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Giurisprudenza

La clausola di rivalutazione degli interessi al franco svizzero è nulla se il mutuo ha quale valuta l’euro

16 Gennaio 2017

Livia Franco

Tribunale di Roma, 3 gennaio 2017

Di cosa si parla in questo articolo

Il Tribunale di Roma, con ordinanza pubblicata il 3 gennaio 2017, ha – confermando quanto statuito dall’Arbitro Bancario Finanziario con decisione n. 4135/2015 – accertato la nullità della clausola di indicizzazione degli interessi al franco svizzero inserita in un contratto di mutuo avente per valuta l’euro. Da qui, la condanna della Banca resistente alla ripetizione dell’importo (indebitamente) ricevuto a titolo di «conguaglio cambio» penale per l’estinzione anticipata del contratto, calcolato dalla Banca secondo i criteri di cui alla detta clausola.

Secondo quanto riporta l’ordinanza, nel caso di specie mentre il contratto, il piano di sintesi e il piano di ammortamento erano univoci nell’indicare quale valuta l’euro, «senza indicare alcun altro elemento di incidenza sulla determinazione del capitale residuo», l’art. 7 di tale contratto (: «interessi») faceva «specifico ed esclusivo riferimento ai relativi criteri di calcolo con riferimento al franco svizzero». La Banca, nel calcolo della rivalutazione del capitale finalizzata all’adesione alla richiesta di estinzione anticipata, si era basata «sui dettami dell’art. 7 di suddetto contratto».

Il Giudice ha dunque rilevato che «contenuti, modalità di stesura e d’inserimento, nel contesto contrattuale, di tali criteri di calcolo in suddetta clausola, senza alcuna specifica nel documento di sintesi, rendono equivoci i relativi diritti ed obblighi negoziali attesa la pluralità di approvazioni di singoli atti pur se facenti parte di un unico contratto di mutuo», oltre a produrre «un significativo squilibrio ai danni del consumatore, come si evince dall’ingente somma richiesta dalla Banca». Per l’effetto, «i contenuti di tale articolo … contravvengono ai principi di trasparenza, pubblicità e correttezza di cui agli artt. 115 e 116 TUB nonché a quelli degli artt. 33 e ss. del Codice del Consumo» e lo stesso è, pertanto, affetto da nullità.

Preso atto, tra le altre cose, delle «posizioni espresse da autorevoli Collegi arbitrali» circa la nullità di una pattuizione così congegnata, del tutto ignorate dalla Banca resistente, il Giudice ha pure condannato la stessa a risarcire ai clienti, ai sensi dell’art. 96, comma 3 c.p.c., il danno loro cagionato attraverso la propria condotta palesemente «dilatoria ed ostruzionistica».

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