Il rimborso dei costi del personale, assunto in regime di codatorialità, nell’ambito di un contratto di rete, non è soggetto ad IVA, in quanto manca il nesso sinallagmatico tra prestazione e corrispettivo.
Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 136 del 16 maggio 2025, distinguendo la “codatorialità” dal “distacco di personale”, recentemente oggetto di intervento normativo con l’art. 16-ter del D.L. 131/2024 (c.d. decreto “Salva Infrazioni”) a seguito della sentenza della Corte di Giustizia UE 11 marzo 2020, C-94/19.
Per quest’ultimo, il legislatore ha previsto l’imponibilità IVA dell’operazione ancorché l’impresa distaccataria si limiti a rimborsare il costo del personale alla distaccante, senza corresponsione di alcun onere aggiuntivo.
Nel caso di specie, una rete d’imprese dotata di soggettività giuridica aveva assunto personale condiviso tra le imprese aderenti, con ripartizione interna dei costi – in ragione del lavoro prestato a favore di ciascuna impresa retista – secondo le regole previste nel contratto di rete.
In tale schema, ogni impresa retista assume il ruolo di co-datore ed è direttamente e solidalmente responsabile verso il lavoratore per gli obblighi retributivi, previdenziali e assicurativi, salvo il regresso verso le altre imprese della rete.
In tale contesto, il rimborso operato verso l’impresa referente non costituisce controprestazione, ma semplice restituzione di quanto da essa anticipato in via solidale.
Tale rimborso, precisa l’Agenzia, ha la sola funzione di imputare i costi in proporzione all’effettivo apporto ricevuto da ciascuna impresa: si tratta quindi di una mera movimentazione di denaro, esclusa da IVA ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lett. a), del d.P.R. 633/1972, come già chiarito dalla circolare n. 5/E del 2025.
La codatorialità, dunque, quale istituto autonomo fondato su una gestione condivisa del personale all’interno del programma comune di rete, resta estranea al modello bilaterale e sinallagmatico proprio del distacco.