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Assegno elettronico: nuove regole per banche ed intermediari

21 Giugno 2016

Avv. Simone Petrosemolo, ‎Studio Legale Petrosemolo

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

Il presente scritto mira a fornire un contributo preliminare sul nuovo regime di dematerializzazione degli assegni bancari e circolari, senza pretesa di voler affrontare, in questa sede, i molteplici profili di ordine pratico e giuridico ad esso connessi, ma con l’intento di tornare in argomento alla luce dei risvolti e delle problematiche che, in concreto, gli intermediari saranno chiamati ad affrontare durante la fase di applicazione della nuova normativa.

Ciò premesso, si ricorda che con il D.L. 13 maggio 2011 n. 70 (c.d. “Decreto Sviluppo”), convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106, sono state apportate significative modifiche al Regio Decreto 21 dicembre 1933, n. 1736 (“Legge Assegni”), nella parte che disciplina la presentazione al pagamento degli assegni bancari e circolari.

In sostanza, la Legge Assegni ora prevede che:

  • l’assegno bancario e l’assegno circolare possono essere presentati al pagamento sia in forma cartacea che elettronica (cfr. artt. 31, comma 3 e 86, comma 1, ultimo periodo);
  • il protesto o la constatazione equivalente possono essere effettuati in forma elettronica sull’assegno presentato al pagamento in forma elettronica (cfr. art. 61, comma 3);
  • le copie informatiche di assegni cartacei sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale è assicurata dalla banca negoziatrice mediante l’utilizzo della propria firma digitale (cfr. art. 66, comma 2).

Al Ministero dell’Economia e delle Finanze ed alla Banca d’Italia spettava, rispettivamente, il compito di disciplinare le modalità attuative delle norme di rango primario e di adottare le regole tecniche volte a completare il quadro normativo di riferimento.

Terminate le fasi di pubblica consultazione, sono stati quindi adottati il Decreto Ministeriale 3 ottobre 2014, n. 205 (“Regolamento recante presentazione al pagamento in forma elettronica degli assegni bancari e circolari”, pubblicato in GU il 6 marzo 2015; di seguito il “Decreto MEF”) ed il Regolamento Banca d’Italia del 22 marzo 2016 (pubblicato in GU il successivo 30 aprile unitamente all’Allegato tecnico ed entrato in vigore il 15 maggio u.s.; di seguito, il “Regolamento Banca d’Italia”).

A ben vedere, il nuovo regime di dematerializzazione degli assegni bancari e circolari (che, invero, si applica anche agli assegni e vaglia postali ed ai titoli speciali della Banca d’Italia) rappresenta l’evoluzione e la “codificazione” di iniziative avviate già da tempo nel settore.

Viene a mente, anzitutto, l’accordo interbancario emanato dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI) nel 1993, che ha introdotto la c.d. Check Truncation, ossia la procedura interbancaria che consente alla banca negoziatrice di presentare all’incasso assegni bancari (fino ad euro 5.000,00) ed assegni circolari (senza limiti di importo) mediante la mera trasmissione alla banca trattaria o alla banca emittente di un flusso elettronico di dati, senza invio del documento cartaceo.

Un ulteriore passo in avanti verso la dematerializzazione si è avuto nel 2006, allorquando fu presentato al Governo il progetto per la “trasmissione digitale dell’immagine degli assegni”, predisposto dalla Banca d’Italia con il supporto della CIPA (Convenzione Interbancaria per i Problemi dell’Automazione), dell’ABI e di alcune banche nazionali.

Tale progetto pose le basi dell’attuale processo di digitalizzazione, attraverso la definizione di una nuova procedura interbancaria del SITRAD (Sistema Interbancario di Reti per Trasmissione Dati[1]) volta a consentire il troncamento (“truncation”) di tutti gli assegni bancari e circolari all’incasso e la trasmissione, dalla banca negoziatrice alla banca trattaria o emittente, dei dati contabili dell’assegno e della relativa immagine (con conseguente presentazione al pagamento in modalità esclusivamente elettronica). 

Si pensi, inoltre, all’Agenda Digitale del settore bancario promossa dall’ABI nel 2012, avente il dichiarato obiettivo di contribuire ad accelerare il programma di digitalizzazione del Paese, facendo leva, a tal fine, sul processo già in atto nell’industria bancaria: “dal lato suo, l'industria bancaria crede fortemente nei benefici derivanti dalla Digitalizzazione, come dimostrano gli sforzi messi in campo a livello associativo e i 20 miliardi di euro che, nell'ultimo quinquennio, le singole banche hanno investito per la dematerializzazione dei processi, l'introduzione di nuove tecnologie in filiale e la creazione di nuovi canali di relazione” (cfr. pag. 3).

Val la pena altresì evidenziare che la normativa in commento si applica esclusivamente ai rapporti interbancari; nulla cambierà, pertanto, nei rapporti con la clientela, la quale continuerà a presentare all’incasso il titolo in formato cartaceo, come fatto fino ad oggi[2].

Peraltro, tenuto conto del significativo impatto che la nuova disciplina avrà sull’organizzazione  e sulle procedure interne degli intermediari, questi ultimi avranno a disposizione 18 mesi (a partire dall’entrata in vigore del Regolamento Banca d’Italia) per uniformarsi alle nuove norme.

Ad avviso di chi scrive, sarà proprio in questo periodo di adeguamento che gli operatori del settore, da un lato, e gli osservatori qualificati, dall’altro, avranno modo di confrontarsi sugli aspetti più delicati della disciplina.  

2. Presentazione al pagamento dell’assegno in forma elettronica: immagine dell’assegno e  firma digitale

Venendo agli aspetti salienti della nuova disciplina, l’art. 2, comma 2, del Decreto MEF stabilisce che “si ha presentazione in forma elettronica quando il trattario [in caso di assegno bancario] o l’emittente [in caso di assegno circolare] ricevono dal negoziatore l’immagine dell’assegno unitamente alle informazioni previste dal regolamento della Banca d’Italia”.

In attuazione di siffatta previsione, il Regolamento Banca d’Italia (art. 7) prevede due distinte modalità di trasmissione:

  • invio dei soli dati per gli assegni bancari e postali di importo sino ad euro 5.000,00 e per gli assegni circolari, i vaglia postali ed i titoli speciali della Banca d’Italia, senza limiti di importo;
  • invio dei dati dell’assegno e della relativa immagine firmata digitalmente per gli assegni bancari e postali di importo superiore ad euro 5.000,00[3].

Il “cuore” del nuovo regime consiste, dunque:

  1. nella generazione dell’immagine dell’assegno, poiché è questa che sarà presentata al pagamento (o, se del caso, oggetto di protesto o constatazione equivalente) in sostituzione del titolo cartaceo;
  2. nell’apposizione della firma digitale da parte della banca negoziatrice.

Al riguardo, il Decreto MEF definisce “immagine dell’assegno: la copia per immagine dell’assegno, su supporto informatico, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera i-ter del CAD[4], conforme all’originale cartaceo ai sensi di quanto previsto dall’articolo 66 della legge assegni” (cfr. art. 1).

In concreto, l’immagine dell’assegno dovrà essere generata secondo quanto previsto dall’art. 3 del DPCM 13 novembre 2014, recante le regole tecniche per la formazione e trasmissione dei documenti informatici ai sensi del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).

Pur non essendo questa la sede per entrare nel dettaglio delle singole regole tecniche di cui al cennato DPCM, val la pena evidenziare che il documento informatico generato deve avere forma e contenuto identici a quelli del documento analogico da cui è tratto (ossia, il titolo cartaceo).

Si ricorda, infatti, che ai sensi della Legge Assegni, “le copie informatiche di assegni cartacei sostituiscono ad ogni effetto di legge gli originali da cui sono tratte”. E tale identità deve essere assicurata mediante il raffronto dei documenti o attraverso la certificazione di processo, nel caso in cui siano adottate tecniche in grado di garantire la corrispondenza della forma e del contenuto dell’originale e della copia[5]. In ogni caso, il processo di generazione dell’immagine dell’assegno deve assicurare che il titolo cartaceo venga utilizzato una sola volta per generare una sola immagine.

Come detto, il documento informatico, per poter sostituire ad ogni effetto di legge quello cartaceo, deve essere firmato digitalmente dalla banca negoziatrice che lo ha generato.

Al riguardo, il Regolamento Banca d’Italia ed il relativo Allegato tecnico fanno ampio richiamo alle procedure ed ai criteri dettati dalla specifica normativa in materia di apposizione, verifica e conservazione della firma digitale (si tratta, segnatamente, della deliberazione n. 45 del 21 maggio 2009, emanata dal Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione e del DPCM del 22 febbraio 2013, recante le regole tecniche di attuazione del CAD).

Degna di nota, in proposito, è la previsione dell’Allegato tecnico secondo la quale “ogni documento informatico firmato digitalmente deve … essere privo di elementi attivi, cioè <macroistruzioni o codici eseguibili o altri elementi tali da attivare funzionalità che possano modificare gli atti, i fatti o i dati nello stesso rappresentati>”.

Il tema della sicurezza è, a ben vedere, un aspetto cruciale del nuovo quadro procedurale, come ha avuto modo di evidenziare il Consiglio di Stato nel proprio parere preventivo sullo schema del Decreto MEF, ove si legge che “il tema della trasformazione in forma elettronica degli assegni cartacei, operazione per la quale è previsto che il negoziatore possa incaricare un soggetto terzo, merit[a]una specifica e più approfondita riflessione. Si tratta di una operazione di particolare delicatezza sotto il profilo della sicurezza, affidabilità, regolarità e correttezza, tant’è che le banche e gli altri soggetti abilitati devono adottare presidi (art. 5) in grado di assicurare questi profili nell’ambito della propria organizzazione interna” (cfr. parere n. 04750 del 5 dicembre 2013)[6].

Il tema della sicurezza porta con sé, inevitabilmente, anche risvolti in termini di responsabilità dell’intermediario nella fase di lavorazione dell’assegno presentato all’incasso.

Al riguardo, gli unici spunti degni di rilievo si traggono da una recente decisione dell’Arbitro Bancario e Finanziario avente ad oggetto una controversia in materia di assegni presentati all’incasso mediate la procedura di Check Truncation (che, come sopra cennato, rappresenta la prima forma di dematerializzazione degli assegni nel circuito interbancario, tutt’ora utilizzata per la stragrande maggioranza delle operazioni).

Nella fattispecie, a fronte di una presunta firma falsa apposta su un assegno bancario presentato all’incasso, la ricorrente sosteneva che la firma non sarebbe stata controllata in alcun modo dalla banca, proprio perché l’assegno era stato gestito mediante procedura telematica e senza possibilità per la banca negoziatrice di visionare in alcun modo il titolo.

Al riguardo, l’ABF ha avuto modo di chiarire che “l’utilizzo di tale procedura, finalizzata ad obiettivi di economicità e di maggiore snellezza nella negoziazione dei titoli, non può incidere in alcun modo sugli obblighi di diligenza posti a carico dell’operatore bancario nello svolgimento di tale servizio. L’applicazione del suesposto principio ai fini del dimensionamento del rischio connesso alla procedura di check truncation conduce, quindi, ad escludere la responsabilità della banca nel caso in cui, quand’anche si fosse proceduto per le vie tradizionali e, dunque, attraverso la materiale rimessione dell’assegno, la sua irregolarità non sarebbe stata comunque agevolmente rilevabile e, correlativamente, ad affermare tale responsabilità nel caso opposto, quando cioè la materiale visione del titolo avrebbe consentito l’immediato riscontro del difetto. In tema di firma apocrifa del traente (caso statisticamente più ricorrente e coincidente con l’oggetto dell’odierna lite) la responsabilità della banca che, avvalendosi della check truncation, abbia deliberatamente rinunciato ad assolvere l’obbligo di verifica cartolare, va affermata, dunque, nel caso in cui la firma apposta sul titolo sia palesemente difforme da quella del soggetto autorizzato” (cfr. decisione n. 397 del 22 gennaio 2014).

Orbene, a parere di chi scrive, tali principi dovrebbero continuare a valere anche nel rinnovato contesto normativo, atteso che il documento elettronico dovrà essere in tutto identico a quello cartaceo e che, pertanto, il margine di errore della banca nelle operazioni di verifica della firma ed i conseguenti profili di responsabilità dovrebbero rimanere sostanzialmente invariati.

Ma è chiaro che soltanto in sede di applicazione delle nuove regole potranno emergere ulteriori e più stringenti criteri di valutazione e di giudizio sull’operato delle banche.

Quanto alle tempistiche delle operazioni in esame, esse appaiono piuttosto stringenti, essendo previsto che “il negoziatore presenta l’assegno al pagamento al trattario o all’emittente non oltre il giorno successivo a quello in cui l’assegno gli è stato girato per l’incasso” (cfr. art. 3, comma 1, Decreto MEF).

Resta fermo quanto previsto dall’art. 120 TUB circa la disponibilità economica delle somme per il titolare del conto corrente, che vengono accreditate entro quattro giorni lavorativi successivi al versamento.

Al riguardo, v’è da chiedersi se la maggiore celerità del nuovo procedimento di pagamento non possa tradursi anche in un accorciamento dei tempi di disponibilità delle somme per il correntista, tenuto conto che il legislatore bancario ha contemplato proprio  casi come quello in esame, laddove ha previsto che “il CICR può stabilire termini inferiori a quelli previsti … in relazione all’evoluzione delle procedure telematiche disponibili per la gestione del servizio di incasso degli assegni” (cfr. art. 120, comma 1-bis, TUB).

Per quanto concerne, infine, la sorte del titolo cartaceo, il Regolamento Banca d’Italia (che ricalca fedelmente il Decreto MEF), stabilisce che esso debba essere conservato dalla banca negoziatrice per un periodo di 6 mesi dallo spirare del termine di presentazione[7].

Si è dibattuto sulla opportunità di conservare il titolo cartaceo per siffatto periodo di tempo, in quanto ciò “potrebbe frenare un reale processo di cambiamento fondato sul pieno riconoscimento della validità del documento informatico da parte di tutti gli attori coinvolti (clientela, Pubblici Ufficiali, Autorità giudiziaria, ecc.) i quali, nel periodo in cui la materialità è ancora presente, potrebbero voler disporre solo di questa per le diverse finalità previste” (cfr. Position Paper ABI del gennaio 2013 – Risposta alla consultazione sul Decreto MEF).

Ad avviso di chi scrive, tale scelta sembra nascere dall’esigenza di attutire gli effetti del cambiamento, garantendo una sorta di “periodo cuscinetto” a tutela sia degli operatori bancari che dei terzi che con essi entrano in relazione[8].

Tuttavia, sarebbe stato più coerente con la ratio del nuovo regime normativo la previsione di un “periodo cuscinetto” limitato alla fase di prima applicazione della normativa, dovendosi poi lasciar spazio esclusivamente alla dematerializzazione dei titoli.

3. Il protesto e la constatazione equivalente in via telematica

Il processo di dematerializzazione coinvolge non solo la fase di presentazione al pagamento degli assegni, ma anche quella – eventuale – di protesto o constatazione equivalente.

Il Decreto MEF, all’art. 4, stabilisce infatti che:

  • in caso di mancato pagamento di un assegno presentato al pagamento in forma elettronica, il protesto o la constatazione equivalente possono essere richiesti esclusivamente in via telematica”;
  • il pubblico ufficiale o la Banca d’Italia effettuano rispettivamente il protesto o la constatazione equivalente esclusivamente sulla base dell’immagine dell’assegno e delle informazioni ricevute in via telematica”.

Dal punto di vista procedurale, tutto l’iter – che va dalla comunicazione di mancato pagamento alla levata del protesto o della constatazione equivalente – dovrà svolgersi in via telematica, esclusivamente sulla base dell’immagine dell’assegno e secondo le regole tecniche stabilite dal Regolamento Banca d’Italia (cfr. artt. 11, 12 e 13, nonché cap. 6.1 dell’Allegato tecnico). Ciò anche laddove il titolo risulti non protestabile, poiché il pubblico ufficiale è tenuto a generare e firmare digitalmente un documento attestante la non protestabilità del titolo.  

Si applicano, mutatis mutandis, le specifiche norme in materia di documento elettronico e firma digitale già richiamate con riferimento alla presentazione al pagamento in forma dematerializzata (i.e., CAD e relativi DPCM attuativi; deliberazione n. 45 del 21 maggio 2009), anche per quanto attiene alle misure di sicurezza della fase di creazione e conservazione dei documenti prodotti. 

V’è da notare, in proposito, che il Decreto MEF attribuiva alla Banca d’Italia la facoltà di:

  • prevedere che, per cause di forza maggiore, il protesto e la constatazione equivalente di un assegno presentato al pagamento in forma elettronica avrebbero potuto essere posti in essere con modalità diverse da quella telematica;
  • consentire il protesto o la constatazione equivalente in forma elettronica anche per gli assegni presentati al pagamento in forma cartacea.

Tali suggerimenti, tuttavia, non risultano recepiti dalla Banca d’Italia nell’esercizio del proprio potere regolamentare.

Non può peraltro escludersi che siffatti profili possano riaffiorare in sede di accordo interbancario, atteso che in più occasioni la Banca d’Italia – a fronte delle osservazioni pervenute durante la fase di pubblica consultazione del proprio Regolamento – ha rinviato proprio all’accordo interbancario la definizione di taluni aspetti di carattere più marcatamente operativo.

Sempre da un punto di vista operativo, val la pena altresì domandarsi se sarà possibile continuare ad avvalersi della stanza di compensazione per l’elevazione del protesto o della constatazione equivalente in forma dematerializzata.

Al riguardo, la Banca d’Italia – ad esito della fase di pubblica consultazione – ha chiarito che essa “rilascia le dichiarazioni sostitutive del protesto ai sensi dell’art. 45 della Legge assegni” e che “sono peraltro in corso valutazioni sul portato della norma primaria e sui suoi effetti per l’attività dell’Istituto”.  

A ben vedere, il chiarimento fornito dall’Autorità è alquanto sintetico e lascia semplicemente intendere che, anche nel vigore del nuovo regime di dematerializzazione, essa continuerà a rilasciare le dichiarazioni sostitutive quale gestore delle stanze di compensazione.

La qual cosa nulla aggiunge rispetto a quanto previsto dal nuovo art. 45, comma 1, n. 3, della Legge Assegni che, anzi, fa esplicito (ed esclusivo) riferimento all’assegno bancario “presentato in forma elettronica”.

Allo stato, dunque, non resta che attendere l’esito delle valutazioni in corso da parte dell’Istituto.

4. Il regime di esternalizzazione

L’art. 6, comma 1, del Decreto MEF stabilisce che “il negoziatore, sotto la propria ed esclusiva responsabilità, può incaricare soggetti terzi di effettuare la trasformazione in forma elettronica degli assegni cartacei, generando l’immagine dell’assegno”.

Ciò che balza subito all’occhio da una prima lettura della norma è che essa, pur essendo rubricata “dematerializzazione e conservazione degli assegni”, esordisce con il riferimento alla esternalizzazione.

La qual cosa porta ragionevolmente a ritenere che nella “mente” del legislatore il processo di dematerializzazione è destinato ad essere affidato a soggetti terzi.

Tale sensazione sembra trovare conferma nella corrispondente norma tecnica adottata dalla Banca d’Italia (art. 17 del Regolamento Banca d’Italia), ove è tratteggiato un regime di vero e proprio full outsourcing, essendo prevista la possibilità di delegare a soggetti terzi tutte le fasi del processo[9].

La scelta non sorprende, tenuto conto del fatto che il processo in discorso richiede, evidentemente, competenze e strutture tecniche di cui normalmente un intermediario bancario non è dotato al proprio interno.

Ma se così è, allora risulta difficile credere che gli intermediari possano davvero rispettare l’obbligo di mantenere al proprio interno “competenze necessarie per una eventuale internalizzazione”. 

La questione, invero, ha portata molto più generale e ricorre ogniqualvolta ci si confronta con il tema della esternalizzazione, poiché è assai frequente che un intermediario (banca, SIM, SGR, ecc.) porti all’esterno ciò che non è in grado di fare al proprio interno. 

Di fatto, la scelta normativa di base – valevole, in sostanza, per la generalità dei soggetti vigilati – crea non pochi problemi ogniqualvolta essi ricevono ispezioni da parte dell’Autorità di vigilanza oppure hanno a che fare con malfunzionamenti causati dai propri fornitori esterni, che sovente danno luogo a richiami o, nella peggiore delle ipotesi, a sanzioni a carico degli intermediari stessi.

Tornando alle attività oggetto di esternalizzazione, non è chiaro se il fornitore esterno possa apporre la propria firma digitale sul documento elettronico o se tale attività sia una prerogativa riservata alla banca negoziatrice.

Al riguardo, la Banca d’Italia, in risposta ad un quesito posto durante la fase di pubblica consultazione, ha chiarito che la firma digitale può essere apposta solo dalla banca negoziatrice e che tale scelta trova giustificazione nell’esigenza di tutelare l’affidamento dei terzi in merito all’apposizione delle firme.

Tuttavia, il cap. 7 dell’Allegato tecnico fa espresso riferimento ai poteri di firma dei fornitori, facendo rinvio al cap. 2, ove è stabilito che “nei casi di esternalizzazione … di attività per cui è richiesta l’apposizione della firma digitale, il certificato del titolare delegato” deve contenere una serie di dati e informazioni ivi espressamente previsti.

Al di là della posizione assunta dalla Banca d’Italia in sede di consultazione, sembra doversi attribuire prevalenza al testo finale del Regolamento così come approvato dalla stessa Autorità, sebbene anche con riferimento a siffatto profilo è opportuno attendere le prime applicazioni pratiche.

Venendo, infine, al contratto di esternalizzazione, il suo contenuto minimo è predeterminato dal Regolamento Banca d’Italia, che a sua volta trae origine dalle più generali previsioni in materia di esternalizzazione di cui alla Circolare Banca d’Italia n. 285/2013, recante le Disposizioni di Vigilanza per le Banche.

Del resto, ferma restando l’applicazione delle specifiche (ancorché scarne) previsioni del Regolamento Banca d’Italia, è proprio alla Circolare n. 285 che occorre far riferimento per la disciplina generale in materia di esternalizzazione delle funzioni aziendali da parte delle banche (segnatamente, alla Parte I, Titolo IV, Cap. 3, Sez. IV e V e Cap. 4, Sez. VI).

5. Prime conclusioni

Il rinnovato quadro normativo, come sinteticamente descritto, ponendosi in linea di continuità con gli interventi posti in essere nel corso degli anni, rappresenta un importante passo avanti verso forme di sempre maggiore flessibilità e snellezza operativa del comparto bancario.

Tuttavia, a fronte di un apprezzabile livello di dettaglio con cui la Banca d’Italia ha predisposto le proprie regole tecniche-operative, emergono talune zone di “ombra” sulle quali, ad avviso di chi scrive, si avrà modo di far luce nel corso del periodo di adeguamento messo a disposizione degli intermediari.

In tale contesto, un ruolo decisivo spetterà alle associazioni di categoria (soprattutto con riferimento ai profili di carattere più marcatamente operativo) ed alla Banca d’Italia (per i profili di carattere interpretativo), le cui iniziative dovranno essere oggetto di attento e costante monitoraggio da parte degli osservatori qualificati.

L’auspicio è che l’intervento normativo in commento possa rappresentare anche il primo passo verso forme di digitalizzazione “esterna”, ove l’assegno elettronico possa finalmente essere utilizzato come strumento di pagamento in sostituzione di quello cartaceo (ormai obsoleto), con enormi vantaggi per banche e clienti, quanto meno in termini di velocità e sicurezza dei pagamenti.



[1] Per un approfondimento sul punto, cfr. “Convenzione per la partecipazione al sistema per la trasmissione telematica di dati”, disponibile sul sito www.cipa.it e www.abi.it.

[2] Si segnala, al riguardo, che in altri ordinamenti (in particolar modo di common law) sono invece diffuse soluzioni di c.d. remote deposit capture, ove la firma digitale apposta sull’immagine dell’assegno appartiene direttamente al cliente, che presenta all’incasso una scansione dell’assegno ai fini del successivo inserimento, sempre in formato elettronico, nel circuito interbancario. Sotto questo profilo, tenuto conto del graduale processo di digitalizzazione in atto, sarebbe auspicabile un successivo intervento normativo che si ponesse in linea con quanto a suo tempo proposto dall’ABI (ossia, “la creazione di un sistema normativo che favorisca la digitalizzazione dell'interazione tra banca e clientela, dando vita a strumenti flessibili, innovativi e di semplice utilizzo per il cittadino”; cfr., Agenda Digitale 2012, pag. 8).

[3] I dati da trasmettere sono:

a) identificativo del negoziatore (codice ABI e CAB);

b) identificativo del trattario o dell’emittente (codice ABI e CAB);

c) importo;

d) data di emissione;

e) numero identificativo dell’assegno;

f) nome del beneficiario per i soli assegni circolari, di traenza, vidimati, vaglia postali e titoli speciali della Banca d’Italia (cfr. art. 8, Regolamento Banca d’Italia).

[4] Ai sensi del quale si intende per “copia per immagine su supporto informatico di documento analogico: il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico da cui è tratto”.

[5] Giova richiamare, in proposito, quanto osservato dall’ABI nella propria Circolare n. 21 del 12 giugno 2014, recante “Requisiti standard per la stampa degli assegni e misure antifrode”, ove l’Associazione ritiene che “nel nuovo scenario operativo che vedrà la trasformazione dell’assegno cartaceo in documento informatico, utilizzabile ai fini della presentazione al pagamento e per tutte le ulteriori finalità consentite dalla legge, diventa fondamentale garantire una qualità delle immagini che risulti adeguata e quanto più possibile fedele all’originale”. A tal fine, essa ha quindi ritenuto opportuno “fissare requisiti che le banche dovranno rispettare in fase di stampa della materialità degli assegni che riguardano il formato, la tipologia di carta e la localizzazione delle informazioni presenti sul titolo”. Ad avviso dell’ABI, infatti, “l’introduzione di elementi di standardizzazione di questo tipo potrà favorire il processo di creazione dell’immagine limitando, ad esempio, difetti legati alla leggibilità del titolo digitale conseguenti all’uso di colorazioni troppo scure per lo sfondo della materialità consentendo, sempre a titolo esemplificativo, la rilevazione automatica di determinate informazioni laddove localizzate in una parte ben definita dell’assegno”.

[6] I “presidi” ai quali fa riferimento il Consiglio di Stato sono stati puntualmente declinati nel Regolamento Banca d’Italia e nel relativo Allegato tecnico. Essi attengono, in sostanza, alla conservazione dell’immagine dell’assegno (cap. 4), da effettuarsi nel rispetto di quanto stabilito dai decreti attuativi del CAD (i.e., il DPCM 3 dicembre 2013 ed il DPCM 13 novembre 2014) ed alla registrazione su supporto informatico degli eventi caratterizzanti la vita dell’assegno (cap. 5).

Val la pena evidenziare, in proposito, che il sistema di conservazione adottato dagli intermediari deve consentire di “assicurare nel tempo i requisiti di integrità, autenticità, accessibilità, leggibilità, riproducibilità e disponibilità nel tempo dei documenti informatici nonché delle informazioni conservate” (cfr. cap. 3, Allegato tecnico).

[7] Si ricorda che, ai sensi dell’art. 32 della Legge Assegni, “l’assegno bancario deve essere presentato al pagamento entro otto giorni se è pagabile nello stesso comune in cui fu emesso; di quindici giorni se è pagabile in altro comune dello Stato … I termini suddetti decorrono dal giorno indicato nell’assegno bancario come data di emissione”.

[8] Non può escludersi, peraltro, che il legislatore abbia voluto far coincidere il periodo di conservazione del titolo cartaceo con il termine di prescrizione del diritto di regresso, che l’art. 75, comma 1, della Legge Assegni fissa in sei mesi dallo spirare del termine di presentazione dell’assegno.

[9] Ai sensi del citato art. 17, “gli intermediari possono delegare a terze parti:

a) le attività materiali di generazione dell’immagine dell’assegno;

b) la presentazione al pagamento in forma elettronica dell’assegno;

c) la comunicazione di mancato pagamento;

d) la trasmissione dei dati ai fini della levata del protesto o della constatazione equivalente in via telematica;

e) la conservazione dell’immagine dell’assegno;

f) la conservazione del protesto o della constatazione equivalente ovvero del documento attestante la non pro testabilità del titolo;

g) la registrazione su supporto informatico degli eventi relativi all’assegno;

h) la conservazione e la distruzione dei titoli cartacei”.

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