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Approfondimenti

Il nuovo regime delle SIIQ: complementarietà o alternativa con i fondi immobiliari

29 Ottobre 2014

Gianluca Grea e Antonio Schiavo

Di cosa si parla in questo articolo

Il real estate italiano continua a rappresentare uno dei settori più colpiti dalla crisi che continua a interessare il Paese, non solo per gli effetti diretti della stessa, ma anche a causa dell’aumento della pressione fiscale, che ne rappresenta una conseguenza indiretta.

E’ pertanto urgente che il Legislatore intervenga a correzione di quanto sopra, ove possibile anche in un’ottica più ampia, compiendo un’ulteriore sforzo in termini di modernizzazione e semplificazione del quadro normativo, livellando il campo di gioco su cui muovono gli attori del settore con quello dei principali paesi europei. Chiarezza, semplificazione e omogeneità di regole potranno aiutare ad attrarre quegli investitori istituzionali esteri che oggi rivolgono la propria attenzione proprio verso quei paesi più efficienti e credibili sotto il profilo della certezza del diritto in termini di coerenza e di costanza nell’applicazione e interpretazione, oltrechè dell’accettabilità e ragionevolezza dell’impianto fiscale.

In questa direzione, almeno nelle intenzioni del Legislatore, si muove la recente modifica apportata alla disciplina delle SIIQ, introdotta dall’articolo 20 del D.L. n.133 del 12 settembre 2014 (cd. Sblocca Italia). Se confermata in sede di conversione in legge, la nuova normativa dovrebbe favorire lo sviluppo di tale strumento societario, per colmare il gap che si è creato rispetto agli altri paesi europei, complice, oltre al mercato non favorevole degli ultimi anni, alcune rigidità introdotte dal Legislatore al momento dell’adozione della normativa SIIQ in Italia nel 2007, non riscontrabili nella disciplina normativa degli altri paesi europei.

Le novità, in termini generali, intervengono sui principi della normativa, armonizzando, come anticipato, alcuni aspetti della medesima con quanto già adottato negli ordinamenti di altri paesi europei (ad esempio, in materia di percentuale massima di controllo, flottante minimo, obbligo di distribuzione dell’utile netto, etc.). Altre disposizioni si pongono invece l’obiettivo di facilitare l’accesso al regime fiscale di favore previsto per le SIIQ con la legge finanziaria del 2007 (ad esempio è esteso a tre esercizi il periodo in cui è consentita la non osservanza del requisito della prevalenza operativa in attività da locazione immobiliare ai fini dell’applicazione del regime speciale). Altre ancora uniformano la normativa fiscale delle SIIQ e dei fondi immobiliari, creando quindi, sotto tale profilo, una simmetria tra i due strumenti. Trovano poi spazio alcune specifiche disposizioni che:

  • precisano che le SIIQ non sono un organismo di investimento collettivo del risparmio1, escluse, quindi, dal perimetro di vigilanza prudenziale di Banca d’Italia;
  • favoriscono il “passaggio” del patrimonio dei fondi immobiliari alle SIIQ, attraverso una specifica disposizione di natura civilistica e una serie di precisazioni sotto il profilo fiscale;
  • inseriscono le quote di partecipazione nei fondi immobiliari (che investono in immobili in locazione), e i relativi proventi, tra gli elementi utili ai fini della verifica dei requisiti patrimoniali e reddituali previsti dal regime delle SIIQ;
  • liberalizzano, per i privati, la definizione delle clausole e termini nel caso di contratti di locazione di immobili non destinati a uso abitativo e con canone annuale sopra euro 150 mila (durata, recesso, canone, etc.) in deroga alle disposizioni della relativa legge. Per la verità, tale modifica normativa è contenuta all’art. 23 del decreto legislativo Sblocca Italia, quindi fuori da perimetro normativo delle SIIQ, ma risulta, ad avviso di chi scrive, rilevante, in termini d’impatto, proprio per le SIIQ, nella misura in cui concede maggiore flessibilità nella negoziazione e definizione del contenuto del contratto di locazione.

Si procede ora ad analizzare le novità in argomento sotto il profilo del loro possibile impatto, latu sensu, sul settore real estate, tenendo a mente i diversi e non necessariamente coincidenti interessi dell’investitore e dell’operatore professionale del settore, immaginando tali categorie di soggetti interessate a valutare la SIIQ quale strumento d’investimento alternativo o complementare rispetto agli altri strumenti offerti dal mercato italiano, già testati sotto il profilo operativo, quali i fondi immobiliari chiusi e le società di gestione del risparmio.

Nell’indagine relativa ai due strumenti finanziari, occorre preliminarmente evidenziare la disposizione contenuta all’art. 20 lett. b) del D.L. Sblocca Italia che introduce il nuovo comma 119 bis (all’articolo 1, della legge 27 dicembre 2006, n. 296), stabilendo che: “Le SIIQ non costituiscono Organismi di investimento collettivo del risparmio di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.».

Perché il Legislatore ha ritenuto necessario precisare che le SIIQ non sono OICR? Qual’è la ratio sottesa a tale disposizione?

Le attuali disposizioni del T.U.F. in materia di Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR) già circoscrivono gli OICR Italiani ai soli veicoli di investimento costituiti in forma di fondi comuni, SICAV e SICAF. Il quadro normativo già vigente, pertanto, non consente la costituzione di un OICR Italiano in forma diversa da Fondo, SICAV e SICAF.

A parere di chi scrive, l’esigenza di una – inequivocabile – precisazione sulla natura delle SIIQ potrebbe trarre la propria logica, in ottica sistematica, dal quadro comunitario che disciplina gli strumenti alternativi d’investimento collettivo del risparmio, disciplinati in particolare dalla recente AIFMD (Alternative Investment Fund Manager Directive).

La Direttiva AIFM, infatti, non fornisce una definizione puntuale di FIA (Fondo Investimento Alternativo), limitandosi al riguardo a precisare che:

  • FIA sono gli organismi dinvestimento collettivo, compresi i relativi comparti, che i) raccolgono capitali da una pluralità dinvestitori al fine di investirli in conformità di una politica dinvestimento definita a beneficio di tali investitori e ii) non necessitano di unautorizzazione ai sensi dellarticolo 5 della direttiva 2009/65/CE2“;
  • l’ambito di applicazione è “limitato ai soggetti che esercitano abitualmente lattività di gestione di FIA — indipendentemente dal fatto che il fondo sia di tipo aperto o chiuso, prescindendo dalla forma giuridica dello stesso o dal fatto che il fondo sia o meno quotato — e che raccolgono capitale da una pluralità di investitori allo scopo di investirlo a vantaggio di tali investitori in base a una determinata politica dinvestimento (cfr. Considerando n.6 AIFMD).

Tenuto conto che, ai sensi della AIFMD, sono FIA (e quindi OICR) tutti gli strumenti che, a prescindere dalla forma giuridica, raccolgono capitali da una pluralità di investitori per investirli in base a una predeterminata politica di investimento al fine di conseguire rendimenti per gli investitori, appare evidente come tutte tali caratteristiche possono essere riscontrate nelle SIIQ, anche in presenza di un’azionista di controllo stabile.

E infatti risultano certamente presenti nelle SIIQ i requisiti (i) della raccolta di capitali, (ii) della presenza di una pluralità di investitori, (iii) della finalità di investimento in funzione dell’obiettivo del conseguimento di ritorni per gli investitori.

Occorrerà quindi domandarsi se, sotto il profilo sopra richiamato, sia ragionevole sostenere che il Legislatore, nel rimarcare la differenza tra OICR e SIIQ, abbia voluto tenere conto e valorizzare, con riferimento a quest’ultima, fattori quali l’assenza di una politica di investimento predeterminata e, correlativamente, la presenza di una politica commerciale e/o industriale prevalente.

Sotto il primo profilo, l’attuale disciplina delle SIIQ non prevede l’obbligo di definire, ex ante, una politica d’investimento e disinvestimento individuata, con regoleprecise e definite, da rappresentare all’investitore nell’ambito delle proprie attività di analisi e valutazione propedeutiche all’investimento, per rimanere invariata per tutta la durata dell’investimento stesso.

Più precisamente, se a livello normativo la SIIQ è obbligata, tra l’altro, a rispettare il regime legale dell’investimento in immobili da destinare alla locazione e, a livello statutario, a precisare le regole in materia d’investimento e i limiti di concentrazione di rischi e di leva finanziaria, nessuna disposizione (nemmeno a livello di regolamento attuativo della normativa delle SIIQ) prevede che la SIIQ debba, ex ante, definire una politica d’investimento e disinvestimento (ad esempio in termini di asset class o di orizzonte di durata degli investimenti, di zona geografica di riferimento, etc.) con un grado di dettaglio assimilabile a quello proprio della normativa primaria e secondaria dettata in materia di fondi immobiliari (che trova la propria sede nel regolamento del fondo), né che le strategie iniziali di investimento e disinvestimento della SIIQ non possano essere modificate, a semplice maggioranza e anche in termini sostanziali, in un momento successivo, seppur nel rispetto dei più ampi requisiti della normativa specifica delle SIIQ (i.e. la prevalente locazione immobiliare).

E’ peraltro innegabile che, in sede di collocamento delle azioni della SIIQ, gli operatori ben potranno prospettare, nei documenti di offerta, politiche d’investimento della SIIQ specifiche e predefinite, rendendo nel concreto le differenze strutturali sopra richiamate evidentemente più sfumate.

Sotto il secondo profilo (esistenza di una politica commerciale e/o industriale) può essere rimarcato, sotto il profilodella distinzione strutturale con gli OICR, come la SIIQ si concretizzi in un’iniziativa di carattere commerciale e/o industriale, stabile, con un orizzonte temporale di lungo periodo, caratterizzata da una propria strategia intesa in senso ampio e soggetta a cambiamento in funzione dei mutamenti imposti sia del mercato che dalla volontà del management (o per l’influenza degli azionisti di controllo o di maggioranza relativa).

E’, infatti, riscontrabile sul mercato come la SIIQ sia, nella maggioranza dei casi, partecipatada uno o più soci (di controllo o comunque in grado di esercitare un’influenza significativa), interessati allo sviluppo industriale delle attività sociali in ottica non esclusivamente finanziaria.

A parere di chi scrive, gli elementi differenziali sopra ipotizzati, come visto non sempre, nel concreto, ben evidenti, hanno portato il Legislatore a voler chiarire, oltre ogni ragionevole dubbio, che le SIIQ non sono organismi d’investimento collettivo del risparmio. Tale precisazione non è di poco conto e implica una serie di conseguenze e differenze, tra le quali, in primis, la mancata vigilanza prudenziale sulla SIIQ da parte di Banca d’Italia: come noto, infatti, l’attuale quadro normativo limita le competenze di vigilanza prudenziale della Banca d’Italia ai soli intermediari finanziari (e agli OICR)3.

Ove, diversamente, la SIIQ fosse stata ricompresa nell’ambito degli OICR, essa avrebbe dovuto essere, conseguentemente, sottoposta al regime di vigilanza prudenziale previsto dal T.U.F. e dai relativi regolamenti attuativi della Banca d’Italia, anche congiuntamente con Consob, con l’applicazione di un regime giuridico (autorizzazione del gestore, limiti prudenziali, divieti d’investimento, regole di frazionamento del rischio, etc.) del tutto diversoda quello sino ad oggi applicato.

Infatti, ove il Legislatore avesse voluto prevedere, con opportune modifiche al quadro normativo regolamentare, l’introduzione di un regime di vigilanza prudenziale ad hoc, disegnato sulle – e reso compatibile con le – specifiche caratteristiche della SIIQ, qualificandola come una nuova tipologia di OICR, la discrezionalità del Legislatore nazionale (e quindi del regolatore secondario) nel cercare di preservare le prerogative originarie della SIIQ e armonizzarle con i requisiti propri dell’OICR, avrebbe trovato oggi un forte limite proprio nell’obbligo di recepimento dei puntuali principi contenuti nella Direttiva AIFM.

L’analisi sopra condotta, peraltro, non è meramente formale, ma rileva, sotto diversi profili, per gli approfondimenti trattati nel presente contributo, segnatamente con riguardo alle differenze e al rapporto di sinergia oalternativa tra gli strumenti SIIQ e Fondi Immobiliari.

Tornando alle considerazioni iniziali, anche tenuto conto dell’esperienza italiana degli ultimi anni, l’investitore che intende acquistare strumenti finanziari con sottostante real estate, nell’arbitraggio tra i due strumenti, si trova a dover valutare se sottoscrivere quote di fondi immobiliari e affidarsi a un gestore indipendente (società di gestione del risparmio) che dovrà svolgere la propria attività di gestore nell’interesse indistinto di tutti gli investitori ovvero entrare nell’azionariato di una società rappresentato, probabilmente, da un’azionista (o gruppo di azionisti) detentore della maggioranza del capitale (o comunque di una quota che assicura un controllo anche se non di diritto) e, di conseguenza, titolato a influenzare, anche attraverso la nomina dei componenti l’organo amministrativo, le strategie aziendali e le politiche operative d’investimento, disinvestimento, etc., proprie della SIIQ.

Quanto sopra è, evidentemente, una necessaria premessa per poter più concretamente indagare, almeno nelle intenzioni, le potenziali interazioni che possono svilupparsi in termini di complementarietà, sinergia ovvero alternativa tra lo strumento fondo immobiliare e lo strumento SIIQ.

Appare, infatti, verosimile che la scelta di investire in azioni di una SIIQ – da parte d’investitori istituzionali che non intendono assumerne il controllo per finalità diverse o ulteriori rispetto al mero investimento finanziario – non potrà, per le ragioni in precedenza espresse:

  • tenere conto e beneficiare di un orizzonte temporale di valorizzazione del sottostante immobiliare certo e predefinito;
  • consentire una valutazione ex ante, sulla base dello stesso set informativo tipico del fondo immobiliare, dei potenziali risultati, tempi e azioni dell’attività posta in essere dagli organi e strutture della SIIQ, considerata l’assenza, per queste ultime, dell’obbligo di definire una politica di investimento predeterminata.

Inoltre, l’assenza del termine massimo di durata dell’investimento (proprio dei fondi immobiliari), sostituito dalla durata statutaria della SIIQ (termine che risponde a logiche commerciali e/o industriali di lungo periodo e non necessariamente di singolo investimento) porterà all’attenzione dell’investitore la non secondaria circostanza che la way out del proprio investimento in una SIIQ, anche in termini di valorizzazione, non potrà che essere data (salvo accordi e/o pattuizioni di tipo parasociale definite con i soci di rilevanti della SIIQ) dalla cessione sul mercato delle azioni, il cui valore sarà determinato e, quindi, influenzato dal corso del titolo (anche in termini di benchmark con altri competitor), dall’andamento del mercato azionario di riferimento in generale e dall’efficienza del mercato anche in termini di funzionamento, scambi e liquidità in cui il titolo è trattato.

A differenza delle SIIQ, gli OICR chiusi quotati o non (per il tramite della società di gestione del risparmio), al momento del raggiungimento del termine di durata, liquidati gli attivi, distribuiranno agli investitori gli utili, ove maturati, e rimborseranno il capitale investito. Il risultato dell’investimento nel fondo, per gli investitori che riterranno di attendere la scadenza del termine dell’iniziativa, quindi sarà determinato dall’effettivo valore espresso, in sede di vendita diretta sul mercato, dai beni immobiliari (o altri diritti reali o partecipazioni in società) facenti parte del portafoglio immobiliare gestito e prescinderà dalle più ampie e indirette variabili, sopra richiamate, positive o negative, che possono impattare sul titolo della SIIQ.

A ciò si aggiunga, come sopra accennato, che l’investimento in azioni della SIIQ espone l’investitore a modifiche delle strategie di gestione della SIIQ stessa determinate da mutamenti dell’assetto di controllo o altri interessi riconducibili ai soci di maggioranza e/o di controllo, a differenza di quanto previsto nei fondi immobiliari, ove la modifica della politica d’investimento, assunta su proposta della società di gestione del risparmio e promossa nell’esclusivo interesse di tutti i partecipanti, richiede, in ogni caso, una modifica regolamentare soggetta all’approvazione dell’Autorità di Vigilanza (per i fondi retail).

Le differenze strutturali tra i due strumenti, forse valorizzate anche dal Legislatore nell’interpretazione sopra prospettata, portano a ritenere che, per determinate categorie d’investitori professionali (tipicamente opportunistici o speculativi), più propensi a forme d’investimento che garantiscano una maggiore correlazione, nel breve-medio periodo, tra il bene investito sottostante e lo strumento finanziario, il fondo immobiliare, almeno nella forma di fondo riservato, continuerà a essere preferito, quale strumento più adeguato.

Di converso, con riferimento ad altre tipologie d’investitori (retail o istituzionale di lungo periodo), si può ritenere che la struttura e i vincoli normativi alla distribuzione degli utili propria delle SIIQ, potrebbero portare tali soggetti a privilegiare l’investimento in detto strumento, il quale, pur con le limitazioni e i rischi tipici dell’investimento in azioni, dovrebbe comunque garantire (i) adeguati flussi reddituali assicurati dall’obbligo di distribuzione degli utili, (ii) una maggiore liquidità del titolo, con la possibilità di rapidi smobilizzi del proprio investimento e (iii) l’auspicio che il nuovo regime delle SIIQ possa ridurre il rischio di significativi scostamenti, nel breve medio periodo, tra valore del titolo e NAV (net asset value), aspetto quest’ultimo che rappresenta oggi – per molti dei fondi immobiliari retail italiani – uno degli elementi di maggiore criticità.

Quanto sopra porta a concludere, quale prima iniziale valutazione, che non sembra che le SIIQ possano rappresentare uno strumento alternativo rispetto agli OICR immobiliari, potendosi, tale alternativa, ipotizzare forse e solo con riferimento allo specifico strumento del fondo immobiliare retail (destinati al pubblico indistinto e investitori istituzionali di tipo non speculativo).

L’analisi si sofferma quindi sulla interazione della SIIQ con lo strumento del fondo immobiliare, al cui riguardo sembra ravvisarsi, nell’impianto del Decreto Sblocca Italia, la volontà del Legislatore di rendere più agevole un progressivo trasferimento dei portafogli immobiliari, oggi di proprietà dei fondi immobiliari e gestiti dalle società di gestione del risparmio,verso le SIIQ.

L’art. 20 del Decreto Sblocca Italia, introducendo i comma 140 bis, ter e quater, all’art. 1 della Legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha reso fiscalmente neutra l’operazione attraverso la quale il fondo immobiliare conferisce, in sede di liquidazione totale o parziale, a una SIIQ tutto o parte del proprio patrimonio immobiliare ricevendo in cambio azioni della SIIQ. Il Fondo quindi assegna ai propri quotisti, a titolo di liquidazione delle quote del fondo da questi detenute, le azioni della SIIQ ricevute a fronte del conferimento. Al contempo, la nuova normativa esonera il fondo conferente dall’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto sulle azioni della SIIQ, a condizione che, entro trenta giorni dal conferimento, il fondo conferente proceda con l’assegnazione ai propri quotisti delle azioni della SIIQ come sopra ricevute.

Si tratta, con ogni probabilità, di una previsione normativa che sembra prendere spunto dall’attuale momento di crisi dei fondi immobiliari nazionali, in particolare retail, per offrire – quale alternativa a una liquidazione forzosa/forzata del patrimonio immobiliare, spesso a forte sconto quando conclusa in prossimità della scadenza del termine di durata del fondo – la traslazione del patrimonio immobiliare da uno strumento finanziario (la quota del fondo) a un altro e differente strumento finanziario (l’azione della SIIQ), consentendo all’investitore di ottenere in cambio e beneficiare di uno strumento che (seppur fuori dal sistema di regole del risparmio gestito) dovrebbe, almeno nelle intenzioni, offrire, come in precedenza richiamato, maggiore efficienza sotto il profilo della sua liquidabilità e cedibilità sul mercato.

Tale soluzione alternativa (che vale indistintamente per tutti i fondi immobiliari chiusi), pur con alcune criticità di seguito accennate quali spunti di riflessione, si affianca alla disposizione introdotta dall’articolo 22, comma 5 e seguenti, del Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 91 (convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 116), in materia di proroga della durata dei fondi immobiliari quotati (cd. D.L. Competitività).

Tornando all’analisi del dettato normativo, secondo le disposizioni sopra richiamate, la SIIQ conferitaria potrebbe essere già esistente o di nuova costituzione. La formulazione letterale non appare felice. Si ritiene, peraltro, che l’intenzione del legislatore fosse quella di distinguere tra una SIIQ già quotata e una SIIQ che, già costituita e che abbia già optato per il regime SIIQ, non sia stata ancora quotata (e questo spiegherebbe perché l’esenzione all’obbligo di promuovere un’offerta pubblica di acquisto sia prevista solo per le SIIQ già esistenti).

Dunque, nel caso di SIIQ già quotata, è evidente che l’operazione prospettata debba essere preceduta da un accordo tra la società di gestione del risparmio che gestisce il fondo conferente (e per conto di questo) e il management (e gli azionisti di controllo) della SIIQ conferitaria, i quali, nella strutturazione dell’operazione, dovranno puntualmente analizzarne gli impatti con attenzione rivolta ai requisiti reddituali e partecipativi della SIIQ. In particolare, considerando che il fondo, effettuato il conferimento e ricevute le azioni della SIIQ, nei successivi trenta giorni dovrà assegnarle ai quotisti, tale operazione intanto potrà essere realizzata in quanto, per effetto dell’assegnazione, non vengano meno i requisiti di controllo e di flottante minimo richiesti dalla normativa delle SIIQ.

Dei possibili impatti sul requisito del flottante, con esclusivo riferimento alle societàgià quotate (alla data di entrata in vigore della disposizione, pare doversi presumere) sembra aver tenuto conto il Legislatore nel prevedere infatti che “Il requisito partecipativo del 25% non si applica in ogni caso per le società il cui capitale sia già quotato”. Tale disposizione, in verità di non immediata comprensione sotto il profilo sistemico, sembra doversi interpretare nel senso che alle società già quotate (alla data di entrata in vigore del Decreto Legge?) non si applichi in ogni caso il requisito partecipativo del 25%, a regime e per sempre. Ove l’interpretazione fosse corretta, si tratterebbe, evidentemente, di una disposizione posta a favore delle società immobiliari oggi già quotate, che consentirebbe a queste ultime di potersi trasformare in SIIQ più agevolmente, anche mediante la strutturazione di operazioni di apporto d’immobili da fondi immobiliari in liquidazione.

Per effetto di quanto sopra, e privilegiando un’interpretazione letterale (per cui il requisito del flottante non si applica alle società già quotate al momento della entrata in vigore della legge), solo le SIIQ già quotate (ovvero le società immobiliari quotate che opteranno per il regime SIIQ) potranno, verosimilmente, strutturare operazioni come quella in esame anche con fondi immobiliari riservati aventi patrimoni di valore significativo, nelle quali spesso è presente un nucleo concentrato di investitori, senza dover tenere particolare conto del requisito del flottante minimo richiesto dalla normativa SIIQ (ma solo del flottante minimo previsto dal Regolamento di Borsa Italia) e a condizione di non incidere sul requisito del controllo (in misura non superiore al 60% del capitale sociale della SIIQ).

Per le SIIQ di nuova costituzione e quotazione, invece, l’operazione de qua sarà verosimilmente limitata ai soli fondi retail, caratterizzati da un assetto partecipativo diffuso e in grado di consentire il rispetto del requisito del flottante minimo del 25%. Per i fondi non retail, caratterizzati da un assetto partecipativo concentrato, l’operazione dovrà essere accompagnata da un successivo e contestuale collocamento sul mercato delle azioni SIIQ ricevute in concambio in sede di liquidazione del fondo, nella misura necessaria per riportare il flottante alla percentuale minima richiesta (o comunque essere di dimensioni tali da non pregiudicare il rispetto del requisito minimo del flottante).

Quest’ultima opzione, senz’altro percorribile, aumento il numero degli interlocutori, con un impatto negativo sui tempi, i costi e la complessità dell’operazione.

Considerando, poi, che la norma distingue l’ipotesi che la descritta operazione di trasferimento del patrimonio di un fondo (in ambito liquidatorio) sia effettuata da una SIIQ già operativa o “non esistente” (rectius non ancora quotata), ci si domanda chi possa porsi quale promotore, e a quali condizioni, per la strutturazione di un siffatto progetto.

Non appare che l’iniziativa, nell’ipotesi di una SIIQ di nuova costituzione, possa essere unilateralmente assunta dalla società di gestione del risparmio, tenuto conto che, a valle delle operazioni di conferimento e assegnazione delle azioni della SIIQ, la società di gestione del risparmio sarà soggetto estraneo alla SIIQ stessa (la quale, ricevuto il conferimento, dovrà assumere l’onere della gestione del nuovo patrimonio immobiliare acquisito) e, verosimilmente, completare le procedure di ammissione a quotazione delle azioni SIIQ (condizione per beneficiare del regime proprio della SIIQ).

In verità, l’iniziativa pare possa essere assunta dalla società di gestione del risparmio solo di concerto con soggetti che, nell’operazione, intendano acquisire (o mantenere) un ruolo centrale nella futura gestione della SIIQ, quantomeno per un primo periodo, e che pertanto (i) siano disponibili ad acquisire una partecipazione rilevante nella SIIQ, (ii) abbiano sottoscritto e liberato azioni della SIIQ (o acquistato quote del fondo) in misura tale da non perdere, per effetto della diluizione post conferimento, il controllo della SIIQ e quindi la gestione della stessa SIIQ, (iii) siano in grado, singolarmente o di concerto con altri azionisti, nel rispetto della quota di controllo massima del 60% stabilita nella nuova normativa delle SIIQ, di esercitare il controllo della SIIQ o comunque di esercitare un’influenza significativa sulla governance della SIIQ medesima.

Passando ora a valutare un altro aspetto d’interesse per gli operatori, ci si domanda se, nell’ambito di tale processo, è possibile individuare un ruolo per la stessa società di gestione di risparmio del fondo conferente.

E’ immaginabile, oltre che legittimo, che la società di gestione del risparmio possa, nell’ambito della successiva attività di gestione della SIIQ, assumere incarichi operativi riferiti ad esempio all’asset management immobiliare, abbinati ove del caso alla fornitura di ulteriori servizi immobiliari, di natura amministrativa e tecnica (anche per il tramite di società collegate o sottoposte a comune controllo della società di gestione del risparmio).

E’ evidente che tali operazioni dovranno essere strutturate nel rigoroso rispetto, da un lato, della normativa, anche regolamentare, prevista in materia di OICR per la gestione di conflitti di interesse (e ciò nell’ambito della decisione di procedere alla liquidazione di un fondo tramite conferimento/trasferimento degli immobili ad una SIIQ, decisione che potrà essere assunta tenendo esclusivamente conto dell’interesse dei Partecipanti) e dall’altro, nel rigoroso rispetto della disciplina prevista in materia di operazioni con parti correlate dal TUF e dai regolamenti di relativa attuazione, qualora ad esempio il gruppo rilevante della società di gestione del risparmio intenda acquisire una partecipazione nella SIIQ.

E’ utile ricordare che la SIIQ dovrà essere dotata di una struttura organizzativa adeguata e, comunque, in grado di assicurare il rispetto dei requisiti organizzativi minimi previsti dalla normativa applicabile, dai Regolamenti di Borsa e che, pertanto, almeno in fase di avvio dell’attività di una nuova SIIQ, l’eventuale continuità di consulenza e servizi prestati dalla società di gestione del risparmio, nell’ambito della strutturazione di operazioni come quelle prospettate, possa assumere significativa rilevanza.

In tutto il sopra richiamato processo, occorre poi domandarsi quale sia l’interesse degli investitori nel fondo (diversi da quelli che intendono assumere un ruolo di promotore e socio di riferimento/controllo della SIIQ ovvero proseguire nell’investimento attraverso il mantenimento “in portafoglio” del nuovo titolo).

Diversamente da quanto previsto dal D.L. Competitività in materia di proroga e con riferimento ai fondi retail, il D.L. Sblocca Italia non ha, in argomento, previsto alcun preventivo processo di coinvolgimento dei partecipanti attraverso una delibera di approvazione da parte dell’Assemblea dei Partecipanti.

Al riguardo si osserva che la liquidazione, totale o parziale, di un fondo immobiliare tramite assegnazione diretta dei beni immobili alla SIIQ (ovvero per il tramite di un’operazione di conferimento, con successiva assegnazione delle azioni della SIIQ ai quotisti del fondo conferente) rappresenta una way out che, sebbene oggi normativamente disciplinata, potrebbe non soddisfare le legittime aspettative dei quotisti del fondo, titolati invero a ricevere una regolazione per contanti del riparto di liquidazione, una volta completato il processo di dismissione degli attivi.

Se, infatti, è vero che lo strumento finanziario concambiato (azioni della SIIQ) è quotato, liquido e cedibile sul mercato, tale bene è di natura diversa rispetto aquella che sarebbe spettata al quotista (denaro), riflette le variazioni del mercato e valorizza il patrimonio originario della SIIQ (ove esistente) e le previsioni industriali e di sviluppo della SIIQ medesima: elementi questi slegati dal valore puntuale del sottostante immobiliare del fondo conferente, cui invece fa esclusivo riferimento la quota del fondo.

Deve inoltre considerarsi che, ove i quotisti (già detentori) di quote del fondo dovessero cedere, in tempi ravvicinati, percentuali rilevanti delle nuove azioni della SIIQ, l’impatto sulla quotazione del titolo potrebbe essere significativo.

Lo spunto di cui sopra porta a riflettere sulla percorribilità concreta di un processo in cui la società di gestione del risparmio, in sede di liquidazione, totale o parziale, dei fondi, avvalendosi della normativa in esame, possa perfezionare l’operazione sopra descritta autonomamente, senza sottoporre la materia all’assemblea dei partecipanti al fondo (ove costituita) ovvero porla ai partecipanti al fondo in termini di consultazione volontaria (ove l’assemblea non fosse prevista). Non da ultimo, va rappresentato che la liquidazione di un fondo in termini e con modalità e strumenti differenti da quelli previsti dal regolamento di gestione (salvo che questi non preveda espressamente l’assegnazione in natura) dovrebbe comportare, per la società di gestione del risparmio, l’obbligo di apportare preventivamente una modifica regolamentare, sottoponendo la stessa all’assemblea dei partecipanti e, ove questa non si costituisse ovvero non fosse prevista nel regolamento di gestione, richiedendo l’approvazione della Banca d’Italia.

Ove non si ritenesse di seguire il ragionamento sopra prospettato in termini di necessaria approvazione da parte dell’assemblea dei partecipanti e dell’Autorità di Vigilanza, si dovrà allora sostenere che il D.L. Sblocca Italia attribuisca alla società di gestione del risparmio la facoltà, ex lege e in deroga alle previsioni regolamentari del fondo, qualora ritenuto nell’interesse dei partecipanti al fondo, di procedere direttamente conla liquidazione dello stesso, in tutto o in parte, utilizzando lo strumento alternativo disciplinato nella normativa in esame.

Se così fosse, si potrebbe porre un tema di tutela degli interessi dei partecipanti, e parità di trattamento, da non sottovalutare: trattandosi dell’interpretazione di una nuova norma, in assenza di precedenti, questa si presterebbe evidentemente anche alla valutazione opposta, con possibili azioni che esporrebbero i soggetti coinvolti nel processo a situazioni di rischio o incertezza.

Sarebbe auspicabile, in sede di conversione, un chiarimento del Legislatore.

Tornando ad analizzare la novità data, in sede di liquidazione totale o parziale del fondo, dall’alternativa del conferimento/assegnazione quote del fondo in cambio di azioni di SIIQ, il D.L. Sblocca Italia riconosce a entrambe le opzioni il medesimo regime di neutralità fiscale. L’assegnazione diretta dei beni immobili alla SIIQ, peraltro, presuppone, operativamente, che la SIIQ abbia acquisito il 100% delle quote del fondo in circolazione. E’ quindi di agevole utilizzo nel caso di fondi riservati (in cui le quote sono detenute da un numero ristretto di partecipanti) che le potranno cedere alla SIIQ o, eventualmente, anche conferire, ricevendo in cambio azioni della SIIQ stessa.

Nel caso di fondi retail, l’assegnazione diretta degli immobili alla SIIQ, in sede di liquidazione, totale o parziale, del fondo appare di difficile percorribilità, salvo che la SIIQ non promuova un’offerta pubblica di acquisto totalitaria sulle quote del fondo con l’obiettivo di detenere, in esito all’offerta, non meno della totalità delle quote del fondo stesso. Tuttavia, qualora un solo quotista del fondo non aderisse all’offerta pubblica di acquisto – non essendo prevista per i fondi chiusi la disciplina dello “squeeze out” – per il buon esito dell’operazione, in sede di assegnazione, si dovrebbe riconoscere, ai quotisti non aderenti, una forma di liquidazione alternativa (per cassa), mentre si procederà mediante assegnazione in natura degli immobili a favore della SIIQ, con conseguente annullamento delle quote del fondo dalla medesima detenute.

Anche in tale ipotesi, peraltro, sarebbe auspicabile un chiarimento da parte del legislatore.

Prima di concludere, nell’indagare il rapporto tra fondi immobiliari e nuove SIIQ, si deve altresì evidenziare come le nuove disposizioni stabiliscano che rientrino nella gestione esente SIIQ non soli i redditi derivanti dagli immobili destinati alla locazione, ma anche i proventi, plusvalenze e minusvalenze relativamente a quote di fondi immobiliari che investono almeno l’80% del valore delle attività in immobili destinati alla locazione. E’ ragionevole pensare che le SIIQ possano decidere di sviluppare il loro portafoglio d’investimento proprio tramite l’acquisizione di quote di fondi immobiliari (che rispettino le caratteristiche sopra richiamate), destinati a rimanere nell’ambito della gestione delle società di gestione del risparmio.

Sembra, in ultima analisi, essere proprio questo uno degli elementi di maggiore sinergia tra SIIQ e Fondi Immobiliari. Infatti le SIIQ, potranno optare per la realizzazione di investimenti immobiliari indiretti (tramite quote di fondi), purchè destinati, per almeno l’80% del loro attivo, all’attività di locazione.

Si appaleserà, quindi, l’esigenza, cui il sistema delle società di gestione del risparmio dovrà prontamente rispondere, di strutturare prodotti aventi caratteristiche, in termini di composizione di portafoglio, caratteristiche degli immobili, previsioni e vincoli regolamentari (ad esempio in materia di distribuzione periodica dei proventi, in termini di vincoli al mantenimento di soglie di attivo destinato alla locazione non inferiore a determinati parametri, in tema di leva finanziaria) che siano adeguati alle esigenze di investimento delle SIIQ.

L’investimento indiretto da parte delle SIIQ potrebbe semplificare la gestione immobiliare del portafoglio da parte di queste, continuando la stessa a essere prestata dalla società di gestione del risparmio, con ciò consentendo alle SIIQ stesse di razionalizzare e concentrare la propria struttura organizzativa in attività strategiche di pianificazione e di controllo e monitoraggio della politica d’investimento/disinvestimento propria della SIIQ, piuttosto che nell’attività di gestione diretta del portafoglio immobiliare, anche in termini di mera gestione amministrativa e tecnico – immobiliare.

Proprio in tale ottica sinergica, in termini puramente teorici, non può escludersi che, in particolar modo per le SIIQ di rilevanti dimensioni, le strategie di sviluppo possano portare a valutare la percorribilità di forme d’integrazione verticale con l’acquisizione del controllo di una società di gestione immobiliare, dotata di struttura organizzativa adeguata. L’acquisizione del controllo di una società di gestione immobiliare, da parte di un SIIQ di rilevanti dimensioni patrimoniali, infatti, non dovrebbe significativamente incidere sui requisiti patrimoniali e reddituali della SIIQ, consentendole di mantenere il proprio regime di SIIQ e, di converso, potrebbe consentire la realizzazione di operazioni d’investimento attraverso la creazioni di fondi, su iniziativa diretta, autonoma e indipendente della società di gestione del risparmio, le cui quote verrebbero sottoscritte in parte dalla stessa SIIQ (anche in un’ottica di allineamento degli interessi) e in parte da altre tipologie di investitori (ad esempio investitori maggiormente interessati a realizzare investimenti su portafogli immobiliari specifici e comunque a realizzare investimenti attraverso strumenti in grado di offrire garanzie riferite alla politica di investimento e all’orizzonte temporale non agevolmente ottenibile con un investimento diretto nel capitale della SIIQ) e gestiti in autonomia dalla società di gestione del risparmio controllata dalla stessa SIIQ.

Tale suggestiva, ipotetica, costruzione, sulla quale occorre evidentemente riflettere con maggiore grado di approfondimento e attenzione, determinerebbe l’esigenza di verificare in concreto la compatibilità della costruzione stessa con i principi di autonomia operativa ed industriale che devono caratterizzare l’operato delle società di gestione del risparmio, anche rispetto al proprio gruppo di appartenenza, il tutto nel contesto del più rigoroso rispetto delle disposizioni vigenti in materia di gestione di potenziali situazioni di conflitti di interesse e/o operazioni con parti correlate.

Tali attenzioni, anche in termini di opportunità, non si porrebbero con la medesima forza qualora il Legislatore avesse optato per il riconoscimento della SIIQ come Sicaf (e quindi come OICR), circostanza questa in cui la struttura verticale sopra ipotizzata troverebbe una più agevole e coerente aderenza con i principi espressi all’interno del settore del risparmio gestito.

Gli spunti e le considerazioni formulate con il presente contributo, con tutte le cautele conseguenti alla natura di prima impressione riferita a una normativa nuova e articolata, necessitano di ben più ampi e puntuali approfondimenti. Peraltro, ci si augura che gli spunti di riflessione possano essere di una qualche utilità per avviare una discussione, con auspicata ricaduta pratica, che possa stimolare e sviluppare l’utilizzo e le sinergie possibili tra i diversi strumenti a disposizione degli operatori professionali e investitori del settore real estate, aumentando così le opzioni e alternative per gli investitori istituzionali esteri.

 

1

Al riguardo si ricorda che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera k) del Testo Unico Finanza, sono organismi istituiti per la prestazione del servizio di gestione collettiva del risparmio, il cui patrimonio è raccolto tra una pluralità di investitori mediante l’emissione e l’offerta di quote o azioni, gestito in monte nell’interesse degli investitori e in autonomia dai medesimi, nonché investito in strumenti finanziari, crediti, inclusi quelli erogati a valere sul patrimonio dell’OICR, partecipazioni o altri beni immobili o immobili, in base a una politica di investimento predeterminata; ai sensi della successiva lettera l), gli OICR italiani sono i fondi comuni di investimento (istituiti in forma di patrimonio autonomo, suddiviso in quote e gestiti dalle SGR), le Sicav (società di investimento a capitale variabile avente per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni) e le Sicaf (società di investimento a capitale fisso).


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2

L’ESMA, nel fornire chiarimenti sul concetti chiave della AIFMD (cfr Key Concept on AIFMD pubblicato da ESMA il 24 maggio 2013) ed in particolare sugli elementi essenziali che consentono di qualificare uno strumento come FIA, si è, in particolare soffermato, sulle seguenti caratteristiche:

1) non è FIA l’organismo che è caratterizzato dauna politica commerciale e/o industriale ben definita;

2) deve essere caratterizzato da una raccolta di capitali (raising capital) tra una pluralità di investitori (number of investors);

3) il capitale raccolto deve essere investito a beneficio degli investitori secondo una politica di investimento definita a monte.


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3

previsione contenuta nell’art. 3 del Decreto MEF n.174 del 7 settembre 2007 che testualmente prevede che “La vigilanza di cui al comma 141 lettera a dellart. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (n.d.r. vigilanza prudenziale) è esercitata dalla Banca dItalia e dalla Consob nellambito dei poteri stabiliti dalle norme vigenti”.


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