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Le valute virtuali nella prospettiva delle autorità di vigilanza comunitarie e nazionali

28 Maggio 2015

Avv. Luca Pellegrino, responsabile area legale, Assosim

Di cosa si parla in questo articolo

L’articolo rispecchia le opinioni dell’autore e non impegna l’ente di appartenenza

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Premessa – Gli interventi dell’Autorità Bancaria Europea (o European Banking Authority – EBA): 1. il documento dell’ottobre 2012; 2. il documento del dicembre 2013; 3. L’opinion del luglio 2014; 4. Il documento del febbraio 2015 – Gli interventi della vigilanza domestica: 5. la comunicazione dell’UIF del febbraio 2015; 6. La comunicazione del 30 gennaio 2015 di Banca d’Italia 7. La Call for Evidence lanciata dall’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (o European Securities and Markets Authority – ESMA) il 22 aprile 2015

 

Negli ultimi tre anni, almeno, le autorità di vigilanza europee (ed internazionali extra-comunitarie come il FATF-GAFI) hanno concentrato la loro attenzione sul fenomeno delle valute virtuali (di seguito per lo più indicate come “VV”), cercando di individuare quali rischi possano derivare alla stabilità del sistema finanziario “reale” in assenza di regolamentazione legale.

Gli interventi dell’Autorità Bancaria Europea (o European Banking Authority – EBA)

1. Risale all’ottobre 2012 il primo tentativo della European Banking Authority di comprendere il fenomeno.[1]

Nel report, di taglio investigativo-scientifico, venivano identificati rischi per la stabilità dei prezzi, del sistema finanziario (come sistema integrato di intermediari, mercati e infrastrutture di mercato) e del sistema dei pagamenti.

Veniva inoltre considerato il rischio reputazionale per le autorità di vigilanza e le banche centrali stesse, in quanto considerate dall’opinione pubblica garanti della stabilità del sistema e quindi soggetti a potenziale discredito ove il sistema fosse stato pregiudicato da una mancata od insufficiente regolamentazione del fenomeno.

Il report esaminava il fenomeno nel suo funzionamento, definendo VV una moneta:

  • digitale non regolamentata;
  • priva di una controparte fisica avente in grado di attribuirle un corso legale (la   banca centrale emittente),
  • emessa e solitamente controllata dai suoi sviluppatori;
  • usata ed accettata dai membri di una determinata comunità virtuale.

Venivano individuati tre tipi di schemi di funzionamento a seconda dell’interazione con moneta ed economia reale:

  1. valute a schema chiuso, di solito usate in giochi on-line[2];
  2. valute a schema unidirezionale, in cui esse vengono acquistate a mezzo di moneta reale e possono essere utilizzate per acquistare solitamente beni e merci virtuali ed eccezionalmente beni e merci reali;
  3. valute a schema bidirezionale, che possono essere vendute ed acquistate contro valute reali.

Il report spiegava poi il funzionamento delle VV più “popolari” (Bitcoin e Second Life).

Solo poche righe venivano spese  “a favore” delle VV, accennando agli aspetti di innovazione finanziaria e di alternatività dei sistemi e mezzi di pagamento per i consumatori.

2. Alla suddetta pubblicazione, l’EBA faceva seguire, nel dicembre 2013, un ben più sintetico documento, che potremmo definire di “micro-vigilanza”, diretto, più che ad indagare i pericoli per il “sistema” nel suo complesso, ad avvertire il singolo consumatore dei rischi derivanti dalla sua personale operatività in VV.[3]

Venivano segnatamente individuati i seguenti pericoli:

– Possibilità di perdere il proprio denaro sulla piattaforma di scambio dove è possibile acquistare monete virtuali direttamente da qualcuno che le possiede o crearle attraverso tale piattaforma

In alcuni casi le piattaforme di scambio, non regolamentate, hanno cessato la propria attività o hanno fallito, talvolta per attacchi compiuti da terzi, con ingenti perdite di denaro tenuto su tali piattaforme.[4]/[5]

L’EBA rilevava  che le piattaforme di scambio non sono delle banche che conservano la loro VV come deposito. Pertanto, ove una piattaforma di scambio perda denaro o fallisca, non sussiste alcuna tutela legale specifica, per esempio attraverso un sistema di garanzia dei depositi, volta a coprire le perdite derivanti da eventuali fondi custoditi sulla piattaforma di scambio, anche qualora lo scambio sia registrato presso un’autorità nazionale.

– Possibilità di subire un furto del proprio denaro dal portafoglio elettronico

Una volta acquistata, la VV viene archiviata in un “portafoglio elettronico” (e-wallet) su un computer fisso, un computer portatile o uno smartphone. I portafogli elettronici contengono una chiave pubblica e una chiave privata ovvero una password che consente di effettuare l’accesso, ma non sono esenti dagli attacchi di hacker con conseguenti rischi di sottrazione. Sono stati riportati casi di consumatori che hanno perso un importo di VV superiore a 1 milione di dollari USA con scarse probabilità di recupero. Inoltre, la perdita della chiave o della password di accesso al proprio portafoglio elettronico può comportare la perdita definitiva della VV in esso contenuta; non esistono autorità centrali che registrano le password o ne emettono altre sostitutive.

– Assenza di tutela per l’utilizzo di monete virtuali come mezzo di pagamento

Non è previsto alcun diritto di rimborso ai sensi della normativa UE vigente a tutela dell’utilizzo di VV come mezzo di pagamento di beni e servizi. Pertanto, gli addebiti non autorizzati o errati dal portafoglio elettronico non possono essere solitamente stornati. Inoltre, l’accettazione di VV da parte dei dettaglianti non è garantita in modo permanente e si basa sulla loro discrezione e/o su accordi contrattuali che possono cessare in qualsiasi momento e senza alcun preavviso.

– Il valore della moneta virtuale può subire un rapido cambiamento fino a raggiungere lo zero

Il prezzo del bitcoin e di altre VV ha subito una forte crescita, attraendo importanti investimenti da parte dei consumatori. Tuttavia il valore delle VV è stato caratterizzato da grande volatilità ed esso può facilmente aumentare così come diminuire, anche solo, per es., a causa dell’aumento o diminuzione della notorietà di altra VV.

Per i fondi di VV non si ha la certezza che il valore resti generalmente stabile, diversamente da quanto accade per il denaro versato su un tradizionale conto bancario o di pagamento denominato in una moneta avente corso legale.

– Possibile abuso delle transazioni in moneta virtuale per lo svolgimento di attività criminali, incluso il riciclaggio di denaro sporco

Le operazioni in  VV sono perlopiù irreperibili e offrono agli operatori ed ai consumatori un alto grado di anonimato mediante la loro codificazione. Pertanto, è possibile che la rete di VV sia utilizzata per transazioni connesse ad attività criminali, incluso il riciclaggio di denaro sporco. Questo abuso potrebbe ripercuotersi sull’incolpevole consumatore, dal momento che le autorità di contrasto al riciclaggio possono decidere di chiudere le piattaforme di scambio impedendo l’accesso o l’utilizzo di eventuali fondi custoditi in esse.

– Possibile assoggettamento ad imposta

Le transazione in VV, ovvero il suo possesso in forza del loro possibile trattamento  come bene o merce[6], anzichè come valuta, può comportare implicazioni fiscali come l’imposta sul valore aggiunto o l’imposta sui redditi di capitale; inoltre occorre considerare i possibili debiti d’imposta applicati nel proprio paese per l’utilizzo di VV.

Sotto la sonora dizione “strategie di tutela” venivano infine elencati accorgimenti per lo più di mero buon senso, vale a dire:

  • agire in piena consapevolezza comprendendo le caratteristiche specifiche delle VV, evitando di utilizzare e mettere a rischio di perdite denaro “vero”;
  • prestare al portafoglio elettronico la medesima attenzione rivolta al proprio portafoglio o portamonete tradizionale, evitando di custodire in esso grandi importi di denaro per un lungo periodo di tempo e conservarlo al sicuro;
  • acquisire una certa familiarità con il possesso, il modello di business, la trasparenza e la percezione pubblica delle piattaforme di scambio che s’intende utilizzare.

3. Nell’opinion del luglio 2014, indirizzata ai legislatori comunitari ed alle autorità di vigilanza dei 28 stati membri – l’EBA analizzava la possibilità e l’opportunità di regolamentare il fenomeno, a fronte dell’attuale assenza di una banca centrale emittente e di una autorità regolamentare.

Segnatamente, il documento sintetizzava le caratteristiche delle VV, ne illustrava i potenziali vantaggi e ne individuava e dettagliava i potenziali rischi.

Quanto alle caratteristiche distintive delle VV, risulta, in primo luogo, la generale accettazione del pubblico (quanto meno nelle web communities interessate dal fenomeno) delle VV come strumenti di pagamento e la loro capacità di essere trasferite, depositate e scambiate elettronicamente (come pure, in alcuni casi, la loro convertibilità in valute legali).

Le VV venivano cautamente (“… are said to be in circulation …”)  stimate in un numero superiore a 200[7], attendendosi peraltro la nascita e lo sviluppo di numerose altre VV, alcune delle quali recanti caratteristiche non facilmente prevedibili.

Gli operatori coinvolti in tali “schemes” sono altrettanto difficili da individuare e la loro stessa operatività può generare o comportare dei rischi.

Ampio ed articolato spazio veniva per la prima volta dedicato dall’EBA alla valutazione dei “Potential Benefits”, con i relativi “downsides”, premettendone in linea di principio la scarsa rilevanza – consistenti anzitutto nella economicità e rapidità delle transazioni[8] oltre che nel perseguimento della “financial inclusion”[9] –, a fronte di analoghi obiettivi perseguiti dalla normativa comunitaria in materia di servizi di pagamento in valute legali (d’ora innanzi definite anche come “VL”).

Del resto la presunta maggior vantaggiosità delle transazioni in VV rispetto ai tradizionali sistemi e/o strumenti di pagamento[10] risultava, nell’Opinion, controbilanciata dai costi di conversione delle VV in VL e dalla carenza di quei presidi di sicurezza che, nell’ambito dei sistemi di pagamento in VL, ne giustificherebbero i più alti costi.

Altri vantaggi delle operazioni in VV venivano ravvisati nella certezza, definitività ed irrevocabilità dei pagamenti di cui possono godere i venditori e fornitori a fronte di falsi o pretestuosu reclami dei compratori, i quali, nel mondo delle VL, possono più facilmente richiedere ed ottenere dai prestatori di pagamento la revoca ed il rimborso del pagamento allegando un inadempimento di controparte sia pure mai avvenuto. Il rovescio della medaglia è dato dall’impossibilità per il consumatore onesto, “frodato” o semplicemente insoddisfatto, di chiedere la revoca del pagamento in VV.

Altri benefici potenziali venivano riconosciuti dall’EBA:

  • nel contributo alla crescita ed all’innovazione economica a seguito della nascita di nuovi attori economici e nuove opportunità di business (negoziatori e piattaforme di scambio, depositari ed altri prestatori di servizi accessori o strumentali al “mining”);
  • nella già citata inclusione finanziaria specialmente fuori dall’Unione Europea, per tutti quei soggetti che non posso accedere ai “materiali” canali bancari e finanziari per svariate cause, per esempio costi e/o oneri amministrativi elevati, specialmente a causa di situazioni problematiche in cui versano certi paesi soggetti ad embargo o meno sviluppati. A questo “pro”, corrispondeva il “contro” della capacità di eludere giustificate misure di blocco economico o commerciale contro paesi di sospetta o accertata adesione a sistemi terroristici e più in generale criminali;
  • nei benefici per il singolo “user” consistenti nella non necessità di fornire dati personali che potrebbe essere fraudolentemente sottratti e comunque in una “filosoficamente” intesa libertà individuale dai tracciamenti consentiti da carte di credito o bancomat, come pure dal potere – magari abusato – di “battere moneta” proprio delle istituzioni statali e finanziarie centrali.

Con riferimento ai potenziali rischi per la stabilità del sistema, l’EBA ha ne identificate almeno 70 tipologie, delle quali riteniamo possano essere, in questa sede, di principale interesse, quelle categorizzate e sotto-rubricate come segue[11]:

rischi di integrità finanziaria

antiriciclaggio: organizzazioni (o singoli individui) criminali potrebbero, senza temere l’intercettazione delle transazioni da parte  delle autorità competenti, (1) depositare e trasferire VV in tutto il mondo ed in modo anonimo, rapido ed irreversibile; (2) utilizzare, a livello internazionale, i vari “schemes” di VV a fini finanziari; (3) occultare i frutti dell’illecito penale; (4) controllare, per le loro finalità criminose, i mercati di VV ed i loro partecipanti;

crimini finanziari: le stesse organizzazioni (o singoli individui) criminali potrebbero far uso delle VV e dei mercati di VV per: (5) eludere i controlli dei settori finanziari vigilati e per commercializzare beni e merci illegali; (6) sottrarsi a provvedimenti esecutivi e/o confische a tutela dello Stato o delle vittime di reato oppure a sanzioni internazionali ed embarghi; (7) compiere estorsioni in forma anonima; (8) eseguire/ricevere pagamenti interni all’organizzazione o in favore/da altri soggetti criminali; (9) agevolare il compimento di reati; (10) il fraudolento utilizzo di software, piattaforme e mercati ed altre infrastrutture informatiche al fine di compiere reati (es. furto di identità); (11) lo svolgimento di attività di evasione fiscale;

rischi dei sistemi e servizi di pagamento

i prestatori di servizi di pagamento, operanti contemporaneamente in VL e VV, potrebbero:

(12) soffrire danni e perdite a seguito di provvedimenti sopravvenuti che dovessero dichiarare illegali le VV; (13) non essere in grado di adempiere alle proprie obbligazioni contrattuali rivenienti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento, a causa di esposizioni in liquidità prodottesi nel compiere operazioni su VV e, in ragione di tali inadempimenti, (14) soffrire danni reputazionali e finanziari oltre che mettere a rischio la stabilità dei mercati e dell’economia;

rischi delle autorità di vigilanza

le autorità – a seconda della scelta di regolamentare, non regolamentare ovvero regolamentare più o meno severamente le VV – potrebbero soffrire danni

reputazionali: in caso di (15) fallito tentativo di regolamentare, ovvero a causa della (16) scelta di non regolamentare le VV, laddove alle istituzioni finanziarie derivasse successivo detrimento dal loro (non vigilato e quindi libero) coinvolgimento in operazioni e mercati di VV; (17) danni che i sistemi di pagamento regolamentati in VL avessero a soffrire dai paralleli e non regolamentati sistemi di pagamento in VV;

legali: a causa di (18) eventuali azioni legali intentate dalle parti di contratti in VV colpiti da sopravvenuti provvedimenti di illegalità o “unenforceability”;

in materia di concorrenza: l’apprestamento di una regolamentazione delle VV meno “severa” rispetto a quella delle VL potrebbe (19) creare un “unequal playing field” in grado di (20) scoraggiare l’entrata nel mercato delle VL di nuovi operatori, ovvero (21) incentivare gli operatori in VL ad uscire dal sistema delle VV.

L’EBA ha auspicato un intervento delle istituzioni nazionali e comunitarie di vigilanza e legislative considerando la duplice ottica del lungo e del breve periodo.

Nel lungo periodo è necessario definire un quadro normativo armonizzato di vigilanza, nel quale l’operatività in VV sia riservata a soggetti autorizzati, siano stabiliti precisi requisiti in materia di (inter alia) capitale e governance dei partecipanti al mercato, sicurezza informatica e siano implementati presidi di segregazione dei conti della clientela, sistemi di garanzia dei pagamenti e dei rimborsi, e più in generale una separazione tra sistema di pagamento delle VL e sistema di pagamento delle VV.

Nel breve periodo, è necessaria una attività di mitigazione dei rischi derivanti dall’interazione tra gli schemi di VV e i servizi finanziari regolamentati in VL. In tale prospettiva, le autorità nazionali di vigilanza dovrebbero scoraggiare gli intermediari dall’acquistare, detenere o vendere VV, sia pur consentendo loro di continuare a offrire, a soggetti operanti nel settore delle VV, le attività e i servizi finanziari alla cui prestazione sono autorizzati.

4. L’EBA ha pubblicato nel febbraio 2015 una nuova analisi dove riprende i temi già trattati, cercando di approfondire l’operatività in questione ed i suoi nuovi attori[12].

L’Autorità sembra essersi fatta ora un’idea un po’ più precisa del fenomeno e nega ufficialmente alle VV natura di moneta, qualificandola come “digital representation of value, not issued by a central bank, credit institution or e-money institution, which in some circumstances can be used as an alternative to money”[13].

In realtà, l’emissione da parte di una banca centrale non viene ritenuta essenziale requisito di una moneta, la quale invece poggia, secondo le teorie economiche riportate dall’EBA, sul fatto di costituire (i) un mezzo di scambio; un (ii) mezzo di conservazione di valore; e una (iii) unità di conto.

Non intendiamo certo addentrarci nelle teorie economiche della moneta, tuttavia, secondo gli schemi riportati dall’EBA, i requisiti che separano le VV dalle VL sembrano di natura meramente quantitativa, anziché concettuale, e quindi potrebbe non essere impossibile conseguirli.  

L’EBA afferma che le VV non hanno, oggi, raggiunto lo status di attività altamente liquida ed il livello di accettazione comunemente associato con le VL; anche la strumentalità alla conservazione di valore appare relativo, ripensando ad intensi fenomeni inflattivi passati e presenti.

Al tempo stesso, l’EBA si risolve di eliminare anche l’aggettivo “unregulated”, poiché esso contraddice ormai le numerose prospettive di regolamentazione nazionali in corso (e delle quali l’EBA fornisce una sintesi nel documento in discussione).  Tra queste figura la qualificazione come unità di conto da parte del Ministro delle Finanze tedesco (e quindi anche il requisito sub iii supra risulta riscontrato o alla portata delle VV).

Ciò detto, il documento è di interesse nella sua indagine sui vari schemi di produzione e scambio delle VV e sul profilo rischi/benefici di modelli basati su schemi centralizzati (in cui v’è una sola istituzione in grado di emettere unità di VV) e decentralizzati e su e-wallet centralizzati e decentralizzati.[14]

Invitiamo pertanto il lettore a prendere diretta conoscenza del documento.

Gli interventi della vigilanza domestica

5. Le pubblicazioni sopra sintetizzate, di taglio prevalentemente riconognitivo-scientifico, hanno preparato il terreno alla formulazione, nel nostro paese, di vere e proprie prescrizioni di vigilanza.

L’UIF ha recentemente (febbraio 2015) pubblicato, sul proprio sito http://uif.bancaditalia.it, una comunicazione dal  titolo “Utilizzo anomalo di valute virtuali”, con la quale richiede ai destinatari della normativa antiriciclaggio di “individuare le operatività connesse con valute virtuali, rilevandone gli eventuali elementi di sospetto”.

La pubblicazione fa seguito ad alcune segnalazioni, pervenute all’UIF nel corso del 2014 da parte di soggetti destinatari degli obblighi antiriciclaggio, di “operazioni sospette relative ad acquisti o vendite di valute virtuali ritenuti opachi in ragione del profilo soggettivo del cliente, della natura delle controparti spesso estere, ovvero delle modalità di realizzazione delle operazioni tramite,ad esempio, l’utilizzo di contante o di carte di pagamento.

L’UIF raccomanda (o, meglio, prescrive) agli intermediari finanziari, specialmente nella prestazione di servizi di pagamento, di “valutare con specifica attenzione le operazioni di prelevamento e/o versamento di contante e le movimentazioni di carte di pagamento, connesse con operazioni di acquisto e/o vendita di valute virtuali, realizzate in un arco temporale circoscritto, per importi complessivi rilevanti”.

Le operazioni dovranno essere esaminate in relazione “al profilo soggettivo del cliente, al coinvolgimento di Paesi o territori a rischio e alle eventuali ulteriori informazioni disponibili” e, ove ritenute sospette, dovranno essere segnalate all’Unità di Informazione Finanziaria con la massima tempestività, specificando il “fenomeno”[15] stesso nell’apposita sezione della segnalazione, in conformità con quanto indicato nelle istruzioni per la compilazione delle segnalazioni di operazioni sospette.

I soggetti tenuti agli obblighi di segnalazione, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e con le modalità ritenute più idonee, sono tenuti a sensibilizzare il personale e i collaboratori incaricati della valutazione delle operazioni sospette, diffondendo opportune indicazioni operative.

***

La comunicazione di cui si è riportato sopra il contenuto, non brilla per chiarezza e non lascia chiaramente comprendere il grado di coinvolgimento degli intermediari abilitati  – cui è espressamente rivolta la prescrizione[16] – in operazioni in VV.

In primo luogo, capiamo dalla comunicazione stessa che l’UIF ha ricevuto segnalazioni effettuate da destinatari di obblighi antiriciclaggio.  

Tra i destinatari di tali obblighi figurano anzitutto gli intermediari abilitati. Non vi figurano di certo consumatori e “comuni” esercenti, fatti salvi quelli che effettuano il commercio di beni d’ingente valore, il cui esercizio resta subordinato al possesso di licenze, autorizzazioni, iscrizioni in albi o registri, ovvero alla preventiva dichiarazione d’inizio attività (un esempio per tutti, i commercianti di  cose preziose oppure d’oro per finalità industriali o di investimento; ma anche agenzie di affari in mediazione immobiliare, case da gioco anche on-line ecc.).

Non vi figurano nemmeno, per esplicita precisazione dell’UIF  i prestatori di attività funzionali all’utilizzo, allo scambio e alla conservazione di [VV]e alla loro conversione da/in [VL], i quali  “non sono, in quanto tali, destinatari della normativa antiriciclaggio e quindi non sono tenuti all’osservanza degli obblighi di adeguata verifica della clientela, registrazione dei dati e segnalazione delle operazioni sospette”

Verosimilmente, quindi, non sono state segnalate operazioni di compravendita tra privati non professionisti rimaste confinate nelle web communities che ripongono fiducia in VV, ma bensì operazioni di VV contro VL, ovvero di cambio tra le due divise, che hanno visto il coinvolgimento o, per meglio dire, sono state eseguite per il tramite di intermediari abilitati, in particolare gli emittenti di carte di pagamento, gli istituti di pagamento e gli intermediari di sistemi di “money transfer”.

Infatti l’UIF invita, letteralmente, “gli intermediari finanziari, specie quando prestano servizi di pagamento  a valutare con attenzione con specifica attenzione le operazioni di prelevamento e/o versamento di contante e le movimentazioni di carte di pagamento (neretto nostro).

Non è dato capire in che modo gli intermediari abilitati abbiano potuto giungere a capire che i movimenti segnalati in VL avevano come contropartita o oggetto d’acquisto VV.

Per quanto riguarda la avvenuta movimentazione di contante, possiamo presumere che mediante carte di pagamento oppure allo sportello, sia stato prelevato contante con l’intendimento di consegnarlo al venditore di VV che aveva già trasferito o si accingeva a trasferire elettronicamente VV.

Ma a meno che non si trattasse di somme superiori alla soglia di 15.000 euro – superata la quale scattano gli obblighi di adeguata verifica sull’autore ed il destinatario della movimentazione, sulla provenienza della somma e sulla causale del trasferimento – non si vede come un intermediario abilitato possa aver avuto conoscenza della transazione VL contro VV.

Lo stesso discorso vale sia per l’eventuale versamento sul conto dell’acquirente di VV che abbia poi provveduto a bonificare VL in favore del venditore di VV (o per il versamento eseguito dal venditore dopo aver ricevuto il pagamento in VL dall’acquirente) sia per pagamenti eseguiti/ricevuti mediante carte di pagamento (carte di credito, bancomat o prepagate).

Peraltro, l’acquisto di VV mediante carte di pagamento può recare, ma non è detto, una  causale riconoscibile in tal senso dettata dal destinatario del pagamento. E risulta altresì possibile collegare un portafoglio elettronico al proprio conto bancario ordinario od alla propria carta di pagamento: in pratica una autorizzazione ad addebitare le somme utilizzate per acquistare VV da accreditarsi sull’e-wallet. Ma ciò parrebbe contrasterebbe con l’opacità – riferita dall’UIF – delle operazioni segnalate.

Verrebbe insomma da pensare che VV abbiano transitato, alla stregua di VL, per canali bancari e finanziari[17], perché non si vedrebbe altrimenti come l’intermediario possa essere venuto a conoscenza del fatto che il pagamento in VL era destinato ad acquistare VV.

Ipotesi questa quantomeno sorprendente, se non inconcepibile, da un punto di vista normativo, in quanto l’utilizzo diretto di VV da parte di soggetti abilitati avrebbe formato oggetto di un intervento regolatorio di ben altra portata, se non altro in ottemperanza ai ripetuti inviti rivolti dall’EBA affinchè le autorità nazionali  scoraggino tali utilizzi.

Poiché l’istituto segnalante avrebbe dovuto implementare appositi conti e flussi in VV, l’ipotesi è difficilmente plausibile anche da un punto di vista operativo, ma è tuttavia alimentata da un altro passaggio della comunicazione di Banca d’Italia che commenteremo infra.

6. La pubblicazione fa seguito ad una comunicazione del 30 gennaio u.s. di Banca d’Italia (“BdI”) dal titolo “Valute virtuali”.

Con la comunicazione del 30 gennaio, BdI invitava gli intermediari a valutare con attenzione i rischi indicati dall’EBA (e che sotto cercheremo di sintetizzare) e a considerare che “in assenza di adeguati presidi e di un quadro legale certo circa la natura giuridica delle VV, quei rischi possono esporre a perdite e inficiare, di conseguenza, la consistenza del patrimonio di vigilanza e la stabilità stessa degli intermediari”.

Inoltre BdI rilevava come – ferma la libertà delle parti di obbligarsi a corrispondere somme anche espresse in valute non in corso legale – le concrete modalità di funzionamento degli schemi di VV (emissione, conversione in moneta legale, gestione di tali schemi) possano integrare la violazione, penalmente sanzionata, della normativa nazionale che riserva l’esercizio dell’attività bancaria (artt. 130 TUB), di raccolta del risparmio (art. 131 TUB) e di prestazione di servizi di pagamento (art. 131-ter TUB) e di investimento (art. 166 TUF), ai soli soggetti legittimati per l’attività.

BdI prescriveva quindi che le banche e gli altri intermediari vigilati rendessero edotti del sopra descritto orientamento della vigilanza i clienti, persone fisiche o giuridiche, operanti nel settore delle VV, prima di intraprendere operazioni della specie con essi.

Resta inteso che, nei confronti di tali soggetti potranno continuare a essere prestati i servizi finanziari autorizzati, nel rispetto degli obblighi previsti dalla vigente disciplina in materia di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento al terrorismo e delle indicazioni fornite dalla UIF.

BdI, in relazione al coinvolgimento delle banche e degli altri intermediari da essa vigilati nel comparto delle VV, si riserva peraltro di assumere o proporre non meglio definite misure specifiche di carattere prudenziale[18].

Anche su questa comunicazione possiamo formulare alcune osservazioni di merito.

Come anticipato, ci appare invero di difficile interpretazione il passaggio, citato testualmente (neretto nostro):

 “Le banche e gli altri intermediari vigilati dalla Banca d’Italia devono rendere edotti di tale orientamento i clienti, persone fisiche o giuridiche, operanti nel settore delle VV, prima di intraprendere operazioni della specie con essi”.

Parrebbe che Banca d’Italia ammetta l’esecuzione di operazioni in VV con soggetti operanti in VV e che quindi ammetta che tra gli intermediari vigilati e tale clientela possano aver luogo accrediti e addebiti in VV.

Il che  contrasterebbe con il già commentato invito formulato dall’EBA alle autorità di vigilanza nazionali di scoraggiare gli intermediari dall’acquistare, detenere o vendere VV. A voler invece interpretare l’inciso “operazioni della specie” come ordinarie operazioni in VL con operatori in VV, non è ben chiaro con quali formalità, con quale contenuto ed in che occasione l’intermediario possa formalmente comunicare agli operatori in VV l’orientamento di Banca d’Italia di cui si è dato conto, se non pubblicando sui siti e nelle filiali, a mò di foglio informativo, la comunicazione in commento.

7. Registriamo poco prima della pubblicazione del presente scritto la Call for evidence lanciata dall’Autorità Europea degli Strumenti Finanziari e dei Mercati (European Securities and Markets Authority – ESMA) il 22 aprile 2015.[19]

L’Autorità tenta evidentemente di raccogliere migliori informazioni pratiche sul fenomeno, con l’obiettivo di monitorarlo e di rendere edotti i regulators locali degli sviluppi, pur negando l’intenzione di approntare nell’immediato strumenti di regolamentazione (e tuttavia “subject to assessing the information received in response to this call for evidence”).

L’Autorità analizza tre fenomeni che per quanto è dato sapere sono rimasti sinora inediti, a livello di interventi ufficiali della vigilanza:

  • prodotti di investimento aventi VV come sottostante;
  • strumenti finanziari basati su (potremmo dire, emessi in) VV, registrati in “distributed ledgers” (registro deputato a documentare e conservare le transazioni in VV; ogni VV ha un proprio distributed ledger o “blockchain” che documenta in tempo reale “chi” ha la detenzione, e “quanta”, della rispettiva moneta virtuale);
  • strumenti finanziari “tradizionali” registrati in “distributed ledgers”.

Tra i prodotti di investimento aventi VV come sottostante figurano attualmente organismi di investimento collettivo e derivati su VV, segnatamente “contratti differenziali”, opzioni binarie, futures e altri derivati sui tassi di cambio Bitcoin e Litecoin contro VL come dollari e yuan cinese.

Solo alcune piattaforme e organismi di investimento collettivo sono muniti di autorizzazione regolatoria e di una sede ed informazioni rilevanti certe.

Mentre gli organismi di investimento collettivo dichiarano di accettare soli “accredited investors”[20], le anzidette piattaforme di negoziazione non mostrano restrizioni nei confronti di investitori al dettaglio.

Gli strumenti finanziari in VV si inseriscono in un complesso meccanismo che trova un presupposto iniziale nell’acquisto, da parte dell’utente/investitore, di VV pagando un corrispettivo in VL al “VC exchange”, presso cui l’utente stesso apre un conto.

Lasciando al lettore curioso e di buona volontà la lettura del documento ESMA dove molti dettagli operativi vengono forniti, appare utile in questa sede evidenziare come tale sistema di scambi abbia i suoi “intermediari” – e persino emittenti titoli – in VV.

 


[1] EBA, “Virtual currency Scheme” ottobre 2012  (inhttp://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/virtualcurrencyschemes201210en.pdf). Vedasi il punto 1.1 Preliminary remarks and motivation  dell’Introduzione a pag. 9 (grassetto nostro): « This report seeks to provide clarity on the topic of virtual currencies and tries to address the issue in a structured approach. Such an approach has been absent, at least to some extent, from the existing literature. Moreover, there have previously been no references to this topic in the publications of central banks, international organisations or public authorities. As a consequence, this report largely relies on information and data gathered from material published on the internet …, whose reliability, however, cannot be fully guaranteed. This places serious limitations on the present study».

[2] Il report cita World of Warcraft Gold, moneta virtuale utilizzata nell’omonimo gioco di ruolo sviluppato dalla Blizzard Entertainment. Per conoscere le caratteristiche del gioco vedasi http://it.wikipedia.org/wiki/World_of_Warcraft

[3] “Avvertenza per i consumatori sulle monete virtuali” del 12 dicembre 2013 (in http://www.eba.europa.eu/documents/10180/598420/EBA_2013_01030000_IT_TRA.pdf)

[4] Vedasi il fallimento di Mt. Gox. borsa con base a Tokyo di bit-coin, a seguito della “sparizione” di 480 milioni di dollari USA (bankruptcy petition filed  nel febbraio 2014 presso le autorità giapponesi; trattavasi più precisamente, all’inizio, di una procedura di civil rehabilitation (minji saisei)” deputata a verificare la possibilità di continuare il business. Nell’aprile 2014 la richiesta è stata rigettata dando avvio ad una provisional administration, poi rapidamente e nello stesso mese di aprile trasformatasi in vero e proprio procedimento di bankruptcy -vd. http://www.bloomberg.com/news/articles/2014-02-28/mt-gox-exchange-files-for-bankruptcy). Recentissima la richiesta di protezione sub Chapter 11 da parte di World Bitcoin Association (WBA) gestore della piattaforma USA “Bitcoin Center NYC” (http://www.coindesk.com/world-bitcoin-association-files-for-bankruptcy-amid-landlord-legal-fight/); non è chiaro se la WBA in questione coincida o al contrario nulla abbia a che fare con l’omonima organizzazione non-profit con sede a Zurigo, la quale si propone di unificare le organizzazioni bitcoin non-profit ed incrementare la diffusione delle monete virtuali. Sul sito di tale ultima associazione si legge che la WBA di Zurigo non ha nulla a che vedere con il procedimento di bankruptcy che ha coinvolto la WBA di New York (http://worldbitcoin.info/  comunicato del 18/3/2015 ancora visibile al 30 aprile 2015).

[5] Secondo uno studio del 2013, “Beware the Middleman: Empirical Analysis of Bitcoin-Exchange Risk”, a cura di Tyler Moore (Computer Science & Engineering, Southern Methodist University, USA, tylerm@smu.edu) and Nicolas Christin (INI & CyLab, Carnegie Mellon University, USA, nicolasc@cmu.edu) tra il 2010 ed il 2013, su 40 piattaforme di scambio Bitcoin, 18 hanno chiuso.  Su 18 piattaforme, gli utenti di 11 hanno sofferto perdite tuttavia rimborsate. Le conclusioni dello studio erano che  statisticamente le piattaforme più note e famose sarebbero a maggior rischio di attacchi informatici, ma  il rischio di chiusure senza preavviso  sarebbe minore. La differenza non è irrilevante: plausibilmente, l'utente di una piattaforma che subisse attacchi e furti, ma che continuasse ad operare, magari nell'ambito di una procedura di “protection from creditors” avrebbe maggiori possibilità di essere rimborsato, rispetto ad una piattaforma che chiudesse da un giorno all'altro senza consentire alcuna ulteriore interlocuzione con gli utenti. uriosamente lo studio prediceva la minor probabilità per la piattaforma Mt. Gox di chiudere (https://www.andrew.cmu.edu/user/nicolasc/publications/MC-FC13.pdf).

[6] Vedasi la qualificazione come bene data dall’Internal Revenue Service (IRS) nella notice 2014-21  (del 25 marzo 2014  ( http://www.irs.gov/pub/irs-drop/n-14-21.pdf) su cui ci soffermeremo infra.

[7] Tuttavia, secondo la comunicazione UIF infra commentata, che giunge non oltre sei mesi dopo l’opinion dell’EBA, di tipologie di VV “ne risultano oltre 500”.

[8] L’EBA menzionava il regolamento in VV entro 60 minuti, 24h24, tutti i giorni, contro il termine di esecuzione di 24 ore e la generale disponibilità  di 5 giorni bancari su 7 in ambito SEPA.

[9] Per “inclusione finanziaria” si intende generalmente il complesso di attività sviluppate per favorire l’accesso ai servizi bancari e finanziari di  soggetti e organizzazioni non ancora del tutto integrati nel sistema bancario e finanziario ordinario. Per le banche, tali attività possono includere l’offerta di servizi finanziari di credito, risparmio, pagamento, con il trasferimento di fondi e rimesse, programmi di educazione finanziaria e di accoglienza in filiale.

[10] Per una scientifica anche se non recentissima ricognizione condotta da Banca d’Italia sui  costi “sociali” dei servizi di pagamento tradizionali, vedasi:  “Il costo sociale degli strumenti di pagamento in Italia” pubblicazione della serie Tematiche istituzionali, novembre 2012 (https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/tematiche-istituzionali/2012-costo-sociale/testo.pdf). Il costo sociale è costruito come somma dei costi sostenuti dai singoli operatori (i c.d. costi privati) ricompresi nel perimetro dell’indagine, al netto dei flussi intermedi fra gli operatori (es. le commissioni pagate dagli esercenti alle banche).

[11] Le altre categorie di rischi possono colpire gli utilizzatori di (e pertanto gli investitori o consumatori che decidano di operare in) VV ed i mercati di scambio di VV.

[12] https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/other/virtualcurrencyschemesen.pdf

[13] Cfr. pag.  21

[14] L’EBA ha cura di precisare che nei sistemi decentralizzati l’utente non detiene VV, ma dispone di chiavi di accesso ad un conto che è parte di una “blockchain”, definita come registro delle transazioni raggrupate in blocchi.

[15] Per “fenomeno” si intende uno degli schemi rappresentativi di comportamenti anomali diffusi dalla UIF (frode IVA intracomunitaria, Abuso finanziamenti pubblici, Conti dedicati ecc. http://uif.bancaditalia.it/normativa/norm-antiricic/provv-2011-05-04/Allegato_2.pdf).

[16] Tralasciamo in questa sede gli operatori di gioco cui pure la comunicazione si indirizza.

[17] Caso a parte e che in questa sede non rileva, è quello delle case da gioco, specialmente on line, che possono aver, legittimamente, implementato canali informatici di trasferimento di VV.

[18] Della stessa data 30 gennaio 2015 risulta la pubblicazione, sempre ad opera di BdI, “Avvertenza sull’utilizzo delle cosiddette ‘valute virtuali’, nella quale vengono riprese analoghe avvertenze formulate dall’EBA nel dicembre 2013 (vd. https://www.eba.europa.eu/-/eba-warns-consumers-on-virtual-currencies)

[19] http://www.esma.europa.eu/system/files/2015-532_call_for_evidence_on_virtual_currency_investment.pdf.

[20] L’ESMA non precisa la definizione di“accredited investors”, tuttavia, anche considerando che su dodici organismi di investimento collettivo, quattro sono stabiliti negli USA,  sarà utile ricordare la definizione fornita dal Code of Federal Regulations che ricomprende financial institutions, investitori istituzionali, persone giuridiche con asset superiori a USD 5,000,000.00 e persone fisiche con importanti requisiti patrimoniali (oltre USD 1,000,000.00) o di reddito (USD 200,000.00 in ciascuno degli ultimi due anni e con ragionevole aspettativa di analogo reddito per l’anno sopravveniente).

( http://www.ecfr.gov/cgi-bin/retrieveECFR?gp=&SID=8edfd12967d69c024485029d968ee737&r=SECTION&n=17y3.0.1.1.12.0.46.176).

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