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Cessione di crediti verso la PA: evoluzione normativa e giurisprudenziale

12 Ottobre 2015

Umberto Mauro e Chiara Borrazzo, Norton Rose Fulbright Studio Legale

La disciplina della cessione dei crediti vantati nei confronti della PA ha natura speciale rispetto alla disciplina codicistica della cessione dei crediti di cui agli articoli 1260 e seguenti del Codice Civile.

Le diverse norme che si sono susseguite nel tempo hanno introdotto specifiche formalità necessarie perché si compia il trasferimento del credito e la cessione sia opponibile.

La prima importante differenza che si riscontra rispetto a quanto stabilito dall’articolo 1260 del Codice Civile[1], che disciplina il principio della libera cedibilità del credito, è che la cessione dei crediti è subordinata alla preventiva adesione della pubblica amministrazione; perché quindi la cessione sia opponibile, è necessario che l’ente pubblico esprima il proprio consenso.

Fin dalla Legge n. 2248/1865, ancora in vigore, sul contenzioso amministrativo, si prevede infatti ai sensi dell’articolo 9 che “sul prezzo dei contratti in corso non potrà avere effetto alcun sequestro, né convenirsi cessione, se non vi aderisca l’amministrazione interessata”.

Successivamente il legislatore nell’ambito della normativa di cui al Regio Decreto n. 2440/1923 in materia di “Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato”, ha richiamato espressamente la disciplina di cui alla Legge 2248/1865. L’art. 70 del predetto RD, infatti, prevede che in caso di somme dovute dallo Stato relative a crediti per somministrazioni, forniture ed appalti,questi non possano essere ceduti senza il consenso dell’amministrazione ceduta, secondo appunto quanto stabilitodall’art. 9 della L. 2248/1865.

Una disciplina analoga è stata poi introdotta nel Codice dei Contratti Pubblici all’articolo 117 del D.lgs. 163/2006 (Codice dei Contratti pubblici) per quanto riguarda le cessioni dei crediti da corrispettivo di appalto, concessione e concorso di progettazione, le quali sono efficaci e opponibili alle stazioni appaltanti (che sono amministrazioni pubbliche) se queste non le rifiutano, con comunicazione da notificarsi al cedente e al cessionario, entro 45 giorni dalla notifica della cessione. Il legislatore in questa norma ha ritenuto opportuno introdurre, oltre al meccanismo del consenso, anche quello del silenzio assenso al fine di garantire maggior certezza del diritto nei confronti dei soggetti privati.

In base al dato testuale dell’articolo sopraccitato, la deroga al principio civilistico di libera cedibilità del credito, sembra però doversi applicare solo ai contratti di durata, escludendone l’applicazione per i contratti ad esecuzione istantanea soggetti quindi in tutto e per tutto a quanto stabilito dall’articolo 1260 C.C., salvo alcune precisazioni a proposito della forma della cessione previste dall’articolo 69 c.3 del Regio Decreto n. 2440/1923, che saranno meglio descritte di seguito. In questo senso si è pronunciata anche la Cassazione Civile Sezione III nella sentenza n.981/2002, la quale ha affermato che “il divieto di cessione senza l’ “adesione” della p.a. si applica solamente ai rapporti di durata come l’appalto e la somministrazione (o fornitura), solo rispetto ai quali il legislatore ha ravvisato, in deroga al principio generale della cedibilità dei crediti anche senza il consenso del debitore (art. 1260 c.c.), l’esigenza di garantire con questo mezzo la regolare esecuzione, evitando che durante la medesima possano venir meno le risorse finanziarie al soggetto obbligato e possa risultare così compromessa la regolare prosecuzione del rapporto. Ne deriva che la cessione di un credito insorgente da un ordinario contratto di compravendita soggiace in tutto e per tutto (salvo che per la forma prevista dall’art. 69, comma 3, r.d. n. 2440 del 1923) all’ordinaria disciplina codicistica”.

E’ opportuno evidenziare che l’adesione della PA è richiesta solo fintanto che il contratto risulti in fase esecutiva, come precisato dall’art 9 della Legge n. 2248/1865, che si riferisce ai “contratti in corso”, e dall’articolo 70 r.d. n. 2440/1923. Una volta terminata l’esecuzione dello stesso, infatti, non sarà più applicabile il potere di veto della pubblica amministrazione[2]. In questi casi si applicherà invece la disciplina generale del codice[3] e quanto stabilito dall’articolo 69 del Regio Decreto in relazione alle forma del contratto.

Si segnala da ultimo l’articolo 37 c. 7-bis del Decreto Legge n. 66/2014, in riferimento ai crediti certificati mediante la piattaforma elettronica per la gestione telematica tenuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, il quale precisa che le cessione dei crediti certificati si intendono notificate e opponibili nei confronti delle amministrazioni cedute dalla data di comunicazione della cessione, attraverso la piattaforma elettronica. Tale modalità di comunicazione costituisce data certa, qualora non siano rifiutate entro sette giorni dalla ricezione di tale comunicazione.

Un secondo elemento che caratterizza la disciplina speciale della cessione del credito verso la PA è rappresentato dalla forma richiesta per l’atto di cessione. A tal riguardo si sono susseguiti nel tempo numerosi interventi legislativi.

In particolare il Regio Decreto 2440/1923, all’articolo 69, ha previsto da subito che le cessioni relative a somme dovute dallo Stato, nei casi in cui siano ammesse dalle leggi, debbano essere notificate all’amministrazione centrale ovvero all’ente, ufficio o funzionario cui spetta ordinare il pagamento e debbano risultare da atto pubblico o da scrittura privata, autenticata da notaio. È necessario quindi che la cessione venga notificata al debitore ceduto, non distaccandosi da quanto previsto dalla disciplina generale del Codice Civile all’articolo 1264. Diverso invece da quanto previsto dalla disciplina generale[4], è il terzo comma del suddetto articolo che richiede che il trasferimento del credito debba risultare da atto pubblico o da scrittura privata autentica. Il mancato rispetto delle modalità previste dall’articolo 69 comporta l’inefficacia della cessione al debitore ceduto, quindi alla pubblica amministrazione. Secondo la giurisprudenza tale inefficacia può essere rilevata solo dal debitore[5], ma potrà venire meno qualora la pubblica amministrazione aderisca alla cessione[6]. L’articolo 70 precisa inoltre che con un solo atto non si possano cedere crediti verso amministrazioni diverse.

Si segnala a tal riguardo che questi due articoli rimangono inoperanti in caso di cessioni effettuate nell’ambito di operazioni di cartolarizzazione, come stabilito dall’articolo 4-bis della Legge 130/1999, modificato dal Decreto Legge 145/2013. Inoltre, non potranno essere applicate neanche le altre disposizioni che richiedono formalità diverse o ulteriori rispetto a quelle previste dalla stessa legge. Tali formalità sono disciplinate all’articolo 4 della summenzionata legge e prevedono la pubblicazione di un avviso di cessione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e l’iscrizione di tale avviso presso il Registro delle Imprese; mentre per le cessioni di crediti derivanti dall’esercizio dell’attività d’impresa a scelta delle parti potranno applicarsi in via alternativa le formalità previste dalla legge n. 52/1991 (legge sul factoring).

La Corte di Cassazione ha stabilito[7] che l’articolo 69 del Regio Decreto rimane inoperante in caso di cessione dei crediti da corrispettivo di appalto, vantati nei confronti degli enti locali, effettuata prima dell’entrata in vigore del DPR n. 554/1999. Le ragioni che hanno condotto la Corte a pronunciarsi in tal senso, sono riconducibili al carattere speciale della cessione dei crediti verso la PA rispetto alla disciplina generale dettata nel Codice Civile, per cui non sarà possibile applicare in via analogica l’articolo 69 del Regio Decreto, il quale fa esclusivo riferimento all’amministrazione statale.

In tema di contratti pubblici, prima l’articolo 26 c. 5 della Legge n. 109/1994, poi abrogato e sostituito dal già citato articolo 117 del D.lgs. n. 163/2006, hanno esteso l’applicazione delle disposizioni della Legge n. 52/1991 sulla cessione dei crediti derivanti dall’esercizio dell’attività d’impresa, anche ai rapporti in cui sia parte la pubblica amministrazione.

Per quanto concerne, invece, le caratteristiche del credito oggetto di cessione, per essere soddisfatto, è necessario che sia certo, liquido ed esigibile. In caso di crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione, perché ne venga attestata la certezza, la liquidità e l’esigibilità, è necessaria la certificazione degli stessi che costituisce una sorta di condicio sine qua non per il loro recupero.

Il Decreto Legge n. 185/2008 ha introdotto nuove disposizioni in materia di certificazione dei crediti verso la Pubblica Amministrazione, con lo scopo di compensare crediti certificati con debiti iscritti a ruolo e favorirne lo smobilizzo presso il sistema finanziario. L’articolo 9 c. 3 bis prevede che su istanza del creditore, in caso di crediti relativi a somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, le pubbliche amministrazioni, nel termine di trenta giorni dalla ricezione della richiesta del creditore,certificano il relativo credito solo quando sia certo, liquido ed esigibile, così da consentire al creditore la cessione pro soluto o pro solvendo a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.

Tuttavia, tale Decreto legge era rimasto sostanzialmente inoperante, poiché non erano stati emanati provvedimenti per la sua attuazione.

Così nel 2012 sono stati adottati due Decreti Ministeriali, con i quali il Ministero dell’economia e delle finanze ha previsto l’impego della piattaforma elettronica per la semplificazione delle modalità di cessione dei crediti. Attraverso questa piattaforma avviene l’incontro tra creditore e debitore e vengono compiute diverse formalità tra cui la certificazione del credito. Il primo decreto, c.d. Decreto Certificazioni 1, è stato adottato il 22 maggio 2012 e disciplina le “modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti da parte delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, il secondo, c.d. Decreto Certificazioni 2, è stato adottato il 25 giugno 2012 e disciplina le “modalità di certificazione del credito, anche in forma telematica, di somme dovute per somministrazione, forniture e appalti, da parte delle Regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale, di cui all’art. 9, co. 3-bis e 3-ter del DL185/2008”. Entrambi prevedono che la comunicazione alla pubblica amministrazione della cessione dei crediti, una volta certificati, debba essere fatta attraverso la piattaforma. In questo modo viene rispettato il requisito previsto dall’articolo 117, commi 2 e 3 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e l’obbligo di notificazione. Gli articoli 6 del Decreto Certificazioni 1 e 7 del Decreto Certificazioni 2 prevedono che attraverso il meccanismo della certificazione, l’amministrazione ceduta o l’ente debitore debbano accettare preventivamente una possibile cessione del credito a banche o intermediari finanziari abilitati.

Un altro passo importante volto alla semplificazione delle modalità di cessione dei crediti verso la PA, e all’attuazione di quanto previsto dapprima dal Decreto Legge 185/2008, e in seguito dai due Decreti Certificazioni, è stato compiuto dal Decreto Legge n. 35/2013 (cd. Decreto Sblocca Pagamenti), finalizzato allo sblocco dei pagamenti arretrati delle pubbliche amministrazioni. Le novità introdotte da tale decreto riguardano il mancato aggravio dei potenziali oneri per l’erario, così da consentire l’integrale pagamento dei debiti della pubblica amministrazione maturati alla data del 31 dicembre 2012, e l’estensione delle certificazioni a favore anche dei professionisti, oltre che per i debiti maturati per somministrazione, forniture ed appalti. L’articolo 7, ancora vigente, prevede che la certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e per obbligazioni relative a prestazioni professionali, sia effettuata esclusivamente attraverso la piattaforma elettronica per la gestione telematica del rilascio delle certificazioni predisposta dal Ministero dell’economia e delle finanze in attuazione dell’articolo 4 del Decreto Certificazioni 2. Mentre, con riferimento alle cessioni, l’articolo 8 di questo decreto prevedeva che gli atti di cessione dei crediticerti, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture ed appalti fossero esenti da tasse di qualsiasi tipo, eccetto l’imposta sul valore aggiunto, e l’autenticazione delle sottoscrizioni degli atti di cessione dei crediti dovesse essere effettuata, a titolo gratuito, dall’ufficiale rogante dell’amministrazione debitrice. In caso di assenza o impedimento di quest’ultimo ovvero su richiesta del creditore, l’autenticazione delle sottoscrizioni spettava ad un notaio.

La disciplina summenzionata è stata notevolmente modificata dal Decreto Legge n. 66/2014, il quale ha abrogato in toto l’articolo 8, stabilendo all’articolo 37 c. 7-bis che in seguito alla certificazione, effettuata mediante la piattaforma elettronica, le cessioni dei crediti potranno essere stipulate mediante scrittura privata ed eseguite in favore di una banca o di un intermediario finanziario autorizzato, o da questi alla Cassa depositi e prestiti S.p.A o a istituzioni finanziarie dell’Unione Europea. Inoltre, come detto in precedenza a proposito dell’adesione della p.a. alla cessione, questa non deve rifiutarla entro 7 giorni dalla ricezione della comunicazione.

Un’importante novità prevista da questo decreto legge è stata l’introduzione del Fondo che garantisce il pagamento dei crediti ceduti dai fornitori a banche o altri intermediari finanziari. Viene garantito in questo modo un rapido intervento del Fondo al fine di agevolare la smobilitazione dei crediti attraverso l’anticipo o la cessione di questi. I fornitori titolari di crediti certificati potranno richiedere ed ottenere la loro liquidazione presso sportelli di banche e di altri intermediari. Ai sensi dell’articolo 37 c. 1 e c.4, al fine di assicurare il completo ed immediato pagamento di tutti i debiti di parte corrente certi, liquidi ed esigibili per somministrazioni, forniture ed appalti e per prestazioni professionali, i suddetti debiti sono assistiti dalla garanzia dello Stato dal momento dell’effettuazione delle operazioni di cessione. A questo scopo,è istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze un apposito Fondo per la copertura degli oneri determinati dal rilascio della garanzia dello Stato, cui sono attribuite risorse pari a euro 150 milioni. La garanzia del Fondo è a prima richiesta, esplicita, incondizionata e irrevocabile. Gli interventi del Fondo sono assistiti dalla garanzia dello Stato quale garanzia di ultima istanza[8].

Il successivo Decreto Ministeriale del 27 giugno 2014, integrando l’articolo 37 sopraccitato, ha previsto per le operazioni di cessione dei crediti un tasso di sconto pari all’1,9% all’anno per crediti d’importo fino a 50.000 euro, comprensivo di ogni eventuale onere, e uno sconto pari a 1,60% all’anno per crediti d’importo eccedente 50.000 euro.

Da ultimo il Ministero dell’economia e delle finanze è intervenuto con un nuovo decreto, l’11 marzo 2015, apportando ulteriori modifiche e integrazioni al decreto del 27 giugno e al Decreto Legge n. 66/2014: la garanzia dello Stato potrà essere attivata a partire dalla data indicata dalla certificazione, o se più favorevole dal 180° giorno dalla cessione del credito. Una volta scaduto il termine previsto (o quello indicato dalla certificazione o quello di 180 giorni dalla cessione del credito), decorreranno 90 giorni per trasmettere alla PA interessata l’intimazione di pagamento.

Come risulta dall’excursus normativo sopra riportato, la disciplina speciale della cessione dei credito nei confronti della pubblica amministrazione è stata interessata negli ultimi anni da una serie di modifiche legislative che hanno semplificato le formalità al fine di garantirne una maggior applicazione.


[1] Art. 1260 C.C.: “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge”.

[2] Cass. Civ.Sez.III n. 268/2006, Cass. Civ. Sez.I n. 2209/2007: “il divieto di cui all’art. 9 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E richiamato dall’art. 70 del r.d. n. 2440 del 1923, a norma del quale, sul prezzo dei contratti in corso non può convenirsi cessione se non aderisca l’amministrazione interessata, resta valido finché la fornitura non sia completamente eseguita, giacché, una volta ultimata, non sussiste alcuna ragione per procrastinare, in deroga al principio di cui all’art. 1260 cod. civ. della generale cedibilità dei crediti indipendentemente dal consenso del debitore, la “inefficacia provvisoria” della cessione dei crediti residui sui quali l’amministrazione non possa vantare ulteriori diritti. Pertanto, allorché il contratto di appalto all’origine del credito ceduto, alla data della comunicazione della cessione, risulti completamente esaurito (nella specie, per essere stati i lavori completati da circa due anni), non vi è necessità di accettazione del credito da parte dell’ente pubblico.”

[3] Art. 1264 C.C. “La cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata”.

[4] In dottrina si ritiene che la cessione del credito sia un negozio a forma libera.

[5] Cass. Civ. Sez. III, n. 12901/2004: “tale inefficacia può essere rilevata soltanto dal debitore ceduto, incorrendosi, in caso di rilievo d’ufficio, nel vizio di ultra o extra petizione”.

[6] Cass. Civ.Sez.V, n. 5493/2013: “ove una tale cessione sia realizzata in forme diverse da quelle prescritte dalla citata norma, essa, pur valida nei rapporti tra cedente e cessionario, è inefficace nei confronti della P.A. medesima, salva la facoltà di accettazione”.

[7] Cass. civ. Sez.I, n. 17496/2008,Cass. Civ. Sez.I n. 23273/2014: “alla cessione dei crediti da corrispettivo di appalto vantati nei confronti degli enti locali, effettuata prima dell’entrata in vigore del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, – che, all’art. 115, prevede espressamente la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata e la notifica alle P.A. debitrici ai fini dell’efficacia ed opponibilità alle stesse – non si applica l’art. 69, terzo comma, del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, che pure richiede la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata e la notificazione alla P.A. della cessione del credito, in quanto tale norma riguarda la sola Amministrazione statale, stante il mancato esplicito richiamo nell’ordinamento degli enti locali, e non può essere applicata in via analogica, in ragione del carattere eccezionale rispetto al regime generale della cessione dei crediti (artt. 1260 e segg. cod. civ.)”.

[8] Come modificato dal Decreto Ministeriale del 27 giugno 2014.

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