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Giurisprudenza

Contratti derivati: ultimi orientamenti del Tribunale di Milano su sviamento causale e upfront

17 Aprile 2014

Irene Margelli

Tribunale di Milano, 04 aprile 2014

Di cosa si parla in questo articolo

Con sentenza del 4 aprile 2014, il Tribunale di Milano torna a pronunciarsi sulla questione della validità dei contratti interest rate swap stipulati a scopo di copertura ma inadeguati alle finalità perseguite dall’investitore, rigettando il tema dello sviamento causale e rifuggendo i rimedi dell’invalidità contrattuale in favore di quello risolutorio.

L’ente territoriale procedente proponeva domanda di nullità per mancanza di causa, deducendo che fosse “totalmente assente la finalità di copertura del rischio di variazione del tasso d’interesse proprio in ragione della particolare sproporzionatezza delle condizioni finanziarie applicate”. In subordine, l’attore chiedeva dichiararsi la risoluzione dei contratti per violazione, ad opera della banca, degli obblighi di cui agli artt. 21 TUF e 26, 27, 28 e 29 Reg. Consob 11522/98.

Il Tribunale ha dichiarato la risoluzione del terzo contratto in ordine temporale perché non coerente con lo scopo di copertura perseguito dall’investitore, recependo il principio secondo cui la dichiarazione di operatore qualificato non può escludere l’applicazione dell’art. 21 TUF, aventi carattere imperativo perché dettati nell’interesse generale all’integrità dei mercati finanziari, oltre che a tutela del singolo contraente (sul punto già Trib. Milano, 19.04.2011 e App. Milano, 18.09.2011).

Il giudicante sembra voler evitare di pronunciarsi sulla validità del contratto swap: ne è prova l’affermazione, criticabile sotto il profilo procedurale oltre che sostanziale, secondo cui “l’accoglimento della domanda risolutoria con riferimento al terzo contratto derivato rende superfluo l’esame della domanda di nullità […]”. Costretto ad entrare nel merito della questione, rigetta la tesi dello sviamento causale affermando che i contratti “presentavano certamente una causa concreta e del tutto efficiente”, atteso che “l’emergenza del risparmio per la Provincia di (Omissis) unitamente all’incasso dell’upfront nel primo contratto denotano tutt’altro che squilibrio nell’alea”.

Degna di nota, da ultimo, la discutibile adesione all’interpretazione secondo cui la somma erogata a titolo di upfront rappresenterebbe una remunerazione del maggior rischio assunto dall’investitore (proposta da App. Trento, 5 marzo 2009), anziché realizzare un’operazione di finanziamento indiretto, tale per cui la somma erogata deve essere restituita dal cliente e non può, pertanto essere contabilizzata come guadagno derivante a quest’ultimo dalla stipulazione del contratto (si vedano sul punto, R. Marcelli, Le operazioni di swap: l’upfront e i vestiti di Andersen, in Ilcaso.it, 290/2012, e E. Girino, I contratti derivati, Milano, 2010). 

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