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Approfondimenti

Firme elettroniche e forma dei contratti bancari e finanziari

Questioni di diritto processuale, sostanziale e di contenzioso

12 Luglio 2022

Vittorio Pisapia, Partner Fondatore, Fivelex Studio Legale e Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

L’articolo approfondisce il tema dell’utilizzo delle firme elettroniche e dei documenti informatici con particolare attenzione ai riflessi di diritto processuale, sostanziale e di contenzioso nell’ambito dei contratti bancari e finanziari.


Parte I: Il documento informatico

I. – Il documento elettronico e le firme elettroniche

Per affrontare il tema delle firme elettroniche e della forma dei contratti (in particolare, in ambito bancario e finanziario), occorre muovere dalla nozione di “documento informatico”.

Infatti il tema della individuazione e della valenza delle diverse tipologie di firme è collegato alla nozione di documento sul quale una firma viene apposta, e, in particolare, a quella di “documento informatico

La nozione di “documento informatico è contenuta nell’art. 1, comma 1, del D.Lgs n. 82/2005, Codice dell’Amministrazione Digitale (“CAD”).

Occorre premettere che il CAD è applicabile non soltanto ai rapporti con la Pubblica Amministrazione.

Infatti l’art. 2, comma 3 stabilisce che “le disposizioni del presente Codice e le relative Linee guida concernenti il documento informatico, le firme elettroniche e i servizi fiduciari di cui al Capo II, la riproduzione e conservazione dei documenti di cui agli articoli 43 e 44, il domicilio digitale e le comunicazioni elettroniche di cui all’articolo 3-bis e al Capo IV, l’identita’ digitale di cui agli articoli 3-bis e 64 si applicano anche ai privati, ove non diversamente previsto”.

Dunque, la disciplina del documento informatico e delle firme elettroniche contenuta nel CAD si applica anche nei rapporti tra privati (l’art.1, comma 1-bis del CAD stabilisce poi che, “ai fini del presente Codice, valgono le definizioni di cui all’articolo 3 del Regolamento eIDAS”, ossia il Regolamento UE 910/2014 [“Reg. eIDAS”], attuato in Italia con il D. Lgs. 26 agosto 2016, n. 179).

Orbene, l’art. 1, comma 1, lett. p), CAD definisce il documento informatico “il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti[1].

II. – La formazione dei documento informatico: la conversione, il duplicato, la copia: le Linee Guida di cui all’art. 71 CAD

Ai sensi dell’art. 20, comma 1, CAD, “il documento informatico da chiunque formato, la memorizzazione su supporto informatico con strumenti informatici conformi alle regole tecniche di cui all’art. 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai sensi delle disposizioni del presente codice”.

Le regole tecniche, ovvero le linee guida, sono predisposte dall’Agenzia per l’Italia Digitale (“AgID”) ai sensi dell’art. 71 CAD[2].

L’art. 71 CAD attribuisce all’AgID un potere normativo regolamentare (sia pur formalmente amministrativo). Il che significa che le regole che l’AgID emana non sono (soltanto) mere norme tecniche, ma veri e propri regolamenti governativi.

Infatti la norma prevede che le Linee Guida sono attuative del CAD, e non semplicemente esplicative[3].

Al riguardo il Consiglio di Stato ha precisato che: a) le Linee guida dell’AgID “costituiscono un atto di regolazione di natura tecnica e hanno una valenza erga omnes e un carattere di vincolatività”; b)  “sotto il profilo della gerarchia delle fonti”, esse rappresentano “un atto di regolazione seppur di natura tecnica, con la conseguenza che le medesime dovrebbero ritenersi pienamente giustiziabili dinanzi al giudice amministrativo” (cfr. Consiglio di Stato, 8 marzo 2021, n. 1931).

Le ultime linee guida sono state pubblicate a maggio 2021 e successivamente modificate,  e sono entrate in vigore il 1° gennaio 2022[4].

III. – Segue: la conversione del documento informatico

1. – Quando di parla di conversione in relazione al documento informatico, si possono intendere due cose diverse: a) la conversione in documento informatico di un documento analogico; b) la conversione di un file (di regola word) in un formato idoneo per la diffusione e l’archiviazione del documento su cui apporre una firma digitale.

2. – Nel primo caso, la materia è regolata dall’art. 22 CAD[5], il quale stabilisce il principio per cui:

  1. la copia informatica di un documento analogico spedito o rilasciato da un depositario pubblico ha piena efficacia ai sensi degli artt. 2714 e 2715 c.c. se firmato con firma digitale, qualificata o avanzata o altra firma ai sensi dell’art. 71 CAD;
  2. la copia informatica di un documento analogico ha la stessa efficacia probatoria dell’originale se la sua conformità è attestata da notaio o altro pubblico ufficiale;
  3. la copia informatica di un documento analogico ha la stessa efficacia probatoria dell’originale se la sua conformità all’originale non è espressamente disconosciuta.

3. – La conversone di un file (di regola word) in un formato idoneo per la diffusione e l’archiviazione del documento su cui apporre una firma digitale può avvenire attraverso il formato PDF/A. Infatti il PDF/A è il formato più idoneo per la diffusione e l’archiviazione in quanto è quello che assicura la non alterabilità del documento[6].

IV. – Segue: il duplicato informatico

Il duplicato informatico è definito dall’art. 1, i-ter) CAD, come segue:

il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario”.

L’art. 23-bis del CAD (Duplicati e copie informatiche di documenti informatici) stabilisce quanto segue:

1. I duplicati informatici hanno il medesimo valore giuridico, ad ogni effetto di legge, del documento informatico da cui sono tratti, se prodotti in conformità alle Linee guida”.

Ciò significa che, a differenza della copia, il duplicato informatico non ha bisogno di alcuna attestazione.

V. – Segue: la copia del documento informatico

La copia informatica del documento informatico è definita dall’art. 1, comma, i-quater, CAD come segue:

il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui e’ tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari”.

L’art. 23-bis CAD prevede che:

Le copie e gli estratti informatici del documento informatico, se prodotti in conformità alle vigenti Linee guida, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale, in tutti le sue componenti, è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato o se la conformità non è espressamente disconosciuta”.

Viene qui riprodotto per le copie informatiche di documenti informatici il medesimo principio che vale per le copie informatiche di documenti analogici.

VI. – Il documento informatico non sottoscritto: l’art. 2712 c.c.

1. – Al documento informatico sono, in particolare, dedicati gli articoli 20-23-quater, del CAD, su cui torneremo dopo.

Il documento informatico non sottoscritto ha il valore dell’art. 2712 c.c., che prevede che: “Le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e di cose formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime”.

Documento informatico non sottoscritto è, ad esempio, un file PDF, oppure, secondo la giurisprudenza più recente della Cassazione, la semplice e-mail. In particolare, la Cassazione ha affermato che, “in materia di efficacia probatoria dei documenti informatici, il messaggio di posta elettronica (cosiddetta e-mail) costituisce un documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti che, seppure privo di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’articolo 2712 del cc e, pertanto, forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale viene prodotto non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime” (Cass., 27 ottobre 2021, n.30186).

In questa pronuncia, la Cassazione:

  1. riprende testualmente la nozione di “documento informatico” di cui all’art. 1, comma 1, lett. p), CAD;
  2. afferma che la semplice e-mail è un “documento informatico” “privo di firma”: in tal modo, la Cassazione sembra escludere, in contrasto con altra giurisprudenza (in particolare di merito), che la semplice e-mail integri la c.d. “firma elettronica leggera” (ma sul punto torneremo poi).

VII. – Il disconoscimento del documento informatico non sottoscritto

1. – Come si contesta un documento informatico ai sensi dell’art. 2712 c.c.?

Al riguardo la giurisprudenza è pacifica nell’affermare che, con riferimento alle riproduzioni di cui all’art. 2712 c.c., “il disconoscimento idoneo a farne perdere la qualità di prova, degradandole a presunzioni semplici, deve essere non solo tempestivo, soggiacendo a precise preclusioni processuali, ma anche chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta” (Cass., 13 maggio 2021, n.12794).

Il che significa che il disconoscimento: a) deve intervenire nella prima difesa utile rispetto alla produzione del documento informatico; b) deve essere specifico, non essendo sufficiente la mera contestazione della corrispondenza tra il contenuto del documento e la realtà fattuale (occorrendo, se non provare, quanto meno indicare perché non vi sarebbe tale corrispondenza).

2. – Occorre peraltro evidenziare che, ai sensi dell’art. 20, comma 1-bis, ultima parte, CAD:

l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità”.

Questo sembra significare che un documento informatico, ancorché disconosciuto ai sensi dell’art. 2712 c.c., può comunque essere valutato liberamente dal giudice, sia quanto alla sua idoneità a soddisfare il requisito della forma scritta, sia quanto al suo valore probatorio.

3. – Si noti che il principio di cui all’art. 20, comma 1-bis, ultima parte, CAD si applica anche al documento informatico sottoscritto con firma elettronica semplice (infatti, come vedremo tra breve, tale norma ha carattere residuale e si applica a ogni documento che non sia sottoscritto con “firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque” sia formato “previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore” (cfr. art. 20, comma 1-bis, prima parte, CAD).

4. – Infine occorre tener conto anche del principio generale di non-discriminazione espresso dall’art. 25 Regolamento eIDAS, per cui “a una firma elettronica non possono essere negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti gudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica o perché non soddisfa i requisiti per firme elettroniche qualificate.

***

Parte II: Le firme elettroniche

I. – La tipologia di firme elettroniche

1. – Tanto premesso, passiamo ora alle firme elettroniche, che sono definite dal Reg. eIDAS e dal CAD.

Le firme elettroniche possono essere classificate secondo la seguente ripartizione:

  1. firma elettronica (semplice o leggera): è l’insieme di “dati in forma elettronica, acclusi oppure connessi tramite associazione logica ad altri dati elettronici e utilizzati dal firmatario per firmare”: è il caso, ad esempio, secondo parte della giurisprudenza di merito e della dottrina, della semplice e-mail, del “point and click” ovvero, secondo alcuni, della “firma immagine” (art. 3, comma 1, n. 10, Reg. eIDAS)[7]; è il caso inoltre del PIN associato a una carta di credito o a un bancomat; in particolare, la dottrina ha definito la firma elettronica (semplice) “un metodo di identificazione informatica” (Farina, cit., 138);
  2.  firma elettronica avanzata: è quella che: “a) è connessa unicamente al firmatario; b) è idonea a identificare il firmatario; c) è creata mediante dati per la creazione di una firma elettronica che il firmatario può, con un elevato livello di sicurezza, utilizzare sotto il proprio esclusivo controllo; e d) è collegata ai dati sottoscritti in modo da consentire l’identificazione di ogni successiva modifica di tali dati” (art. 26 Reg. eIDAS); è il caso, ad esempio, della firma grafometrica, “che raccoglie i dati biometrici del firmatario (come la pressione, la velocità di firma, il tratto ecc.) e li unisce, in maniera permanente, al documento da sottoscrivere” (Farina, cit., 138); l’utilizzo della firma elettronica avanzata presuppone che ci sia un accordo delle parti in tal senso (a differenza della firma digitale che è opponibile erga omnes)[8];
  3. firma elettronica qualificata: è quella “creata da un dispositivo per la creazione di una firma elettronica qualificata e basata su un certificato qualificato per firme elettroniche” (Reg. eIDAS, art. 2, comma 1, n. 12); tale firma garantisce la possibilità di riferire, in modo univoco, un determinato documento informatico al suo sottoscrittore; si caratterizza, inoltre, per il fatto che ad essa sono collegati un certificato di firma (ossia un documento informatico che certifica, appunto, l’identità del sottoscrittore) e un dispositivo fisico per la creazione della firma, come, ad esempio, una chiavetta USB;
  4.  firma digitale: è “basata su un su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare di firma elettronica tramite la chiave privata e a un soggetto terzo tramite la chiave pubblica, rispettivamente, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrita’ di un documento informatico o di un insieme di documenti informatici” (art. 1, lettera s, CAD).

E’ importante precisare che, ai sensi dell’art. 1, lett. s) CAD, la firma digitale è “un particolare tipo di firma qualificata”.

II. – Segue. In particolare: la firma digitale

La firma digitale è il è risultato della combinazione della “crittografia simmetrica” con il codice Hash.

La crittografia asimettrica assicura che quella determinata firma sia riferibile in modo univoco a un determinato sottoscrittore.

Il codice Hash identifica il documento su cui viene apposta la forma e ne garantisce l’integrità.

III. – Firme elettroniche, forma scritta ed efficacia ex art. 2702 c.c.

1.- Fatte queste precisazioni preliminari, passiamo ora ad affrontare il tema del rapporto tra firme elettroniche e forma scritta dei contratti, sia in generale, che con specifico riferimento ai contratti bancari e finanziari.

A questo riguardo vengono in considerazione gli articoli 20 e seguenti del CAD[9] e, in particolare, gli articoli 20 e 21.

2. – Per cogliere la portata di tali norme, occorre distinguere: a) il tema della forma scritta da quello b) dell’efficacia della scrittura privata prevista dall’art. 2702 c.c.

Un documento elettronico può soddisfare il requisito della forma scritta ma non avere l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c.

Ed invero, ai sensi dell’art. 2702 c.c. “(Efficacia della scrittura privata)”, “la scrittura privata fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione, ovvero se questa è legalmente considerata come riconosciuta”.

Il che vuol dire che il documento informatico sottoscritto con firma digitale, altro tipo di firma qualificata o con firma elettronica avanzata, oltre a soddisfare il requisito della forma scritta (fatti salvi i casi di cui ai nn. 1-12 del 1° comma dell’art. 1350 c.c., su cui torneremo tra breve), fa piena prova, ossia vincola il giudice, quanto alla provenienza della dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta, e ciò fino a querela di falso.

3. – Se invece un documento informatico non è sottoscritto con tali modalità, ma, ad esempio, soltanto con una firma elettronica semplice (ad esempio, per chi ritiene che lo sia, la e-mail), ai sensi dell’ultima parte del comma 1-bis dell’art. 20 CAD, “l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità”.

Il che significa che: a) non è escluso che il documento possa soddisfare il requisito della forma scritta, ma ciò sarà valutabile dal giudice; b) mentre è escluso che il documento, in quanto tale, possa avere l’efficacia di cui all’art. 2702 c.c., di cui si è detto.

4. – Chiarito questo aspetto, occorre tornare sul requisito della forma scritta ai sensi degli articoli 20 e 21 CAD.

Affinché un documento informatico soddisfi il requisito della forma scritta con quale tipologia di firma elettronica deve essere firmato?

La regola generale, desumibile dall’art. 20 CAD è quella per cui tale requisito, ove sia previsto ad substantiam o ad probationem, è soddisfatto se “vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 alle Linee guida”.

Dunque, non solo la firma qualificata e la firma digitale, ma anche la semplice firma elettronica avanzata (ad esempio, la firma grafometrica) soddisfa il requisito della forma scritta.

Tale regola subisce, però, un’eccezione, prevista dall’art. 21 CAD, per “le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile, se fatte con documento informatico”, che, infatti, “sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale” (salvo che non si tratti di scritture autenticate).

Il medesimo art. 21 CAD prevede poi che, per “gli atti di cui all’articolo 1350, numero 13) del codice civile redatti su documento informatico o formati attraverso procedimenti informatici” è prevista,  a pena di nullità” la sottoscrizione “con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale ovvero sono formati con le ulteriori modalita’ di cui all’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo”. In altre parole, per questi atti torna in vigore la regola generale di cui all’art. 20, comma 1-bis CAD.

5. – Dunque, riepilogando: a) la regola generale di cui all’art. 20 CAD è che la firma elettronica avanzata, qualificata e digitale ovvero la formazione del documento ai sensi dell’art. 71 CAD soddisfano al contempo il requisito della forma scritta e attribuiscono alla scrittura l’efficacia dell’art. 2702 c.c.; b) l’eccezione a tale regola, prevista dall’art. 21 CAD, è che, per i contratti di cui ai nn. 1-12 del prima comma dell’art. 1350 c.c. sono necessarie la firma digitale o quella qualificata; non è invece sufficiente la mera firma avanzata; c) In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità”.

IV – I contratti bancari e finanziari e l’ordinanza della Cassazione del 9 aprile 2021, n. 9413

1. – Alla luce delle considerazioni che precedono, possiamo ora affrontare il tema della forma scritta dei contratti bancari e finanziari.

Al riguardo va ricordato che la disciplina della forma dei contratti bancari e finanziari è contenuta, rispettivamente, nel TUB e nel TUF.

In particolare, sia l’art. 117 TUB che l’art. 23 TUF prescrivono che il contratto debba essere “redatto” “per iscritto”.

Torneremo tra breve su queste norme; prima infatti occorre occuparsi della nota ordinanza della Cassazione del 9 aprile 2021, n. 9413.

2. – Con tale ordinanza la Cassazione ha affermato che “la mera firma elettronica”, cioè la “firma digitale leggera”, apposta (…) per mezzo del point and click”, soddisfa il requisito della forma scritta allorché ne sia prescritta l’adozione ad substantiam”.

La vicenda oggetto della decisione risaliva a un periodo in cui era applicabile l’art. 10 d.P.R. n. 445/2000, come modficato dall’art. 6 d.lgs 23 gennaio 2002, n. 10[10].

La disposizione prevedeva che la firma elettronica (così genericamente indicata era idonea a soddisfare il requisito dei contratti per i quali era prevista la forma scritta (senza alcuna distinzione tra la forma scritta ex art. 1350 c.c. e quella prevista da altre normative); la differenza della firma elettronica semplice rispetto alla firma avanzata e qualificata digitale stava in ciò: soltanto queste ultime due firme attribuivano (come ancora attribuiscono) al documento il valore di cui all’art. 2702 c.c. (cfr. art. 10, comma 3, d.P.R. 445/2000), valore di cui abbiamo già detto sopra.

3. – Dunque, è questo il senso dell’ordinanza, riferita alla fattispecie: nel vigore dell’art. 10 d.P.R. n. 445/2000, il requisito della forma scritta anche ex art. 1350 c.c. era assolto anche dalla sola firma elettronica semplice, mentre oggi, nel vigore del CAD, il principio è quello espresso dall’art. 21, comma 2-bis CAD sopra riportato.

4. – L’ordinanza, sia pure in un passaggio incidentale, afferma, peraltro – in coerenza con il CAD vigente – il principio che il CAD impone la firma qualificata o digitale solo per i contratti per i quali è richiesta la forma scritta ex art. 1350, comma 1, nn. 1-2, c.c. (ovvero almeno la firma avanzata per gli atti di cui al n. 13 dell’art. 1350 c.c.)

La Cassazione ne trae la conseguenza che, anche nel CAD vigente, tali tipologie di firme non sono richieste, a pena di nullità, per i contratti per i quali la forma scritta sia prevista da una disposizione diversa, come i contratti bancari e finanziari (cfr. artt. 20 e 21 CAD).

In altre parole, l’ordinanza sembra affermare che per i contratti bancari e finanziari potrebbe essere sufficiente, ai fini della validità, anche la sola firma elettronica semplice.

5. – Tale passaggio è stato criticato in dottrina; si è, in particolare, affermato che la firma almeno avanzata per i contratti bancari e finanziari sarebbe richiesta dall’art. 21 CAD laddove questo rinvia agli atti di cui al n. 13 dell’art. 1350 c.c., ossia agli altri “specialmente indicati dalla legge”.

Tra tali atti dovrebbero ricomprendersi anche i contratti bancari e finanziari, che pure dovrebbero “farsi per iscritto” ai sensi, rispettivamente, degli artt. 117 TUB e 23 TUF.

Senonché vi è una differenza tra gli atti che devono “farsi per iscritto”, ossia stipulati per iscritto ai sensi dell’art. 1350 c.c., e i contratti bancari e finanziari, che, come si è visto, devono soltanto essere “redatti per iscritto”, ossia non conclusi per iscritto.

Al riguardo occorre richiamare la giurisprudenza della Cassazione in tema di contratti monofirma; tale giurisprudenza ha definitivamente chiarito  che la forma scritta prevista per i contratti in materia finanziaria e bancaria (art. 23 TUF e 117 TUB) non ha la stessa natura di quella prevista dall’art. 1350 c.c.

Infatti, proprio alla luce della ricordata formulazione di tali norme del TUB e del TUF, la Cassazione ha tratto la conclusione che tale requisito di forma “ha natura funzionale e non strutturale”, ossia informare il cliente del contenuto del contratto; ciò con l’ulteriore conseguenza che il requisito è “assolto se il contratto è sottoscritto dal solo cliente cui una copia deve essere consegnata” (cfr., tra le ultime, Cass., 2 aprile 2021, n. 9196, in tema di art. 117 TUB).

Dunque, il ragionamento, pur sintetico svolto dall’ordinanza del 2021, non pare errato.

6. – Piuttosto, si tratta di verificare se, in realtà, la necessità della firma almeno avanzata non possa ritenersi prevista dal comma 1-bis dell’art. 20 CAD, ossia dalla regola generale di cui già si è detto.

Ad avviso di chi scrive, la risposta deve essere negativa.

Infatti tale norma, a differenza dell’art. 21 CAD, non prevede l’utilizzo di tale tipologie di firme a pena di nulltà, ma si limita a prevedere che la firma avanzata, la firma qualifcata e quella digitale soddisfano il requisito della forma scritta (oltre ad attribuire alla scrittura l’efficacia dell’art. 2702 c.c.).

V. – Il disconoscimento della firma elettronica e l’istanza di verificazione

1. – Le considerazioni che precedono consentono di introdurre il tema finale della nostra analisi, ossia quello del disconoscimento della firma elettronica e dell’istanza di verificazione.

In generale, come noto, qualsivoglia documento è, di regola, suscettibile di essere disconosciuto quanto alla sua provenienza da chi lo ha sottoscritto nei termini e nei limiti di cui agli artt. 2702 e 2703 c.c. e 214 e ss. c.p.c.

In particolare, può essere disconosciuta la scrittura: a) che non sia stata già riconosciuta, anche tacitamente; b) che non sia considerata legalmente riconosciuta.

Ai sensi dell’art. 2703 c.c. è considerata legalmente riconosciuta la sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato (atto pubblico o scrittura privata autenticata).

Ai sensi dell’art. 215 c.p.c., la scrittura si ha processualmente per riconsciuta quando, in particolare, la parte contro cui è stata prodotta non la disconosce nella prima udienza o risposta successiva alla sua produzione; in caso di disconoscimento, è onere della parte che ha prodotto il documento e che intenda valersi della scrittura formulare istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c. (in mancanza della quale il documento non può più essere utilizzato in giudizio).

Nei confronti della scrittura privata riconosciuta o da considerarsi legalmente riconosciuta l’unico rimedio esperibile è la querela di falso, ossia quella scrittura fa piena prova della sua provenienza da chi l’ha sottoscritta fino a querela di falso; piena prova significa che la scrittura, quanto alla sua provenienza, non è liberamente valutabile dal giudice.

2. – Così riepilogati i principi in tema di disconoscimento e istanza di verificazione, occorre verificare se e in che termini essi possano essere riferiti al documento informatico e alle firme elettroniche.

Una prima questione è anzitutto se sia suscettibile di disconoscimento il documento informatico che non sia sottoscritto o che sia sottoscritto con firma leggera.

Per impostare la questione, occorre considerare che in tanto ha senso porsi la questione del disconoscimento di un documento in quanto, in mancanza di disconoscimento, a quel documento sia riconosciuta dalla legge una qualche efficacia e, in particolare, per quanto qui interessa, l’efficacia di cui all’art. 2702 c.c. (piena prova della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta).

Orbene, come si è visto, l’art. 20, comma 1-bis del CAD stabilisce che “Il documento informatico (…) ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi e’ apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalita’ tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilita’ all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità”.

Ne segue che non hanno l’efficacia ex art. 2702 c.c.: a) né il documento non sottoscritto; b) né il documento sottoscritto con “firma leggera.

Per tali documenti, dunque, non si pone, neanche in astratto, un tema di possibilità di disconoscimento ex art. 2702 c.c. ovvero ex art. 214 c.p.c.

Essi possono, quindi, essere contestati e/o disconosciuti ai sensi dell’art. 2712 c.c., tenendo presente peraltro il principio stabilito dal CAD per cui il loro valore probatorio è liberamente valutabile in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità.

3. – La questione del disconoscimento dell’efficacia ex art. 2702 c.c. si pone, quindi, soltanto per i documenti sottoscritti con “firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrità e immodificabilità del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilità all’autore”.

Al riguardo, in dottrina, si sono proposte due differenti interpretazioni del principio per cui il documento sottoscritto nei termini di cui sopra ha l’efficacia di cui all’art. 2702 c.c.:

  1. secondo una prima tesi, l’art. 2702 c.c. sarebbe applicabile nella sua interezza; ne seguirebbe che la scrittura informatica sarebbe suscettibile di essere disconosciuta e la firma elettronica assogettabile a un procedimento di verificazione[11];
  2. secondo altra tesi, il CAD avrebbe inteso rinviare, non all’art. 2702 c.c. nella sua interezza, ma solo al principio relativo all’efficacia prevista da tale norma; in altre parole, secondo questa tesi, il documento “avrebbe fin da subito l’efficacia di scrittura privata legalmente riconosciuta[12]; ne seguirebbe che esso farebbe piena prova fino a querela di falso.

4. – Alla stregua di quanto sopra, il tema del disconoscimento e dell’istanza di verificazione si pone, quindi, solo se si ritiene di aderire alla prima tesi, secondo cui l’art. 2702 c.c. sarebbe applicabile in toto.

Al riguardo, secondo una prima tesi, il procedimento di verificazione della firma elettronica non potrebbe che essere difforme rispetto a quello previsto dall’art. 216 c.p.c.

Secondo una diversa tesi, che fa leva sul tenore dell’art. 20, comma 1-ter CAD (“L’utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume riconducibile al titolare di firma elettronica, salvo che questi dia prova contraria”), ai fini dell’efficacia ex art. 2702 c.c. non basterebbe “che su di essa risulti apposti la firma attribuita al titolare del dispositivo, ma” sarebbe “necessario che tale firma sia stata apposta mediante l’utilizzo del dispositivo di firma e con gesto intenzionale del suo autore[13].

In questa prospettiva, con riguardo alla firma qualificata o digitale (la presunzione di cui all’art. 20, comma 1-ter CAD non vale per la firma avanzata, quale la firma grafometrica):

  1. chi ha prodotto il documento informatico deve fornire la prova dell’utilizzo del dispositivo di firma da parte del titolare; prova che di regola può essere fornita mediante l’attestato digitale che fa parte del documento (cfr. art. 1 lett. e) e f) CAD) e con la certificazione per cui la chiave utilizzata per firmare appartiene a una coppia generata dal dispositivo attribuito al firmatario (cfr. art. 32, comma 3,, lett. a) CAD)[14];
  2. chi, invece, intende disconoscere la propria firma digitale ha l’onere di provare: (i) che il dispositivo di firma non gli appartiene ovvero (ii) che tale dispositivo è stato utilizzato non da lui, e contro la sua volontà; al riguardo, infatti, ai sensi dell’art. 20, comma 1-ter, CAD, “l’utilizzo del dispositivo di firma elettronica qualificata o digitale si presume riconducibile al titolare di firma elettronica, salvo che questi dia prova contraria”. Occorre però considerare che l’art. 32 CAD stabilisce che “il titolare del certificato di firma è tenuto ad assicurare la custodia del dispositivo di firma o degli strumenti di autenticazione informatica per l’utilizzo del dispositivo di firma da remoto, e ad adottare tutte le misure organizzative e tecniche idonee ad evitare danno ad altri; è altresì tenuto ad utilizzare personalmente il dispositivo di firma”. A questa stregua, si pone la questione se sia sufficiente la prova che il dispositivo sia stato utilizzato da altri, ovvero non sia anche necessario dimostrare, oltre al fatto che ciò sarebbe avenuto contro la volontà del titolare, che questi abbia custodito con diligenza tale dispositivo e che la perdita del relativo controllo non gli è imputabile.

5. Un’applicazione interessante dei principi di cui sopra è rappresentata da una recente sentenza della Corte d’Appello di Milano (App. Milano, 16 dicembre 2021).

In quel caso una società titolare di una firma digitale aveva disconosciuto la firma apposta su un contratto autonomo di garanzia.

In particolare, la società: a) non aveva contestato la riferibilità della firma digitale alla società, ma aveva addotto un abusivo utilizzo della stessa ad opera di colui (lo studio del commercialista) che era depositario della relativa strumentazione; b) per dimostrare l’asserito abusivo utilizzo, aveva fatto riferimento, in particolare, a una denuncia-querela da lei sporta in sede penale, ed a quanto ivi narrato.

Orbene, per quanto qui interessa, la Corte d’Appello ha affermato che questa circostanza, ossia la presentazione della querela, non era idonea “a superare la presunzione di riferibilità del contenuto del documento in capo al titolare della firma elettronica”; dato che “alcun elemento probatorio può essere desunto da un atto di parte, ove chi lo redige fornisce la propria versione dei fatti”.

 

[1] In relazione al tema della forma del documento elettronico, su cui torneremo poi, è stato osservato che “il documento elettronico sta alla forma scritta come la sottoscrizione sta alla firma digitale” (M. Farina, Elementi di diritto dell’informatica, Milano, 2019).

 [2] L’art. 71 CAD prevede quanto segue: “Regole tecniche. 1. L’AgID, previa consultazione pubblica da svolgersi entro il termine di trenta giorni, sentiti le amministrazioni competenti e il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, nonche acquisito il parere della Conferenza unificata, adotta Linee guida contenenti le regole tecniche e di indirizzo per l’attuazione del presente Codice. Le Linee guida divengono efficaci dopo la loro pubblicazione nell’apposita area del sito Internet istituzionale dell’AgID e di essa ne è data notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Le Linee guida sono aggiornate o modificate con la procedura di cui al primo periodo”.

[3] Le Linee Guida hanno sostituito i precedenti DPCM, originariamente previsti dal CAD.

[4] L’art. 2.1.1. delle Linee Guida sulla formazione del documento informatico, il quale prevede, per quanto qui interessa, quanto segue: “Il documento informatico è formato mediante una delle seguenti modalità:

  1. realizzazione tramite l’utilizzo di strumenti software o servizi icloud qualificati che assicurino la produzione di documenti nei formati e nel rispetto delle regole di interoperabilità di cui all’allegato 2;
  2. acquisizione di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico, acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico;
  3. memorizzazione su supporto informatico in formato digitale delle informazioni risultanti da transazioni o processi informatici o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari resi disponibili all’utente;
  4. generazione o raggruppamento anche in via automatica di un insieme di dati o registrazioni, provenienti da una o più banche dati, anche appartenenti a più soggetti interoperanti, secondo una struttura logica predeterminata e memorizzata in forma statica.

Il documento informatico deve essere identificato in modo univoco e persistente”.

L’allegato 2 contiene l’elencazione dei formati conformi alle Linee Guida.

Dal 16 giugno 2022 sono in consultazione pubblica le Linee Guida relative alle regole tecniche sull’apertura dei dati e il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (https://www.agid.gov.it/index.php/it/agenzia/stampa-e-comunicazione/notizie/2022/06/16/open-data-consultazione-linee-guida).

[5]Art. 22 – Copie informatiche di documenti analogici

1. I documenti informatici contenenti copia di atti pubblici, scritture private e documenti in genere, compresi gli atti e documenti amministrativi di ogni tipo formati in origine su supporto analogico, spediti o rilasciati dai depositari pubblici autorizzati e dai pubblici ufficiali, hanno piena efficacia, ai sensi degli articoli 2714 e 2715 del codice civile, se sono formati ai sensi dell’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo. La loro esibizione e produzione sostituisce quella dell’originale.

1-bis. La copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico è prodotta mediante processi e strumenti che assicurano che il documento informatico abbia contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto, previo raffronto dei documenti o attraverso certificazione di processo nei casi in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell’originale e della copia.

2. Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono estratte, se la loro conformità è attestata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, secondo le regole tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 71.

3. Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta.

4. Le copie formate ai sensi dei commi 1, 1-bis, 2 e 3 sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali formati in origine su supporto analogico, e sono idonee ad assolvere gli obblighi di conservazione previsti dalla legge, salvo quanto stabilito dal comma 5.

5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri possono essere individuate particolari tipologie di documenti analogici originali unici per le quali, in ragione di esigenze di natura pubblicistica, permane l’obbligo della conservazione dell’originale analogico oppure, in caso di conservazione sostitutiva, la loro conformità all’originale deve essere autenticata da un notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato con dichiarazione da questi firmata digitalmente ed allegata al documento informatico”.

[6] La firma digitale può essere apposta in modalità CADES o PADES. Come precisato anche dalla giurisprudenza, “nel caso di firma digitale apposta con modalità PAdES, viene utilizzato un documento in formato .pdf e il file contenente la firma digitale viene inglobato insieme al documento stesso: la modalità PAdES infatti (a differenza della modalità CADES) permette di firmare solo documenti in formato .pdf e un documento, una volta firmato con modalità PAdES, mantiene il suo nome, ossia .pdf. Per verificare una firma digitale apposta con modalità PAdES e per visualizzare il documento firmato, è quindi sufficiente utilizzare un qualsiasi software per la lettura dei file .pdf come Acrobat Reader” (App. Palermo, 9 novembre 2021, inedita).

[7] Nel senso che la semplice e-mail integra una firma elettronica leggera: cfr. Trib. Termini Imerese, 22 maggio 2015, in www.dejure.it; Trib. Lecce, 25 giugno 2019, in www.dejure.it; App. Perugia, 25 gennaio 2010, in www.dejure.it; Trib. Pavia, 18 marzo 2017, in www.dejure.it. In particolare, anche in dottrina si è ritenuto che l’inserimento di password e usernamenecessari nella fase iniziale di accesso al server di posta elettronica, possano considerarsi ‘associazione logica e di conseguenza ciascuna e-mail sarebbe dotata di firma elettronica” (Farina, Op. cit., 137).

Al riguardo va segnalata Cass., 8 marzo 2018, n. 5523, che ha precisato che “il messaggio di posta elettronica è riconducibile alla categoria dei documenti informatici, secondo la definizione che di questi ultimi reca il d.lgs. n. 82 del 2005, art. 1, comma 1, lett. p), (documento informatico: il documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti), riproducendo, nella sostanza, quella già contenuta nel d.p.r. n. 445 del 2000, art. 1, comma 1, lett. b). Quanto all’efficacia probatoria dei documenti informatici, l’art. 21 del medesimo d.lgs., nelle diverse formulazioni, ratione temporis vigenti, attribuisce l’efficacia prevista dall’art. 2702 c.c. solo al documento sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, mentre è liberamente valutabile dal giudice, ai sensi del d.lgs. n. 82 del 2005, art. 20, l’idoneità di ogni diverso documento informatico (come l’e-mail tradizionale) a soddisfare il requisito della forma scritta, in relazione alle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità”. Si veda nel medesimo senso: App. Lecce, 18 maggio 2022, in www.dejure.it. Cfr. anche Trib. Milano, 20 gennaio 2022, inedita, che ha affermato quanto segue: “quanto al valore probatorio della mail si osserva che in linea generale si tratta di documenti che hanno piena efficacia di prova dei fatti e delle cose in esse rappresentate, rientrando tra le riproduzioni informatiche e le rappresentazioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c., se colui contro il quale viene prodotto il documento non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose in esse rappresentate ( cfr Cass. N. 11606 del 14.5.2018 : “Ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. p), d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale), la e-mail costituisce un “documento informatico”, ovvero un “documento elettronico che contiene la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”. L’e-mail, pertanto, seppur priva di firma, rientra tra le riproduzioni informatiche, ovvero fra le rappresentazioni meccaniche indicate, con elencazione non tassativa, dall’art. 2712 c.c., e dunque forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, se colui contro il quale viene prodotta non ne disconosca la conformità ai fatti o alle cose medesime (arg. già da Cass. Sez. 3, 24/11/2005, n. 24814).Si veda anche la già citata Cass., 27 ottobre 2021, n.30186, secondo cui la e-mail rappresenta un documento elettronico non sottoscritto.

[8] Cfr. Trib. Ferrara, 28 settembre 2020, in www.dejure.it: “il valore della  firma grafometrica (…) è assimilabile alla scrittura privata (art. 5, comma 2, l. 59/97). La firma grafometrica è infatti un tipo di firma elettronica avanzata, con valore legale, che richiede sostanzialmente l’impiego di un tablet o uno schermo sensibile e di una pen drive. In genere nel tablet è riprodotto il documento che deve essere sottoscritto, come se fosse un documento cartaceo vero e proprio, con l’unica differenza che la firma viene apposta sullo schermo del tablet, grazie all’impiego di una penna ‘particolare’. In questo modo il sistema acquisisce i parametri biometrici tipici di quella firma e li codifica creando un legame univoco e inscindibile tra questa e il documento. La firma acquisita viene in questo modo associata al documento informatico (formato PDF) che ne riproduce il contenuto e lo rende visibile sullo schermo per impedire che il testo da sottoscrivere venga alterato. (…) Per cui anche per la firma grafometrica valgono le stesse regole applicabili alla firma su un documento cartaceo, ossia la stessa fa piena prova se chi ha apposto detta firma la riconosce come propria; non ha valore di prova se il presunto firmatario nega formalmente la sua sottoscrizione, come nel caso di specie (art. 214 c.p.c.). Spetterà quindi alla parte che intende avvalersi del documento sottoscritto presentare istanza di verificazione (art. 216 c.p.c.)”.

[9] In particolare, sono rilevanti i seguenti articoli:

Articolo 20

(Validità ed efficacia probatoria dei documenti informatici),

1-bis: “Il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l’efficacia prevista dall’articolo 2702 del Codice civile quando vi è apposta una firma digitale, altro tipo di firma elettronica qualificata o una firma elettronica avanzata o, comunque, è formato, previa identificazione informatica del suo autore, attraverso un processo avente i requisiti fissati dall’AgID ai sensi dell’articolo 71 con modalità tali da garantire la sicurezza, integrita’ e immodificabilita’ del documento e, in maniera manifesta e inequivoca, la sua riconducibilita’ all’autore. In tutti gli altri casi, l’idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio, in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrita’ e immodificabilita. La data e l’ora di formazione del documento informatico sono opponibili ai terzi se apposte in conformita’ alle Linee guida”.

Articolo 21 (Ulteriori disposizioni relative ai documenti informatici, sottoscritti con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale)

2-bis: “Salvo il caso di sottoscrizione autenticata, le scritture private di cui all’articolo 1350, primo comma, numeri da 1 a 12, del codice civile, se fatte con documento informatico, sono sottoscritte, a pena di nullità, con firma elettronica qualificata o con firma digitale. Gli atti di cui all’articolo 1350, numero 13) del codice civile redatti su documento informatico o formati attraverso procedimenti informatici sono sottoscritti, a pena di nullità, con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale ovvero sono formati con le ulteriori modalità di cui all’articolo 20, comma 1-bis, primo periodo”.

[10] Riportiamo qui, per comodità, il contenuto dell’articolo vigente dal 2 marzo 2002 al 31 dicembre 2005:

1. “Il documento informatico ha l’efficacia probatoria prevista dall’articolo 2712 del codice civile, riguardo ai fatti ed alle cose rappresentate.

2. Il documento informatico, sottoscritto con firma elettronica, soddisfa il requisito legale della forma scritta. Sul piano probatorio il documento stesso e’ liberamente valutabile, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità e sicurezza. Esso inoltre soddisfa l’obbligo previsto dagli articoli 2214 e seguenti del codice civile e da ogni altra analoga disposizione legislativa o regolamentare.

3. Il documento informatico, quando e’ sottoscritto con firma digitale o con un altro tipo di firma elettronica avanzata, e la firma é basata su di un certificato qualificato ed é generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, fa inoltre piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritto.

4. Al documento informatico, sottoscritto con firma elettronica, in ogni caso non può essere negata rilevanza giuridica né ammissibilità come mezzo di prova unicamente a causa del fatto che è sottoscritto in forma elettronica ovvero in quanto la firma non è basata su di un certificato qualificato oppure non é basata su di un certificato qualificato rilasciato da un certificatore accreditato o, infine, perché la firma non è stata apposta avvalendosi di un dispositivo per la creazione di una firma sicura.

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche se la firma elettronica è basata su di un certificato qualificato rilasciato da un certificatore stabilito in uno Stato non facente parte dell’Unione europea, quando ricorre una delle seguenti condizioni:

  1.  il certificatore possiede i requisiti di cui alla direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, ed e’ accreditato in uno Stato membro;
  2.  il certificato qualificato é garantito da un certificatore stabilito nella Comunità europea, in possesso dei requisiti di cui alla medesima direttiva;
  3.  il certificato qualificato, o il certificatore, è riconosciuto in forza di un accordo bilaterale o multilaterale tra la Comunità e Paesi terzi o organizzazioni internazionali.

6. Gli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto sono assolti secondo le modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze”.

[11] Cfr. in argomento Buonomo-Merone, La scrittura privata informatica: firme elettroniche, valore probatorio e disconoscimento in giudizio, in Dir. Informatica, fasc. 2, 2013, 255 e ss. e la dottrina ivi richiamata. Cfr. in giurisprudenza la già citata Trib. Ferrara 28 settembre 2020, cit: “anche per la firma grafometrica valgono le stesse regole applicabili alla firma su un documento cartaceo, ossia la stessa fa piena prova se chi ha apposto detta firma la riconosce come propria; non ha valore di prova se il presunto firmatario nega formalmente la sua sottoscrizione, come nel caso di specie (art. 214 c.p.c.). Spetterà quindi alla parte che intende avvalersi del documento sottoscritto presentare istanza di verificazione (art. 216 c.p.c.)”. Per una fattispecie in cui correttamente si è ritenuto che non operasse “la presunzione legale disposta dal Codice dell’Amministrazione Digitale agli art. 20 e ss.” (con onere, quindi, della prova della veridicita della firma a carico di chi aveva prodotto il documento) si veda Trib. Napoli, 18 maggio 2022,  in www.dejure.it. In quel caso il Tribunale aveva rilevato che i documenti non erano stati “sottoscritti con sistemi riconducibili alla firma digitale, ovvero ad altro tipo di firma elettronica qualificata o avanzata”; essi riportavano, infatti, una presunta “firma elettronica, da intendersi quale trasposizione elettronica di sottoscrizione analogica, priva di efficacia probatoria privilegiata”.

[12] Cfr. Buonomo-Merone, La scrittura privata informatica: firme elettroniche, valore probatorio e disconoscimento in giudizio, cit.

[13] Cfr. Buonomo-Merone, La scrittura privata informatica: firme elettroniche, valore probatorio e disconoscimento in giudizio, cit.

[14] Cfr. Trib. Milano, 23 febbraio 2021, in www.dejure.it, che precisa che occorre provare che “la firma digitale (…) sia basata su un certificato qualificato e, quindi, sia rispettosa delle regole tecniche che consentono l’identificazione informatica dell’autore della firma digitale”.

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