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Giurisprudenza

Si alla deducibilità di costi per servizi in outsourcing se si inseriscono nel processo produttivo dell’attività d’impresa

7 Aprile 2020

Natascia Ubaldino

Cassazione Civile, Sez. V, 4 marzo 2020 n. 6017 – Pres. Manzon, Rel. D’Aquino

Di cosa si parla in questo articolo

Nel caso in cui l’impresa contribuente abbia esternalizzato alcune fasi del processo produttivo a imprese terze, mettendo a disposizione di queste ultime beni di sua proprietà, relativamente ai quali ha sostenuto costi pluriennali, ovvero relativamente ai quali abbia contabilizzato canoni di leasing, la stessa può considerare inerenti i relativi costi, ove l’attività svolta dal terzo che utilizzi i beni del contribuente si inserisca quale segmento produttivo nell’attività imprenditoriale complessivamente svolta dalla contribuente”.

È con questo principio di diritto che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6017/2020, dirime la questione relativa alla deducibilità di costi pluriennali per l’acquisto di beni strumentali non utilizzati direttamente, ma concessi in comodato d’uso.

Una società proprietaria di un albergo si era vista contestare dall’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 109, comma 5, TUIR, l’indeducibilità sia dei canoni di leasing e degli ammortamenti per acquisto di beni che erano stati messi gratuitamente a disposizione di un terzo, al quale era stato affidato, mediante stipula di un contratto di somministrazione, il servizio di ristorazione all’interno dell’albergo, sia di costi riaddebitati da altro soggetto, non essendo in questo caso provato che gli oneri fossero sostenuti nell’esclusivo interesse dell’ente accertato.

La CTR, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva l’appello dell’Ufficio, rilevando che i costi relativi ai beni concessi in comodato al terzo non potessero ritenersi inerenti, in quanto tali beni non erano nella disponibilità della società proprietaria dell’albergo e, soprattutto, non apportavano alcun beneficio diretto all’attività di impresa. Inoltre, confermava, quanto ai costi oggetto di riaddebito, la carenza di prova in merito al loro sostenimento nell’interesse della ricorrente.

La società lamentava come il giudice di appello non avesse adeguatamente valutato, in relazione ai canoni di leasing e gli ammortamenti dedotti, come l’attività di ristorazione fosse inevitabilmente correlata all’attività alberghiera, e svolta solo nei confronti degli ospiti della struttura, e che i ricavi di fossero comunque riscossi dalla ricorrente e poi regolati mediante il contratto di somministrazione stipulato col terzo.

Quanto invece ai costi riaddebitati, questi si riferivano all’attività esternalizzata di prenotazione e promozione tramite call center, anch’essa regolata da apposito contratto oneroso; detti costi erano poi distribuiti tra i vari fruitori del servizio in proporzione alla capacità ricettiva di ciascuno.

La Cassazione, in accoglimento dei motivi di ricorso, ribadisce alcuni concetti già affermati in precedenza in tema di inerenza.

La Suprema Corte ricorda infatti che il principio di inerenza si riferisca anche a costi che solo in via indiretta, potenziale o in proiezione futura possano considerarsi legati all’attività di impresa, escludendo invece la necessità di una stretta correlazione tra costi e ricavi, come invece sostenuto dalla CTR.

La relazione richiesta dalla Corte di Cassazione sussiste invece laddove, pur esternalizzando alcune fasi del processo produttivo (come, nel caso in parola, il servizio di ristorazione all’interno di un albergo, o la gestione delle prenotazioni e dell’acquisizione di clientela, che pur estranea all’attività principale, ne accresce il valore), sia conservato il controllo sulla gestione dei ricavi e sul somministrante (ad esempio, con la previsione di obblighi in capo a quest’ultimo circa le norme igieniche, i prezzi, gli orari ecc…) e/o sui beni affidati al terzo in comodato, come nel caso in commento.

 

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