Con ordinanza del 23 gennaio del 2025, il Tribunale di Milano (Rel. Marconi) ha ribadito che, in relazione alle clausole statutarie di esclusione (cd. convenzionale), è necessario individuare preventivamente le ipotesi che potrebbero integrare una giusta causa di cessazione del vincolo sociale.
Ciò anche al fine di permettere ai soci di evitare tale effetto, conoscendo preventivamente le condotte che potrebbero darvi causa.
Conseguentemente, la clausola statutaria che disciplina l’esclusione del socio deve descrivere specificamente, a pena di nullità per indeterminatezza, la condotta suscettibile di integrarla.
Nel caso in esame è stata dunque disposta la sospensione cautelare della delibera assembleare di una società a responsabilità limitata con la quale era stata disposta l’esclusione di un socio dalla compagine sociale.
Il giudice ha ritenuto che la condotta contestata al socio non integrasse le ipotesi descritte nelle clausole statutarie e che alcune di tali previsioni fossero invalide.
In particolare, la pronuncia precisa che la clausola di esclusione del socio “che faccia o tenti di fare concorrenza alla società” non risulta riconducibile alla nozione di “giusta causa” (ai sensi dell’art. 2473-bis c.c.).
Inoltre, l’ipotesi di esclusione del socio che “che sfrutti a suo personale vantaggio qualsiasi informazione riguardante la attività della società di cui sia venuto in possesso” deve ritenersi invalida, in quanto non sufficientemente determinata e “al di là del concetto di giusta causa” potendo ricomprendere anche condotte lecite non dannose per la società.
Infine, anche la causa di esclusione del socio “che arrechi gravi danni alla società” risulta non sufficientemente specifica, non essendo tipizzata alcuna condotta, ma limitandosi ad esigere una gravità del danno, senza fornire criteri di valutazione.