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Il D.Lgs 141/2010: introduzione al nuovo titolo V del testo unico bancario

2 Agosto 2011

Luca Corrò, dottore commercialista, Corrò Lepscky Assoc. dottori commercialisti, Venezia

Il presente articolo costituisce un aggiornamento dell’articolo già apparso su “Il Commercialista Veneto”, n. 197/2010.

 

In data 4 settembre 2010 è stato pubblicato nel numero 207 della GU il decreto legislativo 141recante l’attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito al consumo. L’occasione del recepimento della direttiva è stato, tra gli altri obiettivi, altresì utilizzata dal Legislatore per introdurre una modifica strutturale del titolo V del Testo Unico Bancario dedicato alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario di cui questo intervento intende trattare.

L’emanazione del provvedimento appare una tappa evolutiva cruciale nel percorso di riforma del regime giuridico del settore dell’intermediazione finanziaria non bancaria, quale settore strutturalmente in crescita nell’ultimo triennio e di crescenterilevanza nell’ambito del mercato finanziario e del sistema economico generale in cui il Legislatore ha inteso intervenirea motivo della sua criticità ai fini del presidio della stabilità del sistema finanziario nazionale e, più in generale, del sistema economico e della tutela del pubblico1.

Per dare un ordine di grandezze delle dimensioni del fenomeno, la composizione degli intermediari finanziari non bancari è molto articolata e variegata con operatori iscritti all’elenco generale (già ex art. 106 tub) che -dato al 31.12.2009- ammontavano complessivamente a 1.411 soggetti localizzati per oltre il 50% in non più di tre regioni italiane; nell’ambito dei soggetti iscritti all’elenco speciale (già ex art. 107 del tub) i soggetti definiti come finanziarie ammontavano a 172 in gran parte di emanazione bancaria; nelle apposite sezioni dell’elenco generale (già ex art. 113 tub) risultavano peraltro iscritti 19.000 soggetti, cui andavano poi aggiunti le sezioni ex art. 155, comma 4, tub con 753 confidi; i cambiavalute e le casse peote ammontavano a, rispettivamente, 453 e 127; i mediatori creditizi erano dichiarati iscritti in 121.542 unità di cui 9.865 società; gli agenti in attività finanziaria ammontavano a 67.585 di cui 4.952 erano costituiti in forma societaria2.

Non è questo il luogo della trattazione di diritto e dottrina sul piano sistematico della figura di impresa o società finanziaria, basta qui ai nostri fini, tuttavia, annotare un uso promiscuo, non univoco e, persino, contraddittorio della terminologia definitoria nelle espressioni di “intermediazione finanziaria”, “intermediari finanziari”, “società finanziarie”, “soggetti operanti nel settore finanziario”3. Il riferimento alla disciplina unitaria generale resta il “testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia” emanato con il d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385 ove al tit. V regolava, senza carattere di esaustività, i soggetti appartenenti a tale settore. L’attuale assetto normativo interno che enuclea la disciplina delle “attività finanziarie” tende ad articolarsi nella nota tripartizione: a) attività bancaria-creditizia disciplinata dal tub e sottoposta a vigilanza di Banca d’Italia; b) attività di intermediazione mobiliare disciplinata dal d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58 “testo unico delle disposizioni di intermediazione finanziaria”, noto con t.u.f., sottoposta alla vigilanza di Banca d’Italia e Consob; c) attività assicurativa disciplinata dal decreto legislativo 2 settembre 2005, n. 209, Codice delle assicurazioni, sottoposta a vigilanza ISVAP. E’ solo il caso qui di precisare che tale tripartizione, cui corrisponde sul piano normativo interno una riserva di attività ed una disciplina oggettiva, non corrisponde purtroppo nell’ordinamento ad una tripartizione tipologica degli operatori ove le norme citate -accanto a provvedimenti generali- dettano altresì discipline speciali settoriali per attività finanziarie tipiche riservate a soggetti specializzati (istituti moneta elettronica, sicav, sgr).

Se questo in breve appare il contesto generale, tornando ad un sintetico tentativo di definizione di ente finanziario, si deve risalire alla direttiva 89/646/CE che ha dato dell’ente finanziario una funzione ancillare rispetto alla banca come “un’impresa diversa dall’ente creditizio” la cui attività principale consiste nell’assunzione di partecipazioni o nell’esercizio di una o più attività secondo il dettato della lettera f) del comma 2 dell’art. 1 del tub. A seguito di tale direttiva originaria, l’ordinamento italiano avviò una normazione non sistematica, si è detto, d’urgenza, da cui è emersa la netta differenza tra una visione unitaria di ente finanziario e la congerie farraginosa degli operatori nel settore finanziario dell’ordinamento interno, ribadendosi la non universalità della nozione -solo in apparenza unitaria- dell’ente finanziario nell’ambito dello stesso ordinamento comunitario. Da questo stato di cose, la necessità di armonizzazione della disciplina dei soggetti del settore finanziario portò all’emanazione del tubnel quale la classificazione adottata tende astrattamente ad individuare sul piano sistematico cinque operatori: a) le banche; b) gli istituti di moneta elettronica (IMEL); c) le società finanziarie; d) i soggetti operanti nel settore finanziario ex Tit. V; e) i soggetti operanti ex art. 155, commi da 2 a 6.

Nell’ambito della categoria sub d), entriamo quindi nel merito della portata del nuovo dettato del d. lgs. 141/2010; ciò è possibile tuttavia solo se prima si precisa che la categoria identificava, nel previgente testo, due sottotipologie di operatori: gli intermediari finanziari ed i soggetti non operanti nei confronti del pubblico secondo cui, i primi derivano dalla definizione del previgente art. 106 cui era riservato l’esercizio nei confronti del pubblico ed in via esclusiva delle attività di assunzione delle partecipazioni, di concessione di finanziamento sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi; i secondi,invece,appartenevano ad un’aggregazione di natura residuale, i soggetti operanti nel settore finanziario, categoria non unitaria i cui operatoririsultavano nettamente distinti tra loro per natura, disciplina e tipo di attività.

La regola base nell’ambito della categorizzazione in esame è, in via sintetica,data da due criteri distintivi generali: l’operatività nei confronti del pubblico, l’esclusività e tassatività delle attività finanziarie esercitate. Sulla base di questi due parametri si erano in passato declinati “elenchi” che nella nomenclatura pre-riformarubricavano i soggetti iscritti ex art. 106, piuttosto che quelli ex art. 107, o ancora, quelli iscritti nell’apposita sezione ex art. 113 piuttosto che, infine, quelli ex art. 155. Derivava da questa macroarticolazione una serie di differenze sostanziali, rectius, costitutive, in ordine ai temi cruciali dell’iscrizione agli elenchi con i relativi requisiti, alla regolamentazione in tema di vigilanza prudenziale e regolamentare, alle norme pertinenti l’adeguatezza patrimoniale ed alle segnalazioni, all’organizzazione amministrativa e contabile, alla struttura dei controlli interni, alla gestione dei rischi, all’attività di controllo ispettivo da parte degli organi preposti, alla normazione delle situazioni di crisi e dei provvedimenti sanzionatori.4

Il nuovo titolo V fa piazza pulita delle vecchie codifiche (ex 106, 107, 113) producendo una profonda e penetrante revisione degli intermediari, di fatto, alzando l’asticella della rilevanza ai fini del rischio sistemico,determinando la scomparsadegli operatori prima normati all’art. 107 (già rubricato “elenco speciale”) e riconducendo tutti gli operatori nell’ambito del Albo di cui al novellato art. 106 tub. Pur brevemente, evidenzio che con l’introduzione della parola “albo” in luogo della parola“elenco” non si può non assumere una diversa portata dell’intenzione legislativa: in difesa di principi costituzionali e di riqualificazione del sistema, si introducono modalità iscrittive non automatiche -come prima avveniva in vigenza del precedente dettato- ma legate ad una procedura più propriamente autorizzativa secondo modalità equivalenti al dettato del mondo creditizio. Risulta di tutta evidenza il diverso assunto logico-sistematico che sottende l’intervento: si passerebbe,da forme automatiche di iscrizione a modalità autorizzative caratterizzate da valutazioni di discrezionalità da parte dell’autorità legate ad un esame sostanziale del progetto imprenditoriale del soggetto finanziario che prescinderebbero, nei nuovi criteri, da aspetti di rilevanza e dimensionalitàdell’operatore. Su questo aspetto la normativa secondaria attesa farà chiarezza in relazione alla definizione delle eventuali auspicabili soglie di rilevanza anche ai fini dell’impianto, dell’organizzazione e della strutturazione del soggetto finanziario.

La vigilanza ed ancora la vigilanza consolidata5 -di cui ai nuovi artt. 108 e 109- irrompono in via equivalente e generale negli enti finanziari non bancari che prima, solo limitatamente agli ex art. 107, erano allineati aquestacondizione sistemica:le motivazioni a questo rafforzamento della disciplina sono legate, da una parte,alla crescita accentuata del settore spinta dal manifestarsi irruento della crisi finanziaria, dall’altro, dall’assenza sostanziale di poteri di controllo, intervento e di sanzione che avevano favorito fenomeni di infiltrazione nel comparto -a fianco di numerose attività genuine6– di soggetti non trasparenti la cui assenza di controlli aveva legittimato operazioni contrarie alla stabilità.

Tentando di concentrasi sulle categorie prioritarie, il quadro normativo attrae la disciplina dei confidi ove il nuovo dettato degli artt. 112 e 112 bis introducono una separazione, ad ogni effetto, dell’elenco dei “confidi minori”, nuova definizione, dall’albo degli intermediari finanziari che esercitano nei confronti del pubblico attività di concessione di finanziamenti nel quale confluiscono i “confidi vigilati”; in tale contesto la norma prevede che siano rafforzati dunque i presupposti di iscrizione pretendendosi, anche per i confidi minori, un articolato sistema di controlli accanto al possesso dei requisiti di onorabilità per gli organi apicali e per i partecipanti con una enucleazione delle attività dei confidi minori che potranno svolgere unicamente attività di garanzia fidi secondo il principio mutualistico. Ai confidi vigilati poi la norma impone, conseguentemente a quanto si qui delineato, quanto statuito dal nuovo articolo VI del tub in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e delle relazioni con la clientela secondo standard conformi alla direttiva mifid ex d. lg. 164/2007 e della regolamentazione conseguente. Anche qui si annota il “salto di responsabilità” preteso dagli intermediari finanziari, in particolare del mondo confidi, in capo agli organi apicali-consigli di amministrazione e collegi sindacali-per la schiera di nuovi obblighi, responsabilità, controlli e contesti sanzionatori cui verranno esposti pur in presenza delle cautele di cui al principio di proporzionalità, già in precedenza sancito dalla normativa secondaria ed applicato dalla Banca d’Italia, che conformerebbe l’applicazione delle disposizioni avuto riguardo alla complessità operativa, dimensionale, organizzativa nonché alla natura dell’operatività svolta. Sulla modalità di corretta applicazione di tale mitigazione, se così si può dire, nella pratica delle ispezioni dell’Organo di Vigilanza si è, nei fatti, constatato un’assunzione del principio di proporzionalità che non concederebbe sconti o applicazioni riduttive; su tale nota, le attese istruzioni da parte del CICR, si augurano gli operatori, dovrebbero assicurare la fissazione di specifici requisiti organizzativi con caratteri di oggettività7.

Il nuovo titolo V porta a nascita gli “Organismi” per la tenuta degli elenchi -si tratta dell’art. 112 bis e dell’art. 113 per i soggetti di cui all’art. 111 rubricato “Microcredito” ed a questo fenomeno dedicati- le cui funzioni di controllo e di tenuta dell’elencoè connotato da poteri di verifica e di intervento sui soggetti iscritti in ordine al rispetto della disciplina di settore con l’obiettivo di rafforzare il complessivo assetto del comparto della garanzia collettiva dei fidi; tale organismo, dotato di natura privata, sarà ordinato in forma di associazione, godendo di autonomia organizzativa, statutaria e finanziaria, garantita quest’ultima da formule contributive degli iscritti.Si è osservato che il ruolo di tale Organismo nel contesto della costituzione di un articolato sistema di controlli evidenzia questo momento istituzionale come delicato e fonte di rischio perfettamente avvertito dall’organo di vigilanza il cui coinvolgimento sarà volto ad un’azione di ulteriore vigilanza sull’adeguatezza delle procedure adottate dall’Organismo secondo modalità ispirate a criteri di proporzionalità ed economicità dell’azione, senza che sia limitato il potere della Banca d’Italia di intervenire direttamente nei confronti degli iscritti.

I nuovi articoli 113 bis e 113 ter introducono, in perfetta coerenza con lo spirito del Legislatore e coordinatamente ai nuovi poteri di informativa e di intervento descritti nell’art. 108, una nuova disciplinadi sospensione degli organi di amministrazione e controllo degli intermediari finanziari di cui al titolo V nel caso in cui risultino accertate gravi irregolarità;la disciplina pare affine a quella ordinaria di cui al titolo IV, capo I, sez. I del tub con durata limitata ad un periodo non superiore ai sei mesi, salvo la possibilità di disporre, ex art. 113 ter, la revoca dell’autorizzazione di cui al nuovo art. 107, l’autorizzazione all’esercizio della propria attività, in base all’evidenza di irregolarità e/o perdite eccezionalmente gravi, ove sull’insistenza usata dell’aggettivo “eccezionale” forse i commentatori troveranno spazio per interrogarsi.

La norma ha concesso il tempo dell’adeguamento in virtù dell’attesa di disposizioni attuative e regolamenti di secondo livello che interverranno in via differita ed a geometria variabile; nel frattempo sarà possibile che il Legislatore intervenga nuovamente per ulteriori messe a punto della normativa nel mentre il Regolamentatore ha già programmato gli interventi di secondo livello con un calendario intenso per il 2011.

1

Audizione del 17.11.2010 del dott. Andrea Enria, Capo Servizio Normativa e politiche di vigilanza, Banca Italia, Camera Deputati, VI Commissione Finanze, che dice nella sezione 3.b.ii): ”Il provvedimento vuole assicurare che gli intermediari finanziari siano patrimonialmente solidi e dotati di professionalità adeguata, i canali distributivi diversificati e affidabili, le regole a tutela della clientela efficaci, il sistema di enforcement robusto”.

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2

Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali; Relazione su “gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi, generale e speciale, previsti dagli artt. 106, 107 del TUB e i soggetti del canale distributivo; audizione del Capo del Servizio Supervisione Intermediari Specializzati della Banca d’Italia, dott. RobertoRinaldi, 12 maggio 2010.

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3

In ordine alle trattazioni in dottrina ed all’apparato sistematico e definitoriomi sono avvalso in particolare, tra le tante pubblicazioni, di M.R. La Torre, Intermediari finanziari e soggetti operanti nel settore finanziario, Cedam, 2010

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4

Il ristretto ambito di tale intervento consente solo una citazione dei temi che hanno ampio e crescente spazio nella produzione dottrinale, legislativa e regolamentare; in ordine a tali tematiche si veda tra le tante altre: intervento della dott.ssa A. M. Tarantola, direttore centrale vigilanza creditizia e finanziaria di Banca d’Italia, workshop “il ruolo del sistema dei controlli nella gestione del rischio di conformità negli istituti finanziari”, Università Cattolica Sacro Cuore, Milano ottobre 2007; ancora, le disposizioni di vigilanza n. 688006 del 10.07.2007; in ordine alle pubblicazioni, solo le più recenti sono: Atrigna 2009, Anolli-Rajola 2010, Musile-Tanzi 2010, Baravelli-Leone 2010

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5

In ordine alla vigilanza, si rinvia ai contenuti delle istruzioni di Vigilanza per gli intermediari iscritti nell’Elenco speciale di cui alla circolare n. 216 del 05 agosto 1996 – 9° aggiornamento del 28 febbraio 2008

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6

Intervento del dott. Stefano Mieli, direttore centrale vigilanza bancaria e finanziaria di Banca d’Italia, al convegno federconfidi, Caserta, 18.09.2010

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7

Sul tema si veda recentemente l’intervento, “I Confidi e il sostegno alle imprese” del dott. G. Carosio, Vice Direttore Generale Banca d’Italia, Federconfidi, Roma, 12.07.2011 ove l’intervento precisa come BI abbia avviato -in tema di confidi- “ulteriori riflessioni in materia di declinazione del principio di proporzionalità” prevedendo nell’ambito del modello di riferimento “meccanismi di graduazione delle regole di vigilanza prudenziale che consentano di realizzare un giusto equilibrio tra l’esigenza di assicurare la sana e prudente gestione dei soggetti vigilati e il contenimento degli oneri regolamentari”.

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