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Attualità

Sull’utilizzo della riserva di rivalutazione in sospensione di imposta negli ultimi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

18 Settembre 2019

Valeria Conti e Edoardo Briganti, Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

Con la Risposta n. 332 dell’8 agosto 2019, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale da riservare ai soci in occasione della distribuzione della riserva di rivalutazione degli immobili effettuata da una società nel corso del periodo di imposta 2008, ai sensi dell’articolo 15 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185.

L’Agenzia, dopo aver brevemente ricostruito la disciplina della rivalutazione degli immobili e le precedenti posizioni di prassi circa la natura delle somme oggetto di distribuzione, si è espressa sull’individuazione del relativo periodo di formazione degli utili, al fine di determinare il corretto regime fiscale da applicare in capo ai soci.

Prevista dall’articolo 15 del citato decreto legge, la rivalutazione consentiva a determinati soggetti di adeguare il costo di iscrizione in bilancio dei beni d’impresa permettendo il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti, previo pagamento di un imposta sostitutiva. La contropartita contabile del maggior valore fiscale attribuibile agli immobili era rappresentata dall’evidenziazione nel bilancio della società di un saldo attivo imputato al capitale o accantonato in una speciale riserva designata con riferimento al decreto stesso, con esclusione di ogni diversa utilizzazione.

Non necessariamente all’operazione di riconoscimento fiscale dei maggiori valori corrispondeva il conseguente affrancamento del saldo attivo risultante dalla rivalutazione. Al riguardo l’Agenzia, con Circolare 11/E del 19 marzo 2009, richiamata anche nella Risposta in commento, aveva precisato che “il predetto saldo costituisce riserva in sospensione di imposta ai fini fiscali” solo “nell’ipotesi in cui il contribuente abbia optato per dare rilievo anche ai fini fiscali alla rivalutazione, mediante pagamento dell’imposta sostitutiva” mentre “il saldo attivo costituisce ai fini fiscali una riserva di utili e come tale è tassato in caso di distribuzione” nell’ipotesi, comunque ammessa, in cui il contribuente abbia iscritto in bilancio il maggior valore sui beni, senza tuttavia optare per il corrispondente riconoscimento fiscale. In linea con quanto già previsto nella precedente rivalutazione ex articolo 13 della legge del 21 novembre 2000, n. 342, la società, quindi, nel momento in cui avesse proceduto alla distribuzione della riserva in sospensione di imposta, avrebbe dovuto far concorrere il relativo importo alla formazione del reddito imponibile attraverso una variazione in aumento pari alla parte della riserva di rivalutazione distribuita e aumentata della corrispondente imposta sostitutiva.

Nell’ipotesi in esame, il saldo in oggetto poteva anche essere liberato dal regime di riserva in sospensione d’imposta, tramite l’applicazione di un prelievo sostitutivo delle imposte altrimenti applicabili in caso di distribuzione. Il comma 19 del suddetto articolo 15, infatti, dispone che “Il saldo attivo della rivalutazione può essere affrancato con l’applicazione in capo alla società di una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, dell’imposta sul reddito delle società, dell’imposta regionale sulle attività produttive e di eventuali addizionali nella misura del 10 per cento […]”. Qualora affrancata la riserva di rivalutazione era liberamente distribuibile e non concorreva, pertanto, alla formazione del reddito imponibile del soggetto che effettuava la distribuzione.

In entrambe le ipotesi, il socio avrebbe dovuto assoggettare a tassazione l’importo percepito secondo le regole ordinariamente previste per la tassazione dei dividendi.

Nel caso in esame la società aveva optato per il riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti in bilancio ma non si era avvalsa della facoltà di affrancare il corrispondente saldo attivo di rivalutazione iscritto nel patrimonio netto del bilancio del 2008; successivamente nel corso del 2018 aveva proceduto alla distribuzione ai soci di parte della riserva formatasi con il predetto saldo attivo di rivalutazione, rendendo, pertanto, necessario identificare il corretto periodo di formazione dal punto di vista fiscale dell’utile distribuito.

Il chiarimento contenuto nella Risposta in commento interviene proprio su questo punto precisando che il presupposto impositivo per i soci nasce dalla distribuzione della riserva in sospensione di imposta che, pertanto, deve considerarsi formata, dal punto di vista fiscale, con utili prodotti nel periodo di imposta in cui si verifica la distribuzione e ciò, indipendentemente dall’anno in cui è avvenuta la rivalutazione dei beni in bilancio.

Più in particolare, secondo la ricostruzione fatta dalle Entrate, la riserva in sospensione d’imposta transiterà formalmente nelle riserve di utili solo nel periodo in cui viene assoggettata ad imposizione che, evidentemente, corrisponde al periodo d’imposta della distribuzione.

In considerazione di ciò l’Agenzia conclude nel senso di ritenere l’utile oggetto di distribuzione “formatosi” fiscalmente nel 2018, anche se sostanzialmente imputabile ad un’operazione i cui effetti, dal punto di vista civilistico, si sono prodotti nel 2008.

Con specifico riferimento al quesito in esame, un volta individuato il periodo di formazione dell’utile distribuito, a detta dell’Agenzia non resta che applicare la nuova disciplina introdotta dalla Legge di Bilancio 2018 in tema di distribuzione di dividendi percepiti in virtù del possesso di una partecipazione qualificata, non trovando applicazione la norma transitoria.

Come noto, l’articolo 1, commi da 999 a 1006, ha riscritto la disciplina della tassazione di dividendi percepiti al di fuori dell’esercizio d’impresa da persone fisiche possessori di partecipazioni qualificate. Tramite la riformulazione degli articoli 47 del D.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917 e 27 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600, infatti, la citata legge di Bilancio ha esteso alle partecipazioni qualificate la medesima aliquota (26 per cento) e la medesima modalità di tassazione prevista per le partecipazioni non qualificate.

Con riferimento all’entrata in vigore del regime sopra delineato, la citata Legge di Bilancio ha previsto che le suddette disposizioni trovino applicazione ai “redditi di capitale percepiti a partire dal 1° gennaio 2018 […]”. E’ previsto inoltre un regime transitorio per i dividendi che, pur essendo stati percepiti dal 2018 al 2022, hanno ad oggetto utili formati in periodi d’imposta precedenti. In quest’ultima circostanza, chiarisce la norma, “continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 26 maggio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 160 dell’11 luglio 2017” e, conseguentemente gli utili concorreranno alla formazione dell’ imponibile del ricevente, (i) nella misura del 40% qualora prodotti fino al 2007, (ii) nella misura del 49,72% in caso di utili prodotti dall’esercizio 2008 fino all’esercizio 2016 ed infine (iii) nella misura del 58,14% qualora riferiti ad utili prodotti nell’esercizio 2017.

Dalla disciplina sopra delineata appare evidente come la posizione dell’Agenzia risulti sfavorevole al contribuente. Quest’ultimo, infatti, considerando l’utile distribuito nel 2018 come prodotto nel 2008 (anno della rivalutazione) avrebbe scontato un’imposizione in ogni caso inferiore rispetto a quella prevista dalla disciplina considerata applicabile al caso di specie.

Da ultimo, in materia di trattamento fiscale applicabile all’utilizzo della riserva di rivalutazione in sospensione di imposta, in ipotesi diverse dalla distribuzione, si richiama un’ulteriore risposta recentemente pubblicata dall’Agenzia delle Entrate (Risposta n. 316 del 24 luglio 2019).

Con una conclusione tanto perentoria quanto avara di argomentazioni, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata nel senso di considerare l’utilizzo della riserva in sospensione d’imposta a copertura di un disavanzo da annullamento generato da un’operazione di fusione, come tassabile in capo alla società, a nulla rilevando il fatto che, ai sensi di quanto previsto dal citato art. 13 della legge del 21 novembre 2000, n. 342, la tassazione della riserva in esame è prevista esclusivamente in caso di distribuzione della stessa ai soci.

Tale soluzione, tuttavia, risulterebbe coerente con precedenti posizioni assunte dall’Agenzia. Al riguardo infatti la Risoluzione n. 32 del 1 marzo 2005, ancorché con riferimento ad un saldo di rivalutazione monetaria, aveva precisato che “Dal punto di vista fiscale, …, … ogni utilizzo di tale riserva a fini diversi da quelli previsti dalla norma determina il realizzarsi del presupposto impositivo per la tassazione dello stesso”.

Nonostante ciò, tale conclusione potrebbe in parte essere considerata ultronea rispetto alla disposizione normativa la quale, ricordiamo, prevede come utilizzo non tassato del saldo da rivalutazione la copertura delle perdite pregresse, ipotesi questa, potenzialmente verificabile nel caso in esame. Qualora infatti l’incorporante, prima dell’operazione di fusione, avesse proceduto alla svalutazione della partecipazione generando un perdita civilistica eventualmente coperta con l’utilizzo della riserva di rivalutazione, non avrebbe registrato il disavanzo da annullamento ma, in questo caso, l’utilizzo della riserva a copertura perdite non sarebbe stato tassato.

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