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Buy back dei bond regionali. Tra allungamento del debito ed estinzione dei contratti derivati.

5 Settembre 2014

Avv. Domenico Gaudiello, partner, DLA Piper

Di cosa si parla in questo articolo

L’art. 45 della legge 89 del 2014 disciplina alcune ipotesi di ristrutturazione del debito delle regioni. Il fine principale della norma è quello di alleggerire il peso del debito annuale gravante sulle regioni. Per raggiungere lo scopo, le regioni interessate possono estinguere anticipatamente i debiti utilizzando la provvista riveniente da nuovi mutui contratti ad hoc con il MEF. Detti nuovi mutui avranno durata maggiore del debito che si procede ad estinguere anticipatamente.

Nel dettaglio la norma individua due tipologie di debiti per i quali è consentito utilizzare la provvista messa a disposizione dal MEF allo scopo dell’estinzione anticipata:

1. I debiti relativi a mutui già contratti dalle regioni col MEF o la CDP SpA, con vita residua di almeno 5 anni e importo residuo superiore ai Euro 20 mln;

2. I debiti relativi ai prestiti obbligazionari emessi dalle regioni, con vita residua non inferiore a 5 anni e con un valore dei titoli in circolazione pari o superiore a Euro 250 mln.

Sia per i debiti sub 1. sia per quelli sub 2., la provvista messa a disposizione dal MEF consisterà in un mutuo che le regioni dovranno rimborsare su base trentennale, pagando un tasso di interesse passivo fissato in base al rendimento dei BTP aventi la durata finanziaria più vicina a quella del mutuo concesso dal MEF.

Nel caso in cui il debito sub. 1 o sub 2. sia pure il sottostante di contratti derivati, la regione dovrà tenere conto del relativo costo di chiusura anticipata. Se detto costo è negativo, la regione dovrà rifinanziare pure detto costo tramite il mutuo di nuova concessione. Se invece il costo di chiusura è positivo, la regione dovrà usare il valore positivo incassato dalla estinzione anticipata del derivato allo scopo di estinguere anticipatamente una parte corrispondente del debito esistente.

In ogni caso, la somma del valore negativo di chiusura anticipata del derivato e quella del valore di riacquisto dei titoli non può essere inferiore al valore nominale dei titoli stessi, se si tratta di debiti sub 2.

Se si tratta dei debiti sub 1., la somma del valore negativo di chiusura anticipata del derivato e del capitale residuo del mutuo non deve essere superiore al capitale residuo risultante alla fine dell’anno solare precedente a quello in cui avviene la rinegoziazione.

La norma in questione pone diversi dubbi e a ben vedere non è esente da difetti di coordinamento con la già consistente normativa di settore.

Si tratta di profili che appaiono del tutto assenti anche nella relazione tecnica di accompagnamento all’art. 45 in questione.

Vediamoli in dettaglio.

Prima fra tutti: come mai la norma riguarda solo le regioni e non anche gli enti locali? È noto a tutti che sono tanti i comuni a versare in situazioni analoghe a quelle previste per la ristrutturazione da parte delle regioni dei debiti sub 1. che quelli sub 2.

Eppure agli enti locali non viene offerta dal legislatore analoga opportunità a quella concessa alle regioni con l’art. 45 in parola.

Solitamente, la normativa riguardante l’indebitamento ha sempre trattato in maniera eguale enti territoriali ed enti locali, prevedendo identiche opportunità ed imponendo identiche restrizioni circa le tipologie di indebitamento consentite e le modalità di ristrutturazione ammesse.

Leggendo l’art. 45 (così come la relazione tecnica) non è dato comprendere le ragioni dell’introduzione di previsioni (sostanzialmente di favore) per le sole regioni, pur sussistendo per comuni e province analoghi presupposti.

In secondo luogo, non sono del tutto chiari i collegamenti dell’art. 45 con l’art. 41 della legge 448 del 2001.

In via di principio, la rinegoziazione e il rifinanziamento di mutui esistenti costituiscono ipotesi eccezionali per gli enti pubblici. Come noto, estinguere un debito verso un creditore usando la provvista ricevuta da un altro finanziatore (con ciò contraendo un altro debito che sostituisce quello precedente) è una operazione al limite del rispetto delle norme che ammettono l’indebitamento per soli fini di investimento.

L’art. 41, ammettendo ipotesi di estinzione anticipata (o rinegoziazione) dei mutui esistenti mediante emissione di nuovi prestiti o stipulazione di nuovi mutui sollevò non pochi dubbi di costituzionalità, in ragione del fatto che l’art. 119 della Costituzione (riformulato nel contesto della riforma del Titolo V) consentiva il ricorso al debito solo per finanziare investimenti ( e non per rimborsare debiti esistenti).

L’art.41 permetteva agli enti di procedere alla estinzione anticipata mediante il rifinanziamento o alla rinegoziazione solo in presenza di condizioni di mercato che consentissero di mantenere immutato (o, a fortiori, diminuire) il valore finanziario delle passività finali.

L’art. 41 non prevedeva in alcun caso il supporto del MEF per il reperimento della provvista da destinare alla estinzione anticipata né disciplinava in alcun modo la gestione della chiusura anticipata dei contratti derivati eventualmente esistenti.

L’art. 41 ha conosciuto una ampia applicazione da parte sia di comuni e province che regioni. Ed è in forza di detta norma che sono stati emessi numerosi prestiti obbligazionari, nel contesto di manovre di rifinanziamento e/o allungamento del debito.

L’art. 45 di recente introduzione si innesta nel quadro delle regole sulla ristrutturazione dell’indebitamento regionale senza chiarire in che termini vada coordinato con l’art. 41.

Di sicuro l’art. 45 offre un supporto finanziario agli enti (le regioni) che intendano rinegoziare o estinguere anticipatamente i debiti, ed in questo è norma di maggior favore rispetto all’art. 41, che non prevedeva la sostituzione dei mutui pregressi con nuovi mutui concessi dal MEF.

Sotto altri rispetti l’art. 45 è però particolarmente limitativa in quanto impone che il valore negativo di chiusura dei derivati debba essere rifinanziato nel contesto del buy back dei titoli o della rinegoziazione del mutuo originario.

La limitazione è solo apparente. Nei fatti, l’art. 45 introduce, ex novo, un principio prima d’ora mai riconosciuto e comunque assai perplesso. Principio che in effetti apre uno spazio di manovra in più alle regioni. Si tratta della possibilità di finanziare la estinzione anticipata dei contratti derivati con mtm negativo utilizzando all’uopo la provvista riveniente dal nuovo mutuo, quello contratto col MEF.

Basta che la somma del mtm negativo del derivato e del valore residuo del mutuo (o di riacquisto dei bond) non ecceda i limiti dettagliati sopra.

Indipendentemente da quanti siano i casi che rientrino nella fattispecie dell’art. 45, è indubbio che detta norma ammetta l’uso di nuova provvista per finanziare l’estinzione di contratti derivati (pur nel quadro di una rinegoziazione complessiva del debito originario).

Ancora una notazione. A differenza dell’art. 41, l’art. 45 offre un criterio meno fumoso per stabilire la convenienza economica del rifinanziamento dei debiti, perché usa una formulazione memo vaga di quella impiegata dall’arr. 41, che si limitava a prevedere il limite della riduzione del valore finale delle passività finanziarie calcolato in valore attuale. Un motivo in più, anche questo, per estendere prima o poi anche agli enti locali una analoga opportunità.

Infine, non può sfuggire come la previsione dell’art. 45 comporti che la durata del debito regionale risulti complessivamente superiore ai trent’anni. Eppure il limite massimo dei trent’anni era ulteriore principio cui era stata assoggettata la ristrutturazione dei debiti di regioni ed enti locali.

In pratica, l’art. 62 del DL 112 del 2008 aveva già impedito, a partire dal 24 giugno 2008, che le ristrutturazioni del debito avessero l’effetto di portare (tenuto conto della durata già trascorsa) oltre i trent’anni la durata complessiva del debito oggetto della ristrutturazione.

Ora, come conseguenza dell’art. 45, detto ulteriore limite viene rimosso per le regioni e resta immutato per gli enti locali.

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