Con la risposta n. 153/2025, l’Agenzia delle Entrate ha offerto chiarimenti sul regime di imponibilità della plusvalenza realizzata a seguito della vendita di un bene immobile acquisito in sede di accordo di separazione.
Nel caso di specie, l’immobile in questione era stato acquistato dai coniugi nel 2003 in regime di separazione dei beni ex art. 215 c.c. e l’istante (uno dei due coniugi) ne era diventato proprietario al 50%.
Nel 2023, l’integrale proprietà del bene veniva conseguita dall’Istante – a titolo gratuito – in attuazione della sentenza di separazione consensuale, a regolazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Il contribuente, in vista della prossima vendita dell’immobile (che sarebbe avvenuta prima del decorso di 5 anni dall’attribuzione della quota dell’ex coniuge), riteneva che l’eventuale plusvalenza non fosse imponibile ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. b), del TUIR, giacché l’acquisizione costituiva, in pratica, mera attuazione della sentenza di omologazione degli accordi di separazione.
Secondo l’Istante, alla luce della ratio della norma invocata, doveva infatti escludersi la configurazione di un’operazione finanziaria speculativa, rappresentando piuttosto il normale esito del riassetto del patrimonio degli ex coniugi in fase di separazione.
In primo luogo, avuto riguardo al disposto dell’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR, l’Ufficio ha chiarito che l’imponibilità della plusvalenza presuppone che la cessione dell’immobile intervenga entro cinque anni dall’acquisto ovvero dalla costruzione del cespite, con esclusione dei beni acquisiti per successione e delle unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
Questione analoga, peraltro, era già stata oggetto di disamina da parte dell’Amministrazione finanziaria (risoluzione 17 ottobre 1984, n. 22), ancorché in relazione ad una sentenza di divorzio.
In tale occasione, l’Agenzia aveva precisato che il trasferimento in proprietà della quota di un immobile tra ex coniugi, in ottemperanza a quanto deciso dalla sentenza che ha disposto la cessazione degli effetti civili del matrimonio è “senz’altro da considerare a titolo oneroso”, trovando il suo fondamento “nella sentenza di divorzio che ha posto un regolamento economico tra gli ex coniugi”.
Parimenti, la causa della cessione si rinviene nello scambio tra il valore del fabbricato ceduto e la tacitazione di ogni pretesa economica da parte dell’avente causa.
Pertanto, ad avviso dell’Agenzia, anche nell’ipotesi di successiva rivendita dell’immobile acquisito in base ad una sentenza di separazione o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, trova applicazione l’art. 67, comma 1, lettera b), del TUIR.
In definitiva, avuto riguardo al caso in esame, la quota del 50% acquistata dall’ex coniuge sarà plusvalente in caso di rivendita dell’immobile, poiché per quest’ultima occorre far riferimento alla data di acquisizione avvenuta nell’anno 2023.