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Articolo 118-bis TUB: sfide e incertezze per le banche

14 Novembre 2024

Giulia Emilia Caja, Partner, KPMG Advisory

Ruggero Gorla, Senior Manager, KPMG Advisory

Di cosa si parla in questo articolo

Il presente contributo esamina le sfide e le incertezze che banche e intermediari finanziari stanno ancora affrontando nel processo di adeguamento ai requisiti e agli obblighi normativi previsti dal nuovo articolo 118-bis del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385 (noto come Testo Unico Bancario – “TUB“) introdotto per disciplinare le modalità di attuazione dei piani di sostituzione nel caso di cessazione o variazione sostanziale di un indice di riferimento.


Già a partire dal 1° gennaio 2018, con l’entrata in vigore della European Benchmarks Regulation[1] (di seguito “Regolamento BMR”) e con l’avvio della cd. IBOR transition[2], banche e intermediari finanziari auspicavano l’introduzione a livello nazionale di una disciplina normativa specifica che offrisse interventi manutentivi di adeguamento ai contratti indicizzati secondo parametri e standard predefiniti nelle ipotesi di permanent cessation e pre-cessation[3] degli indici di riferimento a cui è di solito legato il calcolo degli interessi di gran parte dei prodotti bancari e finanziari distribuiti sul mercato. L’auspicio di un intervento normativo mirato trovava già allora il suo fondamento almeno su due elementi: da un lato, l’esigenza di garantire la validità e l’eseguibilità dei contratti cd. tough legacy[4] che, durante la transizione dai tassi LIBOR (“London Interbank Offered Rate”) ai nuovi tassi risk-free (cd. Risk-Free Rate o “RFR”), erano spesso rimasti privi di clausole di fallback robuste a causa delle difficoltà emerse nel processo di modifica bilaterale della contrattualistica con i singoli clienti e, dall’altro, la necessità di un processo più snello rispetto al meccanismo di ius variandi di cui all’articolo 118 del TUB, previsto per la generalità delle modifiche unilaterali e applicabile, con riferimento ai tassi di interesse, solo ad alcune tipologie di contratti (a tempo indeterminato e con soggetti diversi dai consumatori o micro-imprese).

Inoltre, soprattutto con riferimento all’area dell’€uro in cui l’indice Euribor continua ad esistere seppur “riformato”[5], l’introduzione di una disciplina specifica che fornisse a banche e intermediari finanziari strumenti idonei per modificare in modo unilaterale i contratti indicizzati al suddetto indice veniva a costituire lo strumento indispensabile per agevolare l’attuazione delle raccomandazioni dell’11 maggio 2021 formulate dal Working Group on Euro Risk-Free Rates della BCE,[6] ancora in gran parte disattese secondo il resoconto pubblicato dallo stesso Working Group a due anni di distanza.[7]

Con l’entrata in vigore, l’11 gennaio 2024, del nuovo articolo 118-bis del TUB, le banche e gli intermediari finanziari possono dirsi solo parzialmente soddisfatti del risultato raggiunto, visti gli effetti ambivalenti che ha generato se analizzato rispetto all’ampio perimetro di prodotti bancari e finanziari su cui trova applicazione (i.e. tutti i contratti disciplinati ai sensi del Titolo VI del TUB, ricomprendendo quindi qualunque servizio bancario e finanziario sottoposto alle regole di trasparenza bancaria, ivi incluso il credito alle imprese in ogni forma, il credito al consumo e i servizi di pagamento prestati da istituti di pagamento e da istituti di moneta elettronica).

L’art. 118-bis del TUB è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico per garantire un meccanismo di regolazione preventiva dei rapporti contrattuali e per gestire le eventuali incertezze in merito alla validità dei contratti al verificarsi di una variazione sostanziale o cessazione permanente di un indice di riferimento, ai sensi dell’art. 28, paragrafo 2, del Regolamento BMR.[8] Il nuovo disposto normativo è stato inizialmente accolto dagli operatori con particolare favore. In esso sono stati intravisti utili indirizzi circa le modalità con cui banche e intermediari finanziari avrebbero potuto finalmente riflettere all’interno dei contratti indicizzati in essere con la clientela quanto previsto dai piani di sostituzione vigenti. Inoltre, rafforza l’equilibro tra il potere di modifica unilaterale dei contratti e l’esigenza di assicurare un adeguato livello di tutela del cliente, al quale viene riconosciuto il diritto di recedere dal contratto in due momenti specifici: entro due mesi dalla ricezione della comunicazione di modifica unilaterale del contratto (utilizzata per l’inserimento delle clausole di fallback) e, successivamente, entro due mesi dall’attivazione effettiva della clausola stessa, al verificarsi in concreto degli eventi rilevanti di cessazione permanente o variazione sostanziale dell’indice (o degli indici) cui la clausola si riferisce.

È innegabile che l’articolo 118-bis del TUB abbia gettato le basi per una transizione ordinata dall’Euribor nell’ipotesi che in futuro quest’ultimo cessi di essere pubblicato in via permanente o subisca una variazione nella metodologia di calcolo tale da non garantire la rappresentatività del mercato di riferimento sottostante. Inoltre, ha permesso di superare l’incertezza giuridica che si delineerebbe nella relazione tra intermediari e clienti retail qualora la normativa europea fosse ancora rimasta priva di una disciplina specifica in materia di informativa e diritto di recesso della clientela. Infatti, come più volte ricordato anche dal Working Group on Euro Risk-Free Rates, qualora si verificasse un’eventuale cessazione/variazione sostanziale dell’Euribor, l’assenza di un accordo tra le parti (sia esso raggiunto in fase di stipula o successivamente attraverso una rinegoziazione del contratto interessato) avrebbe potuto ripercuotersi negativamente nei rapporti contrattuali, causando l’insorgere di possibili contenziosi.[9]

Osservando il percorso di adeguamento tuttora in corso di banche e intermediari finanziari al nuovo disposto normativo, si può affermare che i “benefici” sin qui descritti del nuovo articolo 118-bis risultano particolarmente evidenti con specifico riferimento ai contratti in essere con la clientela retail. Al contrario, l’applicazione dei requisiti previsti dall’articolo 118-bis al corporate banking ha generato, e tutt’ora genera, non poche criticità e incertezze.

Per i finanziamenti corporate (rivolti a imprese di medie e grandi dimensioni), la previsione prevista dalla disciplina transitoria introdotta dal D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 207, di comunicare entro il 10 gennaio 2025 ai clienti le variazioni alle clausole contrattuali aventi ad oggetto i tassi di interesse mediante la cd. “Proposta di modifica unilaterale del contratto, ha comportato per numerose banche e intermediari la necessità di adottare soluzioni operative ad hoc di engagement e client outreach. La clientela di tipo mid e large-corporate, infatti, più motivata di quella retail a seguire attivamente qualsiasi evento modificativo dei contratti in essere e particolarmente attenta alle modifiche delle condizioni contrattuali relative ai tassi di interesse, è dotata di un potere negoziale che molti operatori hanno dovuto adeguatamente considerare. Nei confronti di tale clientela, alcuni operatori hanno preferito far precedere alle comunicazioni di modifica unilaterale previste dal Decreto sopra citato delle comunicazioni o notice spesso personalizzate con le quali fornire tutti i dettagli necessari per la piena comprensione delle modifiche introdotte ai contratti in essere ed evitare eventuali contenziosi. Soluzioni operative di questo genere, associate spesso alla necessità di confronti bilaterali su richiesta delle singole controparti in merito al contenuto delle clausole di fallback proposte, hanno ovviamente allungato le tempistiche inizialmente previste per l’adeguamento al nuovo obbligo normativo nonché i costi transattivi della gestione dei rapporti con la clientela.

Per i finanziamenti in pool o prestiti sindacati, l’applicazione dell’articolo 118-bis del TUB sta presentando complessità anche maggiori che, a parere di molti operatori di mercato, non sono state adeguatamente considerate dal Regolatore in fase di definizione del disposto normativo. La modifica dei contratti di finanziamento in pool per l’inserimento di robuste clausole di fallback è tuttora accompagnata da un elevato livello di incertezza data la complessità e specificità del tipo di prodotto, nonché la presenza di operatori esteri all’interno del pool a quali non si applica l’articolo 118-bis. Inoltre, l’esistenza di diversi framework legali a livello internazionale non permette una gestione omogenea delle eventuali rinegoziazioni necessarie all’inserimento delle clausole di fallback nei contratti. L’introduzione di variazioni contrattuali per questa tipologia di operazioni ha avviato un processo di confronti e negoziazioni tra le parti finanziatrici non meno laborioso di quello solitamente previsto per la strutturazione a monte della contrattualistica stessa dell’operazione.

In molti casi il problema principale è quello di pervenire ad un accordo sul testo della clausola di fallback da inserire nel contratto o sulla sua modifica, qualora già presente, per renderla robusta e allineata al disposto del 118-bis. In alcuni contesti, è stata vagliata l’ipotesi di adottare la clausola di fallback proposta dall’Agent bank, ossia la banca incaricata dell’effettiva gestione amministrativa del prestito. Tuttavia, spesso, la banca Agente non essendo un istituto di credito ma piuttosto una società di servizio oppure una banca estera a cui non si applica il 118-bis del TUB, non ha potuto formulare alcuna proposta di clausola. Ad oggi si osserva sul mercato l’adozione di soluzioni “ibride” secondo le quali, in caso di futura cessazione permanente dell’Euribor o di sua variazione sostanziale, sarà utilizzato genericamente il tasso €STR overnight individuato dalla BCE (tralasciando qualsiasi riferimento ad una specifica metodologia di calcolo – compounding o term) e, qualora al momento della cessazione effettiva dell’Euribor esista più di un tasso fallback €STR-based sul mercato come possibile sostituto, allora il tasso fallback finale sarà quello determinato dalla maggioranza delle banche partecipanti al pool. Risulta chiaro che formulazioni di tal genere, oltre ad essere abbastanza ambigue e non in linea con quanto raccomandato dal Working Group on Euro Risk-Free Rates a maggio ‘21, sono anche chiaramente disallineate allo standard della Loan Market Association. Inoltre, la proposta di adottare soluzioni quali le “hardwired fallback language[10] non sta trovando particolare accoglienza presso le banche italiane partecipanti ai pool.

Queste ed altre problematiche emerse nell’applicazione dell’articolo 118-bis ai contratti di finanziamento in pool sono state segnalate da numerose banche nazionali direttamente all’ABI, con la quale è stato aperto un tavolo di confronto. All’ABI sono state presentate inoltre istanze di chiarimento e suggerimenti, che il mercato auspica convergano, anche con l’eventuale coinvolgimento di Banca d’Italia e del MEF, in linee guida operative per consentire alle banche e agli intermediari, ad oggi ancora affannosamente coinvolti nel processo di adeguamento, di affrontare con maggiore chiarezza le criticità applicative del 118-bis ai finanziamenti in pool. È ormai opinione comune che tale disposto normativo, almeno nell’attuale formulazione, sia applicabile in modo quasi esclusivo ai contratti in essere con una clientela retail, a tutela della quale molto probabilmente era stato pensato sin dalla sua gestazione.

Le difficoltà nella strutturazione di robuste clausole di fallback da inserire all’interno dei contratti indicizzati, in linea con i requisiti previsti dall’articolo 118-bis TUB, derivano anche dalle incertezze che alcuni operatori ancora stanno mostrando nella determinazione delle tre componenti principali della clausola di fallback: i trigger event, l’indice alternativo e lo spread adjustment.

Il trigger event ha lo scopo di individuare chiaramente le circostanze che determinano la necessità di sostituire l’indice di riferimento applicato al contratto con un indice alternativo. Nella gran parte dei casi tali circostanze sono rappresentate dalla cessazione permanente dell’indice (solitamente anticipata da una dichiarazione pubblica dell’amministratore dell’indice o dall’autorità competente nella cui giurisdizione opera tale amministratore), dalla pre-cessazione (con la quale viene nella gran parte dei casi dichiarata la non rappresentatività dell’indice di riferimento a seguito di specifiche circostanze di mercato) e l’opt-in anticipato (che riconosce alle controparti la possibilità di passare all’indice di riferimento alternativo individuato contrattualmente nel caso in cui siano soddisfatte specifiche condizioni). Nel caso specifico dell’Euribor, il Working Group on Euro Risk-Free Rates già nelle raccomandazioni di maggio ‘21 aveva fornito agli operatori precise indicazioni circa i possibili trigger events da utilizzare all’interno delle clausole di fallback per i contratti indicizzati all’Euribor.[11] Nella stesura di una clausola di fallback robusta i trigger events devono essere adeguatamente formulati in linea con le caratteristiche del prodotto bancario cui la clausola si riferisce ma allo stesso tempo garantendo che siano consistenti e applicabili in modo trasversale a tutti i prodotti offerti alla clientela per evitare disallineamenti nei tempi di transizione da un benchmark all’indice alternativo individuato.

La seconda componente fondamentale della clausola di fallback è costituita dall’indice di riferimento alternativo (o tasso fallback) che andrebbe a sostituire l’indice di riferimento applicato al contratto a seguito dell’evento trigger. Soprattutto nel caso dell’Euribor, che continua ad esistere a differenza dei tassi Libor ormai dismessi per tutte le valute di riferimento, il percorso di individuazione del tasso fallback continua ad essere caratterizzato da numerose incertezze. Alcuni operatori hanno individuato il tasso BCE quale tasso fallback dell’Euribor in quanto – possiamo immaginare – trattandosi del tasso di rifinanziamento principale della Banca Centrale Europea e considerata la sua remota possibilità di cessazione si è ritenuto che fosse il tasso più in linea a sostituire l’Euribor all’interno dei contratti. Tuttavia, ricordiamo che già da settembre 2018 il Working Group on Euro Risk-Free Rates della BCE aveva individuato il tasso Euro Short-term Rate (€STR) quale tasso risk-free ufficiale dell’area dell’€uro e nelle raccomandazioni di maggio ‘21 e di maggio ‘23 aveva suggerito l’adozione di tassi fallback €STR-based all’interno delle clausole di fallback legate all’Euribor. Seguendo in modo spesso impreciso tali indicazioni, alcuni operatori hanno individuato quale tasso fallback ufficiale dell’Euribor il tasso €STR overnight che, a differenza dell’Euribor che è un term rate, non include ovviamente né una componente di rischio di credito né una componente di rischio di liquidità. I tassi fallback €STR-based per l’Euribor dovrebbero essere determinati sulla base delle metodologie (backward-looking o forward-looking) e convenzioni di calcolo raccomandate dal Working Group on Euro Risk-Free Rates della BCE per ogni tipologia di prodotto (es. conti correnti, finanziamenti), considerando opportunamente gli eventuali impatti che l’utilizzo di una o l’altra metodologia e convenzione potrebbero determinare su tutta la filiera (in particolare sui modelli di risk management, sugli applicativi IT in uso, nonché sulle coperture in essere). Qualora non si voglia implementare una propria metodologia in house, sono già disponibili sul mercato sia curve su €STR compounded (come nel caso dell’€STR Compounded Average Rate pubblicato dalla BCE già dal 2019) che strutture a termine forward-looking su €STR term rate (quale l’indice EFTERM pubblicato da EMMI a partire dall’14 novembre 2022 e il FTSE Term €STR pubblicato da Refinitiv dal 26 settembre 2023). Questi tassi sono calcolati in linea con le metodologie raccomandate dalla BCE, sono BMR compliant e disponibili nei tenor 1 settimana, 1 mese, 3 mesi, 6 mesi e 1 anno.

La terza e ultima componente della clausola di fallback è rappresentata dallo Spread Adjustment. Tale aggiustamento è utilizzato al fine di garantire, al verificarsi dell’evento trigger, l’equivalenza economica tra l’indice di riferimento applicato al contratto e le corrispondenti strutture a termine dell’indice alternativo prescelto. Nel caso dell’Euribor, già nel 2021 la BCE aveva dichiarato che non avrebbe pubblicato né gli spread adjustment né tassi di tipo compounded comprensivi di spread, lasciando ai singoli operatori piena autonomia nella determinazione della metodologia di calcolo degli Adjustment Spread. Successivamente il Working Group on Euro Risk-Free Rates ha raccomandato a maggio 2021 per il calcolo di tale aggiustamento la cd. “Five-year historical median spread adjustment methodology”. Tale metodologia consiste nel calcolare la differenza tra il tasso risk-free compounded (come, ad esempio, l’€STR Compounded Average Rate) per una data scadenza e il fixing dell’Euribor relativo alla stessa scadenza su un orizzonte temporale di cinque anni. Si tratta di un approccio trasparente, ampiamente utilizzato sul mercato dei derivati, raccomandato da ISDA per la transizione degli indici LIBOR e applicabile ai tassi €STR-based dei prodotti cash calcolati sia con metodologia backward che forward-looking. Nel 2020 ISDA ha avviato la pubblicazione, mediante il provider Refinitiv, dell’EURIBOR Fallback Rate nell’ipotesi che, all’evento di cessazione dell’Euribor, tale tasso sia pari all’€STR compounded maggiorato di un Fallback Spread Adjustment. Il Fallback Spread Adjustment non è stato ancora determinato in via ufficiale ma al momento viene calcolato come “5 year historical moving average between EURIBOR and €STR” e pertanto continua a modificarsi ogni giorno.

A circa due mesi dalla scadenza della fase transitoria introdotta dal D.Lgs. 7 dicembre 2023, n. 207, per comunicare ai clienti le variazioni alle clausole contrattuali aventi ad oggetto i tassi di interesse continuano ad essere numerose le incertezze e le difficoltà che gli operatori del mercato stanno ancora incontrando nel processo di adeguamento al nuovo disposto normativo che, per certi aspetti, si sta rilevando esso stesso un incerto meccanismo di regolazione preventiva dei rapporti contrattuali.

 

[1] Regolamento (UE) 2016/1011, come modificato dal Regolamento (UE) 2021/168

[2] Con “IBOR transition” ci si riferisce al processo di transizione dai tassi di interesse IBOR (Interbank Offered Rate) a nuovi tassi risk-free (RFR, cioè tassi privi di rischio) come parte delle riforme del mercato finanziario globale. I tassi IBOR sono stati tradizionalmente utilizzati come riferimento per il calcolo degli interessi su una vasta gamma di strumenti finanziari e contratti, ma a seguito di preoccupazioni legate alla manipolazione e alla scarsa liquidità sottostante, i regolatori internazionali hanno incoraggiato un passaggio verso tassi di riferimento più affidabili e basati su transazioni effettive (RFR). La transizione dai tassi IBOR a quelli RFR ha comportato cambiamenti significativi e complessi nell’ambito dei contratti finanziari e ha richiesto un attento adattamento da parte delle istituzioni finanziarie e dei loro clienti.

[3] Con “permanent cessation trigger” si indica quel trigger che, al momento della cessazione definitiva di un tasso, fa scattare la clausola di fallback solitamente a seguito di un annuncio pubblico da parte di una Autorità Nazionale o dall’amministratore dell’indice. Con “pre-cessation trigger” si indica quel trigger che si attiva nel momento in cui un’entità competente (es. FCA per LIBOR, la BCE o l’EMMI per l’Euribor) comunica la “non rappresentatività” dell’indice, ad esempio a causa dell’interruzione della contribuzione da parte delle panel bank.

[4] Rientra in questa categoria la contrattualistica relativa ad alcune tipologie di emissioni obbligazionarie (per le quali l’uso dello strumento della consent solicitation è particolarmente costoso, richiede tempo e spesso il consenso di tutti gli obbligazionisti) e alcuni prestiti bilaterali o sindacati (a causa della diversa natura delle controparti finanziate nonché per questioni legate ai costi di amendment e disponibilità di risorse).

[5] Cfr. https://www.emmi-benchmarks.eu/benchmarks/euribor/reforms/.

[6] Cfr. “Recommendations by the working group on euro risk-free rates on EURIBOR fallback trigger events and €STR-based EURIBOR fallback rates” (Working Group on Euro Risk-Free Rates, 11 Maggio 2023).

[7] Cfr. “Guidance for Corporate Lending Products for Implementing the Recommendations on EURIBOR Fallback Trigger Events and €STR-based EURIBOR Fallback Rates” (Working Group on Euro Risk-Free Rates, 4 Maggio 2023).

[8] Relazione illustrativa del Governo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 300 del 27 dicembre 2023, del Decreto Legislativo n. 207 del 7 Dicembre 2023 che ha istituito il Comitato per politiche macroprudenziali (art. 1) e ha dettato le regole necessarie alla piena attuazione degli artt. 23-ter, par. 7, e 28, par. 2, del Regolamento (UE) 2016/1011, come modificato dal Regolamento (EU) 2021/168, sugli indici usati come riferimento (benchmark) in strumenti finanziari e contratti finanziari (cd. Regolamento Benchmark – BMR). Si vedano inoltre le Circolari ABI: Prot. ULS/001355 del 30 agosto 2022 e Prot. ULA/UCG/001962 del 28 dicembre 2023

[9] Cfr. “Recommendations by the working group on euro risk-free rates on EURIBOR fallback trigger events and €STR-based EURIBOR fallback rates” (Working Group on Euro Risk-Free Rates, 11 Maggio 2023) e “Guidance for Corporate Lending Products for Implementing the Recommendations on EURIBOR Fallback Trigger Events and €STR-based EURIBOR Fallback Rates” (Working Group on Euro Risk-Free Rates, 4 Maggio 2023).

[10] Con l’approccio “hardwired”, in caso di specifici eventi scatenanti (i.e. cessazione permanente e variazione sostanziale), la contrattualista relativa al prestito prevederà la sostituzione automatica dell’Euribor con un indice di riferimento predefinito. In alcuni casi, il tasso fallback è determinato attraverso l’utilizzo di una struttura waterfall inclusiva di una serie di possibili tassi sostitutivi definiti: nel caso in cui il tasso fallback individuato sul primo livello della waterfall non fosse disponibile in prossimità dell’evento scatenante, verrà utilizzato il secondo tasso specificato a meno che anche esso non sia disponibile, nel qual caso verrà utilizzato il terzo tasso. L’approccio “hardwired” regola inoltre la modalità con cui si garantirà che il nuovo tasso sostitutivo sia equivalente, sotto il profilo economico, a quello inizialmente previsto nel contratto e tutti gli accorgimenti legali necessari con cui apportare modifiche tecniche ai documenti contrattuali relativi al prestito per riflettere l’adozione del nuovo tasso.

[11] 1) una dichiarazione pubblica ufficiale relativa alla cessazione permanente o indefinita dell’EURIBOR; 2) una dichiarazione pubblica ufficiale dove viene dichiarato che l’EURIBOR non è, o non sarà, più rappresentativo del mercato di riferimento e che tale rappresentatività non sarà ripristinata; 3) un evento per il quale l’uso dell’EURIBOR è divenuto, per qualsiasi motivo, illegale per le parti che hanno stipulato il contratto o a seguito del quale è fatto divieto alle parti di utilizzare tale indice; 4) un evento per il quale l’Euribor non è disponibile, senza che sia stata effettuata una dichiarazione pubblica ufficiale o una pubblicazione da parte o per conto dell’autorità di vigilanza dell’amministratore dell’EURIBOR o dell’amministratore stesso dell’EURIBOR.

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