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Giurisprudenza

L’erronea perizia dell’esperto, ex art. 63 d.lgs. 270/99, non viola una norma inderogabile

31 Marzo 2016

Beatrice Casaccia

Cassazione Civile, Sez. Unite, 24 novembre 2015, n. 23894

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza n. 23894/2015 la Suprema Corte esamina in quale misura all’art. 62 e 63 d.lgs. 270/1999 debba riconoscersi la natura di norme imperative e in che limiti, dunque, è possibile dichiarare la nullità degli atti adottati difformemente da quanto in esse previsto.

Il caso di specie vedeva contrapposte una società in amministrazione straordinaria, che aveva ceduto il proprio complesso aziendale ex art. 62 e 63 d.lgs. 270/99 e, dall’altra parte, taluni istituti di credito che ricorrevano – in qualità di creditori ipotecari – al fine di ottenere la declaratoria di nullità ex art. 1428 c.c. di suddette cessioni e degli atti ad esse prodromici. Le banche lamentavano, in particolare, il mancato rispetto delle citate disposizioni ravvisando, in concreto, l’erronea valutazione del complesso aziendale oggetto di cessione e, di conseguenza,  l’incongruità del prezzo di vendita, venendo così meno il principio del “miglior realizzo” per i creditori. Il Tribunale adito accoglieva il ricorso con provvedimento confermato, poi, dai giudici di seconde cure. L’Amministrazione straordinaria ricorreva per Cassazione.

La Cassazione ha affermato – nel risolvere il primo dei motivi di ricorso sollevati dall’Amministrazione straordinaria – la giurisdizione del giudice ordinario per le impugnazioni contro gli atti e i provvedimenti lesivi di diritti soggettivi, relativi alla liquidazione dei beni di imprese in amministrazione straordinaria, come chiaramente prescritto dall’art. 65 d.lgs. 270/99; escludendo, quindi, la prospettata competenza del giudice amministrativo.

Con riferimento alla questione della nullità del contratto di cessione del complesso aziendale per la violazione degli art. 62 e 63 d.lgs. 270/99, la Corte, da un lato, ha ribadito il principio, già espresso nella decisione n. 12247/09, per cui tali regole costituiscono un limite inderogabile al potere del commissario straordinario nell’espletamento delle attività richieste per pervenire all’alienazione dei beni dell’imprenditore insolvente, assumendo il carattere di norme imperative. Dall’altro, la Corte ha affermato la necessità di conciliare le previsioni contenute nei citati articoli e l’art. 11, comma 3-quinquies, L. 9/2014 – entrato in vigore nelle more del giudizio – quale norma di interpretazione autentica dell’art. 63, ai sensi del quale «il valore determinato ai sensi del comma 1 dell’art. 63 d.lgs. 270/99, non costituisce un limite inderogabile ai fini della legittimità della vendita».

Se, quindi, da una parte l’art. 62 dispone un iter procedimentale tassativo, dall’altra, l’erronea determinazione del valore dell’azienda da parte dell’esperto nominato in corso di procedura – ex art. 63 – non determina alcuna nullità dell’alienazione, sotto il profilo della violazione di una norma inderogabile. Questo poiché il prezzo di cessione dell’azienda non deriva dal valore di stima, bensì dalle offerte formulate dai potenziali acquirenti; meccanismo, questo, che porta – comunque e in modo fisiologico – all’individuazione del (miglior) valore di mercato.

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