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Brevi cenni su alcune ipotesi legislative di impignorabilità dei beni pubblici

8 Maggio 2015

Avv. Vanessa Solimeno, Partner, Eunomia Studio di Avvocati

Di cosa si parla in questo articolo

L’articolo riprende la relazione svolta dall’autrice nel corso del Secondo Forum Legale Crediti PA organizzato da Banca SISTEMA il 27 marzo 2015 a Roma.

 

Nel Luglio 2013 la Corte Costituzionale, con sentenza n. 186 del 12 Luglio 2013[1], ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che avevano previsto il blocco delle azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie appartenenti alle Regioni commissariate e sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari sottoscritti ai sensi dell’articolo 1, comma 180, della Legge Finanziaria 2005.

In particolare, il blocco delle azioni esecutive, introdotto nel 2010 con la Legge di stabilità 2011era poi stato prorogato di anno in anno fino al 31 dicembre 2013, e dapprima applicabile alla sola esecuzione ordinaria, era poi stato esteso anche ai giudizi di ottemperanza nei confronti del giudice amministrativo.

Nel 2013, la Consulta, più volte sollecitata sul punto, ha quindi finalmente decretato che tale forma di impignorabilità – ovvero per meglio dire la continua proroga che della stessa veniva fatta di anno in anno – era di fatto lesiva del principio costituzionale che tutela il diritto alla difesa giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost. e ne ha pertanto dichiarato l’incostituzionalità.

L’ordinamento, tuttavia, ancor prima del blocco dei pignoramenti introdotto con la legge di stabilità 2011, già prevedeva (ed ancora prevede) molte altre ipotesi legislative di impignorabilità di beni e/o fondi pubblici.

1. Inquadramento Generale. Beni del patrimonio dello stato e limiti alla procedura di espropriazione: il cd. vincolo di destinazione al soddisfacimento di un pubblico servizio

Il principio della responsabilità patrimoniale di cui al combinato disposto degli artt. 2740 e 2910 c.c. si applica generalmente anche allo Stato ed agli enti pubblici, ma con alcune limitazioni.

La PA, infatti, non sempre risponde dell’adempimento delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, in quanto, possono essere oggetto di espropriazione forzata (e quindi sono pignorabili) solo i beni pubblici che rientrano nel patrimonio “disponibile” (ovvero quei beni che non sono stati sottoposti ad alcun vincolo di destinazione).

Al contrario, i beni patrimonialiindisponibili[2] o per meglio dire, i beni patrimoniali inizialmentedisponibili, ma che sono stati sottoposti ai c.d. vincoli di destinazione per il soddisfacimento di una finalità pubblica, divenendo in tal modo indisponibili – non possono essere sottoposti ad espropriazione forzata.

Tali beni sono quelli ai quali, riportando un’espressione utilizzata dalla giurisprudenza, “una apposita norma di legge (o un provvedimento amministrativo che nella legge trovi fondamento) imprima (…) un vincolo di destinazione ad un pubblico servizio in modo da creare un collegamento diretto tra quelle entrate ed un determinato servizio pubblico” (Cass. 15 settembre 1995 n. 9727).

I beni dello Stato (laddove per Stato si intende l’apparato amministrativo nella sua totalità, sia che si tratti di enti pubblici centrali, che di Regioni, Provincie e Comuni) – se destinati ad un pubblico servizio (e solo in tal caso) – non possono dunque essere sottratti alla loro destinazione: il cd. il vincolo di destinazione al soddisfacimento del servizio pubblico produce come effetto non solo l’esclusione di tali beni dalla libera disponibilità del soggetto pubblico che ne è il titolare (in modo che lo stesso possa destinarli al perseguimento del fine per il quale il vincolo è stato istituito, piuttosto che disporne in maniera discrezionale), ma anche la sottrazione degli stessi alle svariate vicende che possono verificarsi, tra le quali rientra la possibilità di sottoporli ad espropriazione forzata.

Il vincolo di destinazione dei beni pubblici ad un pubblico servizio o all’attuazione di una funzione istituzionale dell’amministrazione, può essere attribuito solo:

(i) per specifica disposizione di legge[3]; oppure

(ii) per mezzo di un provvedimento amministrativo che trovi comunque il proprio fondamento legislativo in una apposita norma di legge[4].

Leggi speciali[5] sanciscono i casi specifici di impignorabilità ed i requisiti necessari affinché i vincoli di destinazione posti mediante gli atti amministrativi siano efficaci. In mancanza del rispetto di tali requisiti, il vincolo è inefficace nei confronti del creditore, che può procedere con l’esecuzione forzata.

Tale regola si applica anche al denaro ed ai crediti pecuniari della PA, che risultano quindi normalmente pignorabili, salvo siano stati subordinati ad uno specifico vincolo di destinazione, nel rispetto dei requisiti richiesti dalla legge.

Tuttavia il denaro ed i crediti pecuniari, a causa della loro natura fungibile e strumentale, difficilmente possono ritenersi assoggettabili a vincoli di destinazione, a meno che non siano destinati immediatamente, nella loro individualità, al soddisfacimento di un interesse pubblico, richiedendosi a tal fine (in tal senso Cass. civ., Sez III 5 maggio 2009 n. 10284):

1) in applicazione della regola generale enunciata supra[6],che il vincolo di destinazione venga impresso per mezzo diuna specifica disposizione di legge ovvero un provvedimento amministrativo ad hoc;

2) e, con specifico riferimento alle somme di denaro, bisogna considerare che la semplice circostanza della loro iscrizione nel bilancio preventivo non sarebbe idonea a trasformarli in beni patrimoniali indisponibili facendo venire meno la responsabilità patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici[7]; ed infine che

3) affinché tali vincoli siano validi ed efficaci è necessario invece che il provvedimento amministrativo crei un collegamento diretto tra quelle entrate ed il determinato servizio pubblico che le somme sono destinate a soddisfare.

Forniremo pertanto di seguito una breve panoramica su due particolari ipotesi legislative di impignorabilità di somme di denaro appartenenti a due particolari tipologie di enti pubblici (nel caso di specie, ASL ed Enti Pubblici Locali) che di fatto possono costituire un impedimento concreto all’esecuzione per espropriazione[8] nei confronti della pubblica amministrazione ed al soddisfacimento delle ragioni del creditore pur in presenza di una sentenza di condanna favorevole a quest’ultimo.

2. I limiti al pignoramento nei confronti delle ASL e degli enti locali: l’art. 1, comma 5 e comma 5 bis, DL n. 9 del 1993 – l’art. 159 TUEL

Sulla scia della giurisprudenza costituzionale che è più volte intervenuta sulla materia (Corte Cost. n. 285 del 1985; Corte Cost. n. 211 del 2003), leggi speciali in materia di sanità e di enti pubblici locali prevedono adesso il procedimento che le ASL e/o gli enti pubblici sono obbligati a seguire per imprimere specifici vincoli di destinazione sulle somme di denaro.

Volendo qui di seguito sintetizzare brevemente quanto verrà meglio dettagliato nei paragrafo successivi, da un punto di visto tecnico, affinché le ASL e/o gli enti pubblici possano rendere impignorabili nei confronti dei lori creditori determinate somme di denaro, è necessario che:

1. l’organo amministrativo, con deliberazione adottata ogni trimestre (nel caso delle ASL) ovvero ogni semestre (nel caso degli Enti Locali), quantifichi preventivamente le somme destinate all’espletamento dei servizi essenziali/indispensabili dell’ente;

2. tale deliberazione venga contestualmente comunicata all’istituto cui è affidato il servizio di tesoreria (in pratica le banche presso cui gli enti mantengono i propri conti correnti);

3. di conseguenza, al fine di garantire l’espletamento dei servizi essenziali/indispensabili dell’ente, dalla data della predetta comunicazione il tesoriere è obbligato a rendere immediatamente disponibili le somme di spettanza dell’ente indicate nella deliberazione, anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva nei confronti dell’ente;

4. dalla data di adozione della deliberazione l’ente non può emettere mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l’ordine cronologico delle fatture così come pervenuto per il pagamento o, se non è prescritta fattura, dalla data della deliberazione di impegno.

La stessa giurisprudenza costituzionale ha chiarito che, nel caso di violazione del criterio cronologico di pagamento, viene meno il vincolo di impignorabilità: : l’emissione di mandati di pagamento per titoli diversi da quelli vincolati, in violazione dell’ordine cronologico, determina l’inoperatività dell’impignorabilità e quindi il venir meno, del vincolo di impignorabilità originariamente apposto alle somme depositate presso il tesoriere.

2.1 L’art. 1, comma 5 e comma 5bis, del Decreto Legge n. 9/1993: i vincoli di destinazione sulle somme delle asl destinate all’erogazione dei servizi essenziali

Come accennato nel paragrafo 2, il Decreto Legge del 18 Gennaio 1993 n. 9, al comma 5, ha previsto una ipotesi di impignorabilità delle somme appartenenti a qualsiasi titolo alle aziende sanitarie locali e ospedaliere[9] e agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico

(i) nei limiti degli importi corrispondenti agli stipendi e alle competenze comunque spettanti al personale dipendente o convenzionato; nonché

(ii) nella misura dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini dell’erogazione dei servizi sanitari essenziali individuati con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro.

La Corte costituzionale si era già pronunciata sulla norma de quo, con sentenza 29 giugno 1995, n. 285 dichiarandone l’illegittimità costituzionale, nella parte in cui, per l’effetto della non sottoponibilità ad esecuzione forzata delle somme destinate ai fini ivi indicati, non prevede la condizione che l’organo di amministrazione dell’unità sanitaria locale, con deliberazione da adottare per ogni trimestre, quantifichi preventivamente gli importi delle somme innanzi destinate e che dall’adozione della predetta delibera non siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, dalla data della deliberazione di impegno da parte dell’ente.

Il legislatore, quindi, dando finalmente seguito legislativo (dopo ben 20 anni, e non a caso, dopo la dichiarazione di illegittimità costituzionale sul blocco delle azioni esecutive del Luglio 2013) alla sentenza additiva della Corte Costituzionale, con il Decreto Legge n. 66 dello scorso 24 Aprile 2014, cd. Decreto IRPEF (convertito, con modificazioni, in Legge 23 Giugno 2014 n. 89) ha aggiunto che “A tal fine l’organo amministrativo dei predetti enti, con deliberazione adottata per ogni trimestre, quantifica preventivamente le somme oggetto delle destinazioni previste nel primo periodo”. 

Si segnala tuttavia che lo stesso legislatore dello scorso Aprile 2014, nel mentre da un lato dava favorevolmente seguito alle indicazioni della Corte Costituzione, dall’altro – con una disposizione che taluno ha definito addirittura “aberrante” – ha aggiunto all’art. 1 del Decreto-Legge n. 9 del 1993 il seguente nuovo comma 5bis:

“La deliberazione di cui al comma 5 è comunicata, a mezzo di posta elettronica certificata, all’istituto cui è affidato il servizio di tesoreria o cassa contestualmente alla sua adozione. Al fine di garantire l’espletamento delle finalità di cui al comma 5, dalla data della predetta comunicazione il tesoriere è obbligato a rendere immediatamente disponibili le somme di spettanza dell’ente indicate nella deliberazione, anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva nei confronti dell’ente, senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale. Dalla data di adozione della deliberazione l’ente non può emettere mandati a titoli diversi da quelli vincolati, se non seguendo l’ordine cronologico delle fatture così come pervenuto per il pagamento o, se non è prescritta fattura, dalla data della deliberazione di impegno.”

Sul punto, la stessa Relazione Tecnica al Decreto IRPEF – sorvolando sulla questione – si è limitata a dichiarare che tali aggiunte sono dirette ad “integrare l’ordinamento vigente (art. 1 del DL 9/1993) in materia di impignorabilità delle somme destinate al finanziamento dei livelli essenziali di assistenza per superare gli aspetti di incostituzionalità di cui alle Sentenze della Corte Costituzionale 186/2013 e n. 285/1995, allo scopo di disporre la quantificazione preventiva obbligatoria delle somme destinate al finanziamento dei livelli essenziali di assistenza e obblighi di comunicazione all’istituto tesoriere. Dalla disposizione non derivano nuovi e maggiori oneri”.

Leggendo le norme come da ultimo novellate, quindi:

a) i dirigenti delle ASL, ogni 3 mesi, deliberano le somme destinate al finanziamento dei livelli essenziali di assistenza;

b) procedono quindi a comunicare tali delibere al rispettivo istituto tesoriere;

c) il tesoriere è obbligato a rendere immediatamente disponibili (immaginiamo la norma voglia dire “a favore della ASL”) le somme di spettanza dell’ente indicate nella deliberazione, anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva nei confronti dell’ente, senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale.

E quindi nella pratica, sembrerebbe che possa addirittura verificarsi il seguente scenario:

· il creditore di una ASL ottiene (magari dopo anni di lunghi giudizi di cognizione) un titolo esecutivo che riconosca il suo diritto di credito e quindi la condanna della ASL al pagamento di una somma di denaro;

· il creditore procede quindi a notificare tale titolo esecutivo alla ASL;

· ai sensi del 1° comma dell’art. 14, decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, prima del decorso di 120 giorni (e quindi 4 mesi) dalla notifica del titolo esecutivo, lo stesso creditore non può procedere a notificare il precetto e l’atto di pignoramento[10];

· tale spazio temporale (non a caso chiamato spatium adimplendi) – secondo la ratio originaria della norma – sarebbe concesso a favore degli enti pubblici proprio al fine di metterli in condizione di procedere spontaneamente al pagamento (ed evitare così gli ulteriori costi della procedura esecutiva;

· l’ordinamento, al 2° comma della stessa previsione (2° comma dello stesso art. 14 del decreto-legge n. 669 del 1996), ha addirittura previsto una procedura speciale, cosiddetta “in conto sospeso, la cui ratio è esattamente opposta alla voluntas legis della novella in esame, in quanto prevede che l’ente debitore possa, in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo, disporre il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine di pagamento rivolto all’istituto tesoriere, da regolare in conto sospeso (su cui vedi infra, paragrafo 3, punto 4);

· ed invece, ai sensi del nuovo comma 5-bis,cosa accade? sembrerebbe che la ASL, durante il decorso del suo spatium adimplendi di 120 giorni, piuttosto che adoperarsi per adempiere, abbia addirittura il potere di bloccare il pagamento, adottando una delibera di destinazione delle somme e di comunicarla al tesoriere, il quale a quel punto – anche se nel frattempo gli è stato notificato il precetto ed il pignoramento presso terzi – ignaro del titolo esecutivo di cui si avvale il creditore, può addirittura non tenerlo in nessuna considerazione e, senza necessità alcuna di una previa pronuncia giurisdizionale che eventualmente blocchi l’efficacia di tale titolo esecutivo, semplicemente mette le somme a disposizione della ASL debitrice.

Purtroppo, la legge di conversione del decreto-legge in esame non ha raccolto gli spunti della dottrina sul punto ed ha mantenuto invariata la previsione, esponendo così la nuova norma al rischio di ulteriori interventi della Corte Costituzionale alla quale verranno presumibilmente rimesse – in sede di opposizioni agli atti esecutivi proposte dai creditori avverso i provvedimenti di diniego dei tesorieri – le questioni di legittimità costituzionale della norma in esame per lesione dell’art. 24 Cost. e che sarà quindi costretta a sostituirsi ancora una volta al legislatore con pronunce dal tenore pseudo-legislative volte a ristabilire nel giusto solco le storture del sistema.

In un mondo ideale, il dirigente della ASL che è a conoscenza del giudizio in corso (probabilmente da anni) tra la ASL ed il creditore procedente – oltre a preoccuparsi di adottare quanto prima la delibera trimestrale che apponga i vincoli di destinazione delle somme per il soddisfacimento dei livelli essenziali – dovrebbe quanto meno preoccuparsi di accantonare la somma necessaria al soddisfacimento delle ragioni del creditore, visto che l’ordinamento gli mette a disposizione gli strumenti per farlo, quale ad esempio la procedura in cd. “conto sospeso” ex art. 14, co 2, D.L. n. 669 del 1996.

2.2 L’art. 159 TUEL: i vincoli di destinazione dei beni appartenenti agli enti locali

L’impignorabilità delle somme di spettanza degli Enti Locali per l’espletamento dei servizi locali indispensabili è disciplinata dal 2 comma dell’art. 159 del TUEL, ai sensi del quale:

“non sono soggette a esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio dal Giudice dell’Esecuzione, le somme di competenza degli enti locali destinate a:

a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi;

b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso;

c) espletamento dei servizi locali indispensabili”.

L’organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifica preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione dei vincoli di indisponibilità regolarmente costituiti non determinano vincoli sulle somme né limitazioni all’attività del tesoriere”.

In questo caso il TUEL, emanato nel 2000, sulla scia delle indicazioni date dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 285/1995 con riferimento alla norma analizzata nel paragrafo precedente, ha direttamente previsto la procedura per rendere operativi i citati vincoli di destinazione disponendo la necessità della quantificazione preventiva delle somme da parte dell’organo esecutivo dell’entecon deliberazione semestrale.

Tuttavia, la previsione originaria del TUEL adottata nel 2000, non aveva recepito in toto le indicazioni della Consulta, lasciando supporre, seguendo la lettera della norma, che l’ente locale potesse semplicemente adottare semestralmente delibere da notificare al tesoriere che quantificassero preventivamente gli importi delle somme destinate alle finalità previste, sottraendole di conseguenza, all’esecuzione forzata[11].

In base a tale interpretazione, sarebbe stata praticamente data la possibilità alla Pubblica Amministrazione di non adempiere alle proprie obbligazioni pecuniarie.

Anche in tal caso è dovuta intervenire ancora una volta la Consulta che, con sentenza additiva n. 211 del 18 giugno 2003[12], ha dichiarato l’illegittimità della norma in relazione alla “creazione di vincoli di indisponibilità” nella parte in cui non si prevede che l’impignorabilità delle somme destinate ai fini pubblici indicati dallo stesso articolo, non operi qualora, dopo la adozione da parte dell’organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell’ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente stesso.

Alla luce della normativa e della giurisprudenza riportata, ne consegue che al fine di rendere impignorabili le somme degli enti locali destinati ai fini di cui all’art. 159 TUEL è necessaria la delibera semestrale di destinazione delle suddette somme ad opera dell’ente locale e la successiva notificazione della stessa delibera al tesoriere: tuttavia, nel momento in cui vengono emessi i mandati di pagamento per titoli diversi, in violazione del criterio cronologico di pagamento, viene meno il vincolo di impignorabilità.

Abbiamo visto nel paragrafo precedente come tuttavia il legislatore di appena un anno fa (nonostante siano passati 20 anni dalla prima sentenza della Corte, 14 anni dall’emissione del TUEL, ed altri 10 anni dalla ennesima pronuncia della Consulta sul punto) abbia recepito ancora una volta in maniera “distorta” le indicazioni della giurisprudenza costituzionale, avendo addirittura previsto – oltre alla tempistica trimestrale (e non semestrale, come prevista nel TUEL del 2000) di adozione della delibera dirigenziale, che di fatto aggira il timing dei 120 imposto al creditore per la notifica del precetto – che le somme siano reseimmediatamente disponibili dal tesoriere anche in caso di notifica di pignoramento o di pendenza di procedura esecutiva nei confronti dellente, senza necessità di previa pronuncia giurisdizionale.

3. Brevi cenni processuali e suggerimenti pratici

Da ultimo, concludiamo fornendo alcuni brevi cenni sulle tematiche strettamente processuali che possono interessare in materia di impignorabilità dei beni pubblici, ed in particolare con riferimento a:

(i) il tipo di opposizione da proporre in sede di esecuzione forzata;

(ii) l’onere della prova; ed infine

(iii) la rilevabilità d’ufficio della impignorabilità delle somme;

nonché accennando alla possibilità, per i creditori procedenti, di richiedere alla PA l’attivazione della procedura «in conto sospeso».

1) Il tipo di opposizione da proporre in sede di esecuzione forzata avente ad oggetto Beni Pubblici Impignorabili

Nel caso in cui vengano pignorate somme vincolate, è possibile esperire ricorso al fine di far valere l’impignorabilità delle suddette somme. La giurisprudenza ha ritenuto che l’esistenza di un vincolo di impignorabilità di somme depositate presso il tesoriere di un ente pubblico che siano vincolate a pubbliche finalità, può essere oggetto di opposizione sia all’esecuzione che agli atti esecutivi, a seconda della causa petendi e del petitum formulati dall’opponente, anche in relazione alle vicende del processo esecutivo ed al momento in cui l’opposizione è proposta. Più in particolare, secondo giurisprudenza è inquadrabile come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cpc l’opposizione proposta da un Comune avverso l’ordinanza di assegnazione del credito, con la quale si deduce l’esistenza di un vincolo di impignorabilità per la destinazione delle somme a pubbliche finalità, ma qualora nel processo esecutivo si ponga la questione se, rispetto alle somme sottoposte a pignoramento da parte del creditore, ricorrono o meno le condizioni stabilite dalla legge perché le somme di competenza del comune restino sottratte alla esecuzione, ed il giudice dell’esecuzione non abbia, (d’ufficio o su istanza di parte) dichiarato nullo il pignoramento, né si sia ancora addivenuti alla chiusura del processo con l’ordinanza di assegnazione, il debitore può proporre l’opposizione per impignorabilità, sussumibile nella fattispecie dell’art. 615 cod. proc. civ. (Cass.Civ. Sez. III, 23-08-2011, n. 17524).

2) Onere della prova

Per quanto concerne l’onere della prova è necessario considerare che il giudizio di cognizione cui da luogo l’opposizione – sia che si tratti di opposizione agli atti esecutivi (avverso l’ordinanza conclusiva del processo esecutivo), sia che si tratti di opposizione all’esecuzione fondata sull’impignorabilità delle somme vincolate a pubbliche finalità – è caratterizzato dai seguenti oneri probatori:

(i) se l’ordinanza conclusiva del pignoramento presso terzi ha dichiarato la nullità del pignoramento per impignorabilità delle somme, è il creditore procedente che – agendo quale opponente con l’opposizione agli atti esecutivi – deve allegare i fatti su cui si fonda la sua opposizione. In particolare, qualora intenda sostenere l’inoperatività del pignoramento a causa di pagamenti successivi per debiti estranei eseguiti senza il rispetto del dovuto ordine cronologico, il creditore deve altresì elencare gli specifici pagamenti che abbiano determinato gli effetti da lui postulati, pur non avendo l’onere di provare il fatto allegato: spetta infatti all’ente locale, in attuazione del principio della vicinanza della prova, dare la prova del contrario, e quindi “dimostrare che in occasione dei diversi pagamenti cui il creditore ha fatto riferimento, l’ordine richiesto dall’art. 159 non sia stato violato, ma rispettato” o provare l’esistenza di una precedente delibera che sia pienamente efficace, in seguito all’eccezione sollevata dal creditore (Cass. n. 13208 del 26 luglio 2012);

(ii) analoga è la distribuzione degli oneri di allegazione e di prova quando opponente sia non il creditore procedente, bensì l’ente locale esecutato, sia che si opponga, con opposizione agli atti esecutivi, all’ordinanza conclusiva del processo esecutivo che abbia assegnato le somme pignorate, sia che ne contesti la pignorabilità con opposizione all’esecuzione.

In particolare, quando si tratti, di opposizione all’esecuzione, spetta all’opponente contestare il diritto della controparte di procedere ad esecuzione forzata sui beni vincolati col pignoramento, dando prova dei fatti allegati. L’opposto, a sua volta, può contestare tali deduzioni, sia avvalendosi di eccezioni in senso tecnico, sia mediante mere difese (Cass. civ. Sez. III, Sent., 12-04-2011, n. 8327).

3) Rilevabilità d’ufficio della impignorabilità delle somme

Per quanto riguarda la rilevabilità d’ufficio dell’impignorabilità, la stessa è prevista dal comma II dell’art. 159 e costituisce secondo la giurisprudenza una garanzia della soddisfazione ordinata dei creditori che hanno diritto a vedere soddisfatte le proprie pretese e non, invece, una diminuzione di tutela nei confronti degli stessi, in quanto si è ritenuto che se la rilevabilità fosse affidata all’iniziativa dell’ente, si permetterebbe allo stesso di non opporla, consentendogli di esaurire le risorse esistenti al momento, senza destinarle a finalità protette e senza rispettare l’ordine cronologico di presentazione delle fatture.

4) Suggerimento pratico: possibilità di richiedere alla PA l’attivazione della procedura «in conto sospeso»

Come accennato supra,ai sensi del 1° comma dell’art. 14, decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, successivamente alla notifica di un titolo esecutivo (es. una sentenza di condanna al pagamento di una somma di denaro) – e prima che il creditore possa dare inizio alla procedura esecutiva con la notifica del precetto e dell’atto di pignoramento – la pubblica amministrazione ha a propria disposizione uno spatium adimplendi di 120 giorni (e quindi 4 mesi) per adempiere spontaneamente alle proprie obbligazioni di pagamento.

Il legislatore del 1996 è andato oltre, fornendo alla Pubblica Amministrazione anche gli strumenti per procedere a tale pagamento in assenza di disponibilità finanziarie, attraverso la procedura in cosiddetto «conto sospeso».

Al 2° comma dello stesso articolo 14 del decreto-legge n. 669 del 1996, infatti, è stato previsto che “nell’ambito delle amministrazioni dello Stato, nei casi previsti dal comma I, il dirigente responsabile della spesa, in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo, dispone il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine di pagamento rivolto all’istituto tesoriere, da regolare in conto sospeso. La reintegrazione dei capitoli avviene a carico del fondo previsto dall’art. 7 della legge 5 agosto 1978 n. 468, in deroga alle prescrizioni dell’ultimo comma. Con decreto del Ministro del tesoro sono determinate le modalità di emissione nonché le caratteristiche dello speciale ordine di pagamento previsto dal presente comma”.

Questa procedura del c.d. “conto sospeso” presenta indubbi vantaggi in quanto consente l’esecuzione dei provvedimenti di condanna dell’Amministrazione al pagamento di somme di denaro determinate nel loro preciso ammontare, anche in assenza di fondi disponibili sul pertinente capitolo di spesa.

Essa si caratterizza infatti per l’attribuzione ex lege all’ufficio della provvista necessaria, in assenza di fondi disponibili sul relativo capitolo di spesa, ad adempiere al precetto contenuto nella sentenza passata in giudicato. Più precisamente la legge prevede che il dirigente responsabile della spesa, in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo, possa disporre il pagamento mediante emissione di uno speciale ordine di pagamento rivolto all’istituito tesoriere, da regolare in conto sospeso.

In sostanza, nel caso in cui l’amministrazione, in seguito alla notifica di un titolo esecutivo non avesse fondi disponibili per farvi fronte, il dirigente responsabile può emettere uno “speciale” ordine di pagamento mediante una sorta di prenotazione presso i fondi del tesoro, cosicché il creditore possa essere soddisfatto in tempi brevi.

La ratio di una tale procedura – perfettamente in sintonia con le previsioni del 1° comma dello stesso art. 14 relative allo spatium adimplendi ed al divieto di notifica del precetto prima di 120 giorni – è quella di evitare gli aggravi di spesa inerenti la procedura esecutiva e di consentire alla PA di provvedere al pagamento spontaneo per limitare il più possibile i danni al pubblico Erario derivanti dall’effettivo azionamento della procedura esecutiva. In tal modo, viene concesso alla pubblica amministrazione un ulteriore lasso di tempo per reperire i mezzi finanziari per provvedere al pagamento. Si evita inoltre il pignoramento dei fondi che provocherebbe un blocco dell’attività amministrativa contemperando così l’interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello generale ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche.

È prevista dalla legge, e dovrebbe essere attività per iniziativa dell’ente stesso.

La legge non prevede una procedura di richiesta o di attivazione da parte del privato, ma nulla osta a che il creditore solleciti per iscritto la PA affinché si adoperi per l’attivazione di tale procedura, adombrando la responsabilità erariale in capo ai dirigenti in caso di mancata applicazione di tale facoltà prevista dalla legge (responsabilità erariale rispetto al maggiore importo a titolo di interessi moratori che la PA andrebbe a dover pagare a favore del creditore procedente a causa del ritardo nel pagamento).

 


[1] http://www.giurcost.org/decisioni/2013/0186s-13.html

[2] È noto come la classificazione codicistica di cui agli artt. 822 e ss. del codice civile distingua i beni pubblici in:

a) beni demaniali (art. 822 cc) – (es. lido del mare, spiagge, porti, fiumi, laghi, ecc.) che sono inalienabili, inusucapibili, insuscettibili di esecuzione forzata e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge;

b) beni patrimoniali indisponibili (art. 826 cc), che, analogamente a quelli demaniali, sono vincolati ad una destinazione di pubblica utilità e non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano. Possono essere sia beni immobili che beni mobili e a differenza dei beni demaniali sono alienabili, salvo rare eccezioni. Ad ogni modo, non possono essere usucapiti e, per quanto qui interessa, sono insuscettibili di espropriazione forzata; ed infine

c) beni patrimoniali disponibili, che invece non rientrano nella definizione di beni pubblici in senso stretto in quanto non sono riconducibili né ai beni demaniali né a quelli indisponibili. Il loro regime è disciplinato dal diritto comune e sono equiparati ai beni di proprietà di un privato. Sono, pertanto, alienabili, usucapibili, possono formare oggetto di diritti di terzi e di espropriazione forzata e sono tutelabili con gli ordinari mezzi previsti dal codice civile.

Nel caso di specie qui analizzato, relativo alla impignorobilità dei beni pubblici, escludendo i beni demaniali ed i beni patrimoniali disponibili (i primi inalienabili, indisponibili ed insuscettibili di esecuzione forzata ex lege; i secondi, invece assoggettabili alle regole di diritto comune), il problema riguarda quindi soprattutto i beni patrimonialiindisponibili o per meglio dire, i beni patrimoniali inizialmentedisponibili, ma che a causa della loro subordinazione ai c.d. vincoli di destinazione, divengonoindisponibili, e di conseguenza non assoggettabili ad esecuzione forzata.

[3] Il legislatore prevede espressamente l’impignorabilità assoluta di talune tipologie di crediti, rinviando alle disposizioni di leggi speciali in materia: è il caso, ad esempio, dell’art 545 c.p.c., che, derogando alla regola generale di cui all’art 2740 c.c., disciplina l’impignorabilità di determinati crediti, quali quelli alimentari, per sussidi pubblici o relativi agli stipendi o salari.

[4] Ne consegue che: (i) ai beni facenti parte del patrimonio demaniale, del patrimonio indisponibile dello Stato e del patrimonio disponibile, ma destinati ad una funzione pubblica e dunque sottratti alla disponibilità, si applica l’art. 514 n. 5 c.p.c. in tema di assoluta impignorabilità, per cui non si possono pignorare gli oggetti che il debitore ha l’obbligo di conservare per l’adempimento di un pubblico servizio; (ii) al contrario, in mancanza di uno specifico vincolo di destinazione, le somme di denaro dovute dalla p.a., possono essere aggredite con l’azione esecutiva, secondo le modalità dettate dagli artt. 543 e ss. c.p.c. in forza del principio generale già citato in base al quale, a seguito della sentenza di condanna della p.a. al pagamento di una somma di denaro, il concreto versamento della somma medesima costituisce un atto dovuto, rispetto al quale la p.a. debitrice manca di potere discrezionale in relazione agli interessi pubblici dalla stessa perseguiti e rispetto al quale la stessa p.a. non si può sottrarre mediante la scelta discrezionale dell’ordine di priorità degli obblighi da adempiere con le risorse di cui dispone.

[5] In aggiunta alle due specifiche ipotesi di impignorabilità dei beni delle ASL (ex art. 1, comma 5 e comma 5bis del Decreto Legge n. 9/1993) e dei beni degli enti pubblici locali (ex art. 159 TUEL)analizzate all’interno del testo, ulteriori esempi di “impignorabilità” di somme di denaro appartenenti alla pubblica amministrazione per specifica disposizione legislativa sono i seguenti (elencati cronologicamente in base alla rispettiva entrata in vigore):

a) l’art. 1 del decreto-legge 25 maggio 1994 n. 313in materia di “Pignoramenti sulle contabilità speciali delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza”, ai sensi del quale non sono soggetti ad esecuzione forzata i fondi di contabilità specialecomunque destinati a servizi e finalità di protezione civile, di difesa nazionale e di sicurezza pubblica, al rimborso delle spese anticipate dai comuni per l’organizzazione delle consultazioni elettorali, nonché al pagamento di emolumenti e pensioni a qualsiasi titoli dovuti al personale amministrato;

b) l’art. 14 del decreto-legge n. 669 del 31 dicembre 1996 al comma 3, estende l’impignorabilità di cui al precedente art. 1 del Decreto Legge n. 313 del 1994, anche alle somme destinate ai progetti finanziati con il fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga, istituito con DPR n. 309 del 1990; alle somme destinate alle spese di missione del Dipartimento della protezione civile; nonché a quelle destinate agli organi istituiti dagli articoli 3, 4 e 6 della Legge n. 801 del 1977;

c) fino alla dichiarazione di illegittimità costituzionale pronunciata dalla Corte Costituzionale in data 12 luglio 2013, il blocco delle azioni esecutive previsto dall’art. 1, comma 51, della legge n. 220 del 2010 (Legge di stabilità 2011) – prorogato di anno in anno fino al 31 dicembre 2013, applicabile dapprima alla sola esecuzione ordinaria, ed esteso poi anche ai giudizi di ottemperanza nei confronti del giudice amministrativo – nei confronti delle aziende sanitarie appartenenti alle Regioni commissariate e sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari sottoscritti ai sensi dell’articolo 1, comma 180, della legge finanziaria per il 2005, legge 30 dicembre 2004 n. 311;

d) ed ancora, da ultimo, la nuova ipotesi di impignorabilità dei fondi pubblici introdotta con l’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 8 aprile 2013 n. 35, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, LEGGE 6 giugno 2013, n. 64, ai sensi del quale “non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento sulle somme destinate ai pagamenti alle imprese con dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni divenuti certi, liquidi ed esigibili alla data del 31.12.2012 ovvero per i quali entro la stessa data si stata emessa fattura o richiesta di pagamento”.

[6] Mezzotero-Biesuz, Codice delle esecuzioni forzate nei confronti della p.a., Roma, 2009, p. 208.

[7] In tal senso cit. Corte Cost. sent. n. 138 del 21 luglio 1981, ma anche Cass. Civ. sez III 26 luglio 2005 n. 15601 la quale ha affermato che “Le somme di denaro della P.A. possono essere considerate impignorabili soltanto per effetto di una disposizione di legge o di un provvedimento amministrativo che nella legge trovi fondamento, non essendo sufficiente, a tal fine, la mera iscrizione nel bilancio, in quanto, al di là dei caratteri di neutralità e fungibilità propri del denaro, al quale non può ritenersi connaturata una specifica destinazione, la funzione amministrativa non può svolgersi in contrasto col principio, sancito dall’art. 2740, secondo comma cod. civ., secondo cui le limitazioni della responsabilità patrimoniale del debitore sono di stretta competenza del legislatore. Non sono quindi impignorabili i fondi accantonati da un ente pubblico per il trattamento di fine rapporto dei propri dipendenti, non essendo l’indisponibilità degli stessi prevista da alcuna norma, e non potendo estendersi ad essi nè l’art. 545, terzo e quarto comma cod. proc. civ. ed il d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, i quali presuppongono che il debitore escusso sia il dipendente, nè l’art. 2117 cod. civ., il quale, nel dichiarare impignorabili i fondi speciali per l’assistenza e la previdenza, detta una norma di carattere eccezionale, come tale non suscettibile di applicazione analogica”.

[8] Come è noto, l’esecuzione per espropriazione forzata rappresenta l’insieme di atti finalizzati alla soddisfazione delle pretese creditorie mediante la conversione di beni mobili o immobili in denaro ed in particolare prevede tre fasi: pignoramento, vendita o assegnazione ed attribuzione del ricavato.

[9] A tal riguardo si segnala le parole: ”unità sanitarie locali” della vecchia formulazione sono state sostituite da “aziende sanitarie locali e ospedaliere” per effettodel comma 8 dell’art. 35 del Decreto Legge n. 66 del 2014.

[10] Sul punto cfr. V. Solimeno, L’Esecuzione forzata nei confronti della pubblica amministrazione, in B. Cirillo (a cura di), Il recupero del Credito, Wolters Kluwer, 2014, pagg. 735-784.

[11] In tal senso, cfr. Cassano, Manuale del recupero dei crediti. Profili sostanziali, strategiestrategie stragiudiziali e giudiziali, p. 557.

[12] In tal senso, cfr. Cirillo, Come farsi pagare dalla pubblica amministrazione, p.164 ss.

Tutto ciò, sulla considerazione di una violazione del principio di uguaglianza (con riferimento alla disciplina applicabile da un lato agli enti locali ed alle ASL ovvero alle Regioni dall’altro) e del principio della par condicio creditorum poiché “stante la omogeneità delle situazioni giuridiche riferibili, rispettivamente, alle unità sanitarie locali ed agli enti locali, del tutto irragionevole risultava la disparità di trattamento della disciplina censurata nella parte in cui disponeva la impignorabilità delle somme di denaro destinate alla realizzazione degli scopi essenziali degli enti locali senza condizionarla, in conformità a quanto previsto per le unità sanitarie locali, alla inesistenza di pagamenti c.d. preferenziali e cioè effettuati da tali enti senza l’osservanza di un determinato ordine cronologico” (Corte Cost., 18 giugno 2003 n. 211).

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