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Attualità

Decreto ingiuntivo e clausola compromissoria: una convivenza impossibile?

8 Ottobre 2021

Nadia Rolandi, Partner, La Scala Società tra Avvocati

Federica Vitucci, Associate, La Scala Società tra Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo analizza il tema del delicato rapporto tra arbitrato e procedimento monitorio e ha lo scopo di comprendere se la presenza di una clausola compromissoria, all’interno di un contratto, precluda o meno la possibilità di ricorrere al giudice ordinario per ottenere l’emissione di un decreto ingiuntivo.

Il problema è ben conosciuto da coloro che, quotidianamente, si imbattono nel recupero di una somma liquida ed esigibile di denaro, le cui ragioni di credito sono fondate su una prova scritta che consentirebbe di ottenere una rapida soddisfazione delle proprie pretese ma che, tuttavia, trovano un ostacolo nell’accordo con il quale le parti hanno derogato alla competenza del giudice ordinario per ogni possibile e futura controversia relativa al contratto che le vede coinvolte.

Invero, secondo l’art. 808 c.p.c., mediante la menzionata clausola, le parti si accordano per rimettere agli arbitri ogni eventuale controversia, non ancora insorta, relativa al contratto fra loro in essere.

Requisito di validità della clausola compromissoria è la forma scritta che deve risultare dal contratto che le parti stipulano o in un atto separato e nel quale le stesse stabiliscono che le controversie nascenti siano decise da arbitri; il tutto purché si tratti di controversie che possono formare oggetto di convenzione d’arbitrato.

Con tale clausola, dunque, le parti rinunciano espressamente alla giustizia dello Stato, delegando ogni possibile lite ad un giudice privato, laico, terzo e imparziale.

E posto che la tutela monitoria prevede che il decreto ingiuntivo venga emesso da un giudice ordinario, ci si è a lungo domandati se un creditore che avesse aderito ad un patto compromissorio potesse comunque rivolgersi alla giustizia ordinaria al fine di ottenere una rapida soddisfazione del proprio diritto.

Le soluzioni sono state variamente prospettate dalla dottrina e dalla giurisprudenza che, come spesso, accade, hanno assunto posizioni contrastanti e divergenti fino a convergere verso un binario pressoché univoco il quale ha affermato il principio di diritto secondo cui l’esistenza di una clausola compromissoria non escluderebbe la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo [1].

Secondo il medesimo orientamento, tuttavia, quando sia proposta opposizione e il debitore ingiunto eccepisca la competenza arbitrale, verrebbe a cessare la competenza del giudice ordinario il quale, una volta rilevata l’esistenza di una valida clausola compromissoria, non potrebbe che dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo, rimettendo la controversia al giudizio degli arbitri.

È questa, una soluzione assai discutibile, apparentemente contraddittoria e iniqua se si considera che una pronuncia di incompetenza porta alla condanna dell’ingiungente al pagamento delle spese processuali (ingiungente al quale – alla stregua dell’orientamento consolidatosi che ammette la tutela monitoria – nessuna colpa potrebbe imputarsi).

Ecco allora che la questione sembra travalicare il limite della legittimità normativa, trasformandosi in una faccenda di audacia, posto che il creditore è posto dinanzi al dilemma di dover ponderare rischi e benefici di una tutela immediata del proprio diritto in via monitoria.

Ciò premesso, pare opportuno esaminare brevemente le posizioni assunte nel tempo dalla dottrina e dalla giurisprudenza, al fine di tentare di comprendere se, in presenza di una clausola compromissoria, al creditore convenga incardinare un procedimento monitorio o meno.

Come anticipato, il principio di diritto stabilito dalla giurisprudenza di merito, a più riprese, è oggi molto chiaro: “l’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo ma impone a quest’ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull’esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la contestuale remissione della controversia al giudizio degli arbitri[2].

L’orientamento era stato del resto già affermato dalla Corte Suprema di Cassazione a Sezioni Unite, la quale ha stabilito tout court che “per costante giurisprudenza di questa Corte, la clausola di compromesso in arbitro non osta all’emissione di un decreto ingiuntivo[3].

La soluzione che, almeno in linea di principio, appare lineare ha tuttavia lasciato perplessi tutti coloro che non hanno potuto fare a meno di rilevare le incongruenze di un siffatto risvolto giurisprudenziale.

Sebbene infatti, non si rinvenga alcun precedente giurisprudenziale di segno opposto a quello appena richiamato, non è mancato un orientamento dottrinale secondo il quale debba ritenersi precluso l’esperimento del procedimento monitorio in presenza di una convenzione arbitrale. In tal caso, secondo i medesimi autori, il giudice ordinario sarebbe chiamato a dichiarare ex officio il proprio difetto di competenza[4].

La ratio di tale conclusione sarebbe da ravvisarsi – secondo gli autori anzidetti – nel fatto che la tutela monitoria sarebbe in realtà ammessa solo laddove questa non tenda ad un accertamento del diritto azionato, ma al mero ottenimento di un titolo esecutivo; ne deriva che, avendo gli arbitri, per espressa previsione normativa, il potere-dovere di decidere una controversia che presuppone un’azione di accertamento e non solo di condanna, deve senz’altro ritenersi precluso l’esperimento di un procedimento monitorio in presenza di un patto compromissorio.

Si tratta di un orientamento, come visto, incompatibile con le recenti affermazioni della giurisprudenza di legittimità che ha ritenuto invece opportuno rendere possibile l’accesso alla tutela monitoria anche in presenza di una convenzione che deroghi alla tutela statale.

Poiché, tuttavia, la stessa giurisprudenza è unanime nel prevedere che il decreto venga annullato laddove la parte opponente deduca l’eccezione di arbitrato in fase di opposizione, la soluzione – come ormai più volte ripetuto – sembra volta più a fornire un premio di consolazione al creditore che – nel silenzio normativo – di fatto, si troverebbe a non poter veder rapidamente soddisfatte le proprie ragioni di credito.

Ciò anche considerando che il lodo, essendo equiparabile ad una sentenza connotata dai caratteri di decisorietà e idoneità al giudicato, è senz’altro incompatibile con le tempistiche e l’istruttoria di un procedimento a rapida definizione.

La ratio dell’affermato principio giurisprudenziale che ammette il procedimento monitorio pur in presenza di una clausola compromissoria può ravvisarsi, dunque, nella volontà dei giudici di garantire tutela anche al creditore che abbia stipulato un patto compromissorio; ciò anche nell’ottica di tentare di sveltire quanto più possibile i procedimenti.

Del resto, sul punto, non sono mancati coloro che hanno sostenuto che l’esclusione della tutela monitoria in presenza di una clausola compromissoria avrebbe comportato una disparità di trattamento ai danni del creditore che, solo per il semplice fatto di aver sottoscritto un patto compromissorio, si sarebbe trovato dinanzi alla preclusione di una rapida formazione di un titolo esecutivo[5].

Obiezione, tuttavia, facilmente arginata e superata da quanti hanno evidenziato che l’arbitrato si pone sempre come opzione volontaria.

Benché, dunque, i rischi di intraprendere la via monitoria in presenza di una clausola arbitrale siano molteplici, occorre osservare che un barlume di speranza di sopravvivenza del decreto ingiuntivo è alimentata dal fatto che l’eccezione di arbitrato rientra nel novero delle eccezioni in senso stretto e, come tale, rilevabile solo su istanza di parte, nella prima difesa utile ovvero nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo[6].

Ne deriva che, laddove non sollevata per tempo dalla parte, il procedimento a cognizione piena proseguirebbe e il decreto ingiuntivo sopravvivrebbe.

In linea con il carattere volontario della clausola arbitrale, quindi, anche la sopravvivenza del decreto ingiuntivo viene posta in capo alla determinazione della parte.

Se non fosse che parliamo di parti portatrici di interessi differenti e che l’eccezione richiamata, in tal caso, non può che essere colta al balzo da un debitore animato da intenti dilatori.

In conclusione, dunque, se è vero che il creditore che ha sottoscritto una clausola compromissoria può sempre ricorrere alla tutela monitoria, è altresì vero che lo fa a proprio rischio e pericolo.

 

[1] Si vedano, in questo senso, ex multis, Cass. Civ. Sez. VI, 1 aprile 2019, n. 9035; Cass. Civ. Sez. II, 4 marzo 2011, n. 5265. Tra le sentenze di merito Tribunale di Vicenza, Sez. I, 30 aprile 2019 n. 956.

Quanto alla dottrina, si veda Punzi, Disegno sistematico dell’arbitrato, Padova, 2012, III, 226 e Satta, Commentario al codice di procedura civile, vol. IV, Milano 1971, 233 e ss.

[2] Tribunale di Milano, Sez. Spec. Impresa, 2018, n. 5450 pubblicata su www.giurisprudenzadelleimprese.it la quale ha ribadito che “l’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo (atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla l’emissione di provvedimenti inaudita altera parte), tale per cui, laddove operi la clausola compromissoria: 1.sussistendo i presupposti di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c. e tenuto conto della non rilevabilità d’ufficio del difetto di competenza per essere la controversia devoluta agli arbitri, il giudice ordinario deve emettere il decreto ingiuntivo richiesto da una delle parti 2. ma, quando sia proposta opposizione e il debitore ingiunto eccepisca la competenza arbitrale, si verificano i presupposti fissati nel compromesso, venendo quindi a cessare la competenza del giudice ordinario, 3. il quale ultimo una volta che rilevi l’esistenza della valida clausola compromissoria, non potrà che dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo e rimettere la controversia al giudizio degli arbitri”.

[3] Cass. civ. Sez. Unite, Ord. 18 settembre 2017, n. 21550

[4] Zucconi G. Fonseca, Giudice Italiano ed exceptio compromissi in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, II; id. Diritto dell’arbitrato, Bologna, 2015; Monteleone, Manuale di diritto processuale civile, Padova, 2015 secondo cui il giudice adito in sede monitoria deve rilevare d’ufficio la propria incompetenza in presenza di una convenzione arbitrale, purché la stessa sia prodotta in giudizio dal ricorrente.

[5] Consolo-Godio, Tralatizi orientamenti.

[6] Questo il costante insegnamento della Suprema Corte, si veda ex multis Cass. civ., Sez. II, 4 marzo 2011, n. 5256.

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