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Giurisprudenza

Cartolarizzazioni: alle attività di recupero crediti previste dal contratto di servicing è applicabile la disciplina del mandato

29 Agosto 2018

Giuseppe Colombo

Cassazione Civile, Sez. V, 29 dicembre 2017, n. 31122 – Pres. Cappabianca, Rel. Iannello

Di cosa si parla in questo articolo

Il rapporto di servicing può essere accostato al mandato con rappresentanza e, di conseguenza, per gli oneri sostenuti nell’attività di riscossione dei crediti si applica la disciplina di cui all’art. 1720 cod. civ., con diritto del mandatario al rimborso delle spese.

Con la decisione in oggetto, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso per Cassazione proposto da parte di un istituto di credito avverso una sentenza d’appello con cui era stata ritenuta legittima la ripresa da parte dell’Agenzia delle Entrate, a fini Irpeg e Irap per l’anno 2003, degli oneri sostenuti da parte della banca per il recupero di crediti cartolarizzati, nell’ambito di un contratto di servicing.

In particolare, l’istituto di credito aveva ceduto pro soluto ad una società veicolo dei crediti in sofferenza, obbligandosi contestualmente a provvedere, in nome e per conto della cessionaria, munita di apposita procura, al loro recupero, con il compimento di tutte le operazioni necessarie, anche giudiziarie, dietro un compenso forfettario per le spese e gli oneri sostenuti, sugli incassi realizzati.

Con il contratto di servicing, le parti avevano stabilito che alla banca cedente sarebbe spettato un rimborso forfettario per le spese sostenute per l’incasso, pari allo 0,1% degli incassi realizzati nell’arco temporale di riferimento, oltre ad un eventuale rimborso aggiuntivo, subordinato, tuttavia: (i) all’esistenza di fondi disponibili e (ii) all’avvenuto rimborso in linea capitale di titoli emessi dalla cessionaria.

Per le spese e gli oneri ulteriori a tale rimborso forfettario, la banca non avrebbe potuto vantare alcun diritto pieno e incondizionato all’integrale rifusione, ma solo subordinato al buon esito dell’attività di riscossione.

La ratio di una simile disciplina negoziale avrebbe riposato, a detta della banca ricorrente, nell’ oggetto dell’operazione di cartolarizzazione, rappresentato da crediti in sofferenza, e di ardua satisfattibilità. Il tutto, con la conseguenza che, a detta della banca, la rifusione avrebbe perso una vera e propria funzione di rimborso spese, ma avrebbe assunto le vesti di un’ulteriore forma di remunerazione subordinata al buon esito dell’attività di recupero.

Nell’opinione della Suprema Corte Cassazione, tuttavia, la ricostruzione ermeneutica proposta dalla banca non avrebbe trovato oggettivo riscontro nel tenore letterale delle clausole contrattuali, giacché da esse si sarebbe evinta la mera posposizione dei crediti vantati a titolo di rimborso rispetto ad altri pattiziamente riconosciuti come privilegiati, con incidenza pertanto non già sull’an del credito, quanto piuttosto sulla sua garanzia patrimoniale, solo indirettamente limitata per effetto della preferenza convenzionalmente riconosciuta ad altri crediti.

Traendo le conseguenze dalla decisione della Suprema Corte, dunque, le spese sostenute dalla banca cedente/mandataria debbono essere configurate, ai fini fiscali, quali crediti nei confronti della società cessionaria/mandante con cui sia stato stipulato il contratto di servicing.

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