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Approfondimenti

I conferimenti di partecipazioni di minoranza nell’art. 177 del TUIR

1 Dicembre 2020

Luca Rossi e Antonio Privitera, Facchini Rossi Michelutti Studio Legale Tributario

Di cosa si parla in questo articolo

1. Gli scambi di partecipazione mediante conferimento disciplinati dal TUIR a seguito delle modifiche recate dal D.L. Crescita 2019

Come noto, il comma 2 dell’art. 177 del TUIR[1] disciplina il conferimento mediante scambio di partecipazioni attraverso cui – indipendentemente dallo status del conferente[2] – una società conferitaria residente acquisisce[3] il controllo di diritto[4] di una società c.d. “scambiata”, parimenti residente, le cui quote partecipative sono oggetto dell’apporto[5].

Più in particolare, come sostenuto anche dall’Amministrazione finanziaria in più occasioni[6], la norma in esame non disciplina un regime di neutralità fiscale relativamente all’operazione di conferimento sopra menzionata (che resta realizzativa), ma prevede unicamente un criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente. Pertanto, in applicazione di tale criterio, le quote o azioni ricevute in cambio dal soggetto conferente sono valutate, ai fini della determinazione del suo reddito, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria.

A differenza di quanto avverrebbe in applicazione del criterio generale disciplinato dall’art. 9 del TUIR (c.d. criterio del valore normale)[7], in capo al conferente può non emergere una plusvalenza imponibile qualora il valore di iscrizione della partecipazione – e, di conseguenza, l’incremento di patrimonio netto effettuato dalla società conferitaria – risulti pari all’ultimo valore fiscalmente riconosciuto presso il medesimo soggetto conferente della partecipazione conferita[8](c.d. regime di neutralità indotta)[9].

L’art. 11-bis del D.L. n. 34/2019[10] ha inserito nel corpo dell’art. 177 del TUIR il comma 2-bis, mediante il quale il c.d. regime di neutralità indotta è stato esteso anche alle operazioni di conferimento mediante le quali la società conferitaria non acquisisce (ovvero integra) il controllo di diritto della società c.d. “scambiata”, ove siano congiuntamente soddisfatti i seguenti requisiti[11]:

  • le partecipazioni conferite rappresentano complessivamente una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2% o al 20%, ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5% o al 25%, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni; per i conferimenti di partecipazioni detenute in società “la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni” (società holding), le predette percentuali si riferiscono a tutte le società indirettamente partecipate che esercitano un’impresa commerciale ai sensi dell’art. 55 del TUIR e si determinano, relativamente al conferente, tenendo conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa; e
  • le partecipazioni devono essere conferite in società, esistenti o di nuova costituzione, interamente partecipate dal conferente, vale a dire – come precisato dall’Amministrazione finanziaria in più occasioni[12] – siano acquisite da una società holding unipersonale facente capo a quest’ultimo, essendo, pertanto, esclusi i conferimenti plurimi[13].

Inoltre, il medesimo comma 2-bis dell’art. 177 del TUIR stabilisce che – ai fini dell’applicazione del regime di partecipation exemption di cui all’art. 87 del TUIR – per le partecipazioni che hanno fruito del c.d. regime di neutralità indotta l’holding period è esteso a 60 mesi, in luogo degli ordinari 12 mesi, con la conseguenza che la società conferitaria deve attendere almeno un quinquennio per poter fruire del regime di esenzione in parola, essendo le eventuali plusvalenze realizzate a seguito di cessioni anticipate assoggettate a tassazione in misura piena.

In altri termini, come recentemente confermato anche dall’Agenzia delle Entrate[14], per effetto delle novità introdotte dall’art. 11-bis del D.L. n. 34/2019, il c.d. regime di neutralità indotta degli scambi di partecipazione mediante conferimento delineato dall’art. 177 del TUIR è applicabile:

  • sia alle operazioni di conferimento il cui obiettivo finale è il conseguimento del controllo di diritto della società c.d. scambiata (da valutare avuto riguardo alla posizione della conferitaria e non del conferente) (comma 2);
  • sia alle operazioni che non realizzano tale obiettivo, in cui è, invece, attribuita rilevanza all’oggetto del conferimento (che deve essere una partecipazione qualificata ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. c), del TUIR) e al requisito del controllo totalitario della società conferitaria in capo al conferente (comma 2-bis)[15].

Pertanto, chiarito che la differenza tra la norme di cui ai commi 2 e 2-bis dell’art. 177 del TUIR risiede unicamente nei loro presupposti ed ambiti applicativi, posto che entrambe hanno quale comune denominatore i principi base su cui si fonda il c.d. regime di neutralità indotta applicabile ai conferimenti ivi disciplinati, si propone di seguito un’ipotesi di lettura interpretativa della norma di cui al comma 2-bis che, a nostro giudizio, renderebbe la disposizione in esame maggiormente aderente al dettato del testo normativo in cui è stata inserita.

2. L’interpretazione da attribuire al nuovo comma 2-bis dell’art. 177 del TUIR

Prendendo le mosse dal caso in cui la società c.d. scambiata non sia una società holding, vale la pena innanzitutto sottolineare che il c.d. regime di neutralità indotta trova applicazione a prescindere dalla circostanza che tale ultima società eserciti o meno un’impresa commerciale ai sensi dell’art. 55 del TUIR, non rinvenendosi nel testo normativo dei commi 2 e 2-bis dell’art. 177 del TUIR specifiche prescrizioni in tal senso.

Pertanto, anche nell’ipotesi in cui la società c.d. scambiata fosse una società immobiliare c.d. passiva, ovvero una società la cui attività fosse circoscritta al mero sfruttamento passivo di beni immateriali (marchi, brevetti, etc.), l’applicazione del c.d. regime di neutralità indotta non incontrerebbe ostacolo alcuno e ciò sia nell’ipotesi in cui il conferente fosse un soggetto che non agisce nell’esercizio d’impresa (è il caso, a mero titolo di esempio, delle persone fisiche e delle società semplici) sia nell’ipotesi in cui il conferente fosse un soggetto che esercita un’attività d’impresa, fatta ovviamente salva l’applicazione, in tale ultimo caso, della disposizione antielusiva contenuta nel comma 3 del medesimo art. 177 del TUIR.

Più in particolare, la norma da ultimo richiamata rende applicabile anche agli scambi di partecipazione disciplinati dall’art. 177 del TUIR, ove posti in essere da soggetti esercenti attività d’impresa, la regola, contenuta nell’art. 175, comma 2, del medesimo Testo Unico, per i conferimenti di partecipazioni di controllo e di collegamento, in base alla quale il c.d. regime di neutralità indotta non può trovare applicazione – trovando, invece, applicazione il c.d. criterio del valore normale ex art. 9 del TUIR – nell’ipotesi in cui le partecipazioni conferite siano prive, all’atto del conferimento, dei requisiti per beneficiare del regime di partecipation exemption di cui all’art. 87 del TUIR (fatta eccezione per quello dell’holding period) e le partecipazioni nella conferitaria ricevute in cambio dal soggetto conferente possiedano, invece, i suddetti requisiti.

Ciò posto, chiarito che nel caso di conferimenti di partecipazioni in società diverse dalle holding non rileva l’attività esercitata dalla società c.d. scambiata, è necessario analizzare l’applicazione del c.d. regime di neutralità indotta di cui al predetto art. 177, comma 2-bis, del TUIR nel caso delle società “la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni”.

Quanto all’identificazione di tali società, stante il tenore letterale della disposizione in esame, si dovrebbe necessariamente concludere che queste ultime siano da individuare tra le “società di partecipazione” (finanziaria e non finanziaria) individuate dall’art. 162-bis del TUIR[16] e, pertanto, ai criteri previsti da tale ultima disposizione che occorre riferirsi anche per quanto riguarda l’applicazione del c.d. regime di neutralità indotta in relazione ai conferimenti di partecipazioni qualificate di minoranza.

Conseguentemente, ai fini dell’applicazione del comma 2-bis dell’art. 177 del TUIR, la società c.d. scambiata dovrebbe essere considerata holding nell’ipotesi in cui, in base ai dati del bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio chiuso, l’ammontare complessivo delle partecipazioni (in intermediari finanziari e/o altre entità) e altri elementi patrimoniali intercorrenti con le medesime[17], unitariamente considerate, fosse superiore al 50% del totale dell’attivo patrimoniale[18].

A tale riguardo, avuto presente che il paramento che il legislatore dell’art. 162-bis del TUIR ha individuato pone esclusivo riferimento al valore di iscrizione in bilancio delle sole partecipazioni e degli elementi patrimoniali intercorrenti con queste ultime, nel novero delle holding cui applicare la regola di cui al comma 2-bis dell’art. 177 del TUIR non dovrebbero essere annoverate società che non superino la soglia individuata dal legislatore e che, ad esempio, detengano (anche solo in via temporanea) un significativo ammontare di liquidità, ovvero investano il loro patrimonio in prodotti finanziari diversi dalle partecipazioni al capitale di altre società, quali, ad esempio, quote o azioni di OICR, titoli pubblici, ed obbligazioni emesse da società nelle quali non sono detenute altre partecipazioni al capitale.

Chiarito che, ai fini dell’individuazione delle società holding c.d. scambiate, è necessario porre riferimento ai criteri recati dall’art. 162-bis, occorre altresì chiedersi come debba essere interpretato il riferimento alle “società indirettamente partecipate” dalla holdingche esercitano un’impresa commerciale, secondo la definizione di cui all’articolo 55” recato dal predetto art. 177, comma 2-bis, del TUIR relativamente all’applicazione della regola di demoltiplicazione ivi prevista.

A tale riguardo, va innanzitutto evidenziato che, a nostro giudizio, non avrebbe pregio alcuno un’interpretazione che impedisse l’applicazione del c.d. regime di neutralità indotta nell’ipotesi in cui la società c.d. scambiata fosse una holding che detenesse esclusivamente partecipazioni (sufficienti a far integrare al conferente le percentuali minime richieste) in società la cui attività non rispondesse ai canoni di impresa commerciale individuati dal predetto art. 55 del TUIR.

Ciò in quanto, come evidenziato in precedenza, i principi base sottesi al regime in parola non discriminano in alcun modo le società c.d. scambiate in funzione dell’attività effettivamente esercitata e, pertanto, tale interpretazione condurrebbe a consentire l’accesso al c.d. regime di neutralità indotta a società che non svolgono un’attività commerciale ex art. 55 del TUIR, ove il conferimento delle partecipazioni avvenisse in via diretta, e, al contempo, negarlo alle medesime società, ove il conferimento avvenisse in via indiretta, in quanto mediato dalla presenza della holding[19].

Parimenti, a nostro avviso, non avrebbe pregio neanche un’interpretazione che, nell’ipotesi in cui la società c.d. scambiata fosse una holding in possesso di partecipazioni sia in società commerciali sia in società non commerciali, rendesse applicabile la regola di demoltiplicazione esclusivamente in capo alle prime, posto che tale interpretazione condurrebbe a risultati del tutto poco razionali rispetto ai principi base sottesi al c.d. regime di neutralità indotta.

Di conseguenza, a nostro giudizio, l’unica interpretazione della disposizione in esame che appare coerente con il sistema normativo in cui è inserita è quella che attribuisce al riferimento all’esercizio di un’impresa commerciale secondo la definizione recata dall’art. 55 del TUIR valenza antitetica rispetto all’esercizio dell’attività (esclusiva o prevalente) di assunzione di partecipazioni svolta dalla holding.

In altri termini, nel caso in cui la società c.d. scambiata fosse una società holding, l’interpretazione della norma di cui all’art. 177, comma 2-bis, del TUIR che ci sembra maggiormente coerente è quella che consente al conferente di eliminare lo schermo rappresentato da tale società e di verificare se, sia pur in via indiretta (vale a dire tenendo conto anche della percentuale di partecipazione detenuta nella stessa società holding), quest’ultimo disponga delle percentuali minime di qualificazione richieste dalla medesima disposizione al fine di poter applicare il c.d. regime di neutralità indotta.

Tale interpretazione avrebbe il pregio di non discostarsi dai principi base su cui si è sempre fondato il regime in parola e di consentire di non conseguire effetti distorsivi in presenza di conferimenti “indiretti” di partecipazioni mediati dalla presenza di una società holding[20].

 


[1] Testo Unico delle Imposte sui Redditi di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e s.m.i..

[2] Cfr. art. 12, comma 4, lett. b), del D.Lgs. n. 247/2005 e la sua Relazione illustrativa.

[3] Ovvero integra in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario.

[4] Ai sensi dell’art. 2359, comma 1, numero 1) del Codice Civile.

[5] Cfr. Agenzia delle Entrate, Risoluzione n. 43/E del 2017, che ha specificato che “Per motivi di ordine logico sistematico, si ritiene, perciò, che sia la società acquirente/conferitaria sia la società acquistata/scambiata debbano essere soggetti indicati dalla lettera a) nell’articolo 73 del TUIR, ossia società di capitali residenti”.

[6] Cfr. Circolare n. 33/E del 2010 e, più recentemente, Risposta all’istanza di interpello n. 483 del 2020.

[7] Per completezza si ricorda che il Principio di diritto n. 10 del 2020 ha precisato che il regime delineato dall’art. 177, comma 2, del TUIR“rappresenta una deroga al criterio generale delineato dall’articolo 9 del TUIR (“valore normale”), costituendo un’ipotesi specifica di determinazione del reddito del conferente, avente natura agevolativa e applicabile ex se in presenza dei presupposti di legge previsti dalla norma. Non esiste, pertanto, libertà di scelta tra i due regimi rimessa alla discrezionalità dell’operatore”.

[8] Conseguentemente, i riflessi reddituali dell’operazione di conferimento in capo al soggetto conferente o ai conferenti sono strettamente collegati al comportamento contabile adottato dalla società conferitaria.

[9] Per completezza, si sottolinea che, l’Agenzia delle Entrate – nella Risoluzione n. 38/E del 2012 e, più recentemente, nel Principio di diritto n. 10 del 2020 e nella Risposta all’istanza di interpello n. 537 del 2020 – ha sostenuto che il c.d. regime di neutralità indotta“trova applicazione solo se dal confronto tra il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione conferita e la frazione di incremento di patrimonio netto della società conferitaria emerge una plusvalenza in capo al soggetto conferente. In caso di minusvalenze, invece, trova applicazione il principio generale del “valore normale” ed è lecito ritenere realizzate e fiscalmente riconosciute solo le minusvalenze determinate ai sensi dell’articolo 9 del TUIR”. A tale riguardo, non essendo tale tematica oggetto di specifica trattazione nell’ambito del presente contributo, ci si limita unicamente a precisare di non condividere l’orientamento espresso sul punto da parte dell’Amministrazione finanziaria e di ritenere, invece, in presenza di conferimenti “minusvalenti”, pienamente applicabile la disciplina in parola, fatta salva, ovviamente, l’assoluta indeducibilità della minusvalenza realizzata in capo al conferente. Sul punto ci sia consentito rinviare anche aR. Michelutti – E. Iascone, “Scambio di partecipazioni tramite conferimento: tra realizzo controllato e valore normale”, Corriere Tributario, n. 12, 2020.

[10] Convertito, con modificazioni, dalla L. n. 58/2019.

[11] Per un’analisi di tale norma si confronti anche R. Michelutti – F. Zecca, “Favoriti i conferimenti da parte dei non imprenditori”, in Il Sole 24 Ore, 23 luglio 2019, pag. 20 e “Conferimenti di partecipazioni qualificate ammessi al regime fiscale di realizzo controllato solo in caso di conferitaria unipersonale: questioni risolte e temi aperti”, Diritto Bancario, Settembre 2020.

[12] Cfr. Risposta all’istanza di interpello n. 314, n. 315 e n. 483 del 2020.

[13] E ciò a differenza del c.d. regime di neutralità indotta applicabile, ai sensi del predetto comma 2 dell’art. 177, al caso in cui la conferitaria acquisisce il controllo di diritto della società c.d. “scambiata”, in relazione al quale l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che il controllo può “essere validamente integrato anche se l’acquisto delle partecipazioni proviene da più soci titolari di quote della società conferita. Tale acquisizione deve avvenire, però, uno actu, cioè attraverso un progetto unitario di acquisizione della partecipazione che consenta, comunque, alla società acquirente di assumere il controllo della società scambiata”. In tal caso, il valore di iscrizione della partecipazione nella contabilità della conferitaria e, pertanto, l’incremento di patrimonio netto effettuato da quest’ultima, riconducibile al singolo conferimento, deve risultare pari all’ultimo valore fiscale – presso ciascun soggetto conferente – della partecipazione conferita (Cfr. Risposta all’istanza di interpello n. 229, n. 309, n. 314 e n. 315 del 2020).

[14] Cfr. Risposta all’istanza di interpello n. 229, n. 309, n. 314 e n. 315 del 2020.

[15] Il soggetto conferente – come sottolineato dall’Amministrazione finanziaria nei più volte richiamati documenti di prassi – “sostanzialmente “converte” una partecipazione qualificata diretta in una analoga partecipazione qualificata indiretta detenuta attraverso il controllo totalitario della conferitaria, in ossequio al diverso obiettivo prefigurato dalla disposizione,ovvero favorire operazioni di riorganizzazione o ricambio generazionale in fattispecie che resterebbero altrimenti escluse per la insufficiente misura della partecipazione detenuta, purché ciò avvenga attraverso la creazione di una holding unipersonale riconducibile al singolo conferente”.

[16] In tal senso deporrebbe altresì la Relazione all’art. 12 del D.Lgs. n. 142/2018 – che ha introdotto il predetto art. 162-bis del TUIR – ove è specificato che le nuove definizioni ivi contenute si applicano a tutte le disposizioni dell’ordinamento tributario che fanno riferimento agli intermediari finanziari, alle società di partecipazione finanziaria e alle società di partecipazione non finanziaria.

[17] Inclusi gli impegni ad erogare fondi e le garanzie rilasciate, nel caso delle partecipazioni in intermediari finanziari. Tale inclusione potrebbe essere in futuro normativamente estesa anche alle partecipazioni in altre entità, cfr. Interrogazione parlamentare n. n. 5-01951 del 2019.

[18] Inoltre, posto che l’art. 162-bis del TUIR ha come scopo principale quello di identificare, al termine di ogni periodo di imposta, le regole fiscali proprie applicabili ad un soggetto in funzione della sua natura (intermediario finanziario, holding finanziaria, holding non finanziaria, altre entità) – come parrebbe implicitamente confermato anche dalla Risposta n. 121 del 2020 – si dovrebbe concludere che, al fine di ascrivere o meno la società c.d. scambiata tra le società holding, si debba porre riferimento ai dati del bilancio approvato relativo all’esercizio precedente a quello in cui il conferimento è posto in essere, nella considerazione che non è agevole attendere il termine dell’esercizio in cui è realizzato il conferimento di tale società per individuare il corretto regime fiscale dell’operazione.

[19] La linea interpretativa da noi privilegiata nel testo trova, a nostro avviso, conferma nel dettato normativo dell’art. 87, comma 5, del TUIR in tema di sussistenza dei requisiti di residenza in uno Stato a fiscalità ordinaria e di esercizio di un’impresa commerciale ex art. 55 del medesimo Testo Unico valevoli ai fini dell’accesso al predetto regime di participation exemption. A tale riguardo, va infatti evidenziato che la funzione della disposizione sopra menzionata è anche quella di impedire che partecipazioni in società che difettano (nel periodo di osservazione individuato dall’art. 87, comma 2, del TUIR) dei predetti requisiti oggettivi per poter beneficiare del regime in parola possano fruirne indebitamente ove cedute “indirettamente”, vale a dire “protette” dallo schermo rappresentato dalla holding. Ai fini dell’accesso al regime in parola, posto che il plusvalore non può essere atomizzato, ma rappresenta un fattore unitario, il legislatore ha inoltre stabilito che può beneficiare della participation exemption la plusvalenza da cessione della partecipazione in una holding, ove la maggior parte delle partecipazioni da quest’ultima detenuta (ossia la parte preponderante del suo patrimonio) verifichino la sussistenza di entrambi i requisiti in parola.

[20] Resterebbe, tuttavia, da chiarire se la regola di demoltiplicazione debba trovare, in ogni caso, applicazione anche in presenzadi una società c.d. scambiata holding in relazione alla quale fosse possibile sostenere lo svolgimento di un’attività commerciale ai sensi del più volte menzionato art. 55 del TUIR. A tale riguardo, si ricorda che la tematica relativa allo svolgimento di una holding di un’attività commerciale è molto dibattuta e risalente nel tempo, basti pensare alle conclusioni raggiunte sul punto dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 1439 del 1990 in tema di assoggettabilità a fallimento da parte di tali società.

In campo fiscale, per tutti, cfr. Interrogazione parlamentare n. 5-03428 del 15 settembre 2014 in tema di consolidato fiscale nazionale.

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