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Giurisprudenza

Factoring e IVA: imponibili le commissioni per il recupero crediti

12 Novembre 2025

Enrico Matano, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Corte di Giustizia UE, Sez. I, 23 ottobre 2025, C-232/24 – Pres. F. Biltgen, Rel. S. Gervasoni

Di cosa si parla in questo articolo

Con pronuncia resa nella causa C-232/24, a seguito di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE attivato dal giudice tributario finlandese, la Corte di Giustizia UE ha precisato che le commissioni di finanziamento e le spese di apertura pratica addebitate ai clienti nell’ambito di operazioni di factoring costituiscono corrispettivo di una prestazione di servizio imponibile ai fini IVA

In particolare, affermano i Giudici, sia nel factoring tramite cessione di crediti sia in quello tramite pegno, tali somme remunerano un servizio unico e indivisibile di “recupero crediti”.

Nel primo caso il factor acquista i crediti del cliente, assumendo il rischio e procedendo direttamente all’incasso, mentre nel secondo (factoring con pegno) gli stessi restano di proprietà del cliente ma fungono da garanzia per il finanziamento erogato. 

In entrambi i casi il servizio principale resta quello di “recupero crediti” che, pertanto, non può beneficiare dell’esenzione prevista per le operazioni di “concessione di credito” di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera b), della Direttiva 2006/112/CE (“direttiva IVA”).  

Dal punto di vista del diritto unionale, la direttiva prevede in linea generale che siano imponibili le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso da un soggetto passivo (articoli 2, paragrafo 1, lettera c), e 9, paragrafo 1), mentre esenta dall’imposta le operazioni di “concessione e negoziazione” di crediti (articolo 135, paragrafo 1, lettera b)) e altre operazioni relative ai crediti, ad eccezione del “recupero” degli stessi (lettera d)). 

La Corte, richiamando la propria giurisprudenza in materia, ha precisato che l’attività di factoring “in senso proprio” rientra appunto nella nozione di recupero crediti, trattandosi di operazione volta a ottenere il pagamento di debiti pecuniari e non di mera concessione di credito.

E tale qualificazione si estende tanto al factoring con cessione quanto a quello solo garantito da pegno, poiché in entrambi i casi il factor presta al cliente un unitario servizio economico unitario di gestione e riscossione dei crediti, del quale fanno parte, a titolo di corrispettivo, altresì le voci relative a commissioni di finanziamento e le spese di apertura pratica addebitate ai clienti. 

La Corte ha quindi distinto l’ipotesi in esame da quella oggetto della sentenza Franck (C-801/19), nella quale il factoring era inserito in un’articolazione contrattuale tripartita che perseguiva esclusivamente una finalità di finanziamento, configurandosi quindi come “concessione di credito”, come tale esente da IVA (ai sensi del già citato articolo 135, paragrafo 1, lett. b). 

Infine, rispondendo a una diversa questione pregiudiziale posta dal giudice finlandese, la Corte ha ritenuto che l’articolo 135, paragrafo 1, lettera d), della direttiva IVA, nel prevedere l’esclusione dall’esenzione IVA (e, quindi, l’imponibilità) per le attività di recupero crediti, presenti un contenuto sufficientemente preciso e incondizionato da godere di efficacia diretta. Ne consegue che le parti (presumibilmente l’ente impositore) possono invocare direttamente tale disposizione dinanzi ai giudici nazionali per disapplicare norme interne che prevedano un’esenzione più ampia rispetto a quella consentita dal diritto unionale.

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