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Giurisprudenza

Con il nuovo art. 10-bis, legge n. 212 del 2000 l’art. 20 t.u.r. non è più norma anti-elusiva

10 Gennaio 2017

Andrea Di Gialluca, Dottore Commercialista

Cassazione Civile, Sez. V, 11 maggio 2016, n. 9582

Nella sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione ha analizzato il rapporto esistente tra il nuovo abuso del diritto ex art. 10-bis della legge n. 212 del 2000 e l’art. 20 t.u.r. (d.P.R. n. 131 del 1986).È stato, in particolare, affermato che l’art. 20 t.u.r. non è disposizione predisposta al recupero di imposte eluse in quanto non presuppone l’assenza di causa economica che, invece, costituisce presupposto di applicabilità del nuovo art. 10-bis della legge n. 212 del 2000.

La controversia ha origine da un avviso di liquidazione avente ad oggetto la revoca del regime agevolato ex art. 1, comma 6, t.u.r. pro tempore vigente, che prevedeva un’aliquota del registro agevolata per i trasferimenti di fabbricati ad uso ad uso abitativo esenti da IVA, ceduti ad un’impresa di rivendita di beni immobili, a patto che quest’ultima si impegnasse poi a cederli entro tre anni.

Nel caso di specie, la società acquirente non aveva proceduto alla rivendita dell’immobile entro il triennio dall’acquisto ma si era limitata a trasferirlo insieme ad un ramo di azienda, ritenendo che fosse stato comunque rispettato il presupposto dell’agevolazione. Secondo l’Agenzia delle Entrate, però, tale operazione non rispettava l’ambito oggettivo dell’agevolazione ed era stata, inoltre, “dettata da intenti elusivi”.

Tale profilo, ai fini che qui interessano, veniva censurato dal contribuente che, impugnato l’atto, lamentava la mancata individuazione della norma antielusiva concretamente applicata dall’Agenzia delle Entrate.

Sia la CTP che la CTR avallavano l’operato degli Uffici, cosicché il giudizio è arrivato in Cassazione, la quale ha confermato il verdetto sfavorevole al contribuente.

Secondo la Corte di Cassazione, innanzitutto, la questione concernente la finalità elusiva è rimasta assorbita nel momento in cui la CTR ha recepito un’interpretazione della normativa incompatibile con l’estensione dell’agevolazione alla fattispecie della cessione di ramo d’azienda.

È stato, inoltre, incidentalmente affermato che l’art. 20 t.u.r. non è norma avente funzione anti-elusiva, che, invece, è propria del nuovoart. 10-bis, legge n. 212 del 2000. Il citato art. 20 t.u.r., infatti, semplicemente impone, ai fini della determinazione dell’imposta di registro, di qualificare l’atto o il collegamento negoziale in ragione degli effetti oggettivamente raggiunti dal negozio o dal collegamento negoziale, come, per esempio, può avvenire con il conferimento di beni in una società e la cessione di quote della stessa, che, se collegati, potrebbero essere senz’altro idonei a realizzare oggettivamente gli effetti della vendita.

La sentenza esaminata è di sicuro interesse in quanto risulta essere una delle prime a confrontarsi in merito alla relazione esistente tra il 20 t.u.r. e la nuova norma anti-elusiva di cui all’art. 10-bis, legge n. 212 del 2000[1].

 


[1] Sullo stesso tema si veda anche nella giurisprudenza di merito: Comm. Trib. Prov. di Reggio Emilia, sent. 4 luglio 2016, n. 228, con commento di F. Dami, Conferimento di azienda e cessione delle partecipazioni: siamo alla svolta?, in “GT-Rivista di giurisprudenza tributaria”, n. 10/2016, p. 791 e ss..


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