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Giurisprudenza

Giudicato implicito: esame delle clausole abusive nel giudizio di rinvio

19 Dicembre 2025

Corte di Giustizia UE, 18 dicembre 2025, C‑320/24 – Pres. Jarukaitis, Rel. Jääskinen e Frendo

Di cosa si parla in questo articolo

La Corte di Giustizia (UE), con sentenza resa nella causa C‑320/24, torna sulla questione del giudicato implicito, chiarendo se possa essere esaminata d’ufficio anche nel giudizio di rinvio a seguito di quello in Cassazione, la nullità di una clausola contrattuale abusiva, non invocata dal consumatore in precedenza.

In particolare, la Corte chiarisce se gli artt. 6 e 7 della Direttiva sulle clausole abusive stipulate con i consumatori, ostino ad una normativa nazionale per cui l’applicazione del principio dell’autorità di cosa giudicata non consente al giudice nazionale, adito in un giudizio di rinvio a seguito di cassazione, di esaminare d’ufficio la nullità di una clausola contrattuale asseritamente abusiva.

Nel caso di specie, il motivo vertente sul carattere abusivo di tale clausola non era stato invocato dal consumatore nel corso delle fasi precedenti del procedimento giurisdizionale e la nullità di una tale clausola non era stata rilevata d’ufficio dagli organi giurisdizionali nazionali nell’ambito del procedimento che ha dato luogo alla sentenza di cassazione.

Questo il principio espresso dalla Corte, che arricchisce ulteriormente la propria giurisprudenza in tema di giudicato implicito:

L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, letti alla luce del principio di effettività e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che: essi ostano a una normativa nazionale in virtù della quale l’applicazione del principio dell’autorità di cosa giudicata non consente al giudice nazionale, adito in un giudizio di rinvio a seguito di cassazione, di esaminare d’ufficio la nullità di una clausola contrattuale asseritamente abusiva qualora, da un lato, il motivo vertente sul carattere abusivo di tale clausola non sia stato invocato dal consumatore nel corso delle fasi precedenti del procedimento giurisdizionale e, dall’altro, la nullità di una siffatta clausola non sia stata rilevata d’ufficio dagli organi giurisdizionali nazionali nell’ambito del procedimento che ha dato luogo alla sentenza di cassazione.

La Corte ricorda che, in base alla propria consolidata giurisprudenza, il giudice nazionale è tenuto a esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della Direttiva 93/13 e, in tal modo, a ovviare allo squilibrio che esiste tra il consumatore e il professionista, laddove disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine; inoltre, la Direttiva 93/13 impone agli Stati membri, come risulta dal suo art. 7, par. 1, letto alla luce del suo ventiquattresimo considerando, di fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e i consumatori.

In mancanza di una disciplina da parte del diritto dell’Unione, le modalità procedurali dirette ad assicurare la salvaguardia dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione rientrano nell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, in forza del principio di autonomia processuale di questi ultimi: tali modalità non devono essere meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe di tipo interno (principio di equivalenza), né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti attribuiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività) (sentenza del 17 maggio 2022, Unicaja Banco, C‑869/19).

Con particolare riferimento al principio di effettività, dalla giurisprudenza della Corte in tema di giudicato implicito risulta che ogni caso in cui sorge la questione se una norma di procedura nazionale renda impossibile o eccessivamente difficile l’applicazione del diritto dell’Unione deve essere esaminato tenendo conto del ruolo di detta norma nell’insieme del procedimento, del suo svolgimento e delle sue peculiarità nel loro complesso, nonché, se del caso, dei principi che sono alla base del sistema giurisdizionale nazionale, quali la tutela dei diritti della difesa, il principio della certezza del diritto e il regolare svolgimento del procedimento.

Inoltre, la Corte, sempre nella sentenza Unicaja Banco, ha precisato che l’obbligo per gli Stati membri di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione implica, segnatamente per i diritti derivanti dalla direttiva 93/13, un’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva, che si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su tali diritti: infatti, in assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non può essere garantito.

Ne consegue che le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali non possono pregiudicare la sostanza del diritto, spettante ai consumatori in forza di tale disposizione, di non essere vincolati da una clausola reputata abusiva

La Corte ha altresì dichiarato, sempre in tema di giudicato implicito, che, nell’ipotesi in cui, nell’ambito di un precedente esame di un contratto controverso che abbia portato all’adozione di una decisione munita di autorità di cosa giudicata, il giudice nazionale si sia limitato ad esaminare d’ufficio, alla luce della Direttiva 93/13, una sola o talune delle clausole di tale contratto, detta direttiva impone a un giudice nazionale di valutare, su istanza delle parti o d’ufficio qualora disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine, l’eventuale carattere abusivo delle altre clausole di detto contratto.

La tutela del consumatore sarebbe garantita se, nel corso di un primo procedimento giurisdizionale, il giudice competente avesse effettuato il controllo del carattere eventualmente abusivo delle clausole del contratto, e tale esame, motivato per lo meno sommariamente, non abbia rivelato l’esistenza di alcuna clausola abusiva e il consumatore sia stato debitamente informato del fatto che, in assenza di appello entro il termine fissato dal diritto nazionale, gli resterebbe preclusa la possibilità di far valere l’eventuale carattere abusivo di siffatte clausole.

Pertanto, ricorda la Corte, il controllo da parte di un giudice dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali contenute in un contratto stipulato tra un consumatore e un professionista è conforme al principio di effettività alla luce della Direttiva 93/13, come interpretato dalla Corte in tema di giudicato implicito, se:

  • il consumatore è informato dell’esistenza di tale controllo e delle conseguenze che la sua passività comporta in materia di decadenza dal diritto di far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali
  • la decisione adottata a seguito di detto controllo è motivata in modo sufficiente per consentire di individuare le clausole esaminate in tale occasione e le ragioni, anche sommarie, per le quali il giudice ha ritenuto che dette clausole non avessero carattere abusivo.

Nel caso di specie, conformemente alla normativa nazionale applicabile, il principio dell’autorità di cosa giudicata osta a che un motivo rilevabile d’ufficio, come il carattere asseritamente abusivo di una clausola contrattuale, sia esaminato nell’ambito di un giudizio di rinvio, in circostanze in cui detto motivo non è stato dedotto o rilevato nel procedimento che ha dato luogo alla sentenza di cassazione e la deduzione di un siffatto motivo risulta, pertanto, necessariamente incompatibile con la natura del dispositivo della medesima.

Inoltre, le decisioni giudiziarie relative alla controversia principale non contenevano alcuna analisi, tanto da parte dei giudici di merito quanto da parte della Corte suprema di cassazione, del carattere eventualmente abusivo della clausola penale di cui trattasi nel procedimento principale.

Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, una decisione giudiziaria che riconosce implicitamente la validità di tale clausola penale è stata effettivamente adottata (c.d. giudicato implicito), dato che la decisione, presa dagli organi giurisdizionali nazionali, di ridurre l’ammontare della penale presuppone, logicamente, che detta clausola sia valida e produca effetti giuridici: pertanto, in virtù della normativa nazionale applicabile, un esame d’ufficio del carattere potenzialmente abusivo della clausola penale di cui trattasi si considera implicitamente avvenuto e coperto dall’autorità di cosa giudicata, e ciò anche in assenza di qualsiasi motivazione in tal senso.

Ciò, per il giudice del rinvio, rende impossibile il controllo richiesto dalla giurisprudenza della Corte UE, nonostante il fatto che un procedimento giudiziario vertente su tale clausola penale sia ancora in corso: ne consegue che tale normativa nazionale, che priva il consumatore degli strumenti procedurali che gli consentono di far valere i suoi diritti ai sensi della direttiva 93/13, è tale da rendere impossibile o eccessivamente difficile la tutela di detti diritti, pregiudicando così il principio di effettività.

Inoltre, promissari acquirenti hanno dato prova di completa passività e hanno invocato il carattere abusivo della clausola penale di cui trattasi solo nell’ambito del secondo ricorso in cassazione.

La Corte, anche se ricorda che il rispetto del principio di effettività non può supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato, tuttavia, nel caso di specie, dall’ordinanza di rinvio risulta che i promissari acquirenti hanno partecipato all’insieme delle diverse fasi del procedimento giurisdizionale e hanno invocato, anche solo nell’ambito del secondo ricorso in cassazione, il carattere abusivo della clausola penale oggetto di causa: pertanto, il loro comportamento non può essere qualificato come completamente passivo.

In conclusione, per al Corte, gli artt. 6 e 7 della Direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività e dell’art. 47 della Carta, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in virtù della quale l’applicazione del principio dell’autorità di cosa giudicata non consente al giudice nazionale, adito in un giudizio di rinvio a seguito di cassazione, di esaminare d’ufficio la nullità di una clausola contrattuale asseritamente abusiva qualora:

  • il motivo vertente sul carattere abusivo di tale clausola non sia stato invocato dal consumatore nel corso delle fasi precedenti del procedimento giurisdizionale
  • la nullità di una siffatta clausola non sia stata rilevata d’ufficio dagli organi giurisdizionali nazionali nell’ambito del procedimento che ha dato luogo alla sentenza di cassazione.
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