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Giurisprudenza

Sanzioni Banca d’Italia: tra natura sostanzialmente penale, garanzie procedimentali e valore probatorio del verbale d’ispezione

7 Settembre 2020

Lorenzo Baldacci

Cassazione Civile, Sez. II, 15 giugno 2020, n. 11481 – Pres. San Giorgio, Rel. Varrone

Di cosa si parla in questo articolo

Il caso in esame afferisce all’irrogazione, da parte della Banca d’Italia, di sanzioni al direttore generale di un istituto di credito per carenze “…nell’organizzazione e nei controlli in materia di trasparenza e di correttezza delle relazioni con la clientela…” (artt. 53 e 67 t.u.b.).

I rilievi svolti dal direttore generale ricorrente alla Suprema Corte investono, tra gli altri, l’asserita natura sostanzialmente penale delle sanzioni irrogate ai sensi degli artt. 144 e 145 t.u.b. che dovrebbe comportare l’applicazione delle garanzie previste dalla legge penale in senso sia sostanziale, che, in tesi attorea, processuale.

In relazione a tale asserto, da un lato, la Corte di Cassazione ha l’opportunità di asserire che l’art. 6 della CEDU non importa la necessaria applicazione ai procedimenti sanzionatori “sostanzialmente penali” delle garanzie del processo in senso stretto, bensì la disposizione richiede unicamente che la tutela del soggetto cui è irrogata la sanzione sia preordinata alternativamente durante la fase amministrativa, ovvero durante una successiva fase innanzi all’Autorità Giudiziaria, con potere di sindacato pieno e potere di pronuncia sostitutiva del provvedimento sanzionatorio.

E, peraltro, argomenta la Corte ad abundantiam (la relativa censura come formulata dall’attore era inammissibile), a’ termini degli artt. 24 e 111 Cost., il principio del giusto processo e il diritto alla difesa riguardano espressamente solo il procedimento giurisdizionale, non già il procedimento amministrativo, nemmeno laddove concerna diritti soggettivi – il che esclude l’incostituzionalità dell’incompleta equiparazione di processo penale e procedimento amministrativo.

Ciò posto, in continuità con Cass. 8210/2016, la Suprema Corte esclude che il procedimento amministrativo in parte qua sia illegittimo nella misura in cui, comunque, all’esito è consentito al soggetto sanzionato di adire il Giudice, instaurando un procedimento giurisdizionale a sindacato pieno e tendenzialmente sostitutivo.

Né, d’altro canto, è ravvisabile, nel caso in esame, una violazione dell’art. 24 della l. 262/2005, posto che tale disposizione non impone di conformare il procedimento sanzionatorio al processo in senso stretto, dato che il principio del contraddittorio può esplicarsi anche mediante la possibilità di produrre memorie scritte e documenti, non, invece, solo con la partecipazione orale in sede decisoria, mentre il diritto di difesa può essere efficacemente garantito dalla notifica della comunicazione di avvio del procedimento, dalla contestazione circostanziata, dalla facoltà di controdedurre e di essere ascoltato, nonché dall’accesso alle prove (v. anche Cass. 19219/2016; Cass. 4725/2016, Cass. 25141/2015).

In punto di prova, la decisione in esame prende posizione sul valore probatorio del verbale ispettivo della Banca d’Italia, il quale può essere triplice: (i) fanno fede ex art. 2700 c.c. concessa ai fatti attestati da pubblico ufficiale come avvenuti alla sua presenza, da lui compiuti o conosciuti senza margine di apprezzamento, (ii) fanno fede sino a prova contraria della veridicità sostanziale delle dichiarazioni rese dalle parti e dai terzi, (iii) mentre in tutti gli altri casi costituiscono comunque elementi di prova che il Giudice deve valutare liberamente e nel quadro delle complessive risultanze istruttorie.

Nel caso di specie, la Suprema Corte, così come il Giudice d’appello, hanno ritenuto che i citati verbali fossero dotati, nel quadro delle evidenze probatorie non smentite dal ricorrente (limitatosi a lamentare la violazione del diritto di difesa perché non in possesso di documentazione per controdedurre), di un elevato grado di attendibilità quanto al loro contenuto, dal che non può, ulteriormente, nemmeno trarsi un’indebita inversione dell’onere della prova operata dalla Corte territoriale che ha ritenuto provati dall’Ente sanzionatore i fatti costitutivi, che tuttavia il ricorrente sanzionato non ha smentito.

 

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