Il presente contributo analizza le sorti dei contratti preliminari di vendita immobiliare nella liquidazione giudiziale alla luce del nuovo Correttivo-ter al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza.
Il 27 settembre 2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D. Lgs. 13 settembre 2024, n. 136 (“Correttivo-ter”) al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (“CCII”) che ha apportato modifiche inter alia all’art. 173 CCII che disciplina le vicende dei contratti preliminari di vendita immobiliare nell’ambito della liquidazione giudiziale. Il focus in particolare è sul tema delle sorti del preliminare i cui effetti non sono ancora cessati al momento dell’apertura della procedura concorsuale.
1. Preliminare di vendita immobiliare e poteri del curatore
L’art. 173 CCII, rubricato “Contratti Preliminari”, regolamenta la sorte di un contratto preliminare di vendita immobiliare non eseguito qualora il promittente venditore sia interessato da una dichiarazione di apertura di liquidazione giudiziale. La previgente legge fallimentare (art. 72 R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e succ. modd.) estendeva anche al preliminare la regola della sospensione del rapporto pendente attribuendo al curatore la scelta se sciogliersi o proseguire il rapporto previo subentro nelle posizioni in corso.
Il sistema delineato dal CCII non prevede la sospensione ex lege del contratto preliminare, bensì lascia al curatore la facoltà di valutare – tra scioglimento del preliminare o sua prosecuzione – la soluzione più conveniente per la gestione più consona della procedura di liquidazione giudiziale (senza che si ritenga necessaria un’autorizzazione da parte del comitato dei creditori).
In generale, il curatore ha la facoltà di scegliere se proseguire o sciogliere il preliminare in corso anche nel caso in cui il promissario acquirente abbia proposto e trascritto[1], prima dell’apertura della liquidazione giudiziale, la domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo a concludere il contratto definitivo ex art. 2932 cod. civ. L’eventuale scioglimento, tuttavia, non ha effetto se la domanda (debitamente trascritta) viene successivamente accolta da giudice competente (art. 173, comma 1, CCII).
Se il curatore decide per lo scioglimento del contratto preliminare trascritto – anteriormente all’apertura della procedura – ai sensi dell’art. 2645-bis cod. civ., e a condizione che gli effetti della trascrizione non siano cessati anteriormente alla data dell’apertura della liquidazione giudiziale, il promissario acquirente ha la possibilità di insinuare al passivo il proprio credito vantato nei confronti del venditore decotto (ad es. il pagamento parziale del prezzo pattuito) e gode di privilegio speciale, ex art. 2775-bis cod. civ., sul bene immobile oggetto del preliminare. In ossequio al principio per cui il potere di scioglimento non integra una forma di inadempimento, tuttavia, al promissario acquirente non spetta alcun risarcimento del danno (art. 173, comma 2, CCII).
I commi 3 e 4 dell’art. 173 CCII sono stati interessati dal Correttivo-ter.
2. Preliminari per immobili ‘prima casa’
Con lievi puntuazioni, il comma 3 è stato confermato nel suo complesso: questo prevedeva[2] e prevede il cd. divieto di scioglimento da preliminari per i cd. immobili ‘prima casa’, ovverosia delle limitazioni per il curatore che non potrà sciogliere il contratto preliminare trascritto[3] quando esso ha ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a divenire abitazione principale del promissario acquirente, ovvero di parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività d’impresa del promissario acquirente.
Rispetto ad altre vendite immobiliari, il contratto ‘prima casa’ si caratterizza per un oggetto predeterminato, ossia essere destinato ad abitazione principale dell’acquirente o della sua famiglia, tanto che per attribuire selettività a questa particolare tipologia di compravendite immobiliari, la prassi aveva imposto che nel testo del contratto vi fosse espressa menzione della circostanza che l’immobile fosse destinato ad abitazione principale del promissario o dei suoi parenti/affini.
Il Correttivo-ter ha sposato tale prassi, prevedendo che per l’operare del divieto di scioglimento, la particolare destinazione dell’immobile debba risultare dallo stesso preliminare, che “non si scioglie se dal contratto risulta che ha ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale”. Non si è mancato di notare[4] come il pregio della nuova formulazione eviti che la dichiarazione ‘prima casa’ possa essere inserita in un momento successivo alla stipula del preliminare, e anche al tempo del trasferimento.[5] Tra gli aspetti critici si annovera la constatazione di chi scrive che tutti i preliminari di compravendita trascritti aventi ad oggetto immobili abitativi sono potenzialmente atti a giovarsi della disciplina ‘prima casa’ con il semplice inserimento della relativa dichiarazione nel testo contrattuale, il che può prestarsi ad abusi con incidenza in primis sui poteri del curatore della procedura concorsuale, in un contesto ove la verifica sostanziale che l’immobile sia stato adibito ad abitazione principale dell’acquirente è rimessa ad un momento di gran lunga successivo al preliminare e alla stipula del contratto definitivo, ossia l’adempimento fiscale del trasferimento della residenza principale presso l’immobile entro 18 mesi dall’acquisto a norma dell’art. 1, Parte I, nota II bis tariffa allegata D.P.R. 131/1986.[6]
L’art. 173, comma 3, CCII richiede altresì che il promissario acquirente abbia richiesto l’esecuzione del contratto “nei termini e secondo le modalità” stabilite per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti di terzi sui beni compresi nella procedura, dimostrando così il proprio interesse a finalizzare l’acquisto dell’immobile. L’esecuzione del preliminare avente a oggetto immobile ‘prima casa’, che si sostanzia in una richiesta di subentro del curatore, si esercita dunque con domanda di rivendica ex art. 201 CCII nell’ambito dello stato passivo. Il Correttivo-ter ha sostituito l’espressione “nel termine” con il plurale “nei termini” volendo così estirpare ogni dubbio in relazione al fatto che la domanda del promissario acquirente di esecuzione del preliminare possa essere depositata non solo entro il termine previsto dalla sentenza di apertura della liquidazione giudiziale per il deposito delle domande tempestive, ma anche in via tardiva.
Inoltre, alla fine del comma 3 è stato aggiunto un secondo periodo volto a precisare che il subentro del curatore nel contratto preliminare pendente avviene con l’accoglimento della domanda di esecuzione.
3. Impugnazione del creditore ipotecario
Il Correttivo-ter ha previsto un nuovo comma 3-bis dell’art. 173 CCII ove si dispone che nell’ipotesi disciplinata dal comma 3 (preliminare su immobile ‘prima casa’), il creditore ipotecario possa contestare la congruità del prezzo pattuito per la vendita dell’immobile oggetto del preliminare promuovendo, contro la rivendica dell’acquirente, impugnazione ex art. 206, comma 3, CCII (ossia nelle forme sancite per contestare il decreto di esecutività dello stato passivo, dal momento che l’accertamento della sproporzione del prezzo pattuito esige un’attività istruttoria non compatibile con la semplice procedura di verifica dei crediti innanzi al giudice delegato). L’ipotecario dovrà dimostrare che al momento della stipula del preliminare di vendita, il valore di mercato del bene era superiore a quello poi pattuito di almeno un quarto (parametro utilizzato anche in tema di revocatoria per gli atti a titolo oneroso di cui all’art. 166, comma 1, lett. a, CCII). Se è accertata l’incongruità del prezzo, il preliminare di vendita si scioglie e si procede alla liquidazione del bene oggetto del preliminare. Il promissario acquirente può evitare lo scioglimento del preliminare provvedendo al pagamento della differenza tra il prezzo contrattualmente pattuito e il valore di mercato, prima che il collegio provveda sull’impugnazione.
Le voci critiche[7] sul nuovo comma 3 bis non mancano di notare che l’impugnazione è riservata al solo creditore ipotecario e non anche agli altri creditori (che si vedono sfilare il bene immobile) né al curatore, che rappresenta il ceto creditorio; inoltre, il creditore ipotecario può impugnare la rivendica sul presupposto che il prezzo di mercato dell’immobile al momento della stipula del preliminare, sia superiore di un quarto rispetto a quello pattuito nel preliminare stesso – il che impone una congruità al mercato del prezzo originariamente convenuto tra le parti – per cui gli eventuali incrementi di valore restano quesiti al promissario.[8]
4. La cancellazione dei vincoli e gli acconti versati
Il comma 4 dell’art. 173 CCII, sostituito dal Correttivo-ter, prevede infine che “in tutti i casi di subentro del curatore” nel contratto preliminare di vendita, l’immobile sia trasferito e consegnato al promissario acquirente “nello stato in cui si trova” al momento dell’apertura della liquidazione giudiziale (dunque se l’opera era incompleta, la procedura non dovrà sopportarne i costi di ultimazione). Una volta eseguita la vendita, il giudice delegato con decreto ordinerà la cancellazione (non delle “iscrizioni relative ai diritti di prelazione” come specificato nel testo previgente, bensì) di “ogni altro vincolo” (pignoramenti, sequestri conservativi e altri) e delle “ipoteche iscritte sull’immobile”. E’ dunque ora prevista la cancellazione di tutti i vincoli.
Il secondo periodo del comma 4 dell’articolo in esame è stato modificato dal Correttivo-ter con l’intento di fornire maggiore tutela al promissario acquirente in relazione agli acconti versati al promittente venditore con mezzi tracciabili. La nuova formulazione prevede che sono opponibili alla massa dei creditori tutte le somme già corrisposte al venditore dal promissario acquirente a titolo di acconto prima dell’apertura della liquidazione giudiziale (e non solo nella misura della metà degli acconti anticipati, come prevedeva l’art. 173 CCII nella precedente versione), a condizione che si possa dimostrare che i pagamenti di tali acconti siano stati effettuati “con mezzi tracciabili” (assegni, bonifici, ecc.).[9]
In conclusione, dunque, il Correttivo-ter, senza stravolgere il vecchio disposto dell’art. 173 CCII, ha inteso porre ancor più in prima linea gli interessi del promissario acquirente ‘prima casa’ e del creditore ipotecario dell’immobile, garantendo loro una maggior tutela e solo l’esperienza permetterà di comprendere se tale protezione rafforzata si riveli efficace e non vada a discapito degli altri creditori concorsuali.
[1] L’origine storica del contratto preliminare trascritto mira a tutelare i crediti del promissario acquirente in caso di insolvenza del promittente venditore: il preliminare trascritto fu introdotto dalla l. 28 febbraio 1997, n. 30 per tutelare i compratori che avessero stipulato un preliminare per l’acquisizione di un immobile in costruzione attribuendo loro, in caso di decozione o esecuzione forzata del venditore, il riconoscimento del privilegio trascrizionale di cui all’art. 2775 bis cod. civ. sui crediti vantati nei confronti del venditore per esecuzione anticipata delle prestazioni. In caso di mancata stipulazione del contratto definitivo, il promissario acquirente concorre quindi con gli altri creditori sul ricavato della vendita forzata dell’immobile promesso in vendita, ma con una prelazione sul ricavato: G. D’AMICO, La vendita immobiliare (un ventennio di interventi normativi), in I Contratti, 2017, 87 ss.
[2] Fondata sul valore sociale del ‘bene casa’, la normativa di revisione della legge fallimentare di cui al “decreto sviluppo” 2012 (D.L. 22 giugno 2012, n. 83 conv. dalla l. 7 agosto 2012, n. 134) ha dettato una disciplina speciale del contratto preliminare trascritto avente ad oggetto immobile ad uso abitativo, ossia destinato all’acquisto dell’abitazione principale del promissario acquirente o della sua famiglia (parenti e affini entro il terzo grado). Nell’ottica di garantire una tutela rafforzata agli acquirenti di prima casa, è stato introdotto all’art. 72, comma 8 L. Fall., in caso di fallimento del promittente venditore, il divieto per il curatore di sciogliersi dal preliminare obbligandolo a subentrare forzosamente nel contratto (cfr. M. MONTANARI, La vendita conclusa dal curatore subentrato nel preliminare pendente come titolo per la cancellazione delle ipoteche: il punto delle Sezioni Unite tra legge fallimentare e Codice della crisi, in Riv. Esec. Forz., 2024, 328 ss.).
[3] Perché operi il divieto di scioglimento è necessario che il preliminare fosse stato trascritto ai sensi dell’art. 2645-bis cod. civ. anteriormente all’apertura della liquidazione giudiziale e che gli effetti della trascrizione non fossero cessati anteriormente alla data dell’apertura della procedura, altrimenti si applica la disciplina generale dell’art. 173 comma 1, CCII che permette al curatore di scegliere se sciogliere o meno il contratto.
[4] F. D’AQUINO, Contratto preliminare trascritto ‘prima casa’ e cancellazione dei gravami, in questa Rivista, 2 ottobre 2024.
[5] Come ritenuto da Cass., sez. V, 3 febbraio 2014, n. 2261.
[6] E. CAPOBIANCO, M. MANDICO, Esecuzione forzata, tra adempimenti fiscali a carico degli ausiliari alla vendita e i benefici e/o agevolazioni tributarie per gli aggiudicatari, in Riv. Esec. Forz., 2022, 479 ss.
[7] F. D’AQUINO, op. cit., in questa Rivista, 11.
[8] F. D’AQUINO, ibidem.
[9] Si noti che in base alla formulazione originaria della norma, la prova dell’avvenuto pagamento degli acconti non poteva essere paralizzata dal curatore eccependo la mancanza di data certa ex art. 2704 cod. civ., poiché, subentrando nel contratto, il curatore non era più qualificabile come terzo.