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Giurisprudenza

Azione risarcitoria verso la SGR per mala gestio del fondo di investimento immobiliare chiuso

24 Luglio 2015

Avv. Alessio Fiacchi

Tribunale di Milano, 19 gennaio 2015, n. 634

Con la sentenza n° 634/2015 del 19/01/2015, il Tribunale di Milano si è pronunciato relativamente ad una richesta di risarcimento per mala gestio avanzata nei confronti di una Società di gestione del risparmio, che secondo le parti attrici non avrebbe gestito correttamente un Fondo di Investimento immobiliare chiuso.

A fondamento di tale richesta gli attori, partecipanti al Fondo stesso, asserivano che la convenuta non avesse ottemperato ai doveri di “promozione e gestione delle attività del Fondo”, come da Regolamento, e che si fosse resa inadempiente all’obbligo di “indirizzo e sviluppo dell’ Area” conferita al Fondo.

In riferimento a quest’ultima doglianza, si indicava una presunta inadeguatezza della SGR, un presunto vuoto gestionale della stessa a seguito dell’allontanamento dell’ A.D. ed una inerzia nella pianificazione finanziaria: tutto ciò a nocumento dei partecipanti del Fondo.

Questi ultimi agivano pertanto richiamando l’art 39 TUF circa la responsabilità del mandatario che grava sulla società promotrice e sul gestore, in solido, verso i partecipanti del Fondo.

Citavano in giudizio, altresì, l’Istituto Bancario controllante la SGR (in quanto in possesso del 59% del suo capitale sociale), ritenendola responsabile ai sensi dell’art. 2497 c.c. per omessa vigilanza sulla controllata.

La SGR convenuta, costituendosi ritualmente, oltre a contestare nel merito le asserzioni a fondamento della richiesta attorea, avanzava domanda riconvenzionale affermando che una delle parti attrici, (la Società con la quale si era accordata per l’istituzione del Fondo) aveva sottaciuto una notevole problematica ambientale che di fatto aveva impedito il rilascio dei provvedimenti amministrativi propedeutici all’esecuzione del progetto cui il Fondo era strumentale, con ingente danno pecuniario.

Il Collegio si è in primis pronunciato circa l’eccezione di carenza di legittimazione passiva avanzata dalla SGR convenuta, ritenendola infondata.

La motivazione di tale rigetto si fonda sul fatto che gli attori nel caso di specie non agiscono nei confronti della Società di gestione in qualità di creditori del Fondo e quindi non assume rilievo alcuno la asserità insussistenza delle condizioni giuridiche per aggredire il patrimonio della convenuta (asserszione basata sull’autonomia del Fondo rispetto al patrimonio della SGR).

Gli attori, in realtà, agiscono come controparte contrattuale della Società di gestione, considerata da essi inadempiente: ne emerge che i partecipanti a un fondo comune di investimento sono legittimati a far valere un’azione risarcitoria nei confronti della società di gestione, per l’inadempimento agli obblighi di gestione dei beni del fondo, imputabili alla stessa in qualità di mandataria ai sensi degli artt. 36 e 40 t.u.f., nonché in base al Regolamento del fondo stesso.

Nel caso de quo, tuttavia, tutte le doglianze avanzate a sostegno di tale responsabilità sono state giudicate infondate dal Tribunale.

Infatti, in merito all’attività di ricerca di potenziali terzi investitori, la convenuta aveva assunto nei confronti della Società attrice un mero impegno di ricerca che non concretizzava alcun obbligo di risultato: pertanto non è stata appurata alcuna omissione.

Inoltre l’attività istruttoria ha fatto emergere una serie di rapporti tra la convenuta e gli intermediari finanziari volti alla modifica, dilazione e proroga di mutuo, cosicchè non è ravvisabile alcuna omissione nemmeno in merito alla “pianificazione finanziaria” del fondo.

Quanto alla asserita “inadeguatezza della struttura organizzativa” della SGR, è nettamente smentita (soprattutto) dal pieno allineamento della stessa alle raccomandazioni della Banca d’Italia; mentre la cronologia dei contratti e dei conferimenti degli incarichi ha escluso anche una presunta mancanza di attività gestoria e di indirizzo da partre della Società di gestione.

Emerge, a completamento del quadro istruttorio, che il fondo di investimento in oggetto, era stato costituito, di fatto, come uno “strumento improprio per l’amministrazione di un patrimonio immobiliare riferibile ad un unico centro d’interessi, al fine di godere di una serie di benefici fiscali nonche al fine di traslare esclusivamente sul fondo il rischio d’impresa”.

Il Tribunale ha poi respinto anche la domanda riconvenzionale avanzata dalla SGR nei confronti della Società attrice: ha affermato, infatti, che la problematica ambientale, che ha impedito o gravemente ritardato i lavori inerenti il progetto di sviluppo dell’area, non ha cagionato danni diretti al patrimonio della convenuta, bensì al fondo stesso, che “costituisce un patrimonio sperato rispetto alla società di gestione”; quest’ultima avrebbe dovuto, quindi, agire in nome e per conto del fondo e non in nome proprio, come ha invece fatto nel caso de quo.

Con la sentenza in esame, il Tribunale di Milano interviene, altresì, su un aspetto squisitamente processualistico inerente l’interruzione del processo: la mera eventualità della discussione orale della controversia davanti al Collegio, a seguito della riforma del 1990, impone di individuare, in via interpretativa, il momento oltre il quale l’evento interruttivo sarà irrilevante, ex art 300 5° comma cpc, (dato che quest’ultimo fa riferimento alla “chiusura della discussione davanti al Collegio”).

Nel caso in cui le parti richiedano ex art. 275 c.p.c. la discussione orale, nulla quaestio.

In tutti gli altri casi, invece, secondo la pronuncia in esame, si dovrà fare riferimentoall’udienza di precisazione delle conclusioni ai sensi dell’art. 189 c.p.c.: ciò “in conformità alla ratio dell’art. 300 c.p.c. e in ossequio al principio della ragionevole durata del processo”, nonché “in considerazione dell’officiosità che assume il procedimento una volta chiusa l’udienza di precisazione delle conclusioni senza richiesta di discussione orale”.


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