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Italia e Svizzera firmato l’accordo: cade il segreto bancario. Voluntary disclosure più conveniente

25 Febbraio 2015

Stefano Massarotto, Studio Tributario Associato Facchini Rossi & Soci

Di cosa si parla in questo articolo

Finalmente, dopo decenni, i rapporti fiscali tra Italia e Svizzera cambiano radicalmente: ieri in Prefettura a Milano il ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan e il capo del Dipartimento federale delle finanze della Confederazione Svizzera Eveline Widmer-Schlumpf hanno firmato il Protocollo di modifica alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Svizzera in materia fiscale. Con la firma del Protocollo, la Convenzione tra l’Italia e la Svizzera ora prevede lo scambio di informazioni su richiesta secondo gli standards OCSE, ponendo di fatto fine al segreto bancario elvetico.

In aggiunta al Protocollo, i due ministri hanno siglato anche una “road map” per la prosecuzione del dialogo fra i due Paesi in materia fiscale e finanziaria. Nella road map sono inseriti diversi temi di notevole importanza per Berna: l’introduzione anche dello scambio automatico di informazioni, una nuova regolamentazione della fiscalità dei “frontalieri”, l’uscita definitiva della Svizzera dalle black list italiane e il miglioramento dell’accesso al mercato finanziario italiano da parte degli intermediari finanziari elvetici (banche in primis).

Soprattutto, la firma del Protocollo tra l’Italia e la Svizzera ha un effetto immediato ai fini della legge sulla c.d. “Voluntary disclosure” (L. 15 dicembre 2014, n. 186) in vigore dal 1° gennaio 2015.

Ma andiamo con ordine.

Riduzione delle sanzioni RW

Per quanto riguarda gli effetti della Voluntary disclosure sulle sanzioni amministrative tributarie, l’articolo 5-quinquies, comma 4 del D.L. n. 167/1990 definisce regole certe per determinare le sanzioni previste sia per le violazioni degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale sia per le violazioni di carattere sostanziale (imposte sui redditi).

In particolare, è previsto che la sanzione relativa alle violazioni degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale è determinata in misura pari alla metà del minimo edittale (tale beneficio si applica anche in sede di definizione agevolata in base all’art. 16, comma 3 del D.lgs. n. 472/1997[1]) se:

a) le attività, ovunque siano state detenute precedentemente, “vengono trasferite” in Italia o in Stati membri dell’Unione europea e in Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l’Italia, inclusi nella lista di cui al Decreto ministeriale 4 settembre 1996[2]; ovvero

b) le attività trasferite in Italia o nei predetti Stati erano o sono ivi detenute; ovvero

c) le attività sono e restano detenute in un Paese diverso da quelli di cui alla sopracitata lettera a), ma l’autore delle violazioni rilascia all’intermediario finanziario estero presso cui le attività sono detenute un’autorizzazione a trasmettere alle autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria e allega copia di tale autorizzazione, controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria.

In quest’ambito, nel caso di investimenti all’estero ovvero di attività estere di natura finanziaria detenuti negli Stati c.d. black-list (ad es. Svizzera), ai sensi del comma 7 dell’art. 5-quinquies del D.L. n. 167/1990, la misura della sanzione minima per violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale è ridotta al 3 per cento degli importi non dichiarati[3] qualora tali Stati stipulino con l’Italia entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge accordi che consentano un effettivo scambio di informazioni ai sensi dell’art. 26 del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni: proprio quanto è avvenuto ieri tra Italia e Svizzera.

La non applicazione del raddoppio dei termini cd. “black list

Uno dei principali fattori che condizionano l’appetibilità della voluntary disclosure riguarda la possibilità di disapplicare il raddoppio dei termini di accertamento delle imposte e di contestazione delle violazioni sul monitoraggio fiscale (Mod. RW).

Ai sensi dell’art. 5-quater, comma 4, del D.L. n. 167/1990, il raddoppio dei termini di accertamento previsto dall’art. 12, comma 2-bis, del D.L. n. 78/2009 – secondo cui le attività detenute in illecito valutario in Stati di black list si presumono reddito sottratto a tassazione – viene disapplicato solo “qualora ricorrano congiuntamente le condizioni previste dall’articolo 5-quinquies, commi 4, primo periodo, lettera c), 5 e 7”.

Quindi, letteralmente, il raddoppio dei termini di accertamento non opererebbe se – oltre alla firma di un Accordo sullo scambio di informazioni conforme allo standard OCSE – “congiuntamente” viene rilasciata all’intermediario estero black list un’autorizzazione a trasmettere all’Agenzia delle entrate tutti i dati concernenti le attività oggetto di disclosure. In quest’ambito, secondo taluni, una disposizione del codice penale svizzero (art. 271) proibirebbe a chiunque (inclusi i funzionari bancari) di fornire informazioni alle Autorità estere, rendendo di fatto impossibile soddisfare la condizione in parola; di conseguenza, continuerebbe ad applicarsi il raddoppio dei termini di accertamento (parrebbe anche qualora le attività venissero rimpatriate).

Sul punto è auspicabile che l’Amministrazione finanziaria fornisca chiarimenti già nella Circolare di prossima pubblicazione: occorre, infatti, chiarire se l’autorizzazione all’intermediario estero debba essere richiesta solo se il contribuente “ravveduto” intende mantenere (o trasferire) le stesse attività in un Paese di black list[4], ferma restando, ovviamente, la necessità di un accordo che consenta un effettivo scambio di informazioni con l’Italia[5].

In ogni caso, a prescindere dall’interpretazione che fornirà l’Agenzia delle entrate, è di estrema importanza che la road map (par. 2.2.4.) contenga espressamente la previsione che gli intermediari finanziari elvetici, nel fornire informazioni alle Autorità italiane nell’ambito della Voluntary disclosure, non violano l’art. 271 del codice penale svizzero, permettendo loro di rispondere alle richieste di informazioni sulle attività oggetto di emersione da parte dell’Amministrazione fiscale italiana.

Restava tuttavia poco comprensibile che la Legge n. 186/2014, all’art. 5-quater, comma 4, preveda la disapplicazione del raddoppio dei termini di accertamento solamente per le violazioni sulle imposte sui redditi (comma 2-bis dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009) e non anche per le violazioni relative al monitoraggio fiscale (comma 2-ter dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009.

Tale aspetto potrebbe limitare la percorribilità della via della disclosure per il fatto che, a tal fine, vanno raccolti dati e informazioni relativi a un periodo temporale alquanto esteso: ad esempio, in ipotesi di dichiarazione dei redditi non omessa, ai fini della contestazione delle sanzioni relative al monitoraggio fiscale, ad oggi risulta ancora accertabile il periodo d’imposta 2004.

Questo disallineamento è destinato – finalmente – a trovare una soluzione legislativa: un emendamento (a firma dei relatori Sanga e Causi) al Disegno di legge c.d. “Milleproroghe”, approvato dalla Camera dei deputati la settimana scorsa, elimina il raddoppio dei termini di accertamento per le violazioni del Modello RW per i Paesi black list che – come la Svizzera – hanno firmato un accordo che consenta un adeguato scambio di informazioni con l’Italia.

E il “raddoppio penale” dei termini di accertamento?

Da ultimo, resta il problema del cd. “raddoppio penale” dei termini di accertamento (previsto dagli artt. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973 e 57, comma, 3 del D.P.R. n. 633/1972 e che scatta in caso di obbligo di notizia di reato ex art. 331 c.p.p.) che potrebbe trovare applicazione in tutti i casi in cui si configuri una violazione rilevante dal punto di vista penaltributario, sebbene la punibilità sia comunque esclusa ai sensi del nuovo art. 5-quinquies, comma 1, lett. a) del D.L. n. 167/1990.

La mancata approvazione del decreto legislativo sulla “certezza del diritto” (ne è previsto lo slittamento a questa estate) rischia, infatti, di lasciare nell’incertezza molti contribuenti che intendono beneficiarie della Voluntary disclosure, vanificando, in parte, gli effetti dell’Accordo sullo scambio di informazioni siglato ieri tra Italia e Svizzera.


[1] Cfr. art. 5-quinquies, comma 6, D.L. n. 167/1990.

[2] La riduzione delle sanzioni nella misura pari alla metà del minimo edittale, parrebbe essere consentita anche nell’ipotesi di rimpatrio c.d. “giuridico” degli investimenti e delle attività.

[3] Inoltre, al ricorrere delle condizioni indicate, non si applica il raddoppio delle sanzioni previste per infedele e omessa dichiarazione connesso alla “presunzione di evasione” di cui all’art. 12, comma 2, secondo periodo, del D.L. n. 78/2009.

[4] Tale interpretazione parrebbe emergere dall’intervento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate svoltosi in occasione delle Audizioni di Novembre 2014 presso le Commissioni Riunite Giustizia, Finanze e Tesoro del Senato relative al Disegno di legge sulla Voluntary Disclosure (A.S.1642).

[5] Lo scambio di informazioni deve riguardare anche il periodo temporale che va dalla data di stipula a quella dell’entrata in vigore dell’accordo medesimo.

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