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I conferimenti in natura “semplificati” nelle s.p.a.: questioni applicative

14 Giugno 2018

Avv. Andrea Aiello, partner, Avv. Caterina Pistocchi, associate, Dipartimento Societario, Gianni, Origoni, Grippo, Cappelli & Partners

Di cosa si parla in questo articolo

1. Premessa

È in procinto di compiere dieci anni il d.lgs. n. 142 del 4 agosto 2008, con cui è stata introdotta in Italia – in attuazione della direttiva 2006/68/CE (la “Direttiva”) – una disciplina “semplificata” per la valutazione e verifica dei beni in natura e dei crediti oggetto di conferimento nelle società per azioni.

Sin dal principio dottrina e prassi applicativa hanno ritenuto che la nuova disciplina (principalmente riflessa negli artt. 2343-ter e 2343-quater cod. civ.) fosse “alternativa” [1] a quella tradizionale (art. 2343 cod. civ.), ferma restando la medesima ratio a fondamento di entrambi i regimi valutativi rappresentata dall’esigenza di «tutelare, per un verso, l’interesse dei terzi alla corrispondenza tra il capitale dichiarato e il valore dei conferimenti apportati e, per altro verso, l’interesse degli azionisti ad evitare la sopravvalutazione dei beni conferiti da alcuni di essi» [2].

Lo scopo del presente contributo è quello di illustrare le principali questioni interpretative che sono sorte nei primi dieci anni di applicazione della disciplina “semplificata” in analisi.

2. Disciplina generale di cui all’art. 2343 cod. civ.: cenni

Da un punto di vista procedurale, l’art. 2343 cod. civ. prevede il susseguirsi di diverse fasi tra loro cronologicamente distinte.

Il procedimento si apre con una fase “propedeutica” che si realizza attraverso la deliberazione da parte del consiglio di amministrazione della società conferente e con la presentazione da parte di tale società dell’istanza al tribunale del circondario in cui ha sede la società conferitaria per la nomina dell’esperto.

A tale fase segue una fase “valutativa”, che si sostanzia nella redazione della perizia da parte dell’esperto. In particolare, si noti come la relazione dell’esperto dovrà contenere la descrizione dei beni conferiti, l’attestazione che il loro valore sia almeno pari a quello ad essi attribuiti ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo, nonché i criteri di valutazione seguiti, criteri che variano secondo l’oggetto dell’apporto. Il risultato della stima rappresenta, pertanto, un limite massimo all’ammontare delle azioni emesse a fronte del conferimento e della parte di capitale corrispondente [3].

Successivamente, il procedimento continua con una fase “attuativa”, che si esplicita nel consenso dei soci fondatori alla costituzione della società tramite conferimento in natura e nell’atto costitutivo, ovvero nella delibera di aumento del capitale sociale della conferitaria e nell’atto di conferimento.

Infine, vi è una fase di “controllo” e di eventuale “revisione della stima”, che è affidata al consiglio di amministrazione della conferitaria. Nello specifico, ai sensi dell’art. 2343, comma 3, cod. civ. gli amministratori della conferitaria saranno tenuti nel termine di 180 giorni successivi all’esecuzione del conferimento a controllare le valutazioni contenute nella relazione di stima e, se sussistono fondati motivi, dovranno procedere alla revisione della stima. Fino a tale momento, le azioni corrispondenti ai conferimenti sono inalienabili e devono restare depositate presso la società. Laddove il valore dei beni conferiti sia inferiore di oltre un quinto rispetto al valore per cui è avvenuto il conferimento, si delineano tre distinte opzioni: (a) la riduzione del capitale sociale previo annullamento delle azioni che risultano scoperte; (b) la reintegrazione del valore da parte del socio conferente; (c) il recesso dalla società da parte del socio conferente con la restituzione del conferimento.

3. Le novità introdotte con la procedura “alternativa” di implementazione dei conferimenti in natura

Prima di analizzare i procedimenti “alternativi” per l’implementazione dei conferimenti in natura è opportuno rammentare, come dianzi illustrato, che il procedimento “ordinario” – previsto dall’art. 2343 cod. civ. – prevede il coinvolgimento obbligatorio di esperti esterni indipendenti individuati dall’autorità giudiziale su istanza del conferente, a cui seguono le verifiche dell’organo amministrativo della società conferitaria.

Tale circostanza ha disincentivato l’apporto di equity a capitale sociale nelle s.p.a. italiane per via dei tempi derivanti dal coinvolgimento del giudice nel processo societario e dei costi legati alla perizia di un esperto che – forte della designazione giudiziale – spesso non era incline a negoziazioni preventive sul corrispettivo.

Gli artt. 2343-ter e 2343-quater cod. civ. hanno introdotto modalità più snelle ed economiche di implementazione della procedura di conferimento in natura onde evitare le complessità e lungaggini – dianzi sinteticamente descritte – in circostanze in cui i beni conferiti rispondano alle caratteristiche previste dall’art. 2343-ter cod. civ. ovvero sia disponibile una relazione di stima redatta ad altri fini (ad es. nel contesto di un’operazione straordinaria).

In estrema sintesi, la disciplina “semplificata” si applica a tre distinte ipotesi, il cui elemento comune è l’eliminazione della nomina dell’esperto da parte del tribunale, nell’assunto che in tutte tali ipotesi «il valore [del bene conferito] è già sufficientemente chiaro» [4], cioè oggettivo e tendenzialmente attendibile.

In particolare, la disciplina dettata dagli artt. 2343-ter e 2343-quater cod. civ. potrà essere applicata nelle ipotesi di conferimento di:

  1. valori mobiliari o di strumenti del mercato monetario (art. 2343-ter, comma 1, cod. civ.). In tal caso la valutazione dell’esperto nominato dal tribunale è “sostituita” con la media semestrale ponderata dei prezzi di negoziazione rilevati in un mercato regolamentato;
  2. beni in natura o crediti al fair value iscritto in bilancio (art. 2343-ter, comma 2, lett. a), cod. civ.). In tal caso la stima del perito di nomina di organi giurisdizionali è “sostituita” dal valore del bene o del credito al fair value iscritto in bilancio approvato in assemblea, sottoposto a revisione legale dei conti e rispetto al quale non siano stati espressi rilievi da parte del revisore; e
  3. beni in natura o crediti al valore risultante da una valutazione non giurata redatta da un esperto indipendente – su nomina di parte – riferita ad una data precedente di non oltre sei mesi dal conferimento (art. 2343-ter, comma 2, lett. b), cod. civ.) [5].

La scelta di adottare uno dei tre procedimenti alternativi in luogo della procedura tradizionale di cui all’art. 2343 cod. civ. è rimessa (x) in sede di costituzione della società ai soci, e (y) in sede di aumento del capitale sociale agli amministratori come previsto espressamente dall’art. 2440, comma 2, cod. civ., sulla base di un’apposita deliberazione portata a conoscenza dei soci nella relazione predisposta dall’organo amministrativo ai sensi dell’art. 2441, comma 6, cod. civ. fermo restando che, anche in sede di aumento di capitale, la valutazione del bene oggetto di conferimento in base al procedimento tradizionale potrebbe essere richiesta dai soci (in particolare da una minoranza qualificata pari almeno ad 1/5 del capitale sociale precedente all’aumento di capitale) attraverso apposita istanza ex art. 2440, comma 6, cod. civ. (su cui si veda infra).

3.1. Segue: il prezzo medio ponderato di valori mobiliari e strumenti del mercato monetario

La prima ipotesi contemplata dal legislatore per la determinazione del valore dei conferimenti in natura “alternativi” prevista al primo comma dell’art. 2343-ter cod. civ. trova applicazione quando siano oggetto di conferimento valori mobiliari ovvero strumenti del mercato monetario, per tali intendendosi rispettivamente quelli previsti dall’art. 1, comma 1-bis (valori mobiliari) [6] e comma 1-ter (strumenti del mercato monetario) [7], del D.lgs. 58/1998 (c.d. testo unico della finanza) qualora il valore ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo sia pari o inferiore al prezzo medio ponderato al quale sono stati negoziati su uno o più mercati regolamentati [8] nei sei mesi che precedono il conferimento. Tale criterio, pertanto, non ha valenza generale.

Con riferimento al prezzo medio ponderato, né il codice né la Direttiva forniscono elementi utili per la sua definizione. La dottrina ha ritenuto che ai fini della determinazione del prezzo medio ponderato dovrebbe prendersi a riferimento quanto previsto dall’art. 106 del testo unico della finanza in materia di prezzo d’OPA dovendosi, pertanto, fare riferimento a quanto espresso dalla Consob nei propri orientamenti sul punto [9].

Inoltre, laddove i valori mobiliari ovvero gli strumenti del mercato monetario fossero quotati in un unico mercato, si dovrebbe calcolare la media dei prezzi ufficiali di ciascun giorno di borsa aperta ponderata per le quantità scambiate in quel giorno, mentre nel caso di negoziazione su più mercati si renderà necessario ponderare anche i prezzi registrati sui diversi mercati.

Il tenore della norma sembrerebbe presupporre l’applicabilità di tale procedimento solo ove i valori mobiliari ovvero gli strumenti del mercato monetario siano stati effettivamente negoziati in un mercato regolamentato per almeno sei mesi [10]. Ciò sarebbe tra l’altro coerente con quanto previsto dall’art. 10-bis della Direttiva in cui si fa espressamente riferimento alla necessità di individuare un periodo di negoziazione dei titoli sufficiente, nonché all’art. 23, comma 1, lett. a) della legge delega n. 34/2008 ove è previsto che per avvalersi del criterio di valutazione in commento è necessario adottare «quale periodo sufficiente di negoziazione un periodo non inferiore a sei mesi». Conseguentemente, se la negoziazione è iniziata da meno di sei mesi sarebbe preclusa l’utilizzabilità del criterio del prezzo medio ponderato [11], dovendosi ricorrere o ad uno dei procedimenti alternativi di cui all’art. 2343-ter, comma 2, lett. a) e b), cod. civ. ovvero al procedimento di stima tradizionale di cui all’art. 2343 cod. civ.

Nella prassi applicativa tale metodo di valutazione non ha trovato particolare applicazione, probabilmente anche per il fatto che, nel caso di conferimento di pacchetti azionari rilevanti, esso non è in grado di riflettere il premio che sovente viene attribuito a tali stock, differentemente da quanto accade qualora le azioni conferite siano oggetto di una valutazione ad hoc da parte di un esperto (cfr. lett. b) dell’art. 2343-ter, comma 1, cod. civ.).

3.2. Segue: il fair value

La valutazione ai sensi dell’art. 2343-ter, comma 2, lett. a), cod. civ. può essere attuata quando il valore attribuito ai beni oggetto di conferimento, ai fini della determinazione del capitale sociale (e dell’eventuale sovrapprezzo), sia pari o inferiore «al fair value iscritto nel bilancio dell’esercizio precedente quello nel quale è effettuato il conferimento a condizione che il bilancio sia sottoposto a revisione legale e la relazione del revisore non esprima rilievi in ordine alla valutazione dei beni oggetto del conferimento».

Prima dell’intervento correttivo, la norma in esame non conteneva un espresso riferimento al concetto di “fair value”, ma al più generico “valore equo”. Tuttavia, poiché nella Direttiva si fa espressa menzione al “fair value”, nelle more dell’intervento correttivo, la dottrina si divideva tra (i) chi, sulla base di una interpretazione restrittiva, riteneva che l’operatività della disposizione in esame dovesse essere limitata ai soli beni per i quali il bilancio avesse adottato detto criterio valutativo [12] e (ii) chi, sulla base di una interpretazione estensiva, riteneva che la nozione di valore equo fosse riscontrabile anche nei bilanci redatti secondo i principi contabili nazionali (oltre che, ovviamente, in quelli redatti mediante l’utilizzo degli IAS/IFRS). L’incertezza circa la corretta interpretazione del criterio del valore equo, aveva portato nella prassi applicativa a non utilizzare detta modalità valutativa.

L’intervento correttivo, pertanto, ha posto fine a tali incertezze interpretative prevedendo direttamente nel testo dell’art. 2343-ter cod. civ. la nozione di fair value e precisando, per espresso richiamo normativo, che per la definizione di fair value si deve fare riferimento ai principi contabili internazionali IAS-IFRS (in particolare dall’IFRS13). Il fair value è pertanto definito come «il prezzo che dovrebbe essere ricevuto per vendere un’attività o che dovrebbe essere corrisposto per estinguere una passività in una transazione normale tra partecipanti al mercato alla data della valutazione».

Occorre poi considerare che prima dell’intervento correttivo la norma faceva riferimento al valore equo ricavato da un bilancio approvato da non oltre un anno, a differenza, invece di quanto era previsto dalla Direttiva (che faceva riferimento al bilancio dell’esercizio precedente). Pertanto anche su tale punto la dottrina era orientata nel ritenere preferibile fare riferimento al bilancio dell’esercizio precedente rispetto a quello del conferimento tenuto conto che laddove si fosse utilizzato un bilancio approvato da non oltre un anno rispetto al conferimento vi sarebbe stato il rischio di utilizzare un parametro “obsoleto”. A seguito dell’intervento correttivo, il tenore letterale dell’art. 2343-ter, comma 2, lett. a), cod. civ. richiede l’utilizzo unicamente del bilancio riferito all’esercizio precedente rispetto a quello in cui viene effettuato il conferimento, risultando pertanto definitivamente chiarito che il bilancio da prendere a riferimento è quello d’esercizio e pertanto, non possono essere considerati i bilanci infra-annuali o le situazioni patrimoniali redatte in sede di fusione o di scissione, anche se predisposti con i medesimi criteri [13].

Inoltre, si rammenta che il bilancio utilizzato ai fini della determinazione del valore dei beni oggetto di conferimento deve essere stato sottoposto a revisione legale e non deve essere stato oggetto di rilievi da parte del revisore in ordine alla valutazione dei beni oggetto di conferimento, infatti «è da intendersi esclusa la possibilità di ricorrere alla esimente non solo laddove il soggetto incaricato della revisione abbia espresso espliciti rilievi sulla valutazione degli elementi patrimoniali interessati, ma anche laddove, più in generale, tale soggetto abbia rilasciato un giudizio negativo sul bilancio oppure abbia dichiarato di non potere esprimere un giudizio; anche nelle circostanze da ultimo menzionate, infatti, non esiste una garanzia “certificata” dal revisore legale dei conti che le specifiche valutazioni a fair value siano appropriate» [14].

Infine, si osservi come risulti allo stato ancora irrisolta la questione inerente alla possibilità di avvalersi del solo bilancio della conferente o anche dei bilanci di altre società. Si registrano sul punto due distinti orientamenti, da un lato, vi è chi [15] ammette in linea teorica il riferimento anche ai bilanci di altre società, dall’altro lato, vi è chi non ritiene ammissibile il ricorso ai bilanci di altre società [16]. Si segnala una posizione intermedia, che ammette l’utilizzo del bilancio della conferitaria solo in casi specifici ossia quando, ad esempio, oggetto di conferimento siano beni fungibili o standardizzati [17], oppure nel caso in cui il soggetto conferente non disponga di un proprio bilancio da cui poter trarre le indicazioni del fair value del bene oggetto del conferimento [18].

Anche tale criterio valutativo non ha trovato particolare eco nella prassi applicativa. Ciò si deve, probabilmente, alla circostanza che esso non è in grado di incorporare il plusvalore che è generalmente rappresentato dall’avviamento e, dunque, non consente di riprodurre, a livello di patrimonio netto della conferitaria, il valore dell’oggetto conferito qualora si tratti di conferimento d’azienda o di ramo di essa. In tali circostanze, infatti, si è soliti ricorrere alla perizia di un esperto (cfr. lett. b) dell’art. 2343-ter, comma 1, cod. civ.).

3.3 Segue: la stima peritale

Il secondo procedimento di stima alternativo previsto dall’art. 2343-ter, comma 2, lett. b), cod. civ. attuativo dell’art. 10-bis, comma 2 della Direttiva consente di avvalersi di una valutazione del bene oggetto di conferimento redatta da un esperto indipendente e dotato di adeguata e comprovata professionalità, fermo restando che in tal caso la perizia dovrà essere conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto di conferimento [19]. Coerentemente a quanto disposto dalla Direttiva, la perizia di un esperto nominato dal tribunale non sarebbe necessaria in quanto il valore del conferimento verrebbe espresso da un perito terzo e indipendente risultando pertanto sufficientemente attendibile.

Si segnala che in merito alla relazione dell’esperto, una parte della dottrina ha ritenuto che essa non debba essere precedente rispetto al conferimento, sebbene la Direttiva richieda la preesistenza della stima [20]. Tuttavia tale orientamento non risulta condiviso dalla dottrina maggioritaria e non è applicato nella prassi, ove si registra la chiara tendenza a richiedere la perizia ad un esperto indipendente e dotato di adeguata e comprovata professionalità appositamente ai fini del conferimento da parte del soggetto conferente. Si precisa che è comunque possibile utilizzare anche una relazione disposta ad altri fini se rispondente ai requisiti di cui all’art. 2343-ter, comma 2, lett. b) cod. civ.

Quanto ai requisiti della perizia, si noti come è stato ritenuto che «l’articolo 2343 del codice civile, nel disciplinare la procedura ordinaria di valutazione effettuata con la perizia giurata dell’esperto nominato dal tribunale, si preoccupa di regolare in modo più puntuale questo aspetto stabilendo che essa deve contenere la descrizione dei beni o dei crediti conferiti, l’attestazione che il loro valore è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovraprezzo e i criteri di valutazione seguiti. Tale disciplina può considerarsi applicabile, in via analogica, anche alla valutazione dell’esperto indipendente. La specificazione dei suddetti elementi appare infatti essenziale per valutare l’affidabilità della perizia. Vi è anche da considerare che solo una perizia che presenti questo contenuto può consentire agli amministratori di effettuare il controllo previsto dall’articolo 2343-quater del codice civile. L’unico limite che l’applicazione analogica delle norme sul contenuto della relazione giurata di stima presenta è quello della compatibilità. Sembra sicuramente incompatibile l’attestazione che il valore dei beni conferiti è almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovraprezzo. La perizia può, infatti, preesistere al conferimento e del resto, una volta che essa è chiamata ad indicare il valore dei beni, questa attestazione è inutile» [21].

In altri termini, la valutazione dell’esperto si connota di requisiti “oggettivi” in quanto deve essere precedente di non oltre sei mesi il conferimento e conforme ai principi e criteri generalmente riconosciuti per la valutazione dei beni oggetto del conferimento [22] e requisiti “soggettivi” dovendo essere sottoscritta da un esperto indipendente rispetto ai soggetti interessati all’operazione e dotato di adeguata e comprovata professionalità [23].

Nell’esperienza pratica, il metodo di valutazione in analisi è quello di gran lunga più utilizzato a livello applicativo. Esso ha sostanzialmente sostituito il percorso di valutazione tradizionale (di cui all’art. 2343 cod. civ.) ed è utilizzato anche qualora ad essere conferiti siano beni astrattamente valutabili con gli altri criteri valutativi alternativi sopra richiamati. La possibilità di nominare direttamente l’esperto valutatore, negoziando il corrispettivo per il servizio reso e i tempi di consegna della perizia, rappresenta, infatti, un vantaggio rilevante nel contesto di operazioni di ricapitalizzazione.

Tuttavia, un punto di attenzione che deriva dall’esperienza concreta attiene alla necessità, per la società conferitaria, di verificare attentamente i requisiti di indipendenza dell’esperto su nomina di parte, atteso che sulla sussistenza di tali requisiti sarà poi chiamato a pronunciarsi anche l’organo amministrativo della conferitaria e – secondo gli orientamenti più recenti – non sarà sufficiente appiattirsi sulle dichiarazioni di indipendenza rese dagli esperti medesimi, ma occorrerà scrutinarne adeguatamente il contenuto.

4. Il controllo da parte degli amministratori

Nei regimi semplificati analizzati nei paragrafi 3.1, 3.2. e 3.3. che precedono, gli amministratori della società conferitaria sono onerati di verificare la ricorrenza o meno di fatti e circostanze in grado di “minare” l’attendibilità della valutazione utilizzata ai fini del conferimento.

In particolare, l’art. 2343-quater cod. civ. impone agli amministratori della società conferitaria di accertarsi che, successivamente alla data di riferimento della valutazione, non siano accaduti fatti “eccezionali” (per le ipotesi di cui all’art. 2343-ter, comma 1 cod. civ.) o, comunque, fatti “nuovi rilevanti” (per le ipotesi di cui all’art. 2343-ter, comma 2, lett. a) e b) cod. civ.) idonei a modificare sensibilmente il valore dei beni conferiti. Inoltre, per le sole ipotesi di cui all’art. 2343-ter, comma 2, lett. b), cod. civ., gli amministratori dovranno altresì verificare la sussistenza dei requisiti di indipendenza e professionalità dell’esperto che ha reso la valutazione.

Il controllo richiesto agli amministratori deve intervenire nel termine di 30 giorni successivi all’iscrizione della società nel registro delle imprese laddove il procedimento alternativo sia stato utilizzato in sede di costituzione della società, ovvero nel caso di aumento di capitale entro 30 giorni successivi all’esecuzione del conferimento ovvero, se successiva, dalla data di iscrizione della deliberazione di aumento del capitale nel registro delle imprese. Si tratta di adempimenti necessari «al fine di appurare che il valore di stima dei beni conferiti non abbia subito sensibili modifiche a causa di accadimenti eccezionali o novità rilevanti intervenuti» [24].

L’onere di verifica imposto agli amministratori ex art. 2343-quater cod. civ. non dovrebbe rappresentare un controllo di merito (cioè sul contenuto della stima), trattandosi di un controllo definito dalla dottrina puramente “formale”. Laddove si ritenesse, invece, il controllo ex art. 2343-quater cod. civ. un vero e proprio controllo nel merito, considerato che tale soluzione non è prevista dalle norme in esame, essa «sarebbe contraria alla ratio di semplificazione che ispira l’intera normativa. Essa inoltre imporrebbe agli amministratori un compito che esula dalle loro competenze. Tanto è vero questo che anche nel procedimento ordinario di stima spetta sempre al perito nominato dal tribunale il compito di effettuare una nuova valutazione» [25]. Difatti, l’art. 2343-quater cod. civ. non consente agli amministratori di sindacare ad es. sulla applicazione del criterio scelto dall’esperto ex art. 2343-ter, comma 2, lett. b) cod. civ. per la valutazione del bene conferito [26].

Inoltre, le verifiche ex art. 2343-quater cod. civ. sarebbero classificabili «tra i doveri istituzionali degli amministratori di conservazione del patrimonio sociale, di cui essi sono responsabili (almeno) verso la società, ex art. 2392, comma 2, c.c., verso i creditori sociali, ex art. 2394 c.c. (impregiudicato restando qualsiasi accertamento della sussistenza di un danno diretto al socio o al terzo, risarcibile ex art. 2395 c.c.), nonché – plausibilmente – sul piano penale, ai sensi dell’art. 2632 c.c.; ferma restando la responsabilità degli amministratori, vedrei altresì una concorrente responsabilità di natura extracontrattuale del socio conferente, qualora egli abbia dolosamente (in senso commissivo oppure anche omissivo) indotto gli amministratori alla condotta illecita» [27]. Coerentemente con tale impostazione, la dottrina ritiene che, pur nel silenzio della legge, appare comunque correttoritenere che i sindaci siano chiamati comunque a vigilare a che gli amministratori adempiano ai doveri loro incombenti in forza del generale potere-dovere di controllo sull’operato dell’organo gestorio [28].

Ove non siano intervenuti i fatti eccezionali ovvero i fatti nuovi rilevanti e fermo il possesso dei requisiti di indipendenza e professionalità dell’esperto che ha reso la valutazione, gli amministratori depositano presso il registro delle imprese competente una dichiarazione contenente le informazioni richieste dall’art. 2343-quater, comma 3, cod. civ. [29]. Finché non si procede all’iscrizione di tale dichiarazione le azioni di nuova emissione a fronte del conferimento in natura sono inalienabili e devono restare depositate presso la società.

Qualora, invece, ad esito delle verifiche sopra menzionate venissero rilevati fatti “eccezionali” o comunque fatti “nuovi rilevanti”, l’organo amministrativo sarebbe tenuto a richiedere una nuova valutazione ex art. 2343 cod. civ. Ne deriva che gli amministratori dovranno richiedere al tribunale la nomina di un esperto, e, successivamente alla consegna della perizia di stima, dovranno agire in conformità ai commi terzo e quarto dello stesso art. 2343 cod. civ. Si tenga conto, poi, che il rinvio all’art. 2343 cod. civ. è generico, con la conseguenza che si potrebbe ritenere che sia necessario riavviare il procedimento retrocedendo «alla fase iniziale, con la nomina di un esperto ad opera del Tribunale per la stima» [30], seppure potrebbe essere verosimile applicare unicamente gli ultimi due commi dell’art. 2343 cod. civ. [31].

Laddove si ritenesse di procedere con una nuova valutazione ai sensi dell’art. 2343 cod. civ. e la perizia dell’esperto nominato dal Tribunale confermasse il valore del bene oggetto di conferimento così come valutato dal perito ex art. 2343-ter comma 2, lett. b) cod. civ. non sorgerebbe alcun problema.

Si pensi, invece, al caso in cui il valore attribuito al bene oggetto di conferimento fosse inferiore rispetto a quello della precedente valutazione, in tal caso, laddove la differenza non fosse significativa e cioè fosse contenuta entro il limite del quinto del valore di imputazione dell’aumento di capitale, l’aumento di capitale rimarrebbe inalterato [32]. Nel caso in cui la differenza fosse superiore al quinto, il conferente avrebbe la possibilità di versare la differenza in contanti, ovvero gli amministratori dovrebbero procedere ad una riduzione del capitale sociale.

4.1. Segue: i “fatti eccezionali”

Nel caso di conferimenti aventi ad oggetto valori mobiliari o strumenti del mercato monetario, gli amministratori sono tenuti a verificare «se nel periodo successivo a quello di cui all’art. 2343-ter, primo comma, sono intervenuti fatti eccezionali che hanno inciso sul prezzo dei valori mobiliari o degli strumenti del mercato monetario conferiti, in modo tale da modificare sensibilmente il valore di tali beni alla data di iscrizione della società nel registro delle imprese, comprese le situazioni in cui il mercato dei valori o strumenti non è più liquido».

Per “fatti eccezionali” devono intendersi gli eventi «che esorbitano dalle normali oscillazioni dei valori registrati nei mercati regolamentati e possono dipendere sia dall’emittente sia dagli stessi mercati» [33]. Pertanto, sussistono fatti eccezionali in caso di perdita di liquidità del mercato di riferimento dei valori mobiliari o degli strumenti.

Sebbene, dalla lettera della norma sia chiaro che si debba procedere ai sensi dell’art. 2343 cod. civ. quando i fatti eccezionali determinino un divario sensibile tra il valore espresso dalla valutazione e il valore effettivo del conferimento, tuttavia non è chiarito dalla medesima norma quale sia la soglia di sensibilità. È ragionevole ritenere applicabile in via analogica al caso in esame la soglia di significatività individuata dal legislatore ai fini della revisione della stima ex art. 2343 cod. civ. laddove è previsto che gli amministratori adottano misure correttive del valore del conferimento quando esso risulta inferiore di oltre un quinto a quello indicato dalle parti.

Con riferimento al periodo da prendere in considerazione al fine di verificare la sussistenza di fatti eccezionali, la norma precisa che esso va dalla data del conferimento fino alla data dell’iscrizione della società nel registro delle imprese [34].

4.2. Segue: i fatti “nuovi rilevanti”

Nel caso di beni valutati attraverso il fair value ovvero sulla base di una perizia di un esperto indipendente, gli amministratori devono verificare se siano intervenuti “fatti nuovi rilevanti” idonei ad incidere sensibilmente sul valore dei beni conferiti alla data di iscrizione della società nel registro delle imprese.

Anche con riferimento ai fatti nuovi rilevanti è stato ritenuto che essi debbano essere tali da determinare un divario sensibile tra il valore espresso dalla valutazione e il valore effettivo del conferimento. In proposito, il CNDCEC ha ritenuto che «permanendo la necessità di fornire un orientamento concreto in merito ai fatti che possano incidere sensibilmente sul valore del conferimento, riteniamo che possa essere utile un rimando all’art. 2621 c.c., che determina le soglie di esclusione ai fini della punibilità del reato di false comunicazioni sociali: al di sopra delle soglie indicate nella norma citata, la modifica di valore del conferimento può ritenersi senz’altro sensibile» [35]. Si osservi poi, che «la nuova formulazione dell’art. 2621 c.c., che non prevede più soglie quantitative di esclusione, rende oramai obsoleto tale richiamo. Ciò premesso, nella prassi applicativa si continua a fare riferimento alle vecchie soglie dell’art. 2621 c.c. per valutare la significatività di uno scostamento» [36].

Il lasso temporale da prendere in considerazione ai fini della verifica in esame è compreso, per i conferimenti valutati attraverso il fair value, tra il termine dell’esercizio cui il bilancio si riferisce e l’iscrizione nel registro delle imprese. Nel caso in cui la valutazione sia effettuata attraverso la perizia di un esperto indipendente il periodo è quello che va dalla data cui si riferisce la stessa perizia all’iscrizione della società nel registro delle imprese.

Nella prassi, l’organo amministrativo della società conferitaria è solito richiedere a un advisor finanziario – spesso allo stesso esperto indipendente che ha effettuato la stima dei beni oggetto di conferimento – di attestare che, alla luce dei fatti medio tempore intervenuti e comunicatigli dall’organo amministrativo, non sussistano i presupposti dell’eccezionalità o della rilevanza nel caso concreto.

5. L’istanza dei soci ex art. 2440, comma 6 cod. civ.

Nel sistema delineato dalla Direttiva, il “ritorno” alla valutazione del bene conferito secondo il procedimento tradizionale non si verifica unicamente nel caso di esito “negativo” della verifica da parte degli amministratori. In particolare, l’art. 10-bis, par. 2, ultimo comma, della Direttiva confluito poi nell’art. 2440, comma 6, cod. civ. attribuisce ai soci di minoranza, che rappresentino e che rappresentavano alla data della delibera di aumento del capitale sociale almeno il 5% [37] del capitale sociale precedente l’aumento il diritto di richiedere che si proceda, su iniziativa degli amministratori, ad una nuova valutazione assoggettata alla disciplina ordinaria di cui all’art. 2343 cod. civ. [38].

In tal modo si consente ai soli soci che detengano una partecipazione “rilevante” nel capitale sociale della conferitaria di poter richiedere una nuova valutazione, «ciò per evitare di penalizzare chi potrebbe vedere ridotta la partecipazione a seguito dell’esecuzione dell’aumento del capitale, nonché per evitare che le azioni vengano acquistate successivamente al solo fine dell’esercizio del diritto» [39].

Occorre soffermarsi ora sulla possibilità che la richiesta ex art. 2440, comma 6, cod. civ. venga avanzata da uno o più soci detentori del 5% del capitale sociale ante-aumento che abbiano tuttavia votato a favore della delibera stessa di aumento di capitale mediante conferimento in natura. Sul punto, la norma non specifica alcunché, a differenza di altre norme che, invece, precisano un difetto di legittimazione per i soci che hanno preso parte all’assemblea e che hanno votato a favore. Si pensi, ad esempio all’art. 2377, comma 2, cod. civ. in tema di annullabilità delle deliberazioni assembleari, ovvero agli artt. 2437 e 2473 cod. civ. in tema di recesso del socio nella s.p.a. e nella s.r.l., o ancora all’art. 2479-ter cod. civ. in tema di invalidità delle decisioni dei soci nella s.r.l. In tutti questi casi, il legislatore ha precisato che il diritto dei soci è precluso a coloro che abbiano espresso il loro dissenso ovvero assenti o astenuti. Tuttavia, nel caso di specie tale espresso riferimento non esiste e pertanto occorre svolgere un ulteriore sforzo interpretativo.

In base ad una lettura sistematica della norma in esame, tuttavia, appare chiaro che solo coloro che non abbiano approvato (assenti, dissenzienti, astenuti) la deliberazione di aumento di capitale mediante conferimento in natura abbiano diritto di promuovere istanza ex art. 2440, comma 6, cod. civ. tenuto conto che, come sopra detto, tale diritto è riconosciuto solo nell’ambito di una operazione di aumento di capitale e non quando il conferimento si realizzi nell’ambito della costituzione della società. Se, quindi, nel caso di conferimento in natura nell’ambito della costituzione di una società la norma non prevede per i soci fondatori che abbiano espresso il proprio consenso sulla valutazione del conferimento alcuna possibilità di richiedere una nuova valutazione secondo il procedimento tradizionale ex art. 2343 cod. civ., non si vede ragione per concedere tale possibilità ai soci che abbiano allo stesso modo acconsentito alla valutazione semplificata in sede di aumento di capitale votando a favore della delibera assembleare di aumento di capitale [40]. L’esistenza di un diverso regime nei due menzionati casi non risponderebbe ad alcuna ratio o logica giustificatrice [41].

6. Sintetiche conclusioni

Come dianzi illustrato, il procedimento “tradizionale” di cui all’art. 2343 cod. civ. e i procedimenti semplificati di cui agli artt. 2343-ter e 2343-quater cod. civ. rispondono alla medesima ratio e cioè quella di «accertare l’attendibilità dei valori dichiarati al fine di assicurare l’effettiva copertura del capitale sociale nell’interesse degli azionisti e dei creditori» [42].

I procedimenti di cui agli artt. 2343-ter e 2343-quater cod. civ. rappresentano un regime alternativo, completo e autosufficiente rispetto al procedimento di cui all’art. 2343 cod. civ. L’alternatività tra i due sistemi è in grado di consentire al socio conferente di scegliere se applicare l’uno o l’altro «attraverso un opportuno giudizio sui profili di convenienza economica, nonché di certezza e veridicità della stima, ferma restando l’identità di risultati cui i due regimi dovrebbero consentire di pervenire» [43].

È chiaro che, alla luce delle peculiarità delle diverse ipotesi alternative di valutazione dei beni oggetto di conferimento, il criterio maggiormente utilizzato nella prassi è quello di cui all’art. 2343-ter, comma 2, lett. b) cod. civ., in quanto non richiede particolari formalità ovvero la sussistenza di specifici elementi.

Ciò posto, è doveroso osservare che – sebbene il regime alternativo consenta risparmio di costi e di tempi – esso espone gli amministratori della società conferitaria (a) a peculiari responsabilità in sede di verifica circa l’assenza di fatti nuovi eccezionali o rilevanti in grado di incidere sulla valutazione dei beni oggetto di conferimento e (b) al rischio che le minoranze azionarie qualificate richiedano l’attivazione della procedura di stima tradizionale, con conseguente allungamento dei tempi e aumento dei costi dell’operazione.

 


[1] Si è dunque in presenza di un «regime alternativo dell’intera disciplina dei conferimenti diversi dal denaro, tendenzialmente completo e autosufficiente rispetto al regime ordinario dell’art. 2343 c.c.», in questi termini M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, 56. Nello stesso senso, ex multis, N. Abriani, Il nuovo regime dei conferimenti in natura senza relazione di stima, in Riv. not., 2009, 295.

[2] Così, Assonime, La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, Circolare n. 19/2011, in Riv. soc., 2011, 986 e ss.

[3] Come osservato da R. Perotta e L. Bertoli, Le operazioni straordinarie. Conferimento d’azienda e di partecipazioni, fusione e scissione, Giuffrè, 2015, 79-80, «il valore di stima non rappresenta il valore che deve essere necessariamente attribuito al complesso oggetto di conferimento, ma costituisce un limite superiore invalicabile per la valutazione; sarebbe quindi possibile effettuare […] il conferimento per un valore inferiore a quello stabilito dall’esperto».

[4] Cfr. N. De Luca, La nuova disciplina dei conferimenti in natura senza stima, degli acquisti e delle altre operazioni su azioni proprie, in NLCC, 2009, 431.

[5] In particolare, «il fatto che la relazione dell’esperto debba essere predisposta con riferimento ad una data non anteriore di oltre sei mesi rispetto a quella di esecuzione del conferimento potrà dare origine a complessità nei casi in cui il perfezionamento del conferimento sia subordinato all’ottenimento di autorizzazioni da parte di autorità di vigilanza (ad esempio, Banca d’Italia oppure IVASS), considerato che in dette circostanze è consueto un prolungamento dei tempi tecnici necessari per il completamento dell’operazione con il rischio di un superamento del termine di obsolescenza semestrale. La prassi applicativa dimostra tuttavia come, per impedire l’obsolescenza della valutazione dell’esperto, si possa ricorrere all’aggiornamento di detta valutazione a una data successiva alla sua predisposizione, purché all’interno del semestre rilevante» in questi termini, A. Sacco Ginevri, sub art. 2343-ter, in Commentario breve al diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, Cedam, 2017, 343.

[6] Ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, del testo unico della finanza, «per “valori mobiliari” si intendono categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio: a) azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e ricevute di deposito azionario; b) obbligazioni e altri titoli di debito, comprese le ricevute di deposito relative a tali titoli; c) qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle lettere a) e b) o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure».

[7] Ai sensi dell’art. 1, comma 1-ter, del testo unico della finanza, «per “strumenti del mercato monetario” si intendono categorie di strumenti normalmente negoziati nel mercato monetario, quali, ad esempio, i buoni del tesoro, i certificati di deposito e le carte commerciali».

[8] Come precisato dalla Direttiva, la nozione di mercato regolamentato è quella di cui all’art. 1, comma 1, lett. w)-ter, del testo unico della finanza, ossia il «sistema multilaterale amministrato e/o gestito da un gestore del mercato, che consente o facilita l’incontro, al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente e conformemente alla parte III».

[9] Cfr. A. Sacco Ginevri e F. Tedeschini, La nuova disciplina dei conferimenti in natura e dell’assistenza finanziaria nelle s.p.a.: primi spunti applicativi, in Giur. comm., 2009, I, 60; Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Nuove procedure di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nelle s.p.a., Circolare n. 11/IR del 29 giugno 2009, 4, nota 10. Per una disamina puntale della questione, cfr. M. Natale, I conferimenti in natura “senza relazione di stima” nelle s.p.a., Giuffrè, 2018, 98 e ss.

[10] V. N. Abriani, Il nuovo regime dei conferimenti in natura senza relazione di stima, in Riv. not., 2009, 302.

[11] Cfr. M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, 66, Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Nuove procedure di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nelle s.p.a., Circolare n. 11/IR del 29 giugno 2009, 5, G. Ferri jr., La nuova disciplina dei conferimenti in natura in società per azioni: considerazioni generali, in Riv. soc., 2009, 263-264.

[12] Cfr., ex multis, G. Olivieri, I sistemi alternativi di valutazione dei conferimenti in natura nelle s.p.a., in Riv. dir. civ., 2010, I.

[13] In questi termini v. G. Strampelli, I regimi alternativi di stima dei conferimenti in natura in società per azioni: appunti, in Riv. dir. civ., 2011, 237; N. De Luca, Conferimenti in natura senza stima e azioni proprie: re “melius” perpensa?, in Riv. dir. comm., 2012, 358; M. Maltoni, Questioni in merito alla applicazione della disciplina dell’art. 2343-ter, in Studi e materiali, 4/2009, paragrafo 3.6; A. Busani, I “nuovi” conferimenti in natura nella società per azioni, in Soc., 1046. Contra, anche alla luce del vigente testo della norma, G. Pellegrino, Brevi riflessioni sulla nuova disciplina dei conferimenti in natura in caso di costituzione della società per azioni, in Studi in onore di Umberto Belviso, Bari, Cacucci, 2011, 666.

[14] Cfr. R. Perotta e L. Bertoli, Le operazioni straordinarie. Conferimento d’azienda e di partecipazioni, fusione e scissione, Giuffrè, 2015, 99. Nello stesso senso, M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, 56 e 82; Assonime, La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, Circolare n. 19/2011.

[15] V. N. Abriani, Il nuovo regime dei conferimenti in natura senza relazione di stima, in Riv. not., 2009, 188.

[16] In tal senso, M. Maltoni, Questioni in merito alla applicazione della disciplina dell’art. 2343-ter, in Studi e materiali, 4/2009, paragrafo 3.7.

[17] Così M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, 81.

[18] Cfr. Assonime, La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, Circolare n. 19/2011, in Riv. soc., 2011.

[19] Così, Assonime, La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, Circolare n. 19/2011, in Riv. soc., 2011, 986 e ss.

[20] A favore dell’ammissibilità di perizie redatte per altri fini e/o commissionate ad hoc si vedano la Relazione al D.Lgs. 142/2008; la massima n. 105 della Commissione massime societarie del Consiglio Notarile di Milano; la massima H.A.13 della Commissione Società del Comitato interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie. Si v. altresì M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, 84; G.Ferri jr., La nuova disciplina dei conferimenti in natura in società per azioni: considerazioni generali, in Riv. soc., 2009, 269; G. Olivieri, I sistemi alternativi di valutazione dei conferimenti in natura nelle s.p.a., in Riv. dir. civ., 2010, I, 231. Contra, C. Ibba, Osservazioni sulla stima dei così detti conferimenti senza stima, in Giur. comm., 2009, I, 934, L. Salamone, Le verifiche della valutazione semplificata del conferimento “non in contanti”, in Giur. comm., 2010, 48.

[21] Cfr. Assonime, La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, Circolare n. 19/2011, in Riv. soc., 2011, 986 e ss.

[22] Con riferimento al termine di sei mesi, si osservi come la massima n. 105 della Commissione massime societarie del Consiglio Notarile di Milano precisa che tale termine decorre dalla data a cui è riferita la valutazione peritale e deve ritenersi rispettato, in sede di costituzione della società, qualora entro i sei mesi venga sottoscritto l’atto costitutivo e, in sede di aumento di capitale, qualora entro i sei mesi venga eseguito il conferimento in natura.

[23] Cfr. massime H.A.12 e H.A.11 della Commissione Società del Comitato interregionale dei Consigli Notarili delle Tre Venezie. In particolare, l’esperto non deve necessariamente essere iscritto nel Registro dei Revisori Legali e la valutazione che da tale esperto viene rilasciata può non essere asseverata con giuramento. In tal senso cfr. massima n. 105 della Commissione massime societarie del Consiglio Notarile di Milano.

[24] Cfr. B. Bertolotti, sub art. 2343-quater cod. civ., in Commentario, a cura di Gabrielli, 2015, 832 e ss.

[25] La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, in Riv. soc., 2011, 986 e ss.; nello stesso senso, ex multis, L. Salamone, Le verifiche della valutazione semplificata dei conferimenti «non in contanti», in Giur. comm., 2010, I, 47 e ss.; M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, 54 e ss.; A. Sacco Ginevri, sub art. 2343-quater cod. civ., in Commentario breve al diritto delle società, a cura di Maffei Alberti, 2017, 347 e ss.

[26] In senso opposto, cfr. Consiglio notarile di Firenze, Riflessioni sull’art. 2343-quater c.c., n. 1-2016). In particolare, si ritiene che qualora il conferimento sia eseguito sulla base della valutazione resa da un esperto nominato dal tribunale ai sensi dell’art. 2343 cod. civ., gli amministratori sarebbero legittimati a sindacare la valutazione ex art. 2343-ter cod. civ. a prescindere dalla ricorrenza dei fatti enunciati nel primo comma dell’art. 2343-quater cod. civ. e pur nel silenzio della medesima disposizione sul punto, «convince in tal senso, innanzitutto, l’argomentazione fondata sul principio di effettività del capitale sociale e sul divieto di emissione delle azioni sotto la pari, alla tutela ed al rispetto dei quali è certamente strumentale l’obbligo degli amministratori di dichiarare, fra l’altro, che il valore attribuito al conferimento in natura “è almeno pari a quello loro attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo” (art. 2343-quater, terzo comma, c.c.)». Nello stesso senso v. M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, 54; G. Olivieri, I sistemi alternativi di valutazione dei conferimenti in natura nelle s.p.a., in Riv. dir. civ., 2010, I, 227.

[27] In tal senso, L. Salamone, Le verifiche della valutazione semplificata dei conferimenti «non in contanti», in Giur. comm., 2010, I, 47 e ss.

[28] Così, G. Rizzo, sub art. 2343-quater cod. civ., in Commentario al codice civile, a cura di N. Abriani, UTET, 2015, 615 e ss.

[29] La dichiarazione ex art. 2343-quater cod. civ. viene allegata all’attestazione che l’aumento di capitale è stato eseguito ex art. 2444 cod. civ., e contiene le seguenti informazioni: (a) la descrizione dei beni o dei crediti conferiti per i quali non si è fatto luogo alla relazione di cui all’articolo 2343, primo comma; (b) il valore ad essi attribuito, la fonte di tale valutazione e, se del caso, il metodo di valutazione; (c) la dichiarazione che tale valore è almeno pari a quello loro attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale sovrapprezzo; (d) la dichiarazione che non sono intervenuti fatti eccezionali o rilevanti che incidono sulla valutazione di cui alla lettera b); (e) la dichiarazione di idoneità dei requisiti di professionalità e indipendenza dell’esperto di cui all’articolo 2343-ter, secondo comma, lettera b).

[30] Così N. De Luca, La nuova disciplina dei conferimenti in natura senza stima, degli acquisti e delle altre operazioni su azioni proprie, in NLCC, 2009, 437.

[31] Nel senso di applicare l’intero procedimento di cui all’art. 2343 cod. civ., cfr. consiglio notarile di Milano; M. Speranzin, sub art. 2440 cod. civ., in Le società per azioni, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, II, Giuffré, 2016, 2609; L. Salamone, Le verifiche della valutazione semplificata del conferimento “non in contanti”, in Giur. comm., 2010, 47 e ss.; Assonime, La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, Circolare n. 19/2011, in Riv. soc., 2011, 986 e ss.; Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Nuove procedure di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nelle s.p.a., Circolare n. 11/IR del 29 giugno 2009, 19-20.

[32] Così, M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009. Contra L. Salamone, Le verifiche della valutazione semplificata del conferimento “non in contanti”, in Giur. comm., 2010.

[33] In questi termini Assonime, La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, Circolare n. 19/2011, in Riv. soc., 2011. Nello stesso senso, cfr. M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, (nt. 20), 99.

[34] Si noti come la norma sia stata modificata in tal senso con il decreto correttivo. Infatti, la formulazione previgente stabiliva che gli amministratori dovessero accertare il verificarsi di fatti eccezionali tali da modificare il valore del bene alla data effettiva del conferimento. La previgente formulazione non era scevra da dubbi interpretativi; si ci interrogava, infatti, su cosa dovesse intendersi per data effettiva del conferimento e su quale fosse il periodo sul quale effettuare la verifica. Il decreto correttivo ha chiarito che la data effettiva del conferimento (e cioè quella in cui esso produce effetti verso i terzi) è la data di iscrizione nel registro delle imprese. Del resto, se il momento di efficacia coincidesse con la stipulazione dell’atto di conferimento, non esisterebbe per definizione un periodo di riferimento sul quale verificare eventuali variazioni del valore del bene conferito.

[35] Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Nuove procedure di valutazione dei conferimenti diversi dal denaro nelle s.p.a., Circolare n. 11/IR del 29 giugno 2009.

[36] A. Sacco Ginevri, sub art. 2343-quater cod. civ., in Commentario breve al diritto delle società, a cura di A. Maffei Alberti, 2017, 347]

[37] L’aliquota del 5% discende dalla Seconda Direttiva in materia societaria, così come modificata dalla Direttiva. Non è stata indicata una ragione specifica per detta aliquota, in particolare nel considerando n. 3) è precisato che «gli Stati membri dovrebbero avere la facoltà di permettere alle società per azioni, nel caso di assegnazioni di azioni a fronte di conferimenti non in contanti, di non dover ricorrere ad un’apposita valutazione da parte di un esperto, qualora esista già un parametro di riferimento chiaro per la valutazione del conferimento. Tuttavia, dovrebbe essere garantito il diritto degli azionisti di minoranza di esigere tale valutazione». La dottrina che si è occupata dell’argomento ha ritenuto che «la percentuale minima di rappresentanza del capitale è, naturalmente, prevista dalla direttiva al fine di evitare che la società sia soggetta all’onerosa necessità di procedere alla stima ordinaria su iniziativa di una minoranza assai esigua e sostanzialmente irresponsabile» in tal senso, F. Platania, I conferimenti nelle s.p.a., Giuffré, 2011, 165.

[38] Ai sensi dell’art. 2440, comma 6, cod. civ. la domanda dei soci non ha effetto qualora gli amministratori all’esito della verifica ex art. 2343-quater cod. civ., procedano ai sensi del secondo comma di detta norma, e cioè procedano ad una nuova valutazione ex art. 2343 cod. civ.

[39] In questi termini, M. Speranzin, sub art. 2440 cod. civ., in Le società per azioni, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, II, Giuffré, 2016, 2609; Id., sub art. 2440 cod. civ., in Commentario romano al nuovo diritto delle società, diretto da F. D’Alessandro, II**, Piccin, 2011, 855; G.B. Portale, Le nuove norme sui conferimenti in natura nelle s.p.a.: dal “ravvicinamento” alla “disarmonizzazione” dei diritti nazionali, in Riv. soc., 2011, 11 e ss. il quale ritiene «altra questione merita di essere evidenziata […] concerne la tutela riservata ai soci che rappresentano […] almeno il ventesimo del capitale sociale nell’ammontare precedente l’aumento: ad essi è attribuito il potere di chiedere che si proceda ad una nuova valutazione “ai sensi e per gli effetti dell’art. 2343”. Di fronte ad un testo normativo simile, una dottrina straniera ha prospettato il quesito se l’attribuzione di questo potere comporti la possibilità di un suo esercizio a prescindere dalla sopravvenienza di fatti eccezionali o di fatti rilevanti nuovi con sensibili effetti riduttivi del valore attribuito ai beni. Ritengo, per la verità, che il problema, allo stato, non esista: sia perché la disposizione va letta alla luce della Direttiva (che ha un testo ben diverso dalla originaria « Proposta della commissione »); sia perché la stessa parte finale del sesto comma dell’art. 2440 condiziona l’uso di siffatto potere ad un comportamento omissivo da parte degli amministratori: dopo la verifica. È piuttosto da notare che in altri sistemi è stata criticata la scelta del legislatore comunitario di non estendere la descritta tutela ai «valori mobiliari e agli strumenti del mercato monetario»: tesi questa che – probabilmente, legittimamente se la Direttiva viene intesa in senso minimale – , è stata, alla fine, codificata nel diritto azionario tedesco».

[40] Cfr. M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009, 54 e ss. il quale osserva «si tratta con tutta evidenza di un diritto concepibile e sussistente esclusivamente in sede di aumento del capitale e non in sede di costituzione, posto che con la sottoscrizione dell’atto costitutivo la totalità dei soci ha convenuto necessariamente sulla adozione del regime alternativo e non vi sarebbe motivo per concedere ai soci di minoranza uno ius poenitendi del tutto eccentrico nell’ambito della disciplina societaria. Del resto, che tale diritto fosse previsto nella disciplina comunitaria solo nel caso di aumento risulta testualmente dallo stesso art. 10-bis, par. 2, ultimo comma, della Seconda Direttiva, laddove riferisce il requisito della detenzione del 5 per cento del capitale “alla data in cui è stata adottata la decisione relativa all’aumento del capitale”».

[41] Contra F. Platania, I conferimenti nelle s.p.a., Giuffré, 2011, 166, il quale ritiene che «non è necessario che i soci richiedenti l’assunzione della procedura ordinaria si siano astenuti od abbiano votato contro la delibera di aumento di capitale. La valutazione concernente l’aumento di capitale non preclude, infatti, la richiesta di determinazione secondo le regole ordinarie della stima, operando solo sul piano della tutela dell’integrità del capitale e costituendo la soglia di rappresentatività un sufficiente elemento di serietà della richiesta».

[42] In questi termini, Assonime, La nuova disciplina dei conferimenti di beni in natura e crediti, Circolare n. 19/2011; M. Notari, Il regime alternativo della valutazione dei conferimenti in natura in società per azioni, in Riv. soc., 2009.

[43] Così M. Natale, I conferimenti in natura “senza relazione di stima” nelle s.p.a., Giuffrè, 2018, 93.

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