia, non è molto elevato. Guardando ai valori aggregati del campione esaminato, il totale attivo è in costante crescita, presentando un calo soltanto tra il 2010 e il 2011. Anche per le garanzie in essere si osserva una tendenza di crescita, ad eccezione di una flessione registrata nell’esercizio 2014[31]. Quindi, in definitiva, i confidi esaminati registrano volumi più ampi di attività a seguito della trasformazione in vigilati, ma in misura comunque contenuta.

Il secondo aspetto relativo alla redditività è stato esaminato attraverso la variazione di due margini: il margine d’interesse e il margine commissionale. I risultati mostrano valori contrastanti per i due indicatori. Il margine d’interesse presenta una variazione in media più elevata per il periodo post trasformazione rispetto al periodo ante trasformazione, confermando l’ipotesi di partenza. Il margine commissionale, che rappresenta il principale indicatore della capacità reddituale dell’attività caratteristica dei confidi, presenta invece una variazione media maggiore nel periodo ante trasformazione, in contrasto con l’ipotesi di redditività crescente nel periodo post trasformazione. La contrazione del margine commissionale potrebbe rispecchiare un livello di commissioni applicate ancora inadeguato (commissioni di importo troppo basso) e insufficiente ad assicurare un soddisfacente equilibrio gestionale. Alla riduzione del margine commissionale potrebbe aver contribuito anche il maggior ricorso a forme di contenimento del rischio, quali la controgaranzia e la riassicurazione. Risultato costante per i due periodi, che emerge dall’osservazione dei valori aggregati per il campione esaminato, è un incremento nel peso dell’attività della gestione finanziaria rispetto al peso dell’attività della gestione caratteristica che tende invece a diminuire. Altro elemento osservabile è un calo negli introiti finanziari registrato nel 2009, certamente in linea con l’andamento del contesto macroeconomico caratterizzato dai riflessi negativi della crisi finanziaria internazionale. Quindi, in definitiva, i risultati ottenuti consentono di affermare che, a seguito della trasformazione, la redditività della gestione finanziaria sia stata consistentemente più elevata ma che tale crescita sia stata compensata da un calo della redditività della gestione caratteristica.

Si è poi voluto verificare se i confidi vigilati presentano una maggiore solidità rispetto a quelli non vigilati. A tal fine sono state esaminate tre variabili: la variazione del patrimonio netto, la variazione del capitale sociale e il rapporto tra patrimonio netto e garanzie in essere stock. La variazione media del patrimonio netto, in contrasto con l’ipotesi formulata, presenta una variazione in diminuzione maggiore nel periodo post trasformazione rispetto al periodo ante trasformazione. Una simile affermazione tuttavia va necessariamente riformulata se si guarda all’entità delle variazioni che sono di importo così modesto da supportare piuttosto un’ipotesi di sostanziale costanza nel periodo temporale esaminato. Risultato peraltro confermato dall’osservazione dei valori aggregati per il campione di confidi analizzato. Nel periodo ante trasformazione è infatti osservabile un andamento sostanzialmente stabile. L’osservazione dei dati aggregati indica la presenza di un salto dimensionale (crescita del 41% circa) tra il 2008 e il 2009. Dopo il 2011 è invece osservabile una tendenza opposta di decrescita che comunque si attesta su valori percentuali molto bassi. Il capitale sociale subisce invece un aumento continuo, con una variazione in media maggiore nel triennio ante trasformazione (+48%) rispetto al periodo post trasformazione (+17%). In realtà tale risultato è dovuto ad una consistente crescita dimensionale registrata tra il 2008 e il 2009 (di circa il 67%) che potrebbe però risentire degli effetti delle leggi finanziarie 2007 e 2008 che hanno consentito ai confidi di portare a capitale sociale o riserva parte dei contributi pubblici imputati a fondo rischi. Pertanto, il giudizio sulla verifica dell’ipotesi di partenza, quindi sulla maggiore solidità patrimoniale dei confidi a seguito della trasformazione in vigilati, si basa sostanzialmente sull’osservazione dell’ultimo indicatore. In tal senso l’ipotesi risulta verificata in quanto l’indicatore pari al patrimonio netto rapportato alle garanzie in essere stock si attesta su valori medi più elevati nel periodo post trasformazione.

Il quarto aspetto esaminato è l’onerosità della gestione. A conferma di quanto ipotizzato, i confidi vigilati mostrano un’incidenza maggiore dei costi operativi. Anche in questo caso, si tratta tuttavia di una differenza molto esigua tra il periodo ante trasformazione e post trasformazione che sembra supportare piuttosto un’ipotesi di stabilità.

Per quanto concerne il grado di efficienza, misurato attraverso il cost to income, emerge un peggioramento dell’efficienza nel periodo post trasformazione rispetto al periodo ante trasformazione. In questo caso il risultato è più evidente (cost to income ante trasformazione pari al 68% contro un cost to income post trasformazione dell’80% circa). Quindi, contrariamente all’ipotesi formulata, i confidi esaminati, a seguito della trasformazione in vigilati, mostrano una minore efficienza. Altro aspetto verificato è l’ampliamento della compagine sociale nei confidi vigilati che sarebbe potuta derivare da un’estensione dell’operatività. In realtà, contrariamente a quanto ipotizzato, il numero dei soci subisce una variazione in aumento minore nel quadriennio post trasformazione. In merito a tale aspetto si segnala tuttavia una carenza di dati abbastanza rilevante soprattutto relativamente al periodo ante trasformazione che potrebbe aver generato un effetto distorsivo sui risultati. Tali lacune non consentono pertanto di giungere ad un risultato definitivo in merito all’ipotesi di ampliamento della compagine legato ad un’estensione dell’operatività. Ultimo aspetto esaminato riguarda la qualità del portafoglio di garanzie, misurata attraverso il tasso di sofferenza. Contrariamente a quanto ci si aspettava il tasso di sofferenza medio risulta maggiore per i confidi vigilati (tasso del 12% rispetto al 5% registrato nel periodo ante trasformazione). Ciò potrebbe significare che i benefici che dovrebbero derivare ai confidi vigilati da un più strutturato e puntuale processo di selezione del credito in realtà non si sono ancora realizzati. Al contrario un simile risultato potrebbe comprovare la tesi opposta, in base alla quale la crescita dimensionale dei confidi vigilati determinerebbe un allentamento nelle relazioni con i soci/clienti e quindi un peggioramento nell’attività di selezione e monitoraggio. Occorre tuttavia tener presente che i risultati riflettono anche l’effetto del ciclo economico negativo.

6. Conclusioni e prospettive future di ricerca

A qualche anno dall’ondata di trasformazioni che hanno riguardato il mondo dei confidi passati da ‘106’ a ‘107’ o, secondo le nuove definizioni, da ‘non vigilati’ a ‘vigilati’, la presente indagine ha inteso verificare quali fossero gli effetti tangibili di un simile cambiamento.

A tal fine si è identificato un campione di confidi, che si sono trasformati in vigilati nel corso del 2010, per il quale si sono osservate alcune variabili identificative di aspetti ritenuti fondamentali. L’arco temporale di riferimento (2008-2014) è stato suddiviso in due sotto-periodi: 2008-2010 identificato come periodo ante trasformazione e 2011-2014 rappresentativo del periodo post trasformazione. Si è quindi proceduto a confrontare le variabili oggetto d’indagine nei due sotto-periodi per testare alcune ipotesi concernenti il passaggio a Confidi vigilato.

I risultati dell’indagine mostrano un livello dimensionale, di solidità patrimoniale e di onerosità della gestione sostanzialmente stabili. Le differenze osservabili negli indicatori utilizzati nell’indagine empirica non si ritengono così rilevanti da confermare un’ipotesi di vistoso miglioramento per i confidi dopo l’avvenuta trasformazione in vigilati. Risultati più consistenti sono invece osservabili con riferimento alla redditività, in merito alla quale è osservabile, a seguito della trasformazione, un incremento nella redditività della gestione finanziaria attenuata tuttavia da un decremento della redditività della gestione caratteristica. Altro risultato che emerge con chiarezza, ma contrasta con l’ipotesi formulata, è la minore efficienza dei confidi vigilati, che evidenzia la necessità e l’urgenza di un processo di ulteriore razionalizzazione dei costi e di diversificazione dei ricavi e un ampio margine di miglioramento per i confidi a distanza di quattro anni dalla trasformazione. I confidi vigilati presentano poi una qualità del portafoglio peggiore rispetto al periodo ante trasformazione. Il tasso di sofferenza registrato dai confidi post trasformazione è sensibilmente superiore rispetto al periodo ante trasformazione. Ciò potrebbe riflettere gli effetti negativi del ciclo economico, ma anche essere attribuito a processi di selezione del credito ancora inadeguati o ad un allontanamento dalla clientela del confidi intervenuto a seguito della trasformazione. Infine, le gravi lacune nella disponibilità dei dati relativi al numero dei soci che compongono la compagine sociale non ha consentito di verificare l’ipotesi relativa all’estensione dell’operatività dei confidi a seguito della trasformazione.

A differenza di analisi empiriche precedenti che hanno analizzato i confidi non vigilati e i confidi vigilati, anche confrontandoli tra loro, ma sempre esaminandoli come comparti a se stanti[32], il presente lavoro si è posto come obiettivo, invece, quello di esaminare un campione di Confidi nel periodo della trasformazione da ‘non vigilati’ a ‘vigilati’. Di qui inevitabilmente sono derivate numerose limitazioni che sono state ampiamente illustrate nel paragrafo 4 e hanno riguardato principalmente la scelta delle variabili. Altra difficoltà incontrata è stata la scarsità di dati disponibili nel periodo ante trasformazione. Non tutti i confidi del campione si sono resi disponibili a trasmettere i bilanci soprattutto relativi al 2008 e 2009. Le prospettive future di ricerca invece si pongono l’obiettivo di estendere il campione osservato, includendo, con opportuni accorgimenti, anche i confidi che sono stati oggetto di aggregazione durante il periodo esaminato. Sarebbe poi interessante esaminare i due casi di ‘insuccesso’ di Confidi vigilati che sono stati cancellati dall’albo e approfondire le motivazioni che hanno condotto a simili provvedimenti da parte dell’Autorità di vigilanza. In particolare, si fa riferimento a Sinvest SC, per il quale la Banca d’Italia ha disposto la cancellazione d’ufficio dall’elenco speciale, con provvedimento del 27/08/2013[33] e a Fidimpresa Confidi Di Sicilia S.C.P.A., cancellata con provvedimento Banca d’Italia del 19/11/2013[34]. Trattasi di esperienze molto diverse tra loro, la prima conclusasi con la messa in liquidazione, la seconda, invece, con il rilancio dell’attività come confidi non vigilato.

È quindi auspicabile che si continui a indagare su un tema così importante che è quello degli effetti derivanti dall’applicazione di una norma al fine di contribuire al continuo perfezionamento dell’impianto che regolamenta il mondo dei confidi.

 

Bibliografia

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Zeloni L. (2015), “Evoluzione strutturale e operativa dei confidi”, intervento all’incontro Banca d’Italia-Confidi, Roma, 1 luglio 2015.

 

 

I paragrafi 1 e 2 sono da attribuire a Stefano Dell’Atti; i paragrafi 3, 4, 5 e 6 sono da attribuire a Stefania Sylos Labini. Gli Autori desiderano porgere un sentito ringraziamento al Dott. Claudio D’Auria per gli utili suggerimenti forniti nella stesura del presente lavoro.

Stefano Dell’Atti è professore ordinario di Economia degli intermediari finanziari nell’Università di Foggia.

Stefania Sylos Labini è ricercatore di Economia degli intermediari finanziari nell’Università di Foggia.

[1] Non vi è piena coincidenza tra ‘Confidi vigilati’ e ‘Confidi 107’, né tra ‘Confidi non vigilati’ e ‘Confidi 106’ in quanto, come si dirà nel prosieguo, la soglia di accesso all’albo degli intermediari finanziari è passata da 75 milioni a 150 milioni di euro; inoltre per i confidi che alla data di entrata in vigore del decreto risultano iscritti nell’elenco speciale previsto dall’art. 107 e che abbiano un volume di attività finanziaria pari o superiore a 75 milioni di euro, è prevista la possibilità di presentare istanza di autorizzazione per l’iscrizione nell’albo e non l’obbligo. Taluni confidi 107, con volume di attività finanziarie inferiori a 150 milioni di euro, potrebbero pertanto decidere di non iscriversi all’albo unico assumendo lo status di ‘Confidi non vigilati’.

[2] A tal proposito si fa presente che nell’agosto 2013 è stato posto in consultazione il testo di decreto attuativo intitolato “Regolamento recante la disciplina della struttura, dei poteri e delle modalità di funzionamento dell’Organismo previsto all’art. 112-bis del D.lgs. 1° settembre, n. 385 nonché l’individuazione dei requisiti di onorabilità e professionalità dei componenti L’Organismo e relativi criteri e modalità di nomina e sostituzione”. Ad oggi però esso non risulta ancora pubblicato in gazzetta ufficiale.

[3] Il 12 ottobre 2015 è scaduto il termine entro cui i confidi potevano presentare la domanda di autorizzazione alla Banca d’Italia per l’iscrizione all’Albo unico.

[4] La Banca d’Italia ha emanato in data 13 maggio 2015 le “Disposizioni di vigilanza per gli intermediari finanziari” (Circolare n. 288 del 3.4.2015) http://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/normativa/archivio-norme/circolari/c288/

[5] Nelle Istruzioni di Vigilanza di Banca d’Italia si precisa che per “capitale iniziale” si intende la somma dei titoli rappresentativi di partecipazione al capitale sociale per l’ammontare versato e delle riserve computabili nel patrimonio di base.

[6] Cfr. Baldinelli C. (2012), “L’impatto della crisi economica: quale scenario per i Confidi?”, intervento presso Federconfidi, Roma, 16 novembre.

[7] Cfr. Baldinelli C. (2011), La trasformazione del sistema dei Confidi: patrimonio, rischi, supervisione, Bancaria, n. 4.

[8] Cfr. De Vincentiis P. (2012), Confidi in trasformazione. L’impatto delle nuove regole e della crisi finanziaria sul settore della garanzia mutualistica, Bancaria, n. 4.

[9] Cfr. Baldinelli C. (2012), op. cit.

[10] Si stima che l’adempimento alle segnalazioni periodiche e i requisiti in materia di controllo interno dovrebbero comportare l’impiego di 4-5 risorse a tempo pieno con un costo annuo di 200/300 mila euro per un confidi di dimensione ridotta. De Vincentiis P., Nicolai M. (a cura di) (2012), I Confidi di nuova generazione. Gli impatti della crisi e delle nuove regole, Bancaria Editrice, Roma, pp. 41-42.

[11] Cfr. Cinque A., “Il quadro normativo-regolamentare: profili di vigilanza dei confidi 107”, in Baravelli M., Leone P. (2010), Il futuro dei Confidi in Italia. Evoluzione dei modelli istituzionali, gestionali e organizzativi, Bancaria Editrice, pp. 26-27.

[12] D’Auria C. (2008), Le sfide per i Confidi alla luce della nuova normativa prudenziale, Bancaria, n. 10. Sulle opzioni di riconoscimento della garanzia dei confidi si veda anche Rinaldi R., Varrati A. (2008), Il futuro dei Confidi. La trasformazione in intermediari finanziari e il valore delle garanzie, Bancaria, n. 3.

[13] Cfr. De Vincentiis P. (2012), op. cit.

[14] Sul rinnovo delle convenzioni si veda: Varrati A. (2010), “Le linee guida per il rinnovo delle convenzioni banca-Confidi”, Bancaria, n. 6.

[15] Per un approfondimento sul tema si veda Gai L. (2013), Il rating Confidi per una migliore valorizzazione della garanzia, Bancaria, n. 10.

[16] A titolo di esempio si cita il caso Unicredit, il cui modello viene ampiamente descritto in: Gai L. (2013), op. cit.

[17] I 7 confidi coinvolti in operazioni di aggregazione sono: Artigianfidi Lombardia Società Cooperativa, Confeserfidi Società Consortile A Responsabilità Limitata, Confidi Lombardia Soc. Coop. Di Garanzia Collettiva Fidi, Fidi impresa veneto & turismo, Unifidi Emilia Romagna Soc. Coop. A R.L., Rete Fidi Liguria Società Consortile Per Azioni Di Garanzia Fidi, Neafidi Soc. Coop. Di Garanzia Collettiva Dei Fidi S.C.P.A., Intercredit Confidi Imprese e Lavoro Autonomo Soc.Coop.. Per dovere di completezza, si precisa che 1 confidi – Cooperfidi Italia Società Cooperativa Di Garanzia Collettiva Dei Fidi – già escluso dal campione in base al criterio dell’anno di trasformazione, è stato anch’esso oggetto di aggregazione.

[18] Si tratta in particolare di Societa’ Cooperativa Artigiana Di Garanzia Mario Pierucci S.C.P.A. e Terfidi Veneto Societa’ Cooperativa.

[19] La ripartizione regionale a cui si fa riferimento è quella adottata dall’Istat.

[20] La regione di appartenenza è individuata in base alla localizzazione della sede legale.

[21] Il CeSAC – Centro Studi e Analisi sui Confidi – è un Centro Interuniversitario di Ricerca costituito tra l’Università degli Studi di Foggia e l’Università di Bari “Aldo Moro”. Il CeSAC svolge attivitàdi ricerca, formazione e consulenzarivolta ai Confidi, alle imprese e alle banche. È operativo dal 2011. Nel corso del 2014 si è perfezionata la procedura di adesione al CeSAC da parte delle Università di Udine e dell’Insubria.

[22] Per un approfondimento si veda: Beltrame F., Miani S., “La misurazione della performance nei confidi”, in S. Dell’Atti, S. Miani (a cura di), (2014), Economia e gestione dei confidi, FrancoAngeli, Milano, p. 213.

[23] Piatti definisce il grado di patrimonializzazione come «l’entità delle perdite massime che, dato un certo livello di probabilità, possono essere sopportate in caso di insolvenza dei soci». Piatti D. (2008), I Confidi. Gestione delle garanzie, redditività e pricing, Bancaria Editrice, Roma, p. 179.

[24] Dell’Atti S., Mazzarelli G., Sylos Labini S. (2013), “Come migliorare l’efficienza dei Confidi: un’analisi dei profili economici e istituzionali dei Confidi maggiori del Mezzogiorno”, Rivista Economica del Mezzogiorno, n. 3.

[25] Si veda Piatti D. (2008), op. cit., p. 186.

[26] Banca d’Italia, Comunicazione del 8 maggio 2013, avente ad oggetto “Confidi 107. Garanzie deteriorate: chiarimenti.”

[27] Zeloni L. (2015), “Evoluzione strutturale e operativa dei confidi”, intervento all’incontro Banca d’Italia-Confidi, Roma, 1 luglio 2015.

[28] http://alea-smefin.blogspot.it/p/cronologia-ispezioni.html

[29] Per un approfondimento si veda: Beltrame F., Miani S., “La misurazione della performance nei confidi”, in S. Dell’Atti, S. Miani (a cura di), (2014), Economia e gestione dei confidi, FrancoAngeli, Milano.

[30] Tale problematica è già richiamata in De Vicentiis (2012), op. cit. Tuttavia sia a livello teorico che empirico sono stati fatti tentativi in tal senso (si vedano rispettivamente: Beltrame F., Miani S. (2014), op. cit., p. 215 e De Vincentiis P., Nicolai M. (a cura di) (2012), I Confidi di nuova generazione. Gli impatti della crisi e delle nuove regole, Bancaria Editrice, Roma, pp. 215 e segg.). Nella presente indagine si è verificata l’impossibilità di procedere alla riclassificazione in relazione al campione di confidi esaminato.

[31] In realtà il trend delle garanzie è fortemente in calo, non solo nel 2014 ma anche nel 2015 (come si evince dalle semestrali e dalle previsioni di quasi tutti i confidi vigilati).

[32] Tra i tanti si richiamano: De Vicentiis P., 2012, op. cit.; De Vicentiis P., Nicolai M., 2012, op. cit.

[33] Si veda Banca d’Italia, Bollettino di vigilanza, n.9, settembre 2013.

[34] Si veda Banca d’Italia, Bollettino di vigilanza, n.11, novembre 2013.

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