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Giurisprudenza

Atto nullo: il notaio non risponde se l’interpretazione è oggettivamente incerta

19 Ottobre 2011

Cassazione Civile, Sez. VI, 13 ottobre 2011, n. 21202

Di cosa si parla in questo articolo

Con la sentenzan. 21202 del 13 ottobre scorso, la Corte di Cassazione affronta il tema della responsabilità disciplinare del notaio in caso di controversia sull’applicazione di un principio di diritto.

In particolare, nel caso di specie, il Giudice di merito aveva affermato la responsabilità disciplinare di un notaio per aver avere ricevuto, fra gli anni 2006/2007, 12 atti costitutivi e di trasformazione di e in società di persone nei quali erano state inserite clausole arbitrali che non prevedono che l’arbitro dovesse essere nominato da un soggetto estraneo alle parti in controversia e che, per tale motivo, erano da ritenersi nulle.

Come ricorda la Corte, per potersi affermare una simile responsabilità in capo al professionista occorrerebbe ritenere, come fatto dalla corte di merito, che rappresenti un principio inequivoco quello secondo cui nell’ambito societario l’unico arbitrato possibile sia quello endosocietario di cui all’art. 34 d.lgs. n. 5/2003.

Invero, pero, all’epoca dei fatti, tanto fra la giurisprudenza di merito, che si era interessata della questione, quanto fra la stessa dottrina, era dibattuta la questione se tale arbitrato endosocietario costituisse l’unica forma di arbitrato per le società indicate nella norma, ovvero se esso concorresse con l’arbitrato comune di cui agli artt. 806 e ss. C.P.C.

In tal senso, la Cassazione, riprendendo i propri precedenti orientamenti nullo (cfr. Cass. 11.11.1997), ricorda come ai fini della responsabilità del notaio ex art. 28 della l. n. 89/1913 sia necessario che l’atto dallo stesso redatto sia inequivocamente nullo.

Cosa che non poteva dirsi per il caso di specie, posto che lo stato della giurisprudenza di merito e della dottrina era contrastante e non era intervenuta alcuna sentenza di legittimità, con funzione nomofilattica.

In tal senso, evidenzia la Suprema Corte, ai notai non possono addossarsi compiti ermeneutici (con le connesse responsabilità) in presenza di incertezze interpretative oggettive. Diversamente, l’irricevibilità dell’atto si giustifica quando il divieto possa desumersi in via del tutto pacifica ed incontrastata da un orientamento interpretativo ormai consolidato sul punto.

Sulla base di tali motivazioni la Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: “sussiste la responsabilità disciplinare del notaio a norma dell’art. 28, c. 1, n. 1, l. n. 89/1913, per aver redatto un atto espressamente proibito dalla legge, allorché sia stato rogato, a decorrere dall’1 settembre 2001, un atto costitutivo di società, con previsione di clausola compromissoria di arbitrato di diritto comune e, quindi, difforme dal disposto dell’art. 34 del d.lgs. n. 5/2003, poiché solo da tale data può ritenersi pacifica l’interpretazione della norma come comportante la nullità di siffatta clausola”.

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