La Corte di Giustizia UE, con sentenza resa nelle cause riunite C-92/24, C-93/24 e C-94/24, si è espressa sulla conformità alla Direttiva 2011/96/UE dell’inclusione dei dividendi percepiti da una società madre italiana dalle proprie società figlie residenti in altri Stati membri, nella base imponibile dell’IRAP, in aggiunta all’inclusione degli stessi, nella misura del 5%, nella base imponibile IRES.
Questo il principio espresso dalla Corte;
L’articolo 4 della direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi, deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa nazionale mediante la quale uno Stato membro che ha scelto il sistema previsto dal paragrafo 1, lettera a), di tale articolo può assoggettare a imposizione, in misura superiore al 5% del loro importo, i dividendi che gli intermediari finanziari residenti in tale Stato membro percepiscono, in quanto società madri ai sensi di detta direttiva, dalle loro società figlie residenti in altri Stati membri, anche nel caso in cui tale imposizione venga realizzata mediante un’imposta che non è un’imposta sui redditi delle società, ma che include nella sua base imponibile tali dividendi o una loro frazione.
La Corte ricorda che, circa il trattamento fiscale degli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre, diversi da quelli distribuiti in occasione della liquidazione di detta società figlia, l’art. 4, par. 1, della Direttiva 2011/96 lascia esplicitamente agli Stati membri la scelta tra il sistema previsto da tale par.1, lett. a) (ovvero il sistema dell’esenzione) e il sistema previsto dal par. 1, lett. b).
Nel caso di specie, l’Italia applica il sistema dell’esenzione; tuttavia, oltre ad assoggettare ad imposizione, a titolo di IRES, i dividendi distribuiti alle società madri residenti in Italia dalle loro controllate nella misura del 5% del loro importo, conformemente all’art. 89, c. 2, del TUIR, la normativa nazionale richiede altresì di includere il 50% di tali dividendi nella base imponibile dell’IRAP, indipendentemente dall’origine di detti dividendi.
Dalla formulazione dell’art. 4, par. 1, lett. a), della Direttiva 2011/96 risulta chiaro per la Corte che uno Stato membro che abbia scelto il sistema dell’esenzione deve astenersi dall’assoggettare a imposizione gli utili che una società madre residente in tale Stato membro percepisce dalle sue società figlie residenti in altri Stati membri.
Per quanto riguarda la versione di tale disposizione risultante dalla modifica introdotta dalla Direttiva 2014/86, la Corte aveva già constatato che l’applicazione di tale disposizione non è limitata ad un’imposta in particolare, ed aveva quindi dichiarato che l’art. 4, par. 1, lettera a), della Direttiva 2011/96, come modificata dalla direttiva 2014/86, dovesse essere interpretato nel senso che esso osta ad una misura fiscale prevista dallo Stato membro di residenza di una società madre che prevede la riscossione di un’imposta in sede di distribuzione dei dividendi da parte della società madre e la cui base imponibile è costituita dagli importi dei dividendi distribuiti, compresi quelli provenienti dalle società figlie non residenti di tale società (v. sentenza del 17 maggio 2017, AFEP e a., C‑365/16).
Conseguentemente, dal punto di vista letterale, tale articolo deve essere interpretato nel senso che il sistema dell’esenzione concerne qualsiasi imposta che includa nella sua base imponibile i dividendi che una società madre percepisce dalle sue società figlie residenti in altri Stati membri, compresa l’IRAP.
Sul piano teleologico inoltre, come risulta dal suo considerando 3, la Direttiva 2011/96 persegue l’obiettivo di eliminare la doppia imposizione degli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre a livello di società madre: e, al fine di raggiungere l’obiettivo della neutralità, sul piano fiscale, della distribuzione di utili da parte di una società figlia con sede in uno Stato membro alla sua società madre stabilita in un altro Stato membro, tale direttiva mira ad evitare, in particolare, con il citato art. 4, par. 1, lett. a), una doppia imposizione di tali utili, in termini economici, ovvero evitando che gli utili distribuiti siano colpiti, una prima volta, a livello della società figlia e, una seconda volta, a livello della società madre.
Pertanto, poiché la direttiva intende evitare la doppia imposizione di tali utili “in termini economici“, la Corte ritiene a maggior ragione che il sistema dell’esenzione riguardi qualsiasi imposta che, nello Stato membro di residenza della società madre, include nella propria base imponibile anche solo una parte di detti utili, quale che sia la natura dell’imposta in questione.
In conclusione, la Corte ritiene che il sistema dell’esenzione osti a una normativa nazionale che consenta l’inclusione dei dividendi che una società madre percepisce dalle sue società figlie residenti in altri Stati membri nella base imponibile di un’imposta, quale l’IRAP, in aggiunta all’inclusione di tali dividendi, nella misura del 5% del loro importo, nella base imponibile di un’imposta sui redditi delle società, come l’IRES.
La Corte risponde inoltre all’argomento del governo italiano, secondo cui tale soluzione può dar luogo ad una discriminazione alla rovescia in danno di una società madre residente in Italia che percepisce dividendi dalle sue società figlie italiane, in asserita violazione del principio di parità di trattamento: per la Corte, la situazione evocata sarebbe puramente interna all’Italia e spetterà ai giudici nazionali valutare se vi sia una discriminazione vietata dal diritto interno e, se del caso, stabilire come essa debba essere eliminata.